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Enrico Mattei: infanzia, giovinezza e primi mestieri
Enrico Mattei nasce il 29 aprile 1906 nel paese di Acqualagna, vicino a Urbino, nelle Marche. I genitori sono il carabiniere Antonio Mattei e Angela Galvani. Enrico è il primo di cinque figli, e la famiglia, con il solo stipendio del padre, non è troppo benestante. I genitori provengono da famiglie contadine, umili e conoscono la vera povertà. Il padre Antonio dice spesso ai figli che il problema dell’essere poveri consiste nel non poter studiare e che essere poveri implica la necessità di dover iniziare a lavorare presto per sopravvivere, senza possibilità di migliorare la propria condizione. Lui da giovane non ha potuto studiare, ma per i figli sogna un futuro migliore, un futuro diverso. Il piccolo Enrico però non ascolta il padre.
Fin dalle elementari è il classico bambino poco studioso ed elemento disturbante della classe. Le cose cambieranno tanto. Quando Antonio Mattei va in pensione nel 1919 l’intera famiglia si trasferisce in un’altra città delle Marche, Matelica che diventerà la seconda “patria” adottiva di Enrico. Nel nuovo paese il costo della vita è basso come ad Acqualagna. In questi anni il giovane Enrico rappresenta una delusione per il padre che ripone in lui grandi aspettative e sogna di vederlo raggiungere il traguardo della laurea. Enrico viene iscritto ad una scuola tecnica ma spesso salta le lezioni. Così a 16 anni nel 1922 invece di continuare gli studi e ottenere il diploma, decide di lasciare gli studi, e inizia a lavorare in modo saltuario come fattorino, pur restando con la famiglia a Matelica. Il padre poco dopo riesce a trovargli un impiego come verniciatore.
L’impatto con il mondo del lavoro si dimostra positivo perché il giovane Enrico inizia a dimostrare grande intelligenza lavorativa, imparando in fretta il mestiere e mostrando una certa curiosità per i metodi e l’organizzazione del lavoro. L’esperienza in fabbrica non lo soddisfa del tutto e nel 1923 viene assunto dalla conceria Fiore (azienda specializzata nella lavorazione di pelli e cuoio) la quale è alla ricerca di un garzone. Qui il giovane Mattei svolgerà una carriera brillante e in rapida ascesa, sarà inoltre ben voluto da tutti sia dai colleghi operai sia dai dirigenti. Inizia come fattorino, e mentre lavora inizia a studiare con grande interesse i processi e le sostanze chimiche usate nel trattamento del cuoio e delle pelli.
Studia anche la gestione aziendale e, mosso da grande curiosità, chiede agli amministratori le modalità di funzionamento di ogni macchinario e processo, ed impara ad una velocità sorprendente. Poco dopo viene assunto con il ruolo di operaio specializzato. Pur essendo giovanissimo si dimostra davvero bravo, riesce a risolvere i problemi, anche meglio di alcuni operai esperti. Così nella piccola azienda di Matelica fa carriera in modo spettacolare, scalando i vertici ruolo dopo ruolo. Da operaio passa ad aiutante chimico, poi viene nominato anche vicedirettore del laboratorio tecnico.
A vent’anni nel 1926 viene promosso a direttore tecnico, risultando ormai a tutti gli effetti un dirigente. Con il suo stipendio alla conceria Fiore Mattei riesce ad accumulare abbastanza denaro, il che gli consente di fare i primi investimenti. In quello stesso anno, subito dopo la promozione, apre un piccolo negozio di stoffe che dà in gestione alla madre. Sempre nel 1926 viene istituita l’AGIP che, visto cosa succederà 20 anni dopo, sembra quasi un segno del destino.
Enrico Mattei diventa un uomo d’affari
Nel 1927 Enrico Mattei è chiamato a svolgere il servizio di leva militare sotto il regime fascista, ma durerà poco più di sei mesi perché egli è l’unica fonte di sostentamento della famiglia. Al suo ritorno però la conceria Fiore è sull’orlo del fallimento a causa della crisi. Siamo infatti nel periodo a ridosso della Crisi del ’29, che vedrà il crollo dei mercati americani e che porterà alla “Grande depressione”. In Italia l’economia è già appesantita dalle conseguenze degli effetti della Prima guerra mondiale, l’inflazione e la disoccupazione avevano colpito sempre di più il Paese. Gli storiografi sostengono che è difficile valutare le cifre di quel periodo con precisione perché si hanno pochi dati. Tuttavia si parla di una riduzione della produzione nella manifattura tra il 14% e il 24% nel periodo tra il 1929 e il 1932, e anche la conceria Fiore è vittima di quella situazione e poco dopo chiuderà.
Mattei si trasferirà a Milano città che offre maggiori opportunità professionali. L’arrivo in una grande città segnerà definitivamente il carattere del giovane Mattei, lasciando il segno nella sua formazione professionale. Nel capoluogo lombardo Mattei giunge con un bagaglio di competenze tecniche e professionali molto specifiche e avanzate, che lo portano a trovare subito un’occupazione. Viene assunto come addetto alla vendita dall’azienda milanese Max Meyer, produttrice di sostanze chimiche ed ex fornitrice della conceria Fiore. Certamente è un contesto molto più competitivo rispetto alla piccola conceria di Matelica.
Dopo un anno alla Max Mayer riesce ancora una volta farsi notare. Mattei viene assunto come rappresentate dell’area vendita nel mercato italiano dall’industria tedesca Lowenthal, produttrice di prodotti chimici per la concia di cuoio e pelli. Nel 1931, a soli 25 anni, decide di aprire una sua azienda per la produzione di prodotti chimici per la lavorazione di cuoio e pelli. Inizialmente l’attività parte in un piccolo laboratorio, con solo due operai ed un macchinario di seconda mano. Proprio nello stesso anno viene raggiunto dal fratello Umberto che lo aiuta molto nel lavoro, ed entra a far parte della ditta, divenendo collaboratore e uomo di fiducia di Enrico.
