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“Mariuolo” è un termine dialettale napoletano che indica chi compie atti truffaldini o inganna le persone per trarne un vantaggio. Questa parola riecheggia nel dibattito politico nazionale il 3 marzo 1992 quando un giornalista chiede a Bettino Craxi, allora leader indiscusso del Partito Socialista Italiano e politico influente del tempo, cosa pensasse di Mario Chiesa, arrestato quindici giorni prima. Nel definirlo, Craxi, parafrasando il nome di battesimo dello stesso Chiesa, parla di “mariuolo”.
Poche parole ma pesanti per definire l’ex presidente del Pio Alberto Trivulzio di Milano, molto vicino alla sua corrente politica, arrestato in flagranza di reato lunedì 17 febbraio 1992. Un arresto che passa quasi in anonimato ma che nel giro di poche settimane fa scoprire un sistema corruttivo senza precedenti che coinvolge imprenditori e politici. Da quel momento, la storia dell’Italia prende una piega diversa. Da un semplice “mariuolo” crolla la Prima repubblica.
17 febbraio 1992, ore 17:30: carabinieri al Pio Albergo Trivulzio
Lunedì 17 febbraio 1992 alle ore 17:30 Luca Magni ha un appuntamento nell’ufficio del Presidente del Pio Albergo Trivulzio di Milano, Mario Chiesa. Magni è un imprenditore quarantaduenne alla guida di una piccola società impegnata nell’ambito delle pulizie di uffici ed aziende specializzata nello smaltimento di rifiuti ospedalieri, la ILPI. L’imprenditore è preoccupato, molto preoccupato. Non è la prima volta che va al Pio Albergo Trivulzio e la sua ditta ha un appalto nella storica residenza per anziani di Milano detta anche “Baggina” (poiché collocata nel quartiere di Baggio). Non lo sa, ma ciò che accade poco dopo il suo ingresso nell’ufficio più importante della struttura cambierà la sua vita, quella del suo presidente e della storia del nostro Paese.
Alla guida del Pio Albergo Trivulzio c’è un ingegnere di 47 anni, Mario Chiesa. Da sei anni alla guida della “Baggina”, Chiesa è iscritto al Partito Socialista Italiano, il partito più influente in città che esprime il sindaco ininterrottamente dal 1967. Chiesa è a capo di un istituto storico cittadino ma il suo sogno è diventare un politico molto influente e puntare un giorno (non troppo lontano) a diventare sindaco della città.
Chiesa fa accomodare Magni. I due si siedono, si guardano e Magni tira fuori una busta con del denaro dentro. Magni passa la busta a Chiesa, Chiesa apre la busta e nota che al suo interno invece dei 14 milioni pattuiti ce ne sono solo la metà. Magni gli spiega la situazione: non sta passando un bel momento economico anche per colpa del fatto che per “lavorare” al Pio Albergo Trivulzio deve pagare il 10% del prezzo dell’appalto. Chiesa storce il naso, ma acconsente alla “rata”.
Non appena Magni esce dallo studio, i carabinieri entrano e colgono Chiesa in flagranza di reato. Entrano il magistrato Antonio Di Pietro, il capitano dei carabinieri Roberto Zuliani e tre colleghi in borghese. Chiesa dice che quei soldi sono suoi, Di Pietro gli dice di no perché sono tutte banconote “segnate” con la sua firma. Il Presidente del Pio Albergo Trivulzio riesce ad andare in bagno e getta nel water una busta contenente altro denaro. Chiesa è bloccato, arrestato e condotto nel carcere milanese di San Vittore. La notizia del suo arresto passa quasi inosservata il giorno dopo sui giornali.
Come sanno i carabinieri di quello che stava accadendo dentro quell’ufficio? Luca Magni ha con sé una penna con un registratore e la valigetta ha al suo interno una piccola telecamera. I carabinieri hanno ascoltato da fuori il Pio Albergo Trivulzio il dialogo tra Magni e Chiesa sono entrati e hanno colto Chiesa sul fatto. Per Magni una vera liberazione: sono mesi che è vessato da Chiesa e dalla sua segretaria affinché pagasse la tangente.
