CONTENUTO
Una definizione preliminare
Nel 1991 Claudio Pavone dà alle stampe Una guerra civile, ormai diventato un classico della storiografia. Nella parte centrale dell’opera il concetto di Resistenza è scomposto lungo tre assi principali: essa è stata contemporaneamente movimento di liberazione nazionale contro l’occupante tedesco, guerra civile tra fascisti e antifascisti e, per le sinistre, guerra di classe tra popolo ed élite tradizionali[i].
Nella voce Resistenza del Dizionario di Politica UTET, anticipando le tesi di Pavone[ii], Nicola Matteucci chiarisce come in Europa la guerra contro il totalitarismo nazi-fascista si è accompagnata alla volontà di instaurare un ordine politico di segno opposto fondato sulla difesa della dignità dell’uomo.
La strategia comunista ha inoltre sempre mirato a un’alleanza con i partiti “borghesi”, considerando la liberazione come una tappa obbligata per arrivare alla rivoluzione[iii]. Anche in Italia, come sottolineato da Tommaso Piffer, è esistita una contrapposizione tra un’anima “democratica” della Resistenza, influenzata dal modello delle potenze occidentali, e un’anima “rivoluzionaria”, propensa all’instaurazione del socialismo reale[iv].
Achille Marazza, nel corso della guerra rappresentante della DC nel CLNAI (Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia), ritornando su quegli eventi alla metà degli anni Cinquanta, ha descritto così la frattura occorsa all’interno della Resistenza nel dicembre del 1944: «sul piano interno si accentuavano le divergenze tra quei partiti che volevano anzitutto restaurare lo Stato per poi rinnovarlo, e i partiti che volevano tutto rinnovare senza riuscire a spiegare o senza voler spiegare quel che volevano»[v].
Su queste premesse si fonda la definizione data da Marazza del significato politico dell’esperienza dei CLN (Comitato di Liberazione Nazionale), superiore a qualsiasi tentativo di stesura di Costituzioni formalizzate da parte di esponenti del movimento resistenziale, fenomeno quasi del tutto assente in Italia rispetto ad altre realtà europee[vi]:
[…] da un lato il corso degli avvenimenti dava nel CLN il carattere di unione sacra per la guerra al nazi-fascismo; dall’altro, la volontà deliberata dei partiti antifascisti di restituire all’Italia non solo la sua fisionomia di Stato indipendente, ma anche la libertà politica e la democrazia, costrinse i rappresentanti dei partiti a pensare sin d’ora in termini di competizione politica. Mancando la possibilità di una consultazione popolare, occorreva stabilire una tregua leale, ciò che del resto è tradizionale avvenga nei momenti di pericolo e di unione sacra. Come realizzare la tregua politica se non riconoscendo un’eguale legittimità alle più diverse e contrastanti dottrine e legandole ai rappresentanti in un unico organismo a indirizzo collegiale? Non è questa del resto la tecnica tradizionale dei governi di unione sacra? Di diverso vi era soltanto il riconoscimento di una rappresentanza paritetica; ma come fare altrimenti dopo che per vent’anni era stato tolto al Paese il diritto di esprimersi politicamente? Del resto, se il riconoscimento del principio paritetico poté essere da parte dei democratico-cristiani un atto di buona volontà generosa, d’altronde con la soluzione del CLN il partito comunista, sebbene riluttante, dovette accettare i vincoli del metodo democratico e del principio di legalità che ne discende[vii].
Dal 25 luglio 1943 all’armistizio
Nella nota introduttiva al volume di Atti e documenti del CLNAI pubblicato da Feltrinelli nel 1977, Gaetano Grassi rileva le difficoltà di ricostruire le prime fasi di vita del CLN milanese nel periodo compreso tra la caduta di Benito Mussolini e la dichiarazione dell’avvenuta firma dell’armistizio, se non per quanto riguarda la successione cronologica, almeno nel determinare le ragioni di fondo dei vari gruppi che ne hanno costituito il primo nucleo.
Stando a quanto riportato da Alfredo Pizzoni nelle sue memorie, parallelamente a quanto avviene a Roma, i rappresentanti dei cinque partiti antifascisti ‒ Partito d’Azione, Partito Socialista (poi Partito Socialista di Unità Proletaria), Partito Comunista, Partito Liberale, Democrazia Cristiana[viii] ‒ che sono andati intensificando la loro attività dalla fine del 1942, si riuniscono già nella giornata del 26 luglio 1943.
Il prodotto di quella riunione è il testo di un primo appello agli italiani, in cui si fissa il raggiungimento dei seguenti punti: liquidazione totale del fascismo, armistizio con gli Alleati, ripristino delle libertà civili e politiche, libertà ai detenuti politici, ristabilimento del corretto funzionamento della giustizia, abolizione delle leggi razziali e costituzione di un governo formato dai rappresentanti dei partiti.
Il Comitato antifascista prende però vita solamente il 27 o il 28 luglio, eleggendo come proprio presidente Pizzoni. Nel corso del mese seguente esso farà da pungolo al Comitato delle opposizioni romano, affinché mantenga indipendente la propria azione dal governo Badoglio, verso cui, all’inizio di agosto, gli operai promuovono una serie di richieste, tra le quali l’unica evasa è la costituzione delle Commissioni interne con l’accordo Buozzi-Mazzini del 2 settembre 1943, in quanto gli scioperi del marzo precedente hanno segnalato la necessità di smantellare il sistema corporativo fascista[ix].
A ridosso dell’8 settembre il Comitato milanese prende anche accordi con il generale di divisione Vittorio Ruggero, comandante del Corpo d’Armata territoriale di Milano, per la costituzione di una «Guardia nazionale», ma, in seguito all’annuncio della firma dell’armistizio, questi decide di arrendersi, consegnando la città ai tedeschi, che vi entrano l’11 settembre. Intanto a Roma il 9 settembre i partiti di opposizione danno vita al Comitato di Liberazione Nazionale (CLN), mentre il re e Badoglio lasciano la capitale per raggiungere Brindisi. Nonostante il tentativo di resistenza, la città capitola nel pomeriggio del 10 settembre davanti all’assalto delle truppe del feldmaresciallo Albert Kesselring.
