Camillo Benso, conte di Cavour, è l’artefice politico dell’unità d’Italia. Primo ministro del Regno di Sardegna, modernizza il Paese con riforme economiche e sociali, stringe alleanze decisive e guida la diplomazia durante gli anni centrali del Risorgimento italiano. Grazie alla sua visione lungimirante favorisce il processo di unificazione italiana sotto l’indispensabile guida della monarchia sabauda.
Camillo Paolo Filippo Giulio Benso, conte di Cavour, di Cellarengo e di Isolabella, nasce a Torino il 10 agosto 1810 da una influente famiglia sabauda. Il padre, il marchese Michele Antonio, è un proprietario terriero; la madre Adele de Sellon, proviene da una famiglia protestante svizzera convertitasi al cattolicesimo. Il marchese Michele, influente personaggio di corte dei Savoia, diventa un fedele servitore dell’imperatore Napoleone quando questo conquista il Piemonte. Padrino e madrina del neonato sono i nuovi governanti, i coniugi Camillo Borghese e Paolina Bonaparte, sorella dell’ imperatore.
Alla caduta di Napoleone la famiglia Benso conosce un breve periodo di disgrazia, ma presto Michele ritorna nelle grazie dei rientrati Savoia, ed in particolar modo di Carlo Alberto, principe designato a succedere al trono. Camillo, secondogenito, viene destinato alla carriera militare. Ma fin dalla tenera età evidenzia un carattere ribelle ed insofferente alle regole, con un carattere difficile, anche se sa risultare simpatico e divertente.
Sia lui che il fratello maggiore, Gustavo, evidenziano una notevole intelligenza e, pur estremamente diversi nel carattere (Gustavo è serio e si applica nello studio con rigore), sono legati l’uno all’altro. A dieci anni Camillo entra all’Accademia Militare ed a quattordici diventa paggio del principe Carlo Alberto, ma è insofferente della rigida etichetta di corte e viene allontanato dopo due anni.
Terminata l’Accademia il giovane entra nel corpo del Genio e presta servizio in varie guarnigioni fino a giungere a Genova, dove frequenta i circoli intellettuali ed intreccia una relazione con Anna, infelice sposa del marchese Giustiniani. Le frequentazioni politiche rinsaldano il suo animo rivoluzionario e liberale, ma lo pongono anche in cattiva luce nei confronti dei superiori che lo trasferiscono al forte di Bard. L’isolamento, sia fisico che intellettuale, del sito lo portano alle dimissioni dall’Esercito nel 1831.
Inizia per Camillo un periodo nella veste di imprenditore agricolo delle tenute di famiglia che svolge con intelligenza e dinamismo, apportando innovazioni fondamentali (tra le quali ricordiamo la “creazione” del vino Barolo nelle Langhe). Questa attività viene intervallata da frequenti viaggi all’estero che lo portano a contatto con le democrazie europee contribuendo alla sua formazione di liberale moderato.
Aderisce e fa sua la teoria del “giusto mezzo” che contempla un modello di sviluppo dello Stato basato su riforme sociali a favore dei ceti più poveri ed istituzionali con la separazione dei poteri. Entra nell’Associazione Agraria ed inizia a pubblicare diversi articoli su temi economici. Nel contempo si occupa anche di Finanza contribuendo ad incrementare la ricchezza della famiglia ed acquisendo nozioni e conoscenze internazionali che gli saranno d’aiuto negli anni a venire, quando dovrà rinnovare l’economia piemontese. Nel 1847 con Cesare Balbo fonda il giornale liberale “Il Risorgimento”.
Nel 1848 è tra i patrioti che chiedono una Costituzione, concessa poco dopo da re Carlo Alberto. Nello stesso anno viene eletto nel Parlamento Subalpino, divenendone in breve tempo uno dei leader più ascoltati. Nel 1850, dopo la sconfitta nella Prima Guerra d’Indipendenza, il Regno di Sardegna avvia una serie di importanti riforme tese alla laicizzazione dello Stato ed all’ammodernamento delle infrastrutture e delle finanze.
