Il periodo tra le due guerre mondiali vede l’instaurarsi di regimi dittatoriali in diverse parti d’Europa, caratterizzati da autoritarismo, totalitarismo e controllo politico. I principali sono comunismo, fascismo, nazismo e franchismo, i quali, per durare, danno vita a forme di Stato ben precise, utili per mantenere il potere con la forza e la violenza, attraverso la compressione parziale, se non totale, dei basilari diritti della persona e il controllo psicologico delle masse, le quali vivono nella paura, ma con la certezza che il dittatore superuomo può tutto, anche trovare soluzioni
(apparenti) per chetarle.
COMUNISMO IN UNIONE SOVIETICA, JOSEPH STALIN
Lo Stato socialista per eccellenza è quello russo, il quale si realizza attraverso la sovietizzazione della società a opera dei bolscevichi con la Rivoluzione d’Ottobre del 1917 e si basa sui principi dottrinali del marxismo-leninismo: è una forma transitoria (nella dottrina, ma non nella pratica) di organizzazione del potere finalizzata alla piena attuazione del comunismo, la quale verrà esportata in numerosi altri paesi orbitanti attorno all’Unione Sovietica, con l’eliminazione del concetto di Stato liberale, basato sulla libertà negativa (posso fare tutto ciò che non è vietato), per sostituirlo con uno basato sulla “libertà” positiva (posso fare tutto ciò che è consentito e per farlo devo passare attraverso lo Stato socialista che mi fornisce tutti i mezzi materiali).
Lo Stato muore: il partito si fa Stato. Il segretario del partito comunista è il capo a tutti gli effetti. Il comunismo non è una sola persona, perché sopravvive anche a personaggi iconici che detengono un potere assoluto che esercitano con spietatezza. Ma di certo il comunismo è anche Stalin, perché è lui che lo radicalizza e lo fortifica sulla scena internazionale; è lui che nel 1924, alla morte di Lenin, prevale su Trotskij per la successione; è lui che vara una seconda rivoluzione basata sulla rapida industrializzazione della Russia e sulla collettivizzazione forzata dell’agricoltura, che porta al seguito costi umani altissimi: milioni di contadini che vogliono preservare la proprietà privata sono deportati in Siberia o uccisi; membri del partito sono sottoposti a purghe, cioè arresti e condanne; il rivale Trotskij è espulso dal Paese e ucciso da un sicario; l’intera popolazione è sottoposta a uno sforzo produttivo senza paragoni. È lui che, dopo quindici anni, può vantarsi di aver trasformato una Russia agricola, semianalfabeta e in miseria, in una potenza industriale, la seconda del mondo dopo gli Stati Uniti.
FASCISMO IN ITALIA, BENITO MUSSOLINI
Il fascismo si afferma come conseguenza della crisi dello Stato liberale, al termine del Primo conflitto mondiale, per ripristinare l’autorità dello Stato in un contesto politico incapace di esprimere ordine. Lo fa attraverso un sistematico smembramento delle istituzioni statutarie di origine piemontese. Nonostante le pretese, lo Stato fascista non arriverà mai ad eliminare le strutture costituzionali, ma vi si inserirà: rientra, a tutti gli effetti, fra le tipologie di Stato autoritario, non totalitario, perché il fascismo non nega il concetto stesso di Stato, nella pretesa di sostituirlo con il partito (comunismo), né fa scempio totale delle istituzioni (nazismo), ma si muove all’interno degli organi dello Statuto albertino, fascistizzandoli: prima lo Stato, poi il partito.
Il fascismo è una persona: è Benito Mussolini, il Duce, un maestro elementare, prima, un giornalista direttore dell’Avanti, poi; infine, un abile uomo politico che sa intercettare il malcontento della vittoria mutilata e della borghesia frastornata dalle violenze del Biennio Rosso, con la fondazione dei Fasci italiani di combattimento, un movimento extraparlamentare estraneo e ostile al gioco dei partiti. Gli uomini che compongono i fasci sono accomunati da antisocialismo e patriottismo. La violenza fascista porta a 130 spedizioni punitive con otto morti, a decine di sezioni socialiste distrutte, a diciassette amministrazioni comunali di sinistra disciolte. La presa del potere avviene il 28 ottobre 1922, attraverso la Marcia su Roma, un evento rivoluzionario sui generis: se il Re volesse, basterebbe un solo reparto dell’Esercito per disperdere i fascisti che giungono alla spicciolata, in un chiassoso disordine, a Roma. Ma il Re non vuole, punto!
Il fascismo nasce extraparlamentare (1919), governa inizialmente con l’appoggio della borghesia e adotta politiche liberali (1922–1924), diventa dittatura dopo il delitto Matteotti (1924-1938), si scava la fossa da solo con l’abbraccio mortale di Hitler (1938 – 1945) e si spegne a Salò con la Repubblica Sociale Italiana (1943–1945). Il suo capo sarà catturato durante una vile fuga verso la Svizzera e fucilato senza processo dai partigiani il 28 aprile 1945.