L’azienda raggiunge ben presto ottimi risultati, tanto che nel 1933 Mattei lascia il lavoro di rappresentante commerciale alla Lowenthal per dedicarsi a tempo pieno alla sua attività, infatti, nonostante i mezzi limitati, egli riesce a conquistare una certa notorietà soprattutto grazie a soluzioni tecniche innovative. Nel 1934 l’azienda continua a crescere tanto da assumere 20 operai, così Mattei costituisce ufficialmente la società chiamandola “Industria Chimica Lombarda Grassi e Saponi”. L’azienda raggiunge un importante numero di clienti, riuscendo a produrre una varietà di prodotto e da grassi e saponi si passa a produrre vernici e solfonati che avranno un successo immediato e una vendita in continua espansione. Gli affari procedono positivamente tanto che nel 1936 compra un ex palazzo nobiliare a Matelica per la famiglia, palazzetto Grossetti. Lo stesso anno sposa la ballerina viennese Margherita Paulas.

A Milano Mattei frequenta salotti altolocati e ambienti di cultura, inoltre riallaccia i rapporti con un suo vecchio amico e compaesano Marcello Boldrini, dieci anni più anziano e professore universitario di Statistica alla Cattolica. Boldrini diventerà il suo mentore e prenderà a cuore il giovane Mattei tentando di seguirlo negli studi tecnici e presentandogli questioni relative all’arte, alla politica e all’economia. Boldrini inoltre introduce Mattei nella cerchia dei maggiori intellettuali ed esponenti del cattolicesimo progressista italiano, molti dei quali poi confluiranno nella Democrazia Cristiana durante e subito dopo la guerra, quando sarà istituita la Repubblica Italiana.
Alcuni di questi personaggi che gravitano intorno all’Università Cattolica sono: Dossetti, Fanfani, Saraceno, Falck, Giacchi, e padre Agostino Gemelli in casa del quale si riuniscono e discutono sull’avvenire del Paese, specialmente nel momento in cui il regime fascista sembra destinato a crollare e bisogna realizzare una nuova classe dirigente in grado di guidare il paese post-fascismo. Mattei abbraccia fin da subito le loro idee che saranno, in buona parte, alla base della futura frangia più a sinistra della D.C. e più ispirata al socialismo, sempre però con princìpi cattolici. Per esempio in ambito di politica economica, danno un forte valore all’iniziativa privata; tuttavia per loro deve esserci un intervento forte dello Stato sia per combattere la povertà e le diseguaglianze sociali che per favorire lo sviluppo economico. Mattei in questo periodo grazie alle esperienze intellettuali, gli incontri e le nuove frequentazioni, formerà e plasmerà la sua nuova coscienza civile.
Se inizialmente egli, come la maggior parte degli italiani, aveva simpatizzato per il regime e ne era stato un sostenitore, la sua impostazione ideologica matura sarà segnata da un forte anti-fascismo. Già dal 1934 l’Ovra, la polizia segreta fascista, inizia a segnalarlo nei rapporti per le critiche all’inizio blande, ma poi sempre più accese espresse contro il regime. Alla vigilia della guerra ormai Mattei giunge a considerare il regime una piaga, anche per l’economia. Giunge ad affermare che la cultura fascista tende ad elevare a qualità specifiche come la superficialità, l’arroganza e la chiusura verso il nuovo ed il diverso. Secondo l’imprenditore si tratta dei peggiori difetti delle élite politiche italiane del tempo. Per Mattei queste caratteristiche sono il maggior ostacolo allo sviluppo del paese e hanno portato a pessime gestioni sia di enti pubblici che di aziende private.
Egli, nonostante le sue esperienze di povertà familiare e di lavoratore emigrato, svilupperà un forte nazionalismo, portato inevitabilmente dalla cultura del tempo, ma con una visione progressista, progressiva e molto positiva sulle possibilità di sviluppo del Paese. In questo periodo Mattei inizia a interessarsi alla letteratura, alla filosofia, alla politica e all’arte, oltre alla chimica con cui lavora. Pur senza iscriversi, spesso frequenta le lezioni della Cattolica di Milano; inoltre, resosi conto di alcune sue lacune tecniche nella gestione aziendale, frequenta una scuola serale di ragioneria. Nel frattempo però la Seconda guerra mondiale è alle porte.
Il periodo partigiano di Enrico Mattei
La guerra trascina l’Italia in un periodo buio e doloroso, tutti saranno portati a compiere delle scelte, talvolta dettate dalla necessità della sopravvivenza. L’Italia entra in guerra, si arriva al 1943, cade il governo fascista e viene istituita la Repubblica di Salò: uno stato fantoccio tedesco che rende porzioni d’Italia di fatto territori occupati dai nazisti. Vengono effettuate confische di massa che rovinano interi paesi e vengono svolte esecuzioni sommarie in maniera frequente. Per Mattei, già disincantato rispetto al fascismo, questo è insopportabile e così decide di impegnarsi nell’attività clandestina contro il regime. Per primo interrompe i lavori della sua azienda chimica al fine di evitare di favorire i tedeschi, inoltre continua a pagare i dipendenti, in modo tale da simulare la continuità del rapporto e impedire la deportazione degli operai.
Successivamente decide di unirsi alla resistenza armata. Quindi torna a Matelica dove inizia a reclutare molte persone, sfruttando le sue conoscenze e i suoi vari contatti ottenuti come venditore ed imprenditore. In breve riesce a procurarsi una grande quantità di armi e nei primi tempi le nasconde persino a casa sua, l’ex palazzetto nobiliare, correndo un rischio enorme. Ma poco dopo si passa alla pratica. Il suo gruppo diventa presto tra le più importanti formazioni partigiane in Italia e Mattei viene considerato tra i più importanti comandanti partigiani. Egli assumerà vari nomi che gli servono per depistaggi si chiamerà Marconi, Este e Monti. Mattei inoltre organizza un servizio di intelligence facendo affidamento ad una rete di parroci e radunando molti volontari. Rimane in stretto contatto con futuri politici e con i dirigenti del nuovo partito della Democrazia Cristiana, primo fra tutti l’amico Boldrini.
