CONTENUTO
di Ilenia Sarnella
Il palazzo Cavour a Torino
Cavour è il nome di un piccolo comune italiano della città metropolitana di Torino, ma anche il nome con il quale è conosciuto, e conosciamo, il celebre statista Camillo Benso, conte di Cavour (anche se questa non fu mai una contea), che un giorno contribuirà da protagonista a realizzare, per la prima volta nella storia, l’unificazione dei vari territori italiani sotto un’unica corona e con un unico parlamento.
Al momento della sua morte, però, avvenuta a pochi mesi dall’effettiva dichiarazione dell’Unità d’Italia, Venezia e Roma sono ancora un’idea da concretizzare e chissà quanti, in quegli anni, avrebbero nei fatti scommesso su una loro eventuale resa e contributo! Fatto sta che, tra il 1866 e il 1870, quei due nuclei di resistenza armata vengono annessi al nuovo ideale politico: anche se le due note città italiane sono già nel disegno del nostro “grande tessitore”, egli non avrà l’onore di vederle annesse al nuovo regno perché – come dicevamo – morirà improvvisamente il 6 giugno 1861.
Sono molte le voci che sono circolate sulle circostanze della sua morte, ma nessuna prova venne mai a sostegno delle tesi che lo vogliono morto omicida di cianuro (o almeno è così che molti ritengono, ancora oggi, che si sia risolta la storia, vedendo nella figura del liberista e federalista Cavour un ostacolo per la campagna inglese nel Mediterraneo – coincidente agli anni dell’imperialista costruzione del canale di Suez, ad opera della corona britannica, appunto, in Egitto).
Si tratta delle solite dicerie che vedono nella compagna l’effettivo complice del suo assassinio, che lo avrebbe quindi avvelenato approfittando della sua fiducia. Leggende del genere si possono comunque ritrovare nella spiegazione di tante morti improvvise, ma questa volta ci atterremo ai fatti storici: secondo chi lo ha assistito negli ultimi giorni di vita, Camillo muore di malaria nel suo palazzo d’infanzia (Palazzo Benso di Cavour, oggi visitabile), dove pure nacque (nel 1810) e dimorò per la maggior parte della sua esistenza.
Sito nel centro di Torino, all’angolo tra le attuali via Lagrange e via Cavour, l’edificio viene innalzato per volere del marchese Michele Antonio Benso, bisnonno del celebre statista, che incarica (nel 1729) l’architetto Gian Gacomo di Plantery di costruire il nuovo palazzo di famiglia in città – poi ampliato negli anni successivi – sulla loro precedente dimora, già sorta in questo spazio.
Figlio del marchese Michele Benso e della nobile Adèle (marchesa di Sellon d’Allaman a Ginevra), Camillo nasce in una Torino ancora francese e viene chiamato così in onore del suo padrino, Camillo Borghese, sposo di Paolina Bonaparte (sorella di Napoleone Bonaparte).
Di origini nobili e in stretti contatti con i nuovi reali di Francia, Cavour nasce dunque in una Torino annessa dal 1802 al governo d’Oltralpe: la nostra città diviene una dei principali e più sviluppati centri della Repubblica Francese, fino a che – dopo il congresso di Vienna – viene finalmente restituita a Vittorio Emanuele I di Savoia, nel 1814. Non ci stupiremo allora che il nostro statista preferisca parlare e sbrigare le pratiche in francese, anche mentre si occupa della nostra Unità nazionale!
Grande viaggiatore, esploratore e “ambasciatore”, Cavour si spinge fino a Parigi, Londra e Bruxelles per intessere le basi diplomatiche della nazione emergente. Famoso in tutta Europa, trascorre la sua vita nella città natale e nei suoi dintorni. Non si può comprendere fino in fondo il carattere ambizioso del nostro protagonista se non delineiamo, primariamente, una traccia dell’entusiasmo modernista che riempì le strade di Torino in quegli anni.