La costituzione del Comitato di Liberazione Nazionale (CLN) di Milano
La prima comunicazione ufficiale del CLN di Milano risale al 7 ottobre 1943. Nell’immediato la sua funzione è quella di coordinare le prime bande partigiane che si vanno formando nelle valli lombarde, accogliendo ex prigionieri alleati e reparti sbandati dell’esercito italiano. Ben presto la città assumerà un ruolo direttivo per tutta l’Alta Italia, in virtù della sua posizione di centralità rispetto alla pianura Padana, che la mette in facile collegamento con i principali centri urbani del Nord. I primi finanziamenti sono assicurati dai fondi della IV Armata, consegnati dal generale Raffaello Operti al CLN di Torino, inoltre si cerca di prendere contatto con gli Alleati tramite il CLN di Lugano.
La liberazione di Mussolini dalla prigione del Gran Sasso il 12 settembre e il successivo discorso di Monaco del 18 settembre portano alla ricostituzione di un governo fascista nei territori occupati dai tedeschi, ad eccezione dell’Alto Adige e della Venezia Giulia, che rimangono sotto il diretto controllo dell’amministrazione nazista. La Repubblica Sociale Italiana (RSI) segna un ritorno alle origini repubblicane del Movimento dei Fasci di Combattimento, concretizzatosi in un programma di socializzazioni volto a conquistarsi il consenso della popolazione.
Nel mentre il governo Badoglio il 13 ottobre dichiara guerra alla Germania, sotto la pressione degli Alleati che mirano a ricucire la frattura con le forze antifasciste. Il CLN romano nell’ordine del giorno del 16 ottobre, ribadendo la necessità primaria della guerra di liberazione, mantiene però una posizione intransigente, chiedendo la costituzione di un governo straordinario che comprenda tutti i partiti d’opposizione e una convocazione popolare a guerra finita.
Tali posizioni sono fatte proprie dal CLN di Milano, che il 25 ottobre detta ulteriori condizioni: i futuri ministri dovranno giurare in nome del popolo italiano e non del re e le funzioni di Capo dello Stato saranno assunte dal Capo di governo. A rafforzare le speranze degli antifascisti interviene la conferenza di Mosca, conclusasi il 30 ottobre, il cui comunicato ufficiale prevede infatti per l’Italia, alla seconda dichiarazione, la costituzione di un governo più democratico che includa i rappresentanti dei partiti.
Nei primi mesi di guerra le strutture del CLN di Milano si accrescono. Prende il via la pubblicazione del giornale clandestino «Liberazione», che va ad affiancare quelli dei partiti, e a dicembre del 1943 viene costituito un Comitato militare composto inizialmente da Giulio Alonzi (PLI), Galileo Vercesi (DC), Ferruccio Parri (PdA), Giovanni Battista Stucchi (PSIUP) e Giovanni Citterio (PC), con il compito di coordinare l’azione delle bande.
Almeno fino alla nomina di Longo a vice-comandante militare l’azione delle formazioni comuniste si sottrarrà in parte all’influenza di questo organo. Secondo la testimonianza di Pizzoni, inoltre, l’arrivo di Marazza a Milano permette al comitato di disporre di una serie di nuovi recapiti messi a disposizione dagli ambienti democristiani, sopperendo alle difficoltà sperimentate fino ad allora, proprio quando la maggior parte dei luoghi di ritrovo utilizzati era stata “bruciata”.
La necessità di procurare armi e più consistenti finanziamenti al movimento, portano a una prima missione in Svizzera il 3 novembre, formata da Parri e da Leo Valiani, arrivato appositamente da Roma. Qui la volontà dei rappresentanti del CLN si scontra con quella dei due rappresentanti dei servizi segreti alleati, il britannico John McCaffery per il SOE (Special Operation Executive) e l’americano Allen Dulles per l’OSS (Office of Strategic Services).
All’idea di Parri di trasformare la Resistenza in una guerra di popolo condotta da grosse formazioni fa infatti da contraltare la strategia dei comandi alleati, in quel momento propensa a sostenere limitate operazioni di sabotaggio condotte da piccole bande, che porta i due ufficiali a non prendere accordi concreti adducendo un’incompetenza di merito.
Il carattere politico che sta assumendo la lotta contro l’occupante tedesco e la RSI è segnalato dall’istituzione di “commissari politici”, con il titolo di «rappresentanti del CLN» o «delegati civili», che vanno ad affiancare i comandi delle formazioni partigiane. Ciò coincide con l’abbandono da parte fascista del tentativo di pacificazione portato avanti in un primo momento, a favore della repressione violenta del dissenso, in conseguenza degli scioperi che alla metà di novembre si diffondono in tutto il Nord Italia, quando a Verona si tiene la prima assemblea del Partito Nazionale Fascista Repubblicano.
Dal Congresso di Bari al governo straordinario del Nord
Mentre il governo di Salò impone il giuramento ai funzionari pubblici, al Sud le autorità alleate vietano la riunione dei partiti antifascisti, indetta per il 20 dicembre nella Napoli liberata. Se da una parte gli angloamericani, in particolare il governo inglese guidato da Winston Churchill, vedono in quel momento il fronte italiano come fronte secondario “di logoramento” rispetto alla più decisiva partita giocata nei Balcani, dall’altra Badoglio e il Re Vittorio Emanuele III sono visti come interlocutori maggiormente accondiscendenti.
Le azioni condotte nel Nord dai partigiani segnalano però come gli antifascisti al Sud non siano isolati nel Paese e, corretto rapidamente l’errore di valutazione, già in data 21 dicembre è fissato un nuovo Congresso dei Comitati di Liberazione a Bari il 28 gennaio. Nei giorni precedenti viene fatto avere il saluto sia del CLN centrale (19 gennaio) sia del CLN milanese (26 gennaio).
