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25 luglio 1943 e caduta del regime nelle memorie di Dino Grandi

Il memoriale di Dino Grandi, scritto nel 1944, a distanza di poco più di un anno dagli eventi che provocano la caduta del regime fascista attraverso il voto di sfiducia nei confronti di Benito Mussolini durante la riunione del Gran Consiglio del Fascismo del 25 luglio 1943.

di Mirko Muccilli
29 Gennaio 2024
TEMPO DI LETTURA: 6 MIN
Dino Grandi, Agenzia di Stampa Mondial Photo-Presse, 1932 (Pubblico Dominio)

Dino Grandi, Agenzia di Stampa Mondial Photo-Presse, 1932 (Pubblico Dominio)

A distanza di ottant’anni dal fatidico 25 luglio 1943, una data che ha rappresentato una svolta indelebile della nostra storia nazionale, l’editore Il Mulino ha ristampato le memorie di Dino Grandi, politico e diplomatico, nonché uno dei principali protagonisti della notte della riunione del Gran Consiglio svoltasi tra il 24 e 25 luglio.

Il 25 luglio 1943 raccontato da Dino Grandi

“Il mio rapporto con Grandi è consistito essenzialmente nel convincerlo che, quale che fosse la sua idea della storia, era giusto che lui ne lasciasse almeno la sua versione ripensandola e discutendola non solo con sé stesso, ma con altri che però fossero in grado di seguirlo e sollecitarlo su strade, stradine, meandri, episodi grandi ma anche piccolissimi del suo tempo e della sua vita. Poiché questo era per lui il solo modo per sciogliere il vero nodo della sua vita: quello del suo rapporto personale con Mussolini”.

A scrivere queste frasi (in un articolo dal titolo “Dino Grandi fascista complicato” pubblicato sul quotidiano Il Giornale il 24 maggio 1988) è lo storico Renzo De Felice il quale svolge un ruolo di vitale importanza nel convincere Dino Grandi a pubblicare nel 1983 le sue memorie postume, precedentemente messe per iscritto a Lisbona nel 1944.

All’origine di questo libro ripubblicato recentemente dall’editore Il Mulino, a distanza di quarant’anni dalla sua prima uscita e a distanza di ottant’anni dagli eventi del 1943, vi è dunque lo stretto rapporto di amicizia e fiducia tra De Felice e lo stesso Grandi il quale accetta di rendere pubbliche le sue memorie del 1944 a patto che a scrivere l’introduzione del volume sia l’illustre storico.

Bisogna quindi riconoscere proprio a quest’ultimo il grande merito di aver spinto uno dei principali protagonisti delle vicende del 25 luglio 1943 a non abbandonare all’anonimato la propria versione dei fatti, fondamentale a noi posteri per analizzare e comprendere appieno il susseguirsi degli eventi di quei fatidici giorni.

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Il regime fascista di Mussolini e la ricerca scientifica

“A parte quello del sovrano, che nel pomeriggio del 25 luglio allontanò Mussolini dal potere e lo fece arrestare, il nome che più ricorre nella vicenda del 25 luglio è certamente quello di Dino Grandi, autore, primo firmatario e presentatore dell’Ordine del Giorno che, approvato dal Gran Consiglio del Fascismo nella notte tra il 24 e il 25 luglio con diciannove voti favorevoli, uno astenuto, e otto contrari, sancì di fatto la sfiducia del massimo organo del regime nei confronti del duce e offrì a Vittorio Emanuele III l’appiglio formale per licenziare Mussolini”.

Il resoconto fatto da Grandi degli eventi dell’estate 1943 prende avvio il 10 luglio, giorno dello sbarco angloamericano in Sicilia, per concludersi nel mese di settembre, dopo la firma dell’Armistizio da parte del governo italiano. Queste memorie, che l’autore stesso definisce un “urlo di dolore per la nostra Patria crocifissa”, vengono scritte in un periodo caratterizzato dall’angoscia e dal dolore per le sorti infauste dell’Italia dilaniata da combattimenti feroci che coinvolgono varie forze in campo e gran parte del territorio peninsulare.

“La Patria invasa al sud e al nord da eserciti stranieri in cruenta e crudele lotta fra loro; il massacro di intere popolazioni inermi; le nostre belle città devastate e incendiate; l’imperversare della guerra civile tra italiani; il sacrificio di decine di migliaia di giovani vite, ma anche il coraggio, spesso eroico, che sublimava il martirio e la morte”.