Magni il 13 febbraio, stufo della situazione, va dai carabinieri di via Moscova a Milano e spiega al capitano Roberto Zuliani la situazione. Il militare parla con la Procura di Milano sul cosa fare e del caso si occupa un sostituto procuratore di 41 anni, Antonio Di Pietro. In accordo con Ziliani e Magni, Di Pietro manda Magni all’appuntamento con una busta di denaro falso (per l’occasione) ed una ricetrasmittente così da intercettare parola per parola ciò che avrebbe detto Chiesa. Al momento giusto, i carabinieri fanno irruzione nell’ufficio e traggono in arresto Mario Chiesa.
Dal Chiesa “mariuolo” al concetto di “dazione ambientale”: la politica italiana trema
Chiesa in carcere non parla, non fa né nomi né cognomi. Di Pietro non vuole per il politico socialista il processo per direttissima, vuole andare a fondo e scoprire cosa c’è dietro Chiesa: agisce per conto proprio o c’è sotto qualcosa di più grave?
Tutti i socialisti milanesi prendono le distanze immediatamente da Mario Chiesa e lo lasciano in balia degli eventi: tra poche settimane si vota per il rinnovo del Parlamento e per tutti è meglio non avere nulla a che spartire con un politico corrotto. Eppure Chiesa a Milano, politicamente, è un nome molto influente: ex assessore provinciale, dal 1986 è alla guida della “Baggina”, incarico rinnovato quattro anni dopo. Non si nasconde: sogna di diventare un giorno sindaco di Milano. S
i scopre che Chiesa ha un network di conoscenze e amicizie molto ramificato che gli permette sempre di fare ogni volta il salto di qualità: per le elezioni amministrative del 1990 fa campagna elettorale per il figlio di Bettino Craxi, Vittorio detto “Bobo”, per il consiglio comunale. In passato era vicino a Tognoli e a Pillitteri e ora è vicino al capo del PSI, ma era da diverso tempo sotto la lente della Procura di Milano per una serie di favoritismi negli appalti al Pio Albergo Trivulzio. Il caso Magni è cascato a fagiolo, di conseguenza.
Alla notizia del suo arresto, Craxi jr lo abbandona come lo abbandona l’amico Bettino che lo definisce “mariuolo”, dicendo che mai un politico socialista aveva avuto problemi con la legge e che il partito in cinquant’anni di governo locale non è mai stato lambito da inchieste giudiziarie di corruzione. Tutti sono a posto e lui stesso, come segretario del partito, è vittima di questa situazione. Chiesa è un “mariuolo” e non può infangare il nome del Garofano, il partito più vecchio d’Italia.
Il 23 marzo Chiesa, stanco dopo oltre un mese di carcere, vuota però il sacco: fa nomi e cognomi, spiega a Di Pietro che, come lui, sono tanti i politici e gli amministratori che praticano la corruzione. La politica milanese trema: iniziano i primi arresti, i primi fermi e le prime dimissioni. Da una piccola notizia di cronaca cittadina, nasce un vero terremoto politico. Di Pietro ci ha visto bene: Mario Chiesa è, praticamente, la punta di un iceberg.
Si scopre un sistema radicato e sviluppato che vede coinvolti politici (di primo e secondo piano) ed imprenditori milanesi e lombardi. Unico legame tra loro: le tangenti. Tutte le società municipalizzate milanesi sono coinvolte nelle indagini: ATM (trasporto pubblico), MM (metropolitana), AEM (energia), SEA (società che gestisce l’aeroporto di Malpensa), perfino i lavori per gli ospedali fino alla costruzione del terzo anello dello stadio “Meazza” nel progetto di “Italia ’90”. Ogni partito politico ha una percentuale di ripartizione dei soldi ricevuti.
La Procura di Milano assegna all’inchiesta che vede coinvolto Mario Chiesa il fascicolo “8655/92”: ogni giorno e settimana, quel fascicolo diventa sempre più grande.
L’inchiesta, giornalisticamente parlando, prende il nome di “Mani pulite” e “Tangentopoli”. Il primo a coniare questo curioso epiteto fu il giornalista di “Repubblica” Piero Colaprico facendo il verso a Walt Disney: se “Paperopoli” è la città dei paperi, “Tangentopoli” è quella delle tangenti. A chiamarla invece “Mani pulite” ci pensa lo stesso di Pietro, prendendo le lettere “M” e “P”, le iniziali di Mike e Papa, ovvero come in tempo di guerra comunicavano i capitani e le procure, ovvero Zuliani e lo stesso di Pietro.