Così nel 1944 viene nominato rappresentante delle forze cattoliche democristiane, al Comando militare centrale del CLN (Comitato di Liberazione Nazionale). Nel CLN Mattei svolge un ruolo fondamentale nell’amministrazione delle risorse. Egli elabora una serie di strategie con compiti logistici sempre più delicati, ad esempio: cerca di comprendere il modo in cui utilizzare i mezzi a disposizione, come riuscire ad ottenere cibo e armi, dove spedire le provviste per le diverse formazioni. Tutte queste esperienze gli torneranno utili in futuro, quando si occuperà di strategia aziendale. Nell’autunno del 1943 viene arrestato durante una riunione politica della D.C. a Milano, ma non viene fucilato, probabilmente lo avrebbero voluto usare per un futuro scambio di prigionieri. Tuttavia dopo circa un mese di detenzione a Como, riesce ad evadere con l’aiuto di altri partigiani, nascondendosi in Svizzera. Poco dopo ritorna a Milano riprendendo subito la sua attività organizzativa.
A fine novembre del 1944 diventa Vicecapo di Stato maggiore, ruolo che gli viene riconosciuto sia per il modo in cui riesce a gestire la tesoreria, sia per la sua capacità di conciliare gruppi partigiani privi di un’identità solida e molto eterogenei tra loro. In questo periodo entra in contatto con Eugenio Cefis che diverrà il suo braccio destro, pure successivamente alla guida dell’ENI. Conosce e stringe amicizia anche con Luigi Longo e Ferruccio Parri i quali, seppur politicamente agli estremi, stimano molto Mattei e ne rimarranno amici. Sfileranno insieme alla parata del 5 Maggio 1945 a Milano in cui saranno presenti gli uomini che contribuirono a coordinare l’insurrezione generale del nord Italia contro il nazifascismo.

La guerra va avanti, le forze nazifasciste vengono sconfitte e a metà del 1945 in Italia è tutto finito. Egli è uno dei candidati per intervenire in prima linea a guidare il processo di ricostruzione del Paese. Mattei entra subito nel direttivo nazionale della D.C. in qualità di rappresentante dei partigiani democristiani e successivamente diventerà Presidente dell’A.N.P.I. fino al 1947. Nell’aprile del 1945 riceve un ulteriore incarico, viene nominato Commissario straordinario liquidatore dell’AGIP (Azienda Generale Italiana Petroli). L’AGIP era un’agenzia con l’obiettivo di cercare gli idrocarburi presenti sul territorio italiano e all’estero, ma non ebbe grandi risultati.
Dai nuovi vertici politici è dunque considerata un «carrozzone» di Stato, un residuo del regime, e con i nuovi equilibri politici ed economici che si stanno creando è necessaria la sua liquidazione. Per la sua esperienza nell’ambito dell’imprenditoria, tale compito viene assegnato ad Enrico Mattei. L’obiettivo è quello di smembrare la società e venderne tutti gli asset nel più breve tempo possibile, perché servono fondi economici all’Italia. Le cose però andranno in tutt’altro modo.
La tentata liquidazione e il salvataggio dell’AGIP
L’AGIP nasce nel 1926, in pieno fascismo, al fine di aumentare la ricerca petrolifera dello Stato, tuttavia non si ottengono i risultati sperati. Mattei è stato sempre favorevole alla presenza di grandi aziende pubbliche nell’economia, con l’AGIP però nei primi mesi cerca di rispettare il suo incarico e ciò per cui egli è stato chiamato. Dunque inizia a valutare le risorse a disposizione e a contattare gli eventuali compratori. L’AGIP al tempo è vista come un’azienda fallita, la quale non era riuscita a trovare nessun giacimento di idrocarburi significativo a fronte di un’enorme spesa pubblica per le ricerche. Finanziata con fondi pubblici, aveva avuto sicuramente un impatto notevole nelle casse dello Stato, senza però portare i risultati desiderati.
Inoltre aveva perso, nel periodo appena successivo alla guerra, il controllo di quasi tutti i giacimenti che possedeva all’estero, e i pochi giacimenti rinvenuti non erano comunque sufficienti a soddisfare il fabbisogno energetico italiano. Va ricordato che gli impianti AGIP per la lavorazione degli idrocarburi sono stati in gran parte distrutti o danneggiati durante la guerra, e quindi chiudere l’azienda pubblica sembra essere la soluzione più logica. Tuttavia, quando iniziano le prime trattative, Mattei nota qualcosa che lo insospettisce: le offerte che giungono sono numerose e alte, fin troppo.
Così viene in mente a Mattei che forse gli aspiranti acquirenti sono a conoscenza di qualcosa che lui non sa. Dunque di sua iniziativa decide di interrompere la liquidazione e inizia a studiare l’azienda dall’interno, fissando un colloquio con il precedente direttore generale dell’AGIP, Carlo Zanmatti. L’incontro con l’ingegner Zanmatti cambia le prospettive, egli infatti comunica a Mattei alcune notizie fino ad allora rimaste in parte segrete. Nel 1937 durante alcune analisi geologiche condotte dall’AGIP era stata rilevata la probabile presenza di giacimenti di gas nella Val Padana. Così continuando a cercare nel 1944 avevano scoperto importanti giacimenti non solo di gas metano ma anche di petrolio, a Caviaga vicino Lodi. Però tali giacimenti erano stati tenuti nascosti per evitare che fossero confiscati dai nazisti.