La città di Torino nell’Ottocento
Posta al confine con la Francia avanguardista e progressista (l’esperienza della Repubblica rivoluzionaria era appena nata), la nostra città industriale conosce un periodo di vero boom economico agli inizi del XIX secolo: l’ampia possibilità di sfruttare i tanti fiumi (Po, Dora, Stura, Sangone) e canali (Martinetto, Ceronda e così via) dell’area – utili per ricavarne abbondante energia idraulica – e la prossimità ai collegamenti ferroviari centrali – appena sorti, in Francia e a Genova – permettono lo sviluppo quantitativo e qualitativo delle industrie del settore pesante (metallurgia e meccanica – già avviato tra il XVII e il XVIII secolo) e del legno.
E’ proprio in questi due settori che si sviluppano, di lì a poco, rispettivamente l’Officina delle strade ferrate dello Stato per la produzione delle ferrovie – dove già si producono armi, ad esempio, e polvere da sparo – e l’industria delle automobili – dove prima si producevano le carrozze reali. La crescente settorializzazione del lavoro e l’incalzante sviluppo economico e tecnologico porta alla creazione di nuovi posti di lavoro e allo sviluppo della manodopera specializzata, chiamando alle fabbriche tecnici e lavoratori da ogni parte.
Nel 1827, a testimonianza della sua ricchezza, nasce a Torino una nuova banca (“Cassa di Risparmio”), nonostante già ve ne siano di numerose e antiche. Non ha neanche vent’anni d’età quando Cavour vede con i suoi occhi le prime grandi rivoluzioni tecnologiche urbane, come l’introduzione dei bagni interni – come prima cosa installati nelle case dei nobili, s’intende, e poi, con molto ritardo, resi accessibili per tutti gli altri – e la prima illuminazione urbana: si tratta della prima illuminazione pubblica sul suolo italiano e viene ottenuta distribuendo quasi 500 fanali per le strade più abbienti della città.
Ma è nel 1837 (quando Cavour aveva ancora trent’anni) che Torino offre prova della sua avanguardia installando la quarta illuminazione pubblica a gas di tutta Europa – e fu ancora tra le prime ad adottare l’energia elettrica nel prossimo 1884, riservata inizialmente per attivare i grandi macchinari delle fabbriche e poi adottata anche per l’illuminazione cittadina e privata.
Il Castello di Grinzane Cavour e la tenuta di Leri
Dopo aver conseguito (in gioventù) la scuola militare, Cavour si trasferisce a Grinzane, nei dintorni di Torino, in un prezioso castello medievale (Castello di Grinzane Cavour, che dal 2014 ha ricevuto il prestigioso titolo di “Patrimonio universale dell’UNESCO” – insieme ai “Paesaggi vitivinicoli del Piemonte: Langhe, Roero e Monferrato”), dove il piccolo Cavour era solito recarsi d’estate, in villeggiatura con la famiglia, tra i vigneti e le colture di loro possesso nelle Langhe.
Ha soli ventidue anni quando il futuro primo Presidente del Consiglio intraprende la carriera politica diventando (dal 1832 al 1849) il sindaco di Grinzane. Il meraviglioso castello dove visse è ancora oggi visitabile, e si possono ammirare i raffinati mobili d’epoca, i manoscritti a lui appartenuti e la fascia che indossò quando venne eletto sindaco, appunto; inoltre, nel vasto spazio dell’edificio sono stati ricavati, nel secolo scorso, l’Enoteca Regionale Piemontese e il Museo Etnografico delle Langhe: la prima iniziativa è una vetrina sulle eccellenze di vini e grappe del Piemonte, tutti rigorosamente selezionati (tra cui i noti Barolo e Barbaresco), e dove è possibile effettuare degustazioni abbinati ai prodotti gastronomici tipici della zona (tutti i prodotti esposti sono inoltre in vendita); mentre la seconda iniziativa riguarda una raccolta permanente di rari oggetti dell’enogastronomia locale (tra cui vari ambienti dedicati al Tartufo), come la bottega di un bottaio, una distilleria del Settecento e vari altri ambienti che rievocano, tra le altre cose, le importanti scoperte nel campo della viticoltura – e non solo – apportate da Cavour e alcuni suoi colleghi di studi (tra questa stessa tenuta e l’altro grande laboratorio di “scienze agrarie”, ovvero la tenuta di Leri – dove probabilmente contrasse la malaria a soli 50 anni).