Nello stesso anno, con re Vittorio Emanuele II regnante e Massimo d’Azeglio Presidente del Consiglio, viene nominato Ministro dell’Agricoltura, Commercio e Marina. Nel 1851 riceve l’incarico di Ministro delle Finanze, ruolo in cui conferma le sue doti di statista risanando l’economia ed ottenendo credito presso importanti banchieri europei. Nel 1852 si allea con il centro-sinistra di Urbano Rattazzi dando vita ad una coalizione nota come il “Connubio”.
Nello stesso anno diventa Primo Ministro sostituendo D’Azeglio. Si apre un nuovo periodo di riforme che modernizza il Paese. La politica liberale adottata che prevede l’abolizione di dazi, potenziamento del sistema bancario e nuove opere pubbliche, pone il Regno sabaudo tra le nazioni più sviluppate d’Europa.
In politica estera, con l’adesione nel 1855 all’alleanza franco-inglese contro la Russia nella guerra di Crimea acquisisce una visibilità a livello internazionale tale da consentirgli, durante il Congresso di Parigi del 1856, di sollevare la “questione italiana” accusando l’Austria di minacciare lo Stato piemontese e di reprimere l’anelito di indipendenza degli Italiani. Grazie alla sua sagacia diplomatica nel 1858 a Plombières stipula una alleanza con l’Imperatore dei Francesi Napoleone III.
Nel 1859 l’atteggiamento provocatorio del Piemonte nei loro confronti portano gli Austriaci a dichiarare la guerra. La Francia, come previsto dal Trattato, si schiera con l’esercito sardo. La campagna registra successi militari per gli alleati, ma Napoleone III, colpito dalle pesanti perdite e preoccupato di una eventuale invasione prussiana del territorio francese, chiede al suo omologo austriaco, il Kaiser Francesco Giuseppe, la pace.
Al Regno di Sardegna viene assegnata la sola Lombardia, il Veneto resta all’Austria e la Francia ottiene i territori della Savoia e di Nizza, storicamente sabaudi. Cavour, dopo aver vanamente cercato di convincere il re a continuare la guerra, deluso dai risultati ottenuti si dimette e si ritira in campagna.
Vittorio Emanuele II, pur non amando Cavour, ne apprezza le capacità e nel 1860 lo richiama in carica. Nello stesso periodo gli stati dell’Emilia Romagna e della Toscana, scacciati i propri regnanti si uniscono, tramite referendum, al Regno di Sardegna. Nel maggio dello stesso anno Garibaldi, appoggiato in via non ufficiale dal re e da Cavour, effettua una spedizione per liberare il Regno delle Due Sicilie dai Borboni .
Nel contempo i Piemontesi invadono i territori dello Stato della Chiesa. Il 17 marzo 1861 viene proclamato il Regno d’Italia e Cavour ne è il Primo Ministro. Ma dopo soli tre mesi, il conte di Cavour muore per un attacco di malaria, lasciando incompiuta la sua opera.
La morte precoce ci impedisce di sapere se Cavour sarebbe riuscito a modellare il nuovo Stato sulla falsariga di quanto aveva fatto in Piemonte. La costituzione del nuovo Stato evidenzia una situazione disomogenea con una sviluppata economia commerciale ed industriale al centro nord ed un Sud arretrato soprattutto in alcune zone interne.
I successori del conte si trovano ad affrontare un pesante deficit di bilancio a causa delle spese di guerra sostenute e una ribellione crescente in Meridione che sfocia nel banditismo. La classe politica, formatasi con Cavour è costituita da personalità provenienti da varie regioni d’Italia, alcune delle quali estremamente dotate (come il Minghetti), oneste e rigorose con un alto senso dello Stato.
La sua visione di uno sviluppo di riforme progressivo (la politica “