Inoltre Zanmatti gli confessa che i tecnici e i ricercatori dell’AGIP avevano scoperto la presenza di una serie di documenti contenenti la descrizione e la collocazione esatta di altri giacimenti degli idrocarburi nel sottosuolo padano. Zanmatti così cerca di convincere Mattei a riprendere le ricerche e gli scavi. Dunque Mattei intuisce che probabilmente potrebbero essere presenti molti altri giacimenti altrettanto grandi. Inoltre comprende il motivo per il quale le aziende concorrenti, che avevano fatto le loro analisi, avrebbero voluto accaparrarsi gli asset dell’AGIP nella Pianura padana.
Secondo Mattei vendere l’AGIP, alla luce delle importanti novità di cui era venuto a conoscenza, sarebbe un grave errore strategico per l’Italia. Il paese ha da sempre il problema della scarsità di materie prime energetiche perciò i giacimenti della Val Padana avrebbero un valore enorme per lo sviluppo industriale italiano. Se l’AGIP venisse chiusa invece il gas della Pianura padana finirebbe nelle mani delle solite grandi aziende straniere. Così nonostante la forte opposizione politica l’AGIP non viene liquidata, e disobbedendo totalmente rispetto al compito per cui era stato chiamato, su disposizioni dello stesso Mattei, riprendono le trivellazioni per cercare nuovi giacimenti, ma è necessario trovare qualcosa in fretta.
Dunque iniziano una serie di lavori molto rapidi, i dipendenti dal canto loro sono molto motivati a collaborare, poiché salvare l’azienda vuole dire salvare il loro lavoro. Nel frattempo Mattei ricorre a tutti i contatti raccolti nel periodo della Resistenza per fare pressioni sul governo, diversi politici di spicco visitano il giacimento di Caviaga. Egli li attira dicendo che il settore energetico è fondamentale per tutta l’economia, eppure in Italia è un settore ancora troppo debole, quindi per favorire lo sviluppo, un forte ente pubblico nel settore energetico sarebbe molto utile, quasi necessario.
Nell’ottobre del 1945 Mattei si dimette dal ruolo di Commissario liquidatore ma solo per assumere la carica di Vicepresidente dell’AGIP. Inizia in questo momento la sua attività più difficile: attraverso la diplomazia sotterranea cerca una via per evitare che l’AGIP venga smantellata e poi privatizzata. Il suo compito sarà proprio portare avanti la ricerca di nuovi giacimenti di gas, il futuro dell’AGIP dipenderà dall’esito della ricerca che andrà oltre le più rosee aspettative. Si inizia a trovare un giacimento dopo l’altro soprattutto nella Val Padana, ma anche nel resto d’Italia. Nel 1949 viene anche scoperto un giacimento di petrolio a Cortemaggiore, in Emilia Romagna. Il giacimento è solo di medie dimensioni ma avrà un impatto enorme sull’opinione pubblica e sulla politica.
Risulta emblematico l’episodio in cui, alla presenza del Presidente del Consiglio dei ministri Alcide De Gasperi, invitato a visitare il giacimento, vengono aperte le pompe e inizia a sgorgare il petrolio. Sicuramente non soddisferebbe nemmeno il 2% del fabbisogno energetico del paese, tuttavia Mattei riesce a trasmettere l’idea di aver trovato il petrolio traendo anche vantaggi sulle quotazioni in borsa. De Gasperi viene così tanto suggestionato che promette di stilare e presentare un disegno d legge in Parlamento al fine di garantire a Mattei la possibilità di realizzare un’industria di Stato in grado di gestire autonomamente le risorse di idrocarburi necessarie al paese. Bisognerà però aspettare qualche anno.
Negli anni Cinquanta vengono avviate importanti iniziative per sponsorizzare l’AGIP, incoraggiando gli italiani a comprare il gas della Val Padana e i derivati del petrolio di Cortemaggiore. In particolare per la benzina proveniente da Cortemaggiore, Mattei decide di creare un marchio apposito. Per il nuovo logo nel 1952 lancia un concorso di illustrazione sulla rivista “Domus”, che era un’istituzione del disegno industriale al tempo, come lo è tutt’ora.
A vincere sarà lo scultore Luigi Broggini con un’idea che farà la storia: nasce il famoso «cane a sei zampe», e con qualche modifica è sopraggiunto fino ad oggi. In realtà Broggini si presenta al concorso sotto il falso nome di Giuseppe Guzzi: egli è già abbastanza conosciuto e tra i selezionatori c’erano importanti firme come Gio Ponti, e non vuol che il suo nome fosse accostato ad un concorso commerciale. Tutto ciò si verrà a sapere solo dopo la sua morte, quando il figlio deciderà di confermare la paternità del marchio da parte del padre. Eppure ha superato artisti dal calibro di Fortunato Depero. In ogni caso, il «cane a sei zampe» l’anno dopo la sua prima comparsa sarà reso il marchio della più importante creazione di Mattei: l’ENI.

La nascita dell’ENI e la sfida ai giganti del petrolio
Grazie alle scoperte di gas e di petrolio Mattei ottiene un grande consenso tra gli italiani. L’idea però che sia necessario un ente pubblico in grado di favorire il settore energetico del paese diventa sempre più dominante. Così nel 1953 viene istituita la società che ha segnato la Storia d’Italia: l’ENI (Ente Nazionale Idrocarburi). Si tratta di un nuovo ente pubblico, indipendente sia dall’amministrazione pubblica che dal potere politico, che ha l’incarico di gestire e coordinare – tramite una serie di società controllate – i diversi aspetti delle politiche energetiche italiane.
L’AGIP continuerà ad esistere, ma sarà una tra le diverse società controllate da ENI, con il compito di cercare giacimenti e gestire i centri di distribuzione per la benzina. Non sarà certo l’unica azienda: nasceranno infatti la SNAM, la SAIPEM, la ANIC, la SOFID, e nel tempo saranno molte di più. La realizzazione di questo nuovo ente porta Mattei ad esaltare il suo talento imprenditoriale e di metterlo al servizio della collettività.