Oggi frazione di Torino, Leri Cavour era un’area paludosa e scomoda per l’uomo quando alcuni monaci cistercensi, già nell’XI secolo, si stanziarono nel luogo: l’Ordine monastico operò quindi degli intensi lavori di bonifica e, in appena un secolo, vi sistemò un’azienda agricola con campi adatti all’agricoltura e all’allevamento. La struttura di famiglia, ch’era già appartenuta a Napoleone Bonaparte, venne poi ceduta dal padre al figlio Camillo ancora ventenne: è qui che, per tutta la vita, approfondisce intensamente i suoi studi sull’agricoltura (e sulle scienze economiche e agrarie), sempre pronto a sperimentare nuove tecniche per la coltivazione – questo particolare interesse è da leggere in un contesto di accrescimento della popolazione, del benessere e della richiesta di alimenti primari (si calcola che Torino, dopo il già significativo incremento demografico che aveva conosciuto nella prima metà dell’Ottocento, torna a vedersi crescere il numero degli abitanti – tra il 1848 e il 1861 – ancora, stavolta, almeno del 70%).
È proprio negli anni in cui abita nel castello medievale di sua proprietà che il conte Cavour prende parte alla fondazione dell’Associazione Agraria Subalpina – un’organismo nato (nel 1842) con i nuovi propositi di accrescere il livello culturale dei coltivatori, di migliorarne le condizioni sociali in generale e che si occupa, per la prima volta, delle ripercussioni negative prodotte sugli agricoltori dal vorticoso incremento demografico e dall’instancabile sviluppo tecnologico e cittadino.
Camillo, d’altronde, ha già visitato la moderna, liberale e sociale Londra (nel 1835) che lo ha rianimato di uno spirito politico originale per l’epoca. Siamo infatti negli anni in cui altri due studiosi, tedeschi ma adottati inglesi – dove infatti entrambi trascorrono anche gli ultimi giorni della propria vita – Marx ed Engels, apportano i primi studi sulle classi sociali: il costante e incontrollato sviluppo mostra, specialmente nella modernissima Londra, la sua pericolosità nella degenerazione del benessere di alcune porzioni di cittadini (ricordiamo, tra le tante altre cose, che in questo mondo molto lontano dal nostro il lavoro minorile era ancora largamente sfruttato, specie in alcuni settori, e le ore di lavoro di una donna, che era di norma sottopagata rispetto all’uomo per le sue presunte diverse capacità tecniche e/o applicative, si aggirava anche intorno alle 14 ore giornaliere).
Il quotidiano Il Risorgimento
Parallelamente, risale al 1844 il primo “scaldatoio pubblico” di Torino, dove chi ne avesse avuto bisogno (normalmente le classi più umili) avrebbe potuto accedere all’acqua in un ambiente riscaldato – al tempo ci si lava infatti al fiume o, appunto, nei bagni pubblici. Due anni prima (1847) di lasciare il ruolo di sindaco, Camillo Benso fonda il giornale “Il Risorgimento”, con sede nel suo Palazzo Benso di Cavour, predicando, in qualità di giornalista, una nuova libertà e in tutte le sue forme: economica, religiosa e politica.
Tutto questo è possibile anche grazie alle nuove cessioni sulla censura che il re Carlo Alberto ha recentemente promosso. Ricordiamo soltanto alcune righe di un articolo del conte, oggi conservato nel sito www.camillocavour.com (riportante la data 17 Gennaio 1848): «Vogliamo dir cosa nota, ma pur buona talora a ripetersi. La carriera del giornalismo è ripiena di molte e strane tribolazioni; chi vi s’avventura, debbe armarsi di tutto punto per essere apparecchiato ad ogni maniera di guerra».