Era stato l’allora Presidente della Repubblica, Sandro Pertini, a parlare per primo del concetto di “mani pulite” nella politica, spiegando il fatto che chi faceva o chi voleva fare politica attiva non deve commettere illeciti o pratiche poco consone. Il politico è considerato una persona per bene cui l’elettore affidava il proprio voto con la speranza di salvare il Paese ed invece quella classe politica ha tradito la fiducia degli elettori. La politica è nel caos.
Si assiste perfino a gare sul chi arriva prima da Di Pietro e dai suoi colleghi per confessare onde evitare pene più pesanti, o comunque limitare i danni. Si arriva ad avere oltre un arresto al giorno. I soldi incassati per le tangenti vanno illecitamente nelle casse dei partiti in quanto la politica costa, soprattutto per i giornali dei partiti, che vendono pochissime copie, e per le campagne elettorali. E tutto serve per un tornaconto generale: rubano tutti, rubo anche io.
I primi due politici milanesi di peso ad avere avuto un avviso di garanzia sono due esponenti di spicco del PSI: Carlo Tognoli e Paolo Pillitteri: il primo è stato sindaco del comune lombardo per dieci anni (tra il 1976 e il 1986); il secondo, cognato di Bettino Craxi, gli è succeduto sulla poltrona di palazzo. Tognoli e Pillitteri, il giorno dopo aver ricevuto l’avviso di garanzia, convocano una conferenza stampa congiunta in cui dicono di essere lontani dalle tangenti e da quel “mondo”. Tognoli è uno dei primi a scaricare Chiesa, dicendo che dietro alle indagini della Procura c’è un piano per screditare il partito alla luce delle elezioni politiche in dirittura d’arrivo.
Durante gli interrogatori, Di Pietro scopre un qualcosa di incredibile: la dazione ambientale, pratica comune e risaputa concernente il fatto che non era neanche necessario parlare di tangenti perché si sapeva che tutto in quel mondo funzionava in quella maniera. Si scoprono i conti bancari all’estero di Mario Chiesa, chiamati “Fiuggi” e “Levissima” ed una volta scoperti da Di Pietro, il magistrato dice all’avvocato di Chiesa di dire al suo assistito che “l’acqua minerale era finita”. Per questa ragione, Mario Chiesa vuota il sacco quel 23 marzo 1992. Chiesa sa di essere finito e vuota il sacco.
Durante le indagini si scopre, ad esempio, che oltre alla dazione ambientale, pratica molto diffusa è quella della “pallina fredda” durante i sorteggi delle procedure concorsuali per l’assegnazione di un appalto: chi sorteggia le palline, estrae solo quella più fredda delle altre che premia l’appaltante vincitore già deciso a priori.
I partiti che hanno più indagati ed arrestati sono, in quelle settimane, la DC, il PSI ed i partiti laici dell’allora Pentapartito. Tutto questo con all’orizzonte il voto del 5-6 aprile 1992: si sarebbe votato il rinnovo del Parlamento per la undicesima legislatura. E sono un vero terremoto.
Il voto del 5-6 aprile 1992: crolla la DC, tiene il PSI, esplode la Lega Nord
Il risultato elettorale è devastante: la Democrazia Cristiana passa dal 34,4% al 29,7%, perdendo voti in alcune “roccaforti”, i socialisti perdono un punto percentuale rispetto alla precedente tornata (dal 14,3% al 13,6%), i tre partiti laici del Pentapartito, il PRI, il PLI ed il PSDI in tre prendono circa il 10%, il Partito dei Democratici della Sinistra, “successore” del Partito Comunista Italiano, ottiene il 16,6% ed il “cugino” Partito della Rifondazione Comunista si attesta al 5,6%.
Chi gode appieno di quel risultato elettorale è la Lega Nord che ottiene l’8,7% portando in parlamento 55 deputati e 25 senatori. Il partito lumbard ottiene il 25% in Lombardia, il 19,4% in Piemonte, il 18, 9% in Veneto ed addirittura il 10% in Emilia Romagna. La Lega diventa il primo partito di Milano ed Umberto Bossi, leader del movimento, ottiene oltre 240mila preferenze contro le 94mila di Bettino Craxi.