L’Italia nel secondo dopoguerra è economicamente distrutta, mostrando arretratezza in molti ambiti. Dunque si sente la necessità di riprendersi in campo tecnologico, commerciale, produttivo oltre che politico. In questo momento Mattei contribuisce molto attraverso la sua esperienza professionale e, utilizzando le sue doti strategiche, cercherà di costruire un’azienda solida e duratura. Egli vuole portare l’Italia al pari delle grandi realtà industrializzate e garantire un’autonomia energetica ed economica. Secondo Mattei al contempo si ha la necessità di uno Stato che sia in grado di svolgere un ruolo determinante nella cooperazione internazionale, uno stato forte capace di trattare alla pari con le superpotenze mondiali.
L’Italia però è uscita sconfitta dalla Seconda guerra mondiale e sa che i suoi obiettivi saranno di difficile realizzazione, ma il suo coraggio visionario e la sua lungimiranza avranno il merito di aver immaginato, in circa un decennio, una nazione capace di passare dall’essere un Paese agricolo a un Paese altamente industrializzato. Dopo la sua nascita nel 1953, ENI conta circa 10.000 dipendenti, è un’azienda grande e potente, che porta anche molto consenso politico. Riesce a chiudere il suo primo anno con un utile di 2 miliardi di lire. Nel frattempo Mattei, per aumentare i consensi, si rivolge direttamente all’opinione pubblica, incontra spesso la stampa nazionale e internazionale, spiega le decisioni e i motivi delle sue politiche energetiche.
Per l’imprenditore è fondamentale che l’ENI si sviluppi e progredisca cercando di raggiungere certi obiettivi. Quindi, consapevole del potere dei media, fonda un nuovo quotidiano “Il Giorno”, che implicitamente è sotto il controllo dell’ENI e lo finanzia al fine di accompagnarlo nelle sue campagne internazionali che tentano di far entrare l’Italia nel mercato mondiale del petrolio. Trova continui appoggi anche politici nella corrente “La Base” che egli stesso ha contribuito a fondare all’interno della D.C. Lui diventa uno degli italiani più influenti al mondo, sicuramente uno dei più potenti in Italia. Risulterà quasi impossibile per tutti i governi che si succederanno trattare in politica estera senza almeno consultarsi con l’ENI e con Mattei.
L’ENI continua ad espandersi e cerca di avere un peso sempre maggiore anche all’estero, ma nel 1954 viene esclusa, senza motivazioni valide, dal Consorzio per l’Iran. Tale consorzio è un cartello petrolifero, un’organizzazione che annovera al suo interno sette grandi società energetiche del tempo, che dominavano il settore petrolifero a livello mondiale. Queste società erano cinque americane la Standard Oil of New Jersey (oggi Exxon), la Standard Oil of New York (oggi fusa con Exxon), la Standard Oil of California (oggi Chevron), la Texaco e la Gulf Oil (oggi entrambe fuse con Chevron); una società era britannica British Petroleum Company (oggi BP); e una anglo-olandese la Royal Dutch Shell. Oggi le identifichiamo con Shell, BP, Exxon e Mobil che oggi si sono fuse, mentre Texaco e Gulf Oil sono poi confluiti nella sorella Chevron. Queste aziende controllavano al tempo oltre l’85% delle riserve di petrolio nel mondo.
Insomma Mattei vuole entrare nel consorzio, anche perché le aziende che ne fanno parte possono operare con il prezioso petrolio iraniano, perché l’Iran è ricco di giacimenti petroliferi. Inoltre i rappresentanti di queste sette grandi società si incontrano spesso a porte chiuse e decidono politiche comuni per difendere la loro posizione di monopolio, si comportano come un circolo chiuso, quasi una setta. Per questo motivo Enrico Mattei comincerà a chiamarle con disprezzo le «Sette Sorelle». All’inizio le «Sette Sorelle» non considerano l’ENI come una vera e propria minaccia, certamente ha diminuito il loro monopolio nel mercato italiano, ma questo per loro è più che altro un fastidio. L’Italia ha un territorio povero di risorse energetiche ed ha pochi legami commerciali con i paesi produttori di petrolio, per questo si racconta che definiscono Mattei «il petroliere senza petrolio» per dire che l’ENI con le risorse disponibili che si ritrova non ha molte speranze di competere con loro. Inutile dirlo si sbaglieranno.

L’ENI e la sua influenza mondiale
Nei primi anni le attività di ENI procedono, ma non riesce ad espandersi. Ogni accordo della società con altri paesi deve essere prima approvato dal governo, richiedendo diplomazia e soprattutto pazienza. Nel frattempo però Mattei e i suoi collaboratori continuano a muoversi, costruendo migliaia di chilometri di gasdotti nella penisola. In futuro, nel 1962, i gasdotti arriveranno ad essere oltre 4.000 chilometri, fondamentali per creare una griglia energetica nel Paese e aiutare lo sviluppo.
Inoltre si costruiscono diversi impianti petrolchimici per la raffinazione del petrolio che in Europa, al tempo, erano davvero pochi. Mattei però ha intenzione di creare solamente una multinazionale petrolifera, in grado di competere sul mercato mondiale; l’imprenditore vede l’ENI nella sua totalità come un’estensione del Governo Italiano. Nel 1954 il prezzo del gas venduto in Italia è aumentato del 12%. Si inizia anche ad esportarlo in Svizzera e a sud della Germania in Baviera.
La svolta però arriva nel 1957, l’anno in cui viene approvata una legge che concede ad ENI la totale autonomia gestionale. Nonostante sia un’azienda di Stato, l’ENI viene organizzata come una grande compagnia internazionale: compie investimenti e svolge tutte le attività necessarie per la produzione del petrolio greggio, fino alla fase della distribuzione petrolifera, controllando le aziende che funzionano da supporto.
Mattei inoltre introduce delle innovazioni sia a livello organizzativo, sia a livello manageriale e aziendale: propone alcuni criteri per la selezione del personale e per la cura e il benessere dei lavoratori. Si deve a Mattei l’istituzione della mensa aziendale, dei pacchetti vacanze e di una serie di benefit per il personale, oggi dati per scontato, ma che al tempo hanno rappresentato delle novità.