Di lì a un paio di mesi, Carlo Alberto di Savoia promulga lo Statuto albertino, una “costituzione breve” che annuncia una legge elettorale e l’istituzione di una legata commissione, di cui il nostro Camillo entra subito a far parte. È il 1848, dunque, e il conte viene eletto a deputato. Riconosciamo in questi anni il Cavour frequentatore di locali mondani, che dal caffè “al Bicerin” – storico locale settecentesco in Piazza della Consolata -, dal suo tavolo (ancora oggi custodito orgogliosamente nel locale), tiene d’occhio il portale del Santuario della Consolata, dal quale sarebbe uscita (una volta finita la messa) la famiglia reale, che Camillo ha sempre l’accortezza di accompagnare, senza per questo sentirsi costretto di partecipare alla celebrazione religiosa e preferendovi, invece (Cavour vive la sua fede cristiana in modo privato: e non dimentichiamoci che muore scomunicato!), i chiacchiericci che il caffè più frequentato della piazza ha da offrire.
Il caffè Al Bicerin di Torino
Nato nel 1763 come bottega di confetti e di acquecedrate, “al Bicerin” è (negli anni che precedono e susseguono l’Unità) uno dei bar più alla moda di Torino ed è assai noto per la sua famosa bevanda a base di caffè, che si versa nel “piccolo bicchiere” di vetro riecheggiato nel nome del locale (il “bicerin”, appunto): i tre componenti, caffè, cioccolata e crema di latte, vengono versati – ancora oggi – in modo che non si amalgamino tra di loro e in ripartizioni di circa 1/3 per ingrediente (ma le esatte proporzioni vengono gelosamente custodite dalla proprietaria del locale – è, infatti, ancora “al Bicerin” ad avere il primato del più antico locale a conduzione femminile di Torino, oltre a quello di essere uno dei caffè, esistenti ancora oggi, più antichi della città).
Le grandi cioccolaterie nostrane, nate proprio in quegli anni in cui nascono nuove specializzazioni artigianali e lavorative, sono ancora oggi tra le più note e raffinate d’Italia: ricordiamo, tra le tante, almeno la fabbrica (di cioccolato e cacao) “Michele Talmone” fondata nel 1850 – ed ereditata dalla “Moriondo e Gariglio”, che oggi tramanda le proprie tradizioni in società con la cioccolateria, ancora ottocentesca, Venchi (“unica”).
Anche il forte legame storico tra il capoluogo piemontese e i suoi caffè nasce e si sviluppa proprio agli albori dell’Ottocento. Ricordiamo, infatti, che sarà proprio all’ombra della Mole Antonelliana che il caffè, così come lo conosciamo oggi, farà la sua entrata nei bar e nei cuori italiani: ebbene sì, nel 1884, è proprio l’imprenditore Angelo Moriondo, della già citata cioccolateria “Moriondo e Gariglio”, ad inventare il caffè nella sua forma espresso.
In questi bar sparsi per il centro, ad ogni modo, s’incontrano commercianti, impiegati, militari, albergatori, vetturini, carrozzieri e insegnanti, ma anche imprenditori, nobili, artisti, filosofi, uomini di cultura, giornalisti e politici. Vasto è il ventaglio sociale in quegli anni e nei caffè ci si riunisce, tutti insieme, per gustare questa moderna bevanda, o dell’ottima cioccolata nostrana, magari aggiornandosi sulle nuove riviste e giornali che questi locali mettono a disposizione del cliente: sempre aggiornate, sono presenti testate e case editrici di tendenza e per tutti i tipi e, sicuramente non di rado, tra un articolo e l’altro, si finisce inesorabilmente a discutere e a far politica.
Già negli anni Quaranta del secolo si conteranno più di cento botteghe del caffè sparse per Torino. Di questi locali ne menzioniamo almeno un altro molto frequentato dal nostro statista e non solo: il caffè Florio (esistente ancora oggi e sito nei portici di via Po, a pochi metri da Palazzo Carignano) è anche noto per essere il locale preferito dagli studenti universitari. Non è eccessivo, dunque, dire che la storia della nostra Italia è stata disegnata non solo negli uffici ma anche, e in gran parte, tra i portici del centro, i caffè e i ristoranti di questa città.