NAZISMO IN GERMANIA, ADOLF HITLER
Lo Stato nazionalsocialista (1933-1945) si basa sulle premesse dottrinarie elaborate da Hitler, influenzate dalla dottrina nazionalista, sull’esperienza del fascismo e, sulla dottrina della superiorità della razza ariana (il popolo tedesco è superiore a tutti gli altri e deve tornare ad essere protagonista sulla scena mondiale). Porta al sovvertimento e alla negazione dei principi costituzionali della Repubblica di Weimar, delle libertà individuali e delle autonomie collettive. È una forma di Stato totalitario con piena identificazione del partito con le istituzioni. Quest’ultime non esistono più: qualsiasi disposizioni legislativa o amministrativa è adottabile e, successivamente, adattabile dal capo del nazismo, senza limiti legali costituiti. Se il fascismo valorizza senza riserve il concetto di Stato che funziona attraverso delle regole ben precise, per il nazismo esso viene concepito come strumento per la realizzazione delle finalità politiche del movimento.
Il nazismo è una persona, è Adolf Hitler, il Führer, austriaco di nascita, imbianchino di professione, reduce di guerra con il grado di caporale; un abile uomo politico che sa intercettare il malcontento della disfatta militare del Primo conflitto mondiale, che porta al seguito la caduta dell’Impero e il sorgere della Repubblica di Weimar, con la fondazione del partito nazionalsocialista. Il nazismo ha una bibbia: il Mein Kampf (La mia battaglia), scritto da Hitler in carcere nel 1924, dopo un fallito colpo di Stato.
Il programma politico è basato sulla pretesa di riscattare la Germania, la quale ha una disoccupazione dilagante e un’inflazione galoppante (nel 1919 occorrono 70 marchi per acquistare un dollaro, nel 1923 4 miliardi): insomma, un Paese allo stremo. E sul becero razzismo verso gli ebrei, che porterà all’Olocausto. La presa del potere avviene nel Gennaio 1933: il Presidente della Repubblica, Hindenburg, debole e desideroso di conservare la sua carica, in mezzo alla tempesta politica, nomina Hitler Capo del governo. Solo un illuso può pensare che i nazisti, una volta raggiunto il potere, accettino le regole del gioco parlamentare.
Hitler, appena insediatosi, dà il via al terrore nazista che durerà dal 1933 al 1945, basato su spietate rappresaglie, rastrellamenti, omicidi di avversari, garantiti da due fedelissimi corpi di polizia: le SS (reparti di difesa, guardie personali di Hitler) e la Gestapo, la potentissima polizia segreta di Stato. I sindacati vengono disciolti, le donne private del voto; sono soppressi tutti i partiti; la stampa, la radio, le scuole sono posti sotto controllo ferreo; i ragazzi sono irreggimentati nei movimenti giovanili; nelle piazze si fanno roghi di libri scritti da ebrei e comunisti; intellettuali e artisti sono costretti a emigrare (Einstein, premio Nobel nel 1921, viene definito un ciarlatano). Il nazismo cade nel 1945 quando il 30 aprile il Führer si suicida, mettendo fine a 12 anni di follia, portando con sé milioni di morti innocenti.
FRANCHISMO IN SPAGNA, FRANCISCO FRANCO
Lo Stato franchista (1936-1975) è caratterizzato da un rafforzamento del concetto di Stato con tendenza a concentrare il potere nell’esecutivo con contestuale marginalizzazione delle camere e della magistratura. È un sistema autoritario a partito unico, corporativo come il fascismo da cui è una derivazione, ma da cui differisce perché non muove masse. Il franchismo è una persona, è Francisco Franco, il Caudillo, un generale che organizza, nel 1936, la rivolta armata con lo scopo di stroncare il movimento contadino (proprietari terrieri, sacerdoti, funzionari, poliziotti sono trucidati; le case dei ricchi, le chiese, i monasteri sono dati alle fiamme), abbattere la Repubblica socialista e dar vita a un regime d’ispirazione fascista che garantisca l’ordine.
Di fronte a questi avvenimenti l’opinione pubblica internazionali si spacca: i reazionari si schierano dalla parte di Franco così come la Chiesa cattolica; i socialisti e comunisti dalla parte della Repubblica e molti di essi si arruolano nelle Brigate internazionali che si scontrano contro i franchisti e le truppe inviate da Mussolini e da Hitler a sostegno di Franco (rispettivamente 50.000 e 10.000). La Repubblica non si salva: nel marzo del 1939, Franco entra trionfante a Madrid (a conclusione di una guerra civile durata quasi tre anni e costata un milione di morte) e ci rimarrà sino alla morte avvenuta, nel suo letto, nel 1975.
CONCLUSIONI
I regimi dittatoriali garantiscono ordine e sicurezza – è vero- e non nascono dal nulla: nascono perché c’è un malcontento che viene intercettato da movimenti extraparlamentari, mentre i governi legittimi sono ingessati nelle liturgie democratiche. Ma a quali costi?
I costi sono i morti, i morti innocenti; sono i milioni di sodati mandati al fronte per combattere guerre inutili solo per l’ego del Führer, del Caudillo, del Duce e dello Stalin di turno; sono gli orfani e le vedove; sono l’immane tragedia dell’Olocausto, la violenza fascista, le purghe staliniane. Il costo per eccellenza è la morte della libertà. Ne vale la pena?
© 2019-2023 Fatti per la Storia - La Storia di Tutto, per tutti.
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