Parallelamente porta avanti l’opera di ammodernamento e potenziamento dell’AGIP, continuando a finanziare la creazione di metanodotti. Inoltre con la diffusione delle automobili a livello nazionale, risulta necessario il miglioramento delle infrastrutture esistenti e la creazione di nuove reti stradali e autostradali, dotate di moderne stazioni di servizio con autopompe di benzina, ristoranti, negozi, bagni e aree relax.
L’AGIP riuscirà a realizzare queste strutture in poco tempo, grazie anche ad una forte campagna pubblicitaria innovativa e al passo con la qualità dei servizi offerti. In questo modo il celebre «cane a sei zampe» diventerà un simbolo dei Giochi Olimpici di Roma nel 1960. L’ENI però, essendo una grande azienda globalizzata e non disponendo di ingenti quantità di greggio, necessita di importazioni dai paesi produttori. Mattei da questo momento inizia a stringere accordi con paesi stranieri senza più la necessità dell’approvazione del governo, proponendo formule di cooperazione particolarmente vantaggiose.
Inoltre sviluppa una strategia e alla base della quale si trova la posizione detta “terzomondista” e anticolonialista che lo pone in buona luce davanti ai paesi nordafricani e mediorientali a discapito delle «Sette Sorelle». Il primo è l’Egitto a cui seguono molti altri contratti con diversi paesi compreso l’Iran, nonostante il consorzio. La situazione non è la stessa del 1954: l’Iran è conteso tra la sfera di influenza occidentale e quella sovietica, quindi per le potenze occidentali sarebbe controproducente irritarsi.

La sfida alle «Sette Sorelle» e la loro ostilità
L’Italia diventa ben presto un forte consumatore di petrolio ed è uno dei pochi paesi europei a non produrre carbone. Di conseguenza, se non può diventare produttore di petrolio, deve rivestire il ruolo di grande compratore, ma a grandi condizioni vantaggiose rispetto a quelle imposte dal cartello. Durante la fase di espansione internazionale infatti l’ENI si trova a dover affrontare gli attriti con le grandi compagnie petrolifere, le «Sette Sorelle». Queste sono infastidite molto dall’ENI di Mattei, non solo perché sta diventando sempre più presente a livello mondiale sottraendo loro il monopolio e la gestione dei mercati, ma anche perché criticano la visione terzomondista e anticolonialista dell’imprenditore marchigiano.
Mattei dall’altro lato è rimasto deluso profondamente per non essere stato invitato a far parte del consorzio internazionale costituito dalle «Sette Sorelle». Inoltre non è tollerante nei confronti di questi grandi colossi che sfruttano le risorse dei paesi produttori di petrolio – di solito sono anche i paesi più svantaggiati – approfittando del fatto di essere i loro unici partner commerciali. Anche attraverso il processo di decolonizzazione le «Sette Sorelle» continuano a trattare quei paesi con arroganza, offrendo loro sempre condizioni svantaggiose. Mattei ritiene questo trattamento profondamente ingiusto, tuttavia potrebbe anche essere visto come un’opportunità da cogliere. Essendosi creato un vuoto di mercato, risulta più facile offrire condizioni migliori nei contratti.
Ancora una volta la strategia che utilizza Mattei risulta estremamente innovativa e in anticipo rispetto i tempi. Le grandi aziende petrolifere concedono al paese in cui operano il 50% degli utili, ENI di fatto lascia loro il 75% dei profitti violando l’accordo commerciale imposto fino a quel momento dalle «Sette Sorelle», generando una sorta di terremoto economico sul sistema di fissazione dei prezzi. Ma Mattei non si ferma qui.

L’ENI aiuta a finanziare la costruzione di infrastrutture, promuove l’assunzione di persone residenti nei paesi produttori, offre borse di studio in Italia. Ovviamente i paesi produttori di greggio iniziano a voler chiudere affari con l’Italia e soprattutto con l’ENI. La presenza dell’ENI nel mercato petrolifero diventa consistente grazie alla cosiddetta «formula Mattei», nota anche come «Matteismo» che consiste nel concordare condizioni di acquisto migliori rispetto a quelle dei grandi colossi petroliferi. Da questo momento si pongono le basi per avviare le attività di estrazione che faranno dell’ENI una delle imprese produttrici di greggio.
Mattei cerca inoltre di inserire l’AGIP in Africa, stringendo accordi con il governo iraniano, egiziano, tunisino, iracheno e tenta di sfruttare le risorse del sottosuolo libico, ma questo causerà inevitabilmente uno scontro con le grandi compagnie. Ma Mattei non è ancora soddisfatto e osa di più. Nel 1958 egli firma un accordo per l’importazione del petrolio greggio dall’Unione Sovietica a prezzi più bassi di quelli di mercato, situazione simile alla vicenda dell’Iran, così l’Italia inizia a fare paura agli Stati Uniti. Secondo Mattei non ha più senso escludere il greggio sovietico dal mercato occidentale visto che anche Svezia, Germania, Austria e Francia intrattengono già rapporti commerciali con l’URSS.
L’accordo commerciale è molto vantaggioso per l’Italia che inizia a intravedere uno sviluppo del proprio mercato petrolifero. Tale accordo produce una reazione rabbiosa da parte degli Stati Uniti che considerano questo accordo come pericoloso e come una potenziale minaccia in grado di indebolire l’intero sistema economico e politico in piena Guerra fredda. Il governo italiano si trova in difficoltà, al punto che Fanfani deve utilizzare il termine di «neoatlantismo» per cercare di giungere ad un neutralismo economicamente conveniente.
Gli Stati Uniti dopo l’accordo ENI – URSS temono che il petrolio sovietico acquisisca troppo peso nell’economia italiana ed europea, quindi per evitarlo anche gli americani accettano di vendere il petrolio a prezzi scontati. Si arriva dunque ad un accordo: i politici italiani cercano in questo modo di convincere gli americani a concedere condizioni di accesso al greggio più vantaggiose, al fine di limitare l’impegno con i sovietici. L’ENI di Mattei ha inevitabilmente portato un nuovo terremoto sullo scacchiere internazionale.