Inizio della carriera politica di Cavour
Intanto, è proprio il 1848 quando, nel fervore positivistico del tempo, re Carlo Alberto Savoia-Carignano dichiara guerra all’Austria, e viene poi sconfitto a Novara, nel 1849 (a riprova di come gli esiti che oggi conosciamo, al tempo, non erano affatto scontati). Ma nulla può scoraggiare l’animo del nostro celebre statista. Siamo giunti negli anni ’50 dell’Ottocento e il profilo politico di Cavour inizia ad emergere: il conte viene eletto Ministro dell’agricoltura e commercio, poi Ministro delle finanze e ancora Primo Ministro (sempre, del Regno di Sardegna).
Gli sviluppi tecnologici non finiscono di impressionare i cittadini di Torino e lo stesso Cavour – tutti sono consci, ormai, di essere entrati in un’epoca di grandi e repentini cambiamenti. Sono, poi, già stati approntati i primi esperimenti per i collegamenti urbani (con le prime tranvie di carrozze e cavalli) quando nel pieno degli anni Cinquanta vengono concluse le reti ferroviarie che collegano Torino a Genova e ancora Torino a Cuneo.
Inutile spiegare che cosa significa, per le persone del tempo, muoversi per la prima volta a velocità di questo tipo da una parte all’altra dell’Italia e dell’Europa. Per alcuni studiosi è questa una delle condizioni necessarie a costruire per la prima volta la nostra nazione, che già alla fine dell’Ottocento, mette in qualche modo in comunicazione (anche se ancora oggi in maniera insufficiente) il nord e il sud del nostro paese. Nuove ferrovie e nuovi snodi ferroviari significano, inoltre, nuovi cittadini, nuovi turisti e nuove risorse in città.
In qualità di Primo Ministro (insieme al re Vittorio Emanuele II), Camillo arriva in treno – per la prima volta – (da Torino) a Genova nel 1854, in occasione dell’inaugurazione della nuova linea ferroviaria, che è stata iniziata già a metà degli anni Quaranta. Le strade non sono ancora lastricate, ma è ancora nello stesso anno che i cittadini della metropoli emergente hanno la possibilità di assistere (in Piazza Castello) alla partenza della prima autovettura a carbone (che arriva a percorrere 8 km in un’ora): viene soprannominata, al tempo, la “macchina infernale”.
Sarà un giorno Michele Lanza, proprietario di una storica fabbrica di candele in città, a finanziare la prima vettura a quattro ruote – la prima in tutta Italia (che avrebbe segnato il destino automobilistico della città e del paese). L’arrivo a Torino di acqua corrente, con relativo acquedotto (nel 1859), è una grande novità, risultato delle avanzate ricerche idrauliche di quei tempi (finanziate soprattutto per raffinare gli studi sulle innovazioni per l’irrigazione dei campi).
È infine importante dire che, negli stessi anni, anche grazie al lavoro dei deputati della commissione, gli istituti scolastici – nei soli dieci anni prima dell’Unità d’Italia – arrivano a quintuplicare (e più) il numero di istituti aperti già negli anni Quaranta (dato, questo, che ancora una volta va letto al cospetto del forte sviluppo demografico ed economico che interessò l’intera provincia del tempo).
I luoghi di Cavour e i suoi piatti preferiti
Siamo arrivati al 1860 con una parata di innovazioni tecnologiche, una crescita della densità abitativa cittadina e nuove idee nate da nuovi incontri sociali: l’Unità d’Italia viene proclamata e, successivamente (nel 1861) il primo Parlamento Italiano è sistemato nel Palazzo dei Principi Carignano (appartenente alla famiglia Savoia- Carignano e dove nacque, difatti, il primo re d’Italia, più noto come Vittorio Emanuele II di Savoia – oggi è la sede della Direzione regionale Musei Piemonte e del Museo nazionale del Risorgimento italiano, www.museorisorgimentotorino.it), un palazzo barocco seicentesco sito nell’omonima Piazza Carignano.