La Lega Nord è il vero partito novità del periodo: alle elezioni regionali di due anni prima, la Lega Lombarda (la parte “lombarda” del partito) fa il botto elettorale tanto da arrivare al 18%. Voti tolti alle forze governative, Dc e Psi in primis.
La Lega Nord ha fatto il boom di voti grazie al vuoto partitico di quelle settimane, ponendosi come partito alternativo ai partiti che fanno dei finanziamenti illeciti il proprio “business”. La Lega lombarda diventa il secondo partito più votato in Lombardia sfondando in città come Bergamo, Brescia, Varese e Cremona. Nemico dei leghisti: Roma. Amico dei leghisti: il distacco del Nord dal resto del Paese. La Lega è antipolitica, è la rottura verso un sistema marcio e corrotto. E’ un voto di rottura, di protesta e gli elettori la premiano perché è giustizialista. Ed il sentimento giustizialista è ciò che caratterizza gli italiani dell’epoca: punire i corrotti, tutti e subito.
Ottiene anche risultati lusinghieri un altro partito “di rottura”, la Rete, un movimento politico improntato sulla lotta alla Mafia e che ha nella questione morale e nella lotta alla illegalità il proprio perno politico. Tra i fondatori/ideatori eletti in Parlamento ci sono Nando della Chiesa (figlio dell’ex Prefetto di Palermo ucciso dalla mafia), il sindaco di Palermo Leoluca Orlando e l’ex sindaco comunista di Torino, Diego Novelli. Ma è l’astensione al voto il “partito” che ottiene più preferenze: il 17% degli aventi diritto al voto non va a votare.
Tutti i partiti presenti fino a quel momento in Parlamento sono colpiti (chi solo sfiorati, chi distrutti) durante l’anno dalle indagini: quello che colpisce più di tutti, a livello storico-politico, è la fine di tutti i partiti membri del Pentapartito, la coalizione che governava l’Italia dal giugno 1981. Ma è la Democrazia Cristiana a crollare, non solo elettoralmente però.
Nasce il pool Mani Pulite, continuano gli arresti, i primi suicidi, l’elezione di Scalfaro tra Capaci e via d’Amelio
Il 27 aprile 1992 per gestire al meglio la situazione nasce il pool Mani pulite, un gruppo di magistrati impegnati a tempo pieno nelle indagini sul rapporto tra corruzione e politica. Ne fanno parte Antonio Di Pietro, Gherardo Colombo, Piercamillo Davigo, coordinati da Gerardo D’Ambrosio e Francesco Saverio Borrelli.
Gerardo D’Ambrosio, 61enne già noto per le sue indagini sulla strage di piazza Fontana e sulla vicenda “Calabresi-Pinelli” che scagionò il commissario, mentre Francesco Saverio Borrelli, napoletano, cinquantacinquenne entrato in magistratura nel 1955 e diventato poi Procuratore Capo di Milano nel 1988.
Gherardo Colombo ha 46 anni ed è già noto alle cronache per le sue indagini sulla lista della Loggia P2, il delitto del liquidatore della Banca Privata Italiana Giorgio Ambrosoli ed i fondi neri dell’Iri. Piercamillo Davigo è l’anima giuridica della squadra, un uomo tutto d’un pezzo che ha già avuto a che fare con il mondo della corruzione indagando sulle “carceri d’oro”. Il suo ruolo è quello di chiedere le autorizzazioni a procedere alle Camere per l’arresto del politico indagato. Altri membri del pool sono Tiziana Parenti, Armando Spataro e Ilda Boccassini, ma il vero protagonista della scena è Antonio di Pietro.
Di Pietro ha 41 anni e nella sua vita ha svolto diversi lavori, tra cui anche esperienze all’estero. Si laurea in legge ed entra in Polizia diventando nel tempo vice-Commissario. Di Pietro è il protagonista indiscusso degli interrogatori di Mani pulite ed è considerato l’eroe positivo di tutta la vicenda, colui capace di distruggere una classe politica meschina, corrotta e menefreghista verso i propri elettori. Usa metodi investigativi diversi e predilige l’informatica. I suoi processi sono spettacolari: i politici lo detestano, il popolo lo ama e lo acclama.