Ad agitare l’animo di Grandi, il quale trova rifugio a Lisbona, è anche l’esecuzione l’11 gennaio 1944 di cinque firmatari (Emilio De Bono, Galeazzo Ciano, Luciano Gottardi, Giovanni Marinelli, Carlo Pareschi) del suo ordine del Giorno, poiché considerati traditori dai fascisti repubblichini, dopo un sommario processo svoltosi a Verona e conclusosi con la condanna a morte per fucilazione emessa dal Tribunale straordinario.

Oltre a questo si aggiunge la sincera e profonda amarezza per i grossolani errori commessi, a suo modo di vedere, da Pietro Badoglio nei quarantacinque giorni cruciali che separano il 25 luglio dall’8 settembre. Il tempo prezioso sprecato da quest’ultimo prima di sganciare l’Italia dall’infausta alleanza con la Germania nazista e di prendere contatti diretti con gli alleati si dimostra fatale per il paese e per la sorte della stessa monarchia travolta dagli eventi. Un patriota come Grandi non può che osservare con sguardo attento, ma allo stesso tempo addolorato, le innumerevoli tragedie che si consumano nel paese:

“Il libro scritto da Grandi in Portogallo e che qui ora si pubblica, fu buttato giù tutto di un fiato, d’impeto: se qualcosa lo caratterizza sono il dolore e la delusione e talvolta lo sdegno. E’ da questa osservazione che ci pare si debba partire per cercare di chiarire le ragioni della non pubblicazione allora del libro, e più in generale, del suo riserbo lungo tanti anni”.

25 luglio, Dino Grandi

Dino Grandi e Benito Mussolini

“Mussolini fu indubbiamente uomo grande, il quale, come altri uomini grandi, commise tragici errori. Ma egli amò profondamente, svisceratamente la Patria”.

Nelle sue pagine Grandi rigetta totalmente la ricostruzione falsa riproposta dai fascisti repubblichini, desiderosi di vendetta, i quali cercano di far passare l’idea che dietro alla votazione dell’Ordine del Giorno nella seduta del Gran Consiglio (riconvocato da Mussolini il 24 luglio 1943 a distanza di tre anni e mezzo, l’ultima convocazione risale al 7 dicembre 1939) ci sia stato un complotto tramato nell’ombra e ordito da alcuni rappresentanti fascisti, dallo stato maggiore dell’esercito e dall’ambiente di Corte.

In questa narrazione distorta il dittatore viene mostrato quale vittima di una congiura di palazzo tramata alle sue spalle, quando in realtà le cose sono andate diversamente; Mussolini non viene colto di sorpresa perché ha modo di leggere il testo dell’Ordine del Giorno e di avere poi un lungo e a tratti animato colloquio con lo stesso Grandi prima del 24 luglio. E’ lo stesso Grandi a riportare per sommi capi il dialogo avuto con il Duce:

“Feci domandare il mattino seguente, giovedì 22, al capo del governo di ricevermi. L’appuntamento mi venne fissato per le ore 17 del giorno stesso. Mussolini mi ricevette in piedi, con lo sguardo freddo e con la faccia dura. Mi aggredì con parole aspre e vivaci. (…) Il colloquio proseguì in tono più pacato. Dissi a Mussolini tutto. Non gli tacqui nulla di quello che pensavo e che del resto egli conosceva perfettamente. Gli anticipai, parola per parola, tutto quello che avrei detto e fatto in Gran Consiglio. Lo scongiurai, infine, di deporre spontaneamente, nelle mani del re, tutti i suoi poteri civili e militari, come unica alternativa possibile per una soluzione della guerra e per il ripristino integrale della Costituzione. Mi attendevo una reazione violenta da parte di Mussolini. Questa non venne. Egli non mi aveva interrotto, aveva continuato a guardarmi fisso e cupo, giocherellando nervosamente con una matita. Uscii triste da Palazzo Venezia. Non restava che andare diritti sino in fondo”.

Il Duce decide di convocare ugualmente l’organo supremo del fascismo e di sottoporre il testo alla votazione collegiale poiché è convinto di riuscire a gestire, ancora una volta e senza eccessive difficoltà, l’esito della riunione, anche se sfavorevole alla sua persona. La vera sorpresa Mussolini la prova, invece, il pomeriggio del 25 luglio durante il colloquio con il sovrano Vittorio Emanuele III che, prendendo come pretesto la votazione chiara e di sfiducia del Gran Consiglio, lo solleva dall’incarico facendolo poi arrestare dai carabinieri subito dopo l’incontro. Ma durante gli oltre vent’anni del regime qual è il rapporto tra Mussolini e Grandi?