Il risentimento nazionale e internazionale
La crescita esponenziale e la rapida ascesa dell’ENI porta le superpotenze internazionali a seguire con maggiore attenzione e da vicino le azioni di Mattei. Numerose sono infatti le prove sul risentimento internazionale che egli genera. Inoltre gli accordi e le iniziative, tanto vantaggiose per i paesi del terzo mondo, cominciano però ad essere malviste anche dal governo italiano. L’ENI ha speso tanto e rinuncia ad una grossa fetta di guadagni, troppi secondo diversi politici. Scomparsi i suoi protettori politici come De Gasperi e Vanoni, Mattei inizia ad incontrare resistenze all’interno della Democrazia Cristiana a causa degli atteggiamenti ambigui di Fanfani, ma iniziano anche a comparire i primi detrattori all’interno dello stesso ente, Cefis tra tutti.
Mattei però è convinto che la situazione possa migliorare grazie all’intervento di investimenti commerciali. Anche sul piano politico egli potrebbe ricoprire ruoli importanti, infatti il suo carisma e il suo consenso sono cresciuti molto e c’è chi teme la sua ascesa in politica. Nel 1962 l’azienda in termini organizzativi cresce molto, i dipendenti dai 10.000 iniziali sono diventati oltre 56.000, ha ben 11 navi petrolifere, eppure ha un utile di solo 1,3 miliardi di lire. Rispetto al 1953, l’utile si è quasi dimezzato e l’ENI ha accumulato un debito di ben 700 miliardi di lire che pesa anche sulle casse dello Stato, essendo un’azienda pubblica.
Mattei però non si fa intimorire; fin dai tempi dell’AGIP infatti è abituato all’opposizione della politica e vuole continuare ad andare avanti. Non vede l’ENI tanto come un’azienda, quanto come uno strumento in funzione dello sviluppo di tutta l’economia italiana. Ai detrattori risponde che quelle spese porteranno un guadagno molto più grande in futuro, rendendo l’Italia un punto di riferimento ed un partner commerciale privilegiato per molti paesi. Anche i bilanci dell’ENI secondo Mattei si sarebbero sistemati in circa dieci anni al massimo. Purtroppo però non potrà andare avanti con la sua idea. «Gli obiettivi di Mattei in Italia e all’estero dovrebbero destare preoccupazioni» si legge in un rapporto del Dipartimento di Stato Usa dell’epoca. «Mattei rappresenta una minaccia per gli obiettivi della politica Usa in Italia».
Inoltre, secondo le direzioni di Shell e BP, la situazione italiana inizia a preoccupare a livello generale. In realtà le due compagnie inglesi temono che Mattei, continuando ad acquistare le quote di greggio dall’URSS a minor prezzo, potrebbe ridurre ulteriormente i prezzi della benzina. In un altro rapporto britannico del Foreign Office di Londra (Ministero degli Affari esteri della Gran Bretagna) del 1960, si critica il modo in cui Mattei porta a termine le trattative con i governi dei Paesi nordafricani, ad esempio la Tunisia, disprezzando il suo operato e il carattere monopolistico che sta assumendo. Inoltre si accusa Mattei di aver iniziato una guerra dei prezzi della benzina, imponendoli anche agli altri carburanti. Viene descritto inoltre come un personaggio ambiguo ed inaffidabile, capace di pensare solamente al profitto e al guadagno personale.

Un anno più tardi il dissenso nei confronti di Mattei continua a crescere. In un ulteriore rapporto del Foreign Office si critica l’operato dell’ENI perché non favorisce le attività delle compagnie petrolifere inglesi e anglo-olandesi. Secondo i vertici britannici l’ENI ha utilizzato due strumenti scorretti per acquisire una posizione di primo ordine: il taglio dei prezzi e la pressione politica. Sfruttando i prezzi vantaggiosi del petrolio sovietico e avvalendosi della sua posizione monopolistica nazionale sul gas naturale, ENI può vendere il petrolio in Italia a prezzi convenienti invadendo tutti i mercati oltrepassando i limiti e minacciando il mercato britannico.
Il potere di Mattei è diventato enorme anche dentro i limiti della politica nazionale, da alcuni è considerato troppo arrogante e incontrollabile. Egli però non si muove per smentire i critici e i suoi oppositori, al contrario aumenta tale ostilità nei suoi confronti. È celebre la sua affermazione: «Uso i partiti come taxi. Salgo, pago le corse e poi scendo». Mattei inoltre escogita uno stratagemma per continuare a ricevere l’appoggio dei partiti: ogni anno investe cifre elevate per costruire una rete di consenso attorno alla sua attività, cifre capaci di costruire intere correnti politiche all’interno dei partiti o di fidelizzare gli uomini più influenti. Qualcuno ritiene che questa logica trent’anni dopo sarà denominata «Tangentopoli» e affonda le radici proprio nel «metodo Mattei».
Negli ultimi anni di vita Mattei riceve anche alcune minacce di morte. Una prima lettera giunge firmata dall’OAS (l’organizzazione armata segreta francese), a cui ne seguiranno molte altre. La stampa italiana però non crede all’autenticità della lettera, tanto che Mattei viene considerato dalla stampa un megalomane e un impostore che crea questi stratagemmi per far aumentare nuovamente il consenso perso. Tutto questo accade nonostante la scoperta dell’ingresso in Italia sotto falso nome di un uomo francese. Inoltre secondo il Sifar (Servizio d’informazione delle forze armate) le lettere sono state scritte dallo stesso Mattei, anche se giungono spesso e in modo sempre più ravvicinato. Egli ne riceverà di ogni tipo fino a pochi giorni dalla morte. Sia i più stretti collaboratori, sia la moglie testimoniano che Mattei, durante gli ultimi anni che precedono la morte, è turbato e angosciato.