E’ un uomo scaltro e spiccio, il dottor Antonio Di Pietro: passa alla storia per il fatto di aver scoperto i conti segreti svizzeri di Chiesa che avevano il nome di due marche di acque e, per mettere all’angolo l’ex Presidente del Pio Albergo Trivulzio, lui dice al suo avvocato che i conti erano stati scoperti dicendo che “l’acqua minerale era finita” e per il bluff contro l’allora vice-Presidente della SEA, il democristiano Roberto Mongini, che, pur di farlo parlare gli mostra un faldone enorme contenente accuse contro di lui ed il politico democristiano, alle corde, vuota il sacco. Solo dopo Di Pietro gli dice che in quel faldone non c’è nulla contro di lui ma che è un faldone preso a caso dal suo archivio. Mongini non lo sa e, di conseguenza, ha raccontato tutto quello che sa.
Il pool milanese vuole seguire le orme dell’omonimo pool creato da Rocco Chinnici e Antonino Caponnetto a Palermo per combattere la mafia, e per vincere la “guerra” contro le tangenti devono essere tra loro amici, confidenti, esperti. Se a Palermo vogliono ridare dignità alla città e alla regione, a Milano vogliono ridare dignità alla città, alla politica nazionale e al Paese intero. L’inchiesta del pool pone l’attenzione su un settore dello Stato, la magistratura, che fino a quel momento non è mai stata oggetto di attenzione da parte del pubblico e di colpo diventa protagonista, suo malgrado.
Gli italiani iniziano a seguire i telegiornali con i loro inviati davanti al tribunale di Milano ed imparano i nomi degli stessi inviati che ogni giorno elencano i nomi degli indagati e degli arrestati. Nascono nuovi talk show improntati sulle vicende di “Tangentopoli”: i più noti, “Samarcanda” di Michele Santoro, “Milano-Italia” di Gad Lerner e “L’istruttoria” di Giuliano Ferrara. Tra febbraio e maggio tutta l’informazione italiana “gira” intorno ai fatti di “Tangentopoli”.
L’indagine sulla corruzione e la concussione in politica e negli affari parte dalla Procura di Milano, ma in pochi mesi tutte le Procure nazionali decidono di unirsi ai magistrati milanesi, aprendo anch’esse indagini: da Pavia a Palermo, da Torino a Padova si scopre che il malaffare è radicato ovunque. Di Pietro ha visto lungo: piano piano si scopre il marcio che aveva solamente previsto prima di entrare nell’ufficio di Mario Chiesa.
Come se non bastasse, nella primavera del 1992 si deve eleggere anche il nuovo Presidente della Repubblica. Il Presidente numero IX della storia repubblicana diventa, il 26 maggio, il politico democristiano Oscar Luigi Scalfaro, in Parlamento dalla I legislatura e con un passato ministeriale. Nel corso delle votazioni sono bocciati i vari Spadolini, Forlani e Andreotti, compromessi per colpa loro e dei loro partiti. Il sedicesimo scrutinio è veloce perché si vuole trovare l’erede di Cossiga al più presto perché tre giorni prima, il 23 maggio, a Capaci, perde la vita in un attentato il giudice Giovanni Falcone.
In quell’attentato, all’altezza dello svincolo autostradale di Capaci, nei pressi di Palermo, una bomba di 400 kg è esplosa uccidendo Falcone, la moglie Francesca Morvillo ed i poliziotti della scorta Vito Schifani, Rocco Dicillo ed Antonio Montinaro. Altri quattro poliziotti di scorta sopravvivono alla strage nonostante le ferite. Falcone muore in ospedale, aveva 56 anni ed era direttore degli Affari penali del Ministero di Grazia e Giustizia.
57 giorni dopo i fatti di Capaci, il 19 luglio, alle ore 16:58, muore in un attentato uno degli amici più intimi di Falcone, nonché collega impegnato come lui a 360° nella lotta alla mafia: Paolo Borsellino. Il giudice palermitano, 52 anni, muore per mano di un’autobomba che esplode al momento in cui suona il citofono della casa della madre in via D’Amelio. Muoiono lui e la sua scorta composta da Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina. Emanuela Loi, 24 anni, è il primo membro donna di una scorta a morire in un attentato.