Il primo incontro tra i due giovani giornalisti socialisti risale all’autunno del 1914, precisamente al 20 ottobre, giorno dell’espulsione di Mussolini dalla direzione del quotidiano socialista Avanti!; in seguito all’esperienza diretta nella prima guerra mondiale Grandi decide di iscriversi al Fascio di combattimento di Bologna il 23 novembre 1920 intravedendo nel fascismo “una battaglia per la libertà dalla quale avrebbe dovuto sorgere una democrazia ispirata alla predicazione di Giuseppe Mazzini”.

Eletto deputato nel 1921 all’età di venticinque anni, Grandi assume una posizione ostile verso il progetto sovversivo della marcia su Roma tanto da prendersi successivamente violenti critiche dai suoi compagni e una bonaria frecciata dallo stesso Mussolini: “Ti sei sbagliato. Non hai creduto nella mia stella, ma bensì nell’inesistente coraggio dei nostri nemici”.

A partire dal 1924 Grandi ricopre le diverse cariche di Sottosegretario all’Interno, Sottosegretario agli Affari Esteri (1925-1929), Ministro degli Esteri (1929-1932), Ambasciatore a Londra (1932-1939), Ministro Guardasigilli e Presidente della Camera dei fasci e delle corporazioni.

Dino Grandi, Agenzia di Stampa Mondial Photo-Presse, 1932 (Pubblico Dominio)

I primi anni ha modo di lavorare quotidianamente a stretto contatto con Mussolini potendo così “studiare e conoscere a fondo le sue virtù ed i suoi difetti, i lati, per la verità mutevoli e imprevedibili, del suo carattere, le sue debolezze e contraddizioni, la sua innegabile grandezza”. Il rapporto che si instaura tra i due è contemporaneamente di diffidenza e di reciproca stima, nonostante le diversità anche profonde di carattere e di idee politiche.

Grandi dichiara di essere stato sempre fedele a Mussolini nel corso degli anni; rivendica, inoltre, la propria contrarietà all’instaurazione dello stato totalitario fascista con la sua ideologia e il fatto di essere riuscito a conservare sempre una marginale libertà di azione nonostante le direttive del capo, soprattutto negli anni trascorsi a Londra in qualità di ambasciatore.

Si dimostra essere uomo tutto d’un pezzo anche nell’ultimo faccia a faccia con il dittatore, nella lunga notte del 25 luglio, quando gli si rivolge con uno tono perentorio e duro, ma tuttavia necessario in quelle circostanze. Le sue memorie rappresentano una lettura fondamentale per comprendere appieno il dramma umano, politico e istituzionale che si è consumato in quei giorni e in quei mesi febbrili e drammatici per il destino dell’Italia.

“Ho considerato e considero il 25 luglio come l’ultimo atto della mia vita di uomo politico, l’ultimo dovere compiuto verso il mio paese”.

Consigli di lettura: clicca sul titolo e acquista la tua copia!

  • Dino Grandi, a cura di Renzo De Felice, 25 luglio, Il Mulino, 2023.
  • Emilio Gentile, 25 luglio 1943, Editori Laterza, 2020.
  • Mimmo Franzinelli, Mussolini racconta Mussolini, Editori Laterza, 2023.
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Tags: Fascismo
Mirko Muccilli

Mirko Muccilli

Ha conseguito la laurea magistrale in Scienze Storiche. Medioevo, Eta' Moderna, Eta' Contemporanea presso l'Università degli studi di Roma La Sapienza, con tesi di laurea in Storia Contemporanea dal titolo "Abortire o partorire? La questione dei figli del nemico durante la Grande Guerra" e il Master di II livello "Esperto in comunicazione storica: televisione e multimedialità'" presso l'Università degli studi di Roma Tre. Ha collaborato con il programma televisivo di Rai Storia "Il tempo e la storia" e con il portale "14-18 Documenti e immagini della Grande guerra". Ha svolto attività di documentazione televisiva. Caporedattore di Fatti per la Storia, cura i rapporti con l'esterno. Fa parte del Comitato-Scientifico.

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