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In seguito alla liberazione dalla prigionia di Campo Imperatore, sul Gran Sasso, il 23 settembre 1943 Benito Mussolini costituisce ufficialmente la Repubblica Sociale Italiana (R.S.I.), conosciuta anche come Repubblica di Salò, dal nome della piccola località situata sul lago di Garda. L’Italia è da quel momento divisa in due: a nord la Repubblica di Mussolini e a sud il regno di Vittorio Emanuele III insediatosi a Brindisi dopo l’armistizio.
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La liberazione di Mussolini dal Gran Sasso
Il 12 settembre 1943, su ordine diretto di Adolf Hitler, un reparto scelto dell’esercito tedesco, al comando di Otto Skorzeny, libera Benito Mussolini dalla prigionia di Campo Imperatore. L’ex duce viene condotto in gran segreto a Monaco di Baviera, dove rimane alcuni giorni discutendo animatamente con Hitler sulle sorti dell’Italia.
Mussolini vorrebbe ritirarsi a vita privata in Romagna ma il Fuhrer è di altro avviso e alla fine gli impone di istituire un governo fascista e collaborazionista. Il 18 settembre gli italiani risentono nuovamente, a distanza di settimane, la voce del dittatore che pronuncia un lungo discorso da Radio Monaco; la voce di Mussolini impressiona per il tono stanco e dimesso:
“Italiani e italiane! Dopo un lungo silenzio, ecco che nuovamente vi giunge la mia voce e sono sicuro che voi la riconoscete; è la voce che vi ha chiamato a raccolta in momenti difficili e ha celebrato con voi le giornate trionfali della patria. Ho tardato qualche giorno prima di indirizzarmi a voi, perché, dopo un periodo di isolamento morale, era necessario che riprendessi contatto con il mondo.”
Nel corso del discorso Mussolini, che sembra aver perduto ogni senso con la realtà, scioglie le truppe italiane dal giuramento di fedeltà al re e fissa i tre punti principali della sua “nuova rivoluzione”:
- riprendere le armi a fianco della Germania, del Giappone e degli altri alleati;
- riorganizzare le Forze Armate accanto alle formazioni della milizia fascista;
- eliminare i traditori del 25 luglio.
La nascita della Repubblica Sociale Italiana
Il 23 settembre nasce ufficialmente la Repubblica Sociale italiana (R.S.I.), ricordata e conosciuta anche come Repubblica di Salò, uno stato fantoccio i cui confini corrispondono ai territori controllati dalla forze tedesche. Dal punto di vista formale la scelta repubblicana rappresenta la volontà di Mussolini di ritrovare le origini sociali, repubblicane e rivoluzionarie del fascismo; egli è convinto del fatto che la sconfitta e la caduta del regime siano imputabili esclusivamente alla monarchia e al progressivo abbandono, nel corso degli anni, del “sansepolcrismo“ , ovvero dell’ideologia originale del fascismo, quella riconducibile al programma di San Sepolcro della primavera del 1919.
Già con l’annuncio fatto da Radio Monaco il dittatore è stato esplicito a tale proposito:
“Lo Stato che noi vogliamo instaurare sarà nazionale e sociale nel senso più lato della parola: sarà cioè fascista nel senso delle nostre origini.”
In realtà, però la RSI si mostra, sin dal principio, come un protettorato della Germania; totalmente subordinato alle direttive di Berlino e privo di qualsiasi tipo di autonomia, I circa 800 mila giovani che si arruolano nella Repubblica di Salò iniziano ad essere impiegati dai tedeschi per operazioni di rastrellamento di ebrei e di repressione delle prime forme di Resistenza armata al nazi-fascismo.

Il 27 settembre Mussolini procede alla costituzione del nuovo governo della Repubblica di Salò, presiedendo la prima riunione del consiglio dei ministri e dichiarando:
“La mattina del 25 luglio l’Italia, pur selvaggiamente martoriata dai bombardamenti anglo-americani, era uno Stato e il suo territorio, ad eccezione della Sicilia, intatto. Oggi, a due mesi di distanza, il nemico occupa un terzo del territorio nazionale (…) Le conseguenze dell’armistizio sono state semplicemente catastrofiche: consegna al nemico della Marina; liquidazione umiliante, attraverso il disarmo, di tutte le altre forze militari italiane; abbattimento profondo dell’anima nazionale; continuazione della guerra sul nostro territorio…”
La Repubblica di Salò e il Regno del sud
Al centro della travagliata parentesi storica della Repubblica di Salò vi è il tema del tradimento: da una parte vi sono i tedeschi che considerano gli italiani dei veri e propri traditori, per tanto agiscono con enorme diffidenza e ferocia; dall’altra parte vi sono i tanti fascisti rimasti fedeli a Mussolini, smaniosi di lavare l’onta dell’8 settembre e desiderosi di vendicarsi dei traditori del 25 luglio.