L’Italia nel 1992 era davvero nella bufera: “Tangentopoli”, l’inchiesta del pool, una classe politica messa all’angolo, politici arrestati, politici che si suicidano, le bombe di Capaci e via d’Amelio, una grave crisi economica che aveva portato alla svalutazione della lira. In più le indagini proseguono. Molti sostengono che Giovanni Spadolini, esponente di spicco del partito del Partito repubblicano, presidente del Senato e primo Presidente del Consiglio della storia repubblicana non democristiano, perde la corsa al Quirinale proprio perché il suo partito è colpito duramente dalle indagini del pool che coinvolge tanti suoi esponenti che ricevono tanti avvisi di garanzia: due su tutti, Antonio del Pennino e Giacomo Properzi, rispettivamente ex vice sindaco di Milano ed ex Presidente della Provincia di Milano.
Il 7 maggio, a causa degli arresti e degli inquisiti, il PSI lombardo è azzerato e Craxi decide di mandare Giuliano Amato, sottosegretario alla Presidenza nei due governi Craxi nonché vice-Presidente del Partito, ad occupare il ruolo di commissario.
Al pool si accusa però troppa irruenza nelle indagini e nella conduzione delle stesse. In particolare si contestano la carcerazione preventiva per gli indagati. Durante i primi mesi di indagini, rimbalzano a destra e a manca nomi di politici più o meno noti che sono accusati di corruzione e concussione. I loro nomi sono su tutti i giornali e sono elencati durante i telegiornali. Molti stanno male, si vergognano per quello che hanno fatto e altri si vergognano di passare come corrotti e corruttori. E non mancano i gesti estremi: i suicidi. Nel solo 1992 undici persone legate alle indagini si tolgono la vita. Il primo suicidio “politico” avviene martedì 16 giugno 1992 quando si toglie la vita il socialista lodigiano Renato Amorese dopo che di Pietro lo aveva convocato nei suoi uffici, ma il suicidio “pesante” è quello di Sergio Moroni.
Moroni, 45 anni, è uno dei socialisti più importanti a livello nazionale essendo deputato da due legislature e tesoriere del Partito in Lombardia. Moroni ha ricevuto tre avvisi di di garanzia per le tangenti sullo smaltimento dei rifiuti, le Ferrovie Nord ed i lavori all’ospedale di Lecco quando era assessore regionale. Scrive anche una lettere all’allora Presidente della Camera dei Deputati, Giorgio Napolitano. Moroni si toglie la vita il 2 settembre 1992.
Bettino Craxi parla di “clima infame” causato dalla magistratura di Milano, ma il leader socialista è il grande obiettivo del pool.
Obiettivo del pool: incastrare Bettino Craxi. La Camera salva Craxi, le monetine del “Raphael”, la fine di un’epoca politica
Dopo quarantaquattro giorni di carcere e le prime confessioni, il Tribunale di Milano concede gli arresti domiciliari a Mario Chiesa. Il 27 novembre 1992 Chiesa riceve la prima sentenza: 6 anni di reclusione per corruzione e concussione e la restituzione di sette miliardi. L’accusa aveva chiesto 10 anni. Il pool (soprattutto di Pietro) ha un obiettivo: arrestare Bettino Craxi.
Il 15 dicembre 1992, il leader socialista Bettino Craxi riceve un avviso di garanzia per la tangente Enimont, la cosiddetta “madre di tutte le tangenti”. E proprio la “celebre” tangente da 150 miliardi di lire fa scoprire che nell’affare Enimont (la società chimica nata dalla fusione tra Eni e Montedison) sono coinvolti tutti i partiti italiani. Manovratore dell’affare, Raul Gardini attraverso Sergio Cusani, manager di Ferruzzi. Craxi non è l’unico leader di partito ad essere coinvolto nelle indagini e che è costretto a dimettersi: è toccato al repubblicano Giorgio La Malfa, al democristiano Ciriaco de Mita (poiché il fratello è indagato sugli scandali post terremoto in Irpinia), il liberale Renato Altissimo e il socialdemocratico Carlo Vizzini.
Il 9 febbraio Craxi si dimette da segretario del Partito e al suo posto è nominato l’ex segretario UIL Giorgio Benvenuto. Dopo di lui è eletto nuovo segretario del Garofano Ottaviano del Turco. Da allora e fino al 23 marzo 1993, Bettino Craxi riceve in tutto undici avvisi di garanzia: dalla corruzione al finanziamento illecito ai partiti. La sua carriera politica finisce in due momenti: la nomina di Giuliano Amato Presidente del Consiglio dopo il voto del 5-6 aprile 1992 (cui Craxi ambiva senza se e senza ma) ed i fatti del 30 aprile 1993.