Entrambi sostengono una posizione intransigente nei confronti della Corona, anche se già nell’ordine del giorno del 17 novembre il Comitato romano si è opposto a un affrettato smantellamento di quell’istituzione. A Bari Benedetto Croce propone un’opzione intermedia, prospettando l’abdicazione di Vittorio Emanuele III come condizione per salvare la monarchia.
Il Congresso, nel suo ordine del giorno, ritiene però che le condizioni del Paese non permettano una soluzione immediata della questione, ribadendo la necessità di un governo formato dai partiti antifascisti e della convocazione di un’Assemblea costituente alla fine del conflitto. Allo scopo di prendere provvedimenti in tal senso viene istituita una Giunta esecutiva permanente, composta dai rappresentanti di tutte le forze politiche.
Lo sbarco ad Anzio degli angloamericani il 22 gennaio rende intanto imminente la liberazione di Roma e per questo il CLN centrale investe con lettera del 31 gennaio 1944 il CLN di Milano, che prende la denominazione di CLN per l’Alta Italia, dei poteri di «governo straordinario del Nord». Se l’ordine del giorno di Bari porta a Roma all’accordo tra i tre partiti di sinistra (PdA, PSIUP, PC), che riaffermano la loro intransigenza verso la monarchia, causando una frattura nel CCLN e le dimissioni di Ivanoe Bonomi dalla presidenza, i partiti del CLNAI ribadiscono invece la loro unità con la dichiarazione del gennaio 1944.
Di fatto il CLNAI si comporta in quei mesi come l’unico governo effettivo dell’Italia centrosettentrionale. Nel mese di febbraio è data risposta ai provvedimenti presi dal governo fascista con il proclama del 14 febbraio contro il bando Buffarini Guidi, che stabilisce la fucilazione sul posto dei partigiani sorpresi in possesso di armi, e quello del 26 febbraio contro il bando Graziani, che richiama alle armi le classi di leva 1922, 1923, 1924 e 1925.
In marzo si assiste a una violenta offensiva nazifascista, che comporta tra l’altro numerosi arresti che decimano i nuclei dirigenti delle principali città del Centro-Nord. In seguito all’attentato contro un plotone della polizia tedesca a Roma in via Rasella, viene consumato per rappresaglia il 14 marzo l’eccidio delle Fosse Ardeatine in cui perdono la vita 335 civili.
A Genova invece è smantellata il 31 marzo l’organizzazione Otto, con grave danno per tutto il movimento, poiché essa è stata cruciale nel mantenere i contatti con gli Alleati fino a quel momento[x]. Proprio in quei giorni (29 marzo-5 aprile) si svolge la missione di Pizzoni e Stucchi in Svizzera che cambia favorevolmente l’opinione dei rappresentanti angloamericani nei confronti del CLNAI, rispetto al primo approccio tentato da Parri.
Dalla svolta di Salerno alla liberazione di Roma
La complicata situazione venutasi a creare a Roma in seguito alle già citate dimissioni del 23 marzo di Bonomi, il quale giudica “rivoluzionaria” la prospettiva di un governo che derivi i suoi poteri esclusivamente dal CLN, è risolta dall’arrivo di Togliatti a Salerno il 27 marzo 1944, preceduto dal riconoscimento del Regno del Sud da parte dell’Unione Sovietica, che acconsente a inviare una propria rappresentanza diplomatica[xi].
Sbarcato in Italia, il leader comunista promuove un’azione unitaria tra i partiti antifascisti, sostenendo la necessità di rimandare la risoluzione della questione istituzionale a dopo la liberazione. Ciò porta in breve tempo a due risultati. In primo luogo il 12 aprile Vittorio Emanuele III proclama la sua volontà di ritirarsi dalla vita pubblica. Riprendendo la formula del famoso «compromesso De Nicola», il trasferimento dei poteri alla luogotenenza del principe Umberto avverrà una volta liberata Roma[xii]. In secondo luogo il 22 aprile si arriva alla formazione di un nuovo governo Badoglio con l’appoggio dei partiti. Data la nuova situazione il 5 maggio Bonomi, invitato dal Comitato, riprende la carica di presidente del CCLN.
La liberazione di Roma, avvenuta il 4 giugno 1944, apre dunque nuovi scenari. La nomina di Bonomi a presidente del Consiglio ‒ Badoglio si è dimesso in seguito al passaggio di poteri dal re al luogotenente ‒ in quanto espressione della volontà del CLN, crea una frattura istituzionale tra monarchia ed esecutivo, sbilanciando la situazione a favore di quest’ultimo.
Il decreto luogotenenziale 25 giugno 1944, n. 151[xiii] assume così la funzione, secondo la definizione di Piero Calamandrei, di una «prima Costituzione provvisoria». In esso si stabilisce l’elezione di un’Assemblea costituente alla fine del conflitto in luogo di una nuova Camera dei deputati. I ministri dovranno giurare alla nazione e non più al re, mentre il potere legislativo è affidato al Consiglio dei ministri, fino all’entrata in funzione del nuovo Parlamento. Il 15 luglio Bonomi nomina inoltre il marchese Tomasi della Torretta presidente del Senato e Vittorio Emanuele Orlando presidente della Camera, un modo per riaffermare la continuità storico-istituzionale dello Stato[xiv].
La notizia della costituzione del nuovo governo rilancia al Nord la formula «tutto il potere ai CLN». Il 2 giugno il CLNAI pubblica un manifesto che si configura come un vero e proprio programma di governo. In particolare è stabilito in questa sede che i CLN provinciali, coordinati da quelli regionali, dovranno assumere il potere politico tra la liberazione e l’arrivo delle truppe alleate.