Oltre a questi ultimi vi sono “tutti quegli iscritti al partito fascista che nascosero sotto un’adesione formale la loro falsità, ricoprirono per anni e anni alte cariche e al momento della prova, nelle giornate del colpo di stato, passarono al nemico”.
L’inaspettata resurrezione di Mussolini crea ulteriori grattacapi alle forze alleate ed enorme confusione nella popolazione. La nascita della Repubblica di Salò, che viene a contrapporsi al Regno del sud con capitale a Brindisi, genera, inoltre, la delicata questione della legittimità dei due opposti governi sul suolo nazionale.
L’intenzione del governo del monarca sabaudo è quello di apparire come l’unico legittimo; per questo motivo il 24 settembre il re Vittorio Emanuele III si rivolge agli italiani dai microfoni di Radio Bari. Dopo aver ricordato le ragioni del suo trasferimento in Puglia il sovrano proclama:
“Mi è accanto il mio governo, presieduto dal maresciallo Badoglio, sono con me le nostre valorose truppe che con rinnovato entusiasmo combattono per scacciare dal sacro suolo della patria la furia devastatrice del nemico…”
L’obiettivo principale di questo messaggio radiofonico è quello di sconfessare pubblicamente la Repubblica di Salò appena instauratasi al nord e di indicare agli italiani la via da seguire:
“Sono profondamente amareggiato da quell’esigua minoranza di italiani che tenta di creare un illegittimo governo-ombra intorno ad un regime che fa parte del passato e che è stato condannato dalla volontà del popolo. Ogni traditore verrà punito, ogni viltà smascherata, ogni difficoltà superata. Al più presto il governo del maresciallo Badoglio avrà la sua base allargata, in modo di rendere possibile a tutti partecipare alla vita politica del Paese (…) Italiani! Ascoltate la voce del vostro re! Che nessuno rimanga insensibile all’appello della Patria!”
La penisola diventa da quel momento teatro della sanguinosa guerra civile che contrappone i partigiani alle forze nazi-fasciste e che durerà fino alla fine della seconda guerra mondiale.
Il Manifesto di Verona e la vita della Repubblica Sociale Italiana
Dopo aver costituito il nuovo Partito Fascista Repubblicano (PFR) Mussolini forma il governo affidando i ministeri a quei fascisti non compromessi con il governo di Badoglio. Nonostante Roma sia ancora nel territorio nazifascista la sua vicinanza al fronte risulta fondamentale per la decisione di trasferire tutti i Ministeri a nord: quello degli Esteri e della Cultura popolare hanno sede a Salò, sul Lago di Garda, e in quella zona, precisamente a Gardone, Mussolini fissa la propria residenza. Per questo motivo la Repubblica Sociale Italiana viene ricordata anche con Repubblica di Salò.
Nonostante l’impegno propagandistico l’opinione pubblica italiana rimane estranea all’ideologia e al programma politico della nuova Repubblica e, molto spesso, l’indifferenza si trasforma in atti ostili di sabotaggio e resistenza passiva. All’interno dello stesso PFR si verificano dei contrasti in merito alla struttura da dare al nuovo Stato. Le divisioni si palesano durante la prima assemblea tenutasi a Verona il 15 e 16 novembre 1943 alla fine della quale è approvato il Manifesto programmatico noto come “I 18 punti di Verona” che prevede tra le varie cose: una normalizzazione della vita politica con elezioni quinquennali, l’identificazione degli ebrei quali nemici, una legislazione sociale da attuare in senso avanzato e la collettivizzazione delle imprese pubbliche.
Questo programma rimane lettera morta durante tutta l’esistenza della Repubblica Sociale Italiana e viene fortemente osteggiato dagli industriali soprattutto per quel che riguarda la socializzazione delle aziende verso la quale neanche gli operai mostrano grande interesse. Per darsi maggiore credibilità e per tentare di affermare la propria autorità la Repubblica di Salò attua l’epurazione interna; è proprio in quest’ottica che deve essere visto il Processo di Verona del gennaio 1944 contro i traditori del 25 luglio 1943 che sono riconosciuti colpevoli e condannati alla fucilazione.