Il 29 aprile 1993 la Camera vota contro l’autorizzazione a procedere contro Craxi poiché gode dell’immunità parlamentare. Prima del voto, Craxi tiene un discorso dove confessa di aver preso finanziamenti illeciti e accusa che tutti prendevano finanziamenti illeciti, asserendo che chi dice il contrario mente spudoratamente. La Camera salva il deputato e quel voto spacca il governo Ciampi che ha giurato poco prima: si dimettono la delegazione pidiessina (tre ministri) e quella dei Verdi (un ministro). Il Paese è sconcertato: la casta salva la casta. Il giorno dopo scendono in piazza gli studenti con cortei molto importanti cui si uniscono i partiti di sinistra e poi elettori di Lega Nord e Movimento Sociale Italiano.
L’apice si raggiunge quando una folla di persone si dirige verso l’hotel “Raphael”, sede romana di Craxi. La folla sa che al suo interno c’è Craxi, si assiepa nella piazza davanti all’hotel. Attende l’uscita di Craxi tra cori, insulti e banconote sventolate al vento. Quando Craxi esce per salire sull’auto di servizio, la folla lancia contro di lui di tutto, tra cui tantissime monetine che colpiscono lui, la scorta e le auto al seguito.
Finisce definitivamente la carriera politica di un uomo alla guida del Garofano dal 1976, primo socialista a Palazzo Chigi e fautore della linea dura contro gli Stati Uniti d’America con la “crisi di Sigonella” successiva ai fatti dell’”Achille Lauro”. L’uomo forte della politica italiana si ritrova piccolo piccolo. E pensare che un anno prima accusava Chiesa di essere un “mariuolo” e diceva che il Garofano non c’entrava nulla con la corruzione.
1992 indimenticabile. O dimenticabile?
Il 1992 è passato alla storia per la nascita della UE con il Trattato di Maastricht, per gli incontri di Rio de Janeiro che diedero il via alle COP (Conferenza delle Parti) sull’ambiente, per la riabilitazione delle teorie di Galilei e per i festeggiamenti dei 500 anni della scoperta dell’America. Eventi di primissimo piano, ma in Italia il 1992 sarà ricordato come l’anno che dà il via alle indagini sulla corruzione tra politica ed imprenditoria partendo dall’arresto di un rampante presidente di un noto ospizio di Milano in un anonimo tardo pomeriggio invernale.
Da quell’arresto e con le indagini che ne scaturiscono, gli italiani scoprono che i politici non “lavorano” per loro, ma questi lavorano per avere più potere personale e per favorire un sistema politico-partitico che vive della “dazione ambientale”. Crolla una classe politica che guidava il Paese dal 1948 ininterrottamente anche sotto i colpi degli attentati mafiosi, uniti ad una preoccupante crisi economica.
Il resto è storia: la fine della Prima repubblica, la fine del partito che ebbe sempre la maggioranza di voti, la fine di un sistema che stava mandando in rovina (soprattutto economica) il Paese. Arrivano nel giro di sei anni una nuova legge elettorale (frutto dei referendum abrogati del 9 giugno 1991 e del 18-19 aprile 1993), il bipolarismo, il berlusconismo, Lega Nord e missini al governo nel primo governo Berlusconi, il primo governo pienamente di sinistra, il primo Presidente del Consiglio proveniente dall’ex PCI, la fine della Bicamerale nel 2000. Ma soprattutto il referendum dell’aprile 1993 aveva abolito il finanziamento pubblico ai partiti.
Eppure nessuno pensava, tra i cittadini, che il 1992 sarebbe stato un anno simile al 1948, al 1968, al 1989 come fatti accaduti. Gli anni Ottanta sono stati anni decisamente di ripresa economica e ricchezza diffusa mentre tra il 1989 ed il 1992, cade il Muro di Berlino (9 novembre 1989), si unisce la Germania (3 ottobre 1990), si scioglie l’Unione sovietica (26 dicembre 1991), l’Unione Europea prende il posto della Comunità Economica Europea (17 febbraio 1992). Non ci sono più ideologie, soprattutto. Il Mondo viene stravolto dalla storia.