Viene così posto il problema dell’insurrezione nazionale, proclamata il 14 giugno, con i partiti di sinistra che premono affinché avvenga una maggiore ramificazione dei CLN «nei villaggi, nelle officine e nei rioni». Il 10 giugno inoltre il CLNAI comunica che l’assunzione dei poteri di CLN centrale per i territori occupati, in base a quanto era stato deliberato il 31 gennaio. In quel mese si predispongono poi una serie di progetti di decreto da proporre al governo di Roma.
Il Corpo Volontari della Libertà (CVL), legittimi belligeranti?
Le necessità della guerra contro i nazifascisti porta, con delibera del 19 giugno, alla costituzione di un Comando Militare per l’Alta Italia unificato, ovvero il Corpo Volontari della Libertà (CVL), che mantiene la struttura collegiale e paritaria del precedente Comitato militare, venendo però diviso in sezioni. A Parri e Luigi Longo è affidata la sezione operazioni, dando loro una posizione di preminenza sugli altri membri.
In questo modo i partigiani vengono ad assumere, anche in virtù della legge di guerra fascista dell’8 luglio 1938[xv], il carattere di «legittimi belligeranti», che continua a non essere riconosciuto dal governo di Salò e dalle autorità tedesche. Con l’appello di Kesselring del 27 giugno, seguito dal decreto Mussolini del 21 giugno, queste ultime prospettano la repressione tramite rappresaglia delle azioni rivolte contro i loro comandi, cui risponde il CLNAI deliberando che qualsiasi inasprimento nell’utilizzo della violenza non sarà tollerato.
Fin dalla costituzione del CVL si pone il problema, se non di affidarne il comando a un militare di carriera, almeno di affidare a questi la direzione delle formazioni autonome, che non riconoscono l’autorità dei partiti. Stando a quanto riportato da Edgardo Sogno, a capo dell’organizzazione Franchi, a tal fine è orientata la missione da lui intrapresa verso Sud il 20 luglio 1944 per portare due lettere indirizzate al presidente del Consiglio Bonomi e al ministro della guerra Alessandro Casati, firmate da Achille Marazza e Giustino Arpesani, rappresentanti della DC e del PLI nel CLNAI, in cui si chiede che il governo di Roma invii, previo consenso degli Alleati, il generale Raffaele Cadorna, affinché si ponga alla guida del Comando militare dell’Alta Italia[xvi].
Il generale è paracadutato la notte dell’11 agosto in val Cavallina, nel bergamasco, e scortato da un distaccamento delle Fiamme Verdi fino a Milano[xvii]. Al suo arrivo si aprono una serie di contrasti in seno al CLNAI, chiusi dall’accordo del 3 ottobre 1944, con il quale si stabilisce di dare a Cadorna il comando del CVL, nominando Longo vice-comandante e Parri capo di Stato Maggiore.
Dalla liberazione di Firenze alla libera Repubblica dell’Ossola
L’andamento della guerra segnala anche l’urgenza del riconoscimento ufficiale della funzione assunta dal CLNAI di governo dei territori occupati, oltre all’esigenza di ottenere finanziamenti costanti, che porta il 20 giugno ad avanzare al governo Bonomi la richiesta di un aiuto di minimo cinquanta milioni mensili.
Un momento decisivo in tal senso è la liberazione di Firenze, in cui il CLN Toscano gioca un ruolo fondamentale nel gestire la fase di trapasso, esercitando i poteri di governo provvisorio prima di consegnare, il 16 agosto, la città all’esercito angloamericano, ridotto all’inizio di luglio da 250.000 a 153.000 unità per rinforzare il fronte meridionale in Francia.
Ciò porta alla lettera di Bonomi del 25 agosto, con cui si riconosce il CLNAI come autorità coordinatrice di tutte le attività politiche e militari della Resistenza nei territori occupati, autorizzandolo a emanare tutte le istruzioni e ordini del caso.
Tra questi i più importanti sono la circolare del 16 agosto relativa all’organizzazione delle commissioni di giustizia e alle norme per il funzionamento delle Corti d’Assise e quella del 30 agosto che da istruzioni ai CLN regionali e provinciali in merito all’assunzione dei pubblici poteri al momento della liberazione, in vista del quale sono stabilite anche disposizioni sulla nomina delle cariche pubbliche. Vengono poi presi provvedimenti per impedire la distruzione degli impianti industriali e i servizi di utilità pubblica.
Tale intensa attività deliberativa è il prodotto della convinzione che la guerra terminerà presto, tanto che il 20 settembre viene lanciato un nuovo appello insurrezionale. Il clima di speranza suscitato dall’offensiva alleata sugli Appennini, porta il 9 settembre 1944 alla liberazione di Domodossola e alla costituzione di una libera Repubblica nella zona sottratta al dominio nazifascista. La Repubblica dell’Ossola, retta, caso unico in tutta la storia della Resistenza, da una giunta di governo provvisoria costituita da elementi civili, resiste 44 giorni, venendo riconquistata il 23 ottobre[xviii].
Il «proclama Alexander»
La battuta d’arresto dell’avanzata dell’esercito angloamericano porta il 13 novembre 1944 al proclama del generale Alexander, in cui si invita i partigiani ad astenersi dal compiere operazioni in grande stile nel corso dell’inverno, smobilitando temporaneamente. La logica dietro questo provvedimento è probabilmente dettata anche dal timore degli Alleati di un eccessivo rafforzamento della Resistenza, guardando a quello che sta accadendo in Grecia in quel momento.
Contemporaneamente gli accordi presi a Mosca da Churchill e Iosif Stalin (8-22 ottobre 1944), portando a una prima definizione delle zone di influenza per il dopoguerra, rendono non più prioritaria per gli inglesi la corsa verso Trieste, posizione indispensabile per poter rifornire le truppe acquartierate a Vienna, nel caso si sia riusciti ad anticipare i sovietici.
Nonostante la difficile situazione, il movimento partigiano riesce a resistere, mentre il CLNAI continua ad esercitare le proprie funzioni, deliberando il 26 ottobre la creazione delle Commissioni per l’epurazione. In precedenza una serie di decreti emanati il 14 settembre ha abolito la legislazione razziale secondo il dettato dell’armistizio lungo di Malta del 29 settembre 1943[xix], dichiarato prive di effetto giuridico le leggi emanate da Salò, incoraggiato ufficiali e funzionari della RSI ad abbandonare il servizio, invitato i cittadini a non pagare le imposte e gli impiegati addetti a non riscuoterle, promesso risarcimenti per i danni causati dalle rappresaglie nazifasciste.
La durezza della guerra, condotta dalla controparte con metodi condannati dal diritto internazionale, è in parte mitigata dall’intervento della Chiesa cattolica. Il cardinale Ildefonso Schuster, arcivescovo di Milano, in ottobre tenta addirittura di portare avanti le trattative per un armistizio, cui si oppone la ferma volontà del CLNAI, espressa nella riunione del 3 novembre, di non scendere a patti con il nemico, più tardi ribadita dalla mozione della DC Alta Italia del 26 gennaio 1945[xx].
La crisi del governo Bonomi e la missione del CLNAI a Roma
A Roma le frizioni tra le sinistre e i partiti moderati all’interno del CLN portano il 26 novembre alle dimissioni di Bonomi dalla presidenza del Consiglio, rassegnate nelle mani del luogotenente, ridando così in parte alla monarchia la capacità d’iniziativa che le è stata sottratta dopo la liberazione di Roma. Tale fatto è significativo anche considerando il contenuto della lettera aperta del PdA del 20 novembre ai partiti del CLNAI, cui seguì quella del PC del 26, nella quale si prospetta di fare dei CLN organi permanenti della nuova democrazia[xxi].
La crisi politica, apertasi nella capitale in un momento così complicato per il movimento resistenziale, è comunque condannata a Milano da tutti i partiti, tanto che la mozione di critica approvata il 4 dicembre è proposta da Arpesani.
Complice il veto posto dagli inglesi su Carlo Sforza, la questione si risolve il 12 dicembre con il reincarico di Bonomi a capo di un esecutivo in cui non entrano il PSIUP e il PdA, che volevano rimettere la soluzione della crisi nelle mani del solo CCLN. Al contrario il PC partecipa alla creazione del governo, ottenendo il nuovo ministero per le Terre Occupate, affidato a Mauro Scoccimarro.
Davanti a questa notizia, il CLNAI riafferma la propria unità e compattezza nelle mozioni del 12 e del 17 gennaio 1945. A quella data sono già state presentate le risposte del PSIUP, del PLI e della DC alle lettere aperte del novembre precedente, che nel caso dei due partiti di “destra” si traducono in una condanna della proposta di trasformare in qualcosa di diverso quelli che devono rimanere organi insurrezionali, fatto che avrebbe significato secondo i democristiani l’instaurazione di una nuova dittatura.
Tutta la vicenda si è svolta in contemporanea al viaggio della delegazione del CLNAI al Sud, composta, secondo il mandato comunicato a Pizzoni il 4 novembre, da Parri, Sogno, in qualità di consigliere militare, e Giancarlo Pajetta, come rappresentante comunista, oltre che dallo stesso presidente del Comitato. In precedenza Pizzoni si è recato insieme a Valiani in Svizzera (23 ottobre-8 novembre 1944) per discutere con il colonnello Rosebery, McCaffery e Dulles, anticipando le questioni militari e finanziarie che saranno affrontate con il Comando Alleato nel viaggio successivo.
La pressante necessità di finanziare il movimento, cui si è sopperito su idea di Pizzoni anche stampigliando la sigla del CLNAI e la dicitura “vale 5.000” e “vale 10.000” su biglietti di banca da 50 e 100 lire, porta infatti il Comitato milanese a imporre agli industriali un’imposta straordinaria di guerra con decreto del 4 dicembre 1944.
Raggiunto il presidente a Lugano, la delegazione prosegue per il Sud, passando per la Francia. Arrivati a Napoli gli uomini della Resistenza impattano con una realtà con esigenze ormai molto differenti dalle loro, venendo fatti attendere per alcune ore dal prefetto della città, impegnato in quel momento con il problema della ripresa del servizio tramviario.
I colloqui con il generale Henry Maitland Wilson e gli altri vertici del Comando supremo alleato per il Mediterraneo (SACMED) portano alla firma del Memorandum of Agreement del 7 dicembre 1944. Il documento riconosce che il CVL agirà in nome del SACMED, sotto la guida di un comandante ad esso accetto, stabilendo un finanziamento mensile di 160 milioni, da suddividere tra i vari CLN regionali.
Il 15 dicembre Pizzoni, Parri e Sogno ripartono per il Nord, lasciando il compito a Pajetta di portare a termine la trattativa per un accordo tripartito con il governo italiano. Alla fine il governo Bonomi riconoscerà il 26 dicembre con un accordo bilaterale il CLNAI come organo delegato a rappresentarlo nei territori non ancora liberati. Come notato da Ennio Di Nolfo e Maurizio Serra, ciò decreta la vittoria della linea moderata, trasformando definitivamente il CLNAI da «governo de facto» in «potere delegato»[xxii].
L’unificazione delle formazioni partigiane e la creazione delle Commissioni economiche
Al ritorno a Milano il 2 gennaio 1945 viene arrestato Ferruccio Parri e così Sogno, che già in ottobre è scampato alla cattura, nel tentativo di liberarlo dal carcere di San Vittore[xxiii]. Alla fine dell’ottobre 1944 è stata inoltre decimata la direzione clandestina della DC per l’Alta Italia[xxiv].
L’accordo con il SACMED rende intanto necessario provvedere all’unificazione delle formazioni partigiane nel CVL. A tal fine il 31 dicembre è presentato un primo progetto dal PdA, seguito da uno analogo del PC l’8 gennaio. Il 29 gennaio il PLI, con l’appoggio della DC propone la nomina di un comitato tecnico per la stesura di un progetto definitivo, composto da Cadorna, un rappresentante del PdA e uno del PC. Cadute le riserve del PSIUP, esso si formerà il 5 febbraio.