Scarso successo ha anche il tentativo fascista di convincere i prigionieri italiani rinchiusi nei campi in Germania ad aderire alla nuova realtà politica e a entrare nell’esercito comandato dal maresciallo Rodolfo Graziani. C’è da aggiungere che la stessa chiamata alle armi non da buoni risultati, si presentano ai distretti militari diversi giovani difficili da quantificare ma molti si danno alla macchia andando a formare i primi nuclei partigiani in montagna.
Superate le prime settimane Renato Ricci ottiene da Mussolini il permesso di costituire un corpo autonomo dall’esercito, ovvero la Guardia nazionale repubblicana (GNR) che si affianca a quel che rimane dei reparti dei carabinieri, molti dei quali sono stati deportati in Germania. La formazione della Guardia Nazionale Repubblicana contribuisce a aumentare le divisioni tra le forze responsabili del mantenimento dell’ordine pubblico. La stessa GNR si divide in diverse fazioni che finiscono per dipendere più dai capi locali che dalle autorità centrali agendo molto spesso in completa autonomia. Questo processo ha il suo massimo sviluppo con la creazione delle Brigate Nere istituite il 3 agosto 1944 che diventano il reale braccio armato del partito affermandosi per la loro crudeltà e efferatezza.
Proprio sul tema della guerra ai civili, della violenza e della brutalizzazione dei metodi repressivi si sofferma l’ultima pubblicazione dello storico Amedeo Osti Guerrazzi. Accanto alla violenza a caratterizzare più di ogni altra cosa la vita della Repubblica Sociale italiana è la frammentazione ideologica e politica che si riversa sull’intero apparato statale, economico e amministrativo. Tra i motivi che spingono molti uomini ad aderire alla Repubblica, più che una convinzione ideologica, vi è il senso del dovere e di responsabilità verso il fascismo e l’illusione che la guerra non sia ancora perduta e che tutto sia possibile, la paura del bolscevismo, l’odio razziale contro gli ebrei e l’avversione al modello di civiltà proposto dagli americani.
Quando poi odio e paura si fondono in un unico sentimento, si scatenano “le rappresaglie più feroci, in un’aspirale sempre più stretta di attacchi partigiani e di ritorsioni nazifasciste” e la visione di ribelli impiccati diviene sempre più frequente proprio perché “l’impiccagione del nemico diventa il macabro simbolo” della guerra. (Aurelio Lepre, Storia della prima Repubblica. L’Italia dal 1943 al 2003, Il Mulino, 2004)
La X Flottiglia MAS durante la Repubblica Sociale Italiana
Una menzione a parte merita la X Flottiglia MAS, un comando di incursori speciali della Marina al comando del Principe Junio Valerio Borghese, creato nel marzo del 1941 con il nome ispirato alla legione favorita di Caio Giulio Cesare. Dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943 Valerio Borghese rifiuta di consegnarsi agli alleati e raduna a La Spezia circa diciotto mila volontari mettendosi al servizio della Repubblica Sociale Italiana. La X MAS entra in azione contro le forze alleate durante lo sbarco a Anzio nel febbraio 1944 e, allo stesso tempo, viene impiegata sui vari fronti di guerra e in particolare nella guerriglia anti-partigiana.
Il reparto si muove in maniera autonoma e spregiudicata palesando una chiara apoliticità e affermando di voler combattere soprattutto per riscattare l’onore della Patria. La X MAS si contraddistingue ben presto per l’efferatezza e la mancanza di clemenza verso quelli che considerano i nemici della Patria.
Per quel che riguarda l’aspetto più strettamente politico, invece, il potere personale esercitato da Borghese è visto con sospetto dalle autorità repubblichine tanto che il reparto entra in contrasto con alcuni nuclei fascisti e accusato da quest’ultimi di non essere veramente fedeli all’ideologia fascista. A caratterizzare la X Flottiglia MAS è l’esaltazione della morte tanto cara anche agli arditi; lo stemma della formazione è un teschio sorridente con una rosa tra i denti, mentre il motto inciso sui mitra è “Pietà l’è morta”.
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- Amedeo Osti Guerrazzi, Storia della Repubblica sociale italiana, Carocci, 2019.
- Frederick William Deakin, Storia della Repubblica di Salò, Einaudi, 1963.
- Luigi Ganapini, La Repubblica delle camicie nere, Garzanti, 1999.
- Renzo De Felice, Mussolini l’alleato: 2, La guerra civile 1943-1945, Einaudi, 1997.