Oggi Chiesa ha 77 anni, non fa più politica ma negli anni passati ha avuto ancora problemi con la legge, mentre a Craxi il 12 maggio 1994, caduta l’immunità parlamentare poiché non candidato alle elezioni politiche del marzo precedente, è ritirato il passaporto, ma lui è da qualche settimana rifugiato ad Hammamet, cittadina nel nord-est della Tunisia, dove il leader socialista ha una residenza privata. Nel luglio 1995 è dichiarato latitante e fino al giorno della sua morte rimane nel Paese africano, non torna più in Italia e ad Hammamet muore il 19 gennaio 2000.
Sono tanti i politici colpiti dal ciclone “Mani pulite”, ma Chiesa e Craxi sono i più controversi. Il Partito Socialista italiano, fondato nel 1892 e partito storico del socialismo europeo, si scioglie il 13 novembre 1994.
Il 1992 sancisce il distacco tra la popolazione e la politica: dopo anni di luna di miele, le indagini di “Mani pulite” fanno voltare le spalle agli italiani che capiscono che molti politici pensano solo al loro tornaconto personale e/o del partito di fronte alle richieste degli italiani.
Eppure quel pool nato a Milano, la capitale economica del Paese, sulla base (morale) del pool antimafia pensato da Rocco Chinnici e realizzato nel 1984 da Antonino Caponnetto dopo la morte in un attentato mafioso dello stesso Chinnici (e che ebbe come punta di diamante l’istituzione del Maxiprocesso alla mafia tra il novembre 1986 ed il dicembre 1987 e che porta alla condanna di oltre 350 mafiosi), mette ko un intero sistema che stava lacerando la politica.
Il pool di Milano si scioglie il 14 luglio 1994 a seguito del “decreto Biondi” (dal nome dell’allora Ministro della Giustizia, Alfredo Biondi), chiamato spregevolmente “decreto salva-ladri”: le persone coinvolte nei reati di corruzione, peculato, concussione, abuso d’ufficio, finanziamento illecito, falso in bilancio, frode fiscale, truffa ai danni dello Stato e di enti pubblici (praticamente, tutte le persone coinvolte in “Mani pulite”) sono scarcerate e condotte agli arresti domiciliari.
Per i magistrati del pool, quello è quasi un oltraggio a oltre due anni di indagini. Eppure quelle indagini portano oltre 4.500 persone ad essere indagate, tra politici ed imprenditori. E Craxi, nella celebre udienza con Di Pietro in merito alla celebre tangente Enimont dirà: “Io sono sempre stato al corrente della natura non regolare dei finanziamenti ai partiti e al mio partito”.
“Mani pulite”, inconsapevolmente, ha dato il via alla nascita della Seconda repubblica anche se la “colpa” non è stata della magistratura ma di tutta la politica. Come dire “chi è causa del suo mal, pianga sé stesso”. Molti giovani dell’epoca decidono di iscriversi a giurisprudenza ed intraprendere la carriera in magistratura spinti dai fatti di “Tangentopoli” e guardando cosa fa il pool. Il biennio 1992-1994 è il cuore delle indagini e gli italiani hanno voglia di alzare la testa e hanno “sete” di legalità e rispetto delle regole.
Trent’anni fa, un arresto in un freddo tardo pomeriggio di un lunedì di metà febbraio scaturisce le indagini che abbattono la politica italiana da lì a due anni. A distanza di allora, quel 1992 è fonte di libri, speciali televisivi e serie televisive. Purtroppo nel nostro Paese non è mai terminato il mal costume delle tangenti e della corruzione.
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- G. Barbacetto – P. Gomez – M. Travaglio, Mani pulite. La vera storia, Chiarelettere, Roma, 2022
- E. Catania, Bettino Craxi. Una storia tutta italiana, Boroli Editore, Milano, 2003
- P. Gomez – M. Travaglio, La repubblica delle banane, Editori Riuniti, Roma, 2000
- P. Ignazi, I partiti politici in Italia, Il Mulino, Bologna, 2018
- I. Montanelli – M. Cervi, L’Italia degli anni di fango (1978-1993), Rizzoli, Milano, 2012
- E. Veltri – M. Travaglio, L’odore dei soldi, Editori Riuniti, Roma, 2001