Lavora in modo frenetico, viaggia in tutto il mondo, tratta ogni affare e progetto che intende intraprendere, ma non è sereno. La moglie testimonierà di averlo sentito piangere una notte, e lui non era solito farlo. Lo scenario che precede la morte di Mattei è molto ampio ed eterogeneo, contraddistinto da diversi atteggiamenti: i servizi di sicurezza governativi non svolgono al meglio il loro lavoro, la politica è molto scettica sull’attendibilità delle minacce, i giornalisti in maniera ostile giungono ad accusare Mattei di essersi minacciato da solo. L’ENI cerca di proteggere il proprio presidente attivando un proprio servizio di spionaggio, rinforzando anche i dispositivi di sicurezza per Mattei. Qualche mese più tardi accadrà l’inevitabile.
Le ultime ore di Enrico Mattei
Il 20 ottobre 1962 Mattei riceve una telefonata da parte di Graziano Verzotto, dirigente dell’ENI in Sicilia nonché segretario regionale della DC, il quale chiede al Presidente dell’ENI di ritornare con urgenza in Sicilia poiché la popolazione di Gagliano Castelferrato (paese vicino Gela) è in subbuglio e minaccia scioperi e violenti scontri, inoltre chiede di essere rassicurata da Mattei in persona. Mattei in Sicilia è considerato una sorta di salvatore della patria: egli promette di far rientrare in patria coloro che erano stati costretti ad emigrare. È appena tornato dalla Sicilia due giorni prima e non capisce il vero motivo di quella telefonata alquanto strana.
Mattei infatti si è recato nell’isola pochi giorni prima perché era stato scoperto un nuovo giacimento di petrolio e le potenzialità estrattive erano importanti sia per la popolazione, che spera di avviare un periodo di sviluppo e benessere, sia per i politici locali, che vedono la possibilità di realizzare grandi progetti e ampliare l’importanza geopolitica siciliana. Mattei non crede che i cittadini siano sul punto di ribellarsi, per questo motivo, la telefonata che riceve, sembra un pretesto per farlo tornare nell’isola. Nonostante ciò egli decide di tornare in Sicilia.
Fonti a lui vicine sostengono che quella chiamata lo rese molto preoccupato e nervoso. Soprattutto dopo che ne giunge un’altra nella quale gli viene consigliato di non atterrare a Gela ma a Catania. Il fratello racconta che il presidente si infastidì molto per questa variazione. Qualcuno infatti vuole che Mattei giunga dove i preparativi per l’attentato sono già iniziati. In Sicilia Mattei inoltre giungerà senza la scorta personale. Le ultime ore di vita del presidente stanno per iniziare. Mattei arriva nuovamente in Sicilia, la mattina del 26 ottobre 1962, con il suo aereo privato, insieme al pilota di fiducia Irnerio Bertuzzi e al giornalista americano William Francis McHale, che intende scrivere un report su Mattei per «Time» e «Life».
L’aereo atterra, nonostante il suggerimento ricevuto, a Gela. L’intera giornata di Mattei è piena di impegni e incontri. L’indomani mattina, il 27 ottobre 1962, si tiene la manifestazione a Gagliano, dove l’arrivo di Mattei è accolto da un tripudio generale da parte della popolazione locale. C’è pure la banda musicale e chi getta dei coriandoli dai balconi al passaggio del presidente dell’ENI. Mattei è commosso e tiene un discorso molto sentito, ringraziando tutti. Dopo pranzo parte con l’elicottero per dirigersi verso l’aeroporto di Fontanarossa di Catania dove il pilota Bertuzzi lo aspetta per decollare. L’introduzione dell’esplosivo nell’aereo forse è già avvenuta, o la notte precedente o nel pomeriggio, quando il pilota viene fatto allontanare dall’aereo con la scusa di una telefonata. Il giornalista McHale viaggia con loro cercando di sfruttare altre due ore di volo per intervistare Mattei. L’aereo decolla da Catania intorno alle ore 17.00 del pomeriggio. Sarà l’ultimo viaggio di Enrico Mattei.

La morte di Enrico Mattei
L’aereo precipita a Bascapè, una località di campagna in provincia di Pavia. L’incidente è ancora oggi avvolto nel mistero. Sul momento la vicenda viene archiviata molto rapidamente come un incidente. Sarà aperta una nuova indagine nel 1994, in seguito ad alcune dichiarazioni di alcuni pentiti di mafia, e conclusa nel 2003. Gli inquirenti studiando in modo minuzioso e approfondito i resti dell’aereo, concluderanno che in effetti, molto probabilmente, potrebbe esserci stato un sabotaggio. Tuttavia dopo molti anni di distanza non è possibile risalire al responsabile e al mandante, chiunque essi siano.
Nonostante la sua morte prematura, l’eredità di Mattei rimane fondamentale per l’industria energetica italiana. L’ENI continuò a essere uno degli attori principali nel panorama energetico globale e la sua figura è diventata simbolo di un’Italia che cerca di emergere dal dopoguerra con un’identità economica più forte e indipendente. Oggi, Enrico Mattei è ricordato come un visionario che ha saputo coniugare capacità imprenditoriale, strategia politica e un profondo senso del destino economico nazionale. La sua storia continua a essere oggetto di studi e riflessioni, e il suo impatto sull’industria energetica mondiale è ancora riconosciuto.
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- E. Mattei, Scritti e discorsi: 1945-1962 raccolta integrale dell’archivio storico Eni, Prefazione a cura di Paolo Mieli, Rizzoli, Milano 2012.
- C. M. Lo Martire, Mattei: Storia dell’italiano che sfidò i signori del petrolio, Mondadori, Milano 2004.
- V. Calia, S. Pisu, Il caso Mattei: Le prove dell’omicidio del presidente dell’Eni dopo bugie, depistaggi e manipolazioni della verità, Chiare lettere, Milano 2017.