Le attività del Comitato si interrompono il 22 febbraio quando Cadorna, esprimendo una riserva sulla proposta di Fermo Solari (PdA) di istituire un corpo di ispettori, coglie l’occasione per dare le dimissioni. Le ragioni di tale gesto sono dettate dalla volontà di superare il meccanismo di decisione collegiale del CVL, chiarendo, come specificato dal generale in una lettera del 23 gennaio al CLNAI, quali debbano essere la sua funzione e il suo mandato anche nei confronti del governo italiano e del Comando alleato.
A complicare la situazione è l’invito fatto a Cadorna e Valiani il 27 febbraio dai rappresentanti alleati di raggiungere la Svizzera per definire alcune questioni. L’impossibilità di giustificare la sostituzione del generale agli angloamericani porta il 29 marzo ad un’approvazione di massima del progetto di unificazione proposto da Cadorna alla delegazione che si è presentata per persuaderlo a revocare le dimissioni, sottoposto nei giorni seguenti a una serie di emendamenti che non ne modificano la sostanza.
Contemporaneamente è approvata la costituzione delle Commissioni economiche, proposta dal PSIUP fin dal 16 settembre 1944. Il 5 dicembre Arpesani, in accordo con Marzola (PSIUP) e con Albasini Scrosati (PdA), presenta un progetto in tal senso, che riprende le Istruzioni presentate dai socialisti il 25 ottobre. Saranno nominate cinque Commissioni regionali a Milano, Torino, Genova, Venezia e Bologna, dando a quella del capoluogo lombardo capacità di coordinamento sulle altre.
Il 5 febbraio, quando già la Commissione ha iniziato sotto la presidenza del liberale Cesare Merzagora i primi studi preliminari, sono superate le critiche al progetto, aggiungendo una clausola che permetterà al CLNAI di ampliarne la composizione in un secondo momento, essendo questo il principale problema riscontrato.
Infine tra il 16 e il 20 febbraio viene risolta la questione dell’attribuzione delle cariche pubbliche nelle città sede dei CLN regionali, che una dichiarazione del PLI del 21 ottobre 1944 ha ritenuto debba essere paritetica, senza che nessun partito prevalga.
La liberazione dell’Italia
La conferenza di Yalta, tenutasi dal 4 all’11 febbraio 1945, stabilisce definitivamente la divisione dell’Europa in due sfere d’influenza, sancendo per il movimento di liberazione la necessità di agire entro il quadro della politica angloamericana. Vedendo vicina la sconfitta, il comando tedesco prende contatto con i rappresentanti angloamericani in Svizzera per intavolare la trattativa per la resa, fatto che porterà alla liberazione di Parri l’8 marzo[xxv].
Alla fine di quel mese il governo italiano invia al Nord il liberale Medici Tornaquinci, sottosegretario dell’Italia occupata, che legge davanti al CLN di Torino e al CLNAI una mozione in cui si ricapitolano i compiti che dovranno assolvere i CLN al momento dell’insurrezione, prospettando la designazione di Giunte consultive regionali e provinciali in seguito all’insediamento dell’Allied Military Government (AMG).
Tale scenario è criticato il 6 aprile dal PSIUP, che pur dando la sua approvazione per salvaguardare l’unità del CLNAI, ritiene esso debba prendere la direzione del Paese a guerra terminata. In questo clima Sereni propone già il 12 febbraio la sostituzione di Pizzoni con un candidato espresso dai partiti. La questione viene ripresa il 19 aprile, ma si decide di aspettare il ritorno del presidente dalla missione al Sud, a cui ha preso parte il 6 aprile insieme al professor Giorgio Bo per trattare una nuova convenzione finanziaria.
Attestatisi il 10 marzo gli angloamericani sul Reno ed entrati i russi in Vienna, all’inizio di aprile prende il via in Piemonte l’attacco delle formazioni partigiane, dopo che già il 16 febbraio è stato emanato un nuovo appello insurrezionale. Il 12 aprile sono denunciati come criminali di guerra i membri del direttorio fascista e il 13 viene disposto alle formazioni partigiane il comportamento da tenere verso coloro che si arrendono.
Il 16 aprile il CLNAI si appella ai comitati di agitazione, agli operai e agli impiegati affinché impediscano la distruzione delle fabbriche e degli uffici pubblici. Il 19 è la volta dei lavoratori dei trasporti e dei servizi pubblici invitati a scioperare sull’esempio di quanto avvenuto in Piemonte il 18. Quel giorno viene poi approvato il proclama con cui si intima la resa ai nazifascisti, oltre che la proposta di indire una giornata dei martiri e degli eroi per il 2 giugno, anniversario della morte di Garibaldi.
Intanto tra il 20 e il 21 aprile è liberata Bologna e il 23 insorge Genova. Il 21 aprile il CVL dirama una circolare di emergenza con cui si danno disposizioni su come attaccare le pattuglie nemiche in circolazione. Il 23 aprile sono invece decretate le pene per chi si renda responsabile della distruzione di vie di comunicazione o impianti industriali. Infine in quella giornata si procede a nominare i conservatori degli archivi della Repubblica sociale, per evitarne la dispersione e il 24 è approvata una mozione che intima di interrompere le violenze sui prigionieri ebrei reclusi a San Vittore.
Milano insorge il 24 aprile. Fin dal 29 marzo è stato stabilito che il Comitato insurrezionale sia formato da Sandro Pertini, Leo Valiani ed Emilio Sereni. La sera del 25 si tiene in arcivescovado, sotto la mediazione di Schuster, l’incontro tra il CLNAI, rappresentato da Marazza, Arpesani, Riccardo Lombardi e Cadorna, e Benito Mussolini, in cui è imposta al dittatore la resa incondizionata.
Mussolini lascia il convegno con la promessa di tornare con una risposta. Tenterà invece la fuga in Svizzera, venendo fermato dai partigiani e fucilato a Giulino di Mezzegra su ordine dell’inviato del CLNAI Walter Audisio il 28 aprile[xxvi]. I tedeschi invece firmeranno il 29 aprile 1945 a Caserta l’atto di resa, entrato in vigore il 2 maggio[xxvii].
Il 26 aprile è pubblicato il manifesto di assunzione dei pieni poteri, che porta in calce i nomi di Longo, Sereni (PC), Parri, Valiani (PdA), Marazza, Augusto De Gasperi (DC), Arpesani, Filippo Jacini (PLI), Rodolfo Morandi e Pertini (PSIUP). Il giorno precedente sono stati emanati inoltre altri due proclami. Il primo incita allo sciopero generale e all’insurrezione sotto la guida del Comitato. Il secondo dichiara lo stato d’eccezione.
Fanno seguito i decreti che definiscono i poteri giurisdizionali del CLNAI e dichiarano abrogate le leggi sulla socializzazione, prevedendo la costituzione dei Consigli di gestione. Tornato Pizzoni a Milano il 26 aprile, nella seduta del 27 è deposto dalla carica di presidente, venendo difeso in quell’occasione dal solo Marazza. Al suo posto è eletto Rodolfo Morandi[xxviii].
La cessione dei poteri all’AMG e la parentesi del governo Parri
Tale mossa, che nelle intenzioni doveva dare al CLNAI nuova centralità nella definizione degli scenari per il dopoguerra, si tradurrà in realtà in una progressiva perdita di rilevanza nel corso dei mesi successivi. Arrivati gli americani il 29 aprile a Milano, il Comitato cede tutti i poteri all’AMG già il 2 maggio, dopo aver nominato un prefetto, nella persona di Riccardo Lombardi, un questore, che fu Elia, e il sindaco Antonio Greppi. Essi sono insediati dal governo militare il 16 maggio insieme al presidente della deputazione provinciale Luigi Fossati.
Il 7 maggio il CLN della Lombardia procede a nominare dei commissari responsabili per i vari settori dell’amministrazione, oltre che una Commissione finanziaria guidata da Pizzoni e una Commissione per l’epurazione, la cui presidenza è affidata al professor Francesco Messineo. Il 1° giugno il colonnello Charles Poletti, commissario regionale dell’AMG, emana un ordine che sostituisce tutti i decreti e le ordinanze prodotti in precedenza dal CLNAI con quelli del governo di occupazione, rendendo nulla la validità di quelli posteriori ad esso. I CLN continueranno a funzionare come organi consultivi.
I tribunali straordinari sono stati sospesi fin dal 2 maggio da un decreto del prefetto Lombardi, e le Corti straordinarie d’Assise, istituite con decreto legislativo 22 aprile 1945, n. 142, funzioneranno per i sei mesi successivi in virtù del decreto luogotenenziale 27 luglio 1944, n. 159, per poi lasciare il posto al ritorno della giustizia ordinaria.
Debole è anche il ruolo giocato dalla Commissione economica e dai CLN aziendali, che hanno però il merito di nominare commissari in quelle imprese che sono rimaste prive dei propri dirigenti. Il 10 maggio infine il generale Alexander emana un avviso affinché si proceda al disarmo dei Volontari della Libertà, terminato il 31 maggio. Già a partire dal 12 maggio è inizia la ricostituzione dell’Arma dei Carabinieri.
In questo clima il 5 maggio parte alla volta di Roma una delegazione del CLNAI, formata da Valiani, Sereni, Morandi, Pertini, Marazza e Arpesani, che sottomette al presidente del Consiglio 5 punti su cui basare l’azione del nuovo governo. A questo incontro fa seguito la riunione a Milano tra i segretari dei sei partiti del CCLN e i membri del CLNAI (22-23 maggio), che porta a stabilire una piattaforma d’indirizzo comune.
In contrasto con quanto promesso solo 14 giorni prima, il 19 maggio viene però depositata in prefettura la copia della Gazzetta Ufficiale contenente l’avviso dell’estensione della legislazione luogotenenziale alla provincia di Milano. Il segretario politico del PLI Leone Cattani invia poi una lettera ai segretari degli altri cinque partiti il 31 maggio in cui si dichiara che, utili strumenti nella lotta contro il fascismo, i CLN dovevano terminare la loro funzione già al termine della guerra, suscitando la risposta del CLNAI nella seduta del 1° giugno. La riunione finale del CCLN del 2 giugno chiarisce però come il ritorno alle elezioni democratiche dovrà coincidere con la cessazione dell’attività dei Comitati.
Nonostante gli entusiasmi iniziali il governo Parri, succeduto a Bonomi il 19 giugno, durerà solo pochi mesi, rassegnando le proprie dimissioni già il 24 novembre 1945. Si consideri inoltre che insieme al presidente del Consiglio gli unici altri due membri del CLNAI che ne faranno parte sono Marazza, come sottosegretario all’Istruzione e Arpesani, come sottosegretario alla presidenza del Consiglio[xxix].
L’avvento al governo di De Gasperi segnerà il ritorno alla normalità democratica, con l’indizione delle elezioni amministrative e quelle per l’Assemblea Costituente. Il compromesso sul referendum lascerà alla cittadinanza il compito di decidere in merito alla questione istituzionale, mettendo definitivamente fine a qualsiasi tentativo di risoluzione della crisi con metodi giacobini. Il decreto luogotenenziale 16 marzo 1946, n. 98[xxx] funzionerà così come «seconda Costituzione provvisoria» fino all’entrata in vigore della Costituzione della Repubblica italiana il 1°gennaio 1948[xxxi].
Note:
[i] C. Pavone, Una guerra civile. Saggio storico sulla moralità nella Resistenza, Torino, Bollati Boringhieri, 1994², pp. 169-412.
[ii] Sul punto vedi G. Pasquino, Libertà inutile. Profilo ideologico dell’Italia repubblicana, Torino, UTET, 2021, p. 80.
[iii] N. Matteucci, Resistenza, in Dizionario di Politica, diretto da N. Bobbio e N. Matteucci, redattore G. Pasquino, Torino, UTET, 1976.
[iv] T. Piffer, Il Banchiere della Resistenza. Alfredo Pizzoni, il protagonista cancellato della guerra di liberazione, Milano, Mondadori, 2005, pp. 68-70.
[v] A. Marazza, La Democrazia Cristiana come forza politica della Resistenza, estratto da “Civitas”, n. 4, aprile 1955, p. 16.
[vi] Sul punto vedi C. Verri, Prove di Costituzione nella Resistenza, in Resistenza e diritto pubblico, a cura di F. Cortese, Firenze University Press, 2016.
[vii] A. Marazza, La Democrazia Cristiana… cit., pp. 8-9. Vedi anche il successivo scritto A. Marazza, I Cattolici e la Resistenza, in “Il Movimento di Liberazione in Italia”, n. 43, luglio 1956.
[viii] Rispetto al Comitato delle opposizioni di Roma è assente al Nord la Democrazia del Lavoro.
[ix] Vedi S. Turone, Storia del sindacato in Italia (1943-1969). Dalla Resistenza all’Autunno caldo, Roma-Bari, Laterza, 1973, pp. 7-40.
[x] Sul punto vedi L. Garibaldi, L’altro italiano. Edgardo Sogno: sessant’anni di antifascismo e anticomunismo, Milano, Edizioni Ares, 1992, pp. 138-141.
[xi] Vedi E. Di Nolfo, M. Serra, La gabbia infranta. Gli Alleati e l’Italia dal 1943 al 1945, Roma-Bari, Laterza, 2010, pp. 87-115.
[xii] Sui precedenti giuridici della luogotenenza vedi C. Ghisalberti, Storia costituzionale d’Italia 1848/1994, Roma-Bari, Laterza, 2002, pp. 394-396; vedi inoltre il testo di De Nicola sul problema della luogotenenza trascritto in A. Giacone, Enrico De Nicola e la transizione istituzionale tra monarchia e Repubblica (1944-1946), “Laboratoire Italien”, n. 12, 2012, pp. 279-296.
[xiii] Decreto legge luogotenenziale 25 giugno 1944, n. 151, Assemblea per la nuova costituzione dello Stato, giuramento dei Membri del Governo e facoltà del Governo di emanare norme giuridiche (Gazzetta Ufficiale 8 luglio 1944, n. 39).
[xiv] F. Fornaro, 2 giugno 1946. Storia di un referendum, Torino, Bollati Boringhieri, 2021, pp. 62-70 (versione e-book).
[xv] Vedi regio decreto 8 luglio 1938, n. 1415, Approvazione dei testi della legge di guerra e della legge di neutralità (Gazzetta Ufficiale 15 settembre 1938, n. 211).
[xvi] L. Garibaldi, op. cit., p. 76.
[xvii] G. Sircana, Cadorna, Raffaele, in Dizionario biografico degli italiani, vol. 34, Roma, Treccani, 1988.
[xviii] Vedi H. Bergwitz, Una libera repubblica nell’Ossola partigiana, Istituto Storico della Resistenza in provincia di Novara, 1979.
[xix] Per il testo dell’armistizio (art. 31) vedi E. Aga Rossi, Una nazione allo sbando. 8 settembre 1945, Bologna, il Mulino, 2011, pp. 228-237.
[xx] Sul punto vedi anche A. Marazza, La Democrazia Cristiana… cit., pp. 13-16.
[xxi] Per le trascrizioni delle due lettere e delle risposte degli altri partiti del CLNAI vedi il seguente documento: https://www.isreclucca.it/wp-content/uploads/2018/02/dibattitoDelleCinqueLettere.pdf.
[xxii] E. Di Nolfo, M. Serra, La gabbia infranta… cit., pp. 193-194.
[xxiii] L. Garibaldi, op. cit., pp. 147-150.
[xxiv] M. Bendiscioli, Antifascismo e Resistenza, Roma, Edizioni Studium, 1974, pp. 87-89.
[xxv] E. Di Nolfo, M. Serra, La gabbia infranta… cit., pp. 205-206.
[xxvi] Sul punto vedi C. Greppi, 25 aprile 1945, Roma-Bari, Laterza, 2018, pp. 135-167.
[xxvii] E. Di Nolfo, M. Serra, La gabbia infranta… cit., p. 211.
[xxviii] T. Piffer, Il Banchiere della Resistenza… cit., pp. 215-216.
[xxix] E. Di Nolfo, M. Serra, La gabbia infranta… cit., p. 228.
[xxx] Decreto legislativo luogotenenziale 16 marzo 1946, n. 98, Integrazioni e modifiche al decreto-legge Luogotenenziale 25 giugno 1944, n. 151, relativo all’Assemblea per la nuova costituzione dello Stato, al giuramento dei Membri del Governo ed alla facoltà del Governo di emanare norme giuridiche (Gazzetta Ufficiale 8 luglio 1944, n. 39).
[xxxi] F. Fornaro, 2 giugno 1946… cit., pp. 92-101.
Consigli di lettura: clicca sul titolo e acquista la tua copia!
- Franco Catalano, Storia del CLNAI, Roma-Bari, Laterza, 1956.
- Giobbo, Milano all’indomani della Liberazione, in “Il movimento di liberazione in Italia”, 69, 1962, pp. 3-36. “Verso il governo del popolo”. Atti e documenti del CLNAI 1943/1946, introduzione e cura di G. Grassi, Milano, Feltrinelli, 1977.
- Pizzoni, Alla guida del CLNAI. Memorie per i figli, Torino, Einaudi, 1993.
- Claudio Pavone, Una guerra civile. Saggio storico sulla moralità nella Resistenza: Saggio storico sulla moralità nella Resistenza, Bollati Boringhieri, 2006.
- Tommaso Piffer, Il Banchiere della Resistenza. Alfredo Pizzoni, il protagonista cancellato della guerra di liberazione, Milano, Mondadori, 2005.