L’ufficio di Cavour si trova al primo piano del palazzo, guardando la facciata principale, in fondo al lato sinistro dell’edificio, dalla cui finestra il “grande tessitore” può ammirare il suo ristorante preferito – e le personalità di spicco che lo frequentano – dall’altra parte della piazza: si tratta del Ristorante “del cambio”, ovvero il locale dove di gran lunga preferisce pranzare o cenare. Nasce nel ‘700 come un caffè, mentre i portici antistanti – che oggi sono stati inglobati nella struttura – sembra fossero adibiti al “cambio” delle carrozze e dei cavalli (in prossimità sorgevano infatti locali per rifocillare i viaggiatori lì in sosta e il primo efficiente sistema postale).
Abbiamo detto che Torino si trova al confine con la Francia, ed è sempre qui, infatti, nei portici del ristorante, che sovente si effettuano dei cambi valuta. Queste due ricorrenze danno probabilmente il nome al locale (“del cambio”) e non si può fare a meno di ricordarne la storia che ancora oggi rivive tra i tavoli di questo ben noto e frequentato ristorante.
Da qualche anno il locale è stato infatti ravvivato, grazie alla curiosità del proprietario e dello chef che hanno deciso di aggiungere un piano al ristorante, inaugurandovi un cocktail bar ed un lunch bar. Nel menù, per chi fosse curioso, è riproposta la versione originale e rivisitata di alcuni piatti molto in voga nei primi anni dell’Ottocento – due tra i quali sono ricordati (pur non avendone oggi prove certe, se non la memoria del ristorante) come i preferiti del nostro Camillo, la cosiddetta “Finanziera” e il “Risotto alla Cavour”: il primo piatto è a base di ritagli di agnello, di manzo bolliti con funghi e amalgamati nel vino; mentre nel secondo sono protagonisti il riso e le uova.
Si può decidere di mangiare in un’atmosfera più veloce e moderna al piano superiore, o nelle aule antiche e ben conservate al primo piano, dove lo stesso Cavour siede a un tavolo – ancora una volta, gelosamente custodito dal proprietario – dalla cui prossima finestra – e anche qui Cavour si ripete – poteva tenere d’occhio la piazza antistante il parlamento (e, con ciò, intendo i movimenti delle persone che vi gravitavano): è, in questo modo, sempre pronto ad esser chiamato da chi, fuori dal vetro, voglia comunicare urgentemente con lui.
Vero è che le questioni, come da sempre osiamo fare anche noi italiani, non possono fare a meno che essere discusse anche a tavola, e talvolta ciò avviene con più piacevolezza e trasporto che non nelle fredde aule degli uffici (un po’ come succede ancora oggi nei pranzi di lavoro, insomma). Lo stesso accadeva, e accade ancora oggi, proprio qui, al ristorante “del cambio”, con numerosi capi dello stato che hanno deciso di far visita a queste aule, magari per onorare quegli anni gloriosi. Siamo così giunti alle ultime due tappe del nostro percorso virtuale.
La morte del conte Cavour è una delle prime ad avere una risonanza europea potentissima, veloce ed elargita dalle numerose ed emergenti testate giornalistiche, che gli hanno voluto rendere omaggio ricordandone il nome. Il corteo ufficiale dell’amato statista è assistito da molta gente e con partecipe commozione: il corteo funebre, mosso dal palazzo d’infanzia dove muore (Palazzo Cavour), con una coda lunghissima, s’interruppe alle porte della Chiesa di Santa Maria degli Angeli, dove il 7 Giugno 1861 si svolge il suo funerale.
La tomba di Camillo si trova nell’appartata e verde Santena, località dove la famiglia del Primo Ministro possiede un castello settecentesco (il Castello Cavour di Santena), servito quindi proprio alla sistemazione del Memoriale dedicato a uno dei “Padri della Patria”: entrambi i monumenti sono meritevoli di essere visitati, specie il castello che, oggi, ospita la camera-studio del conte, fatta qui trasportare per essere conservata nel tempo e visitata dai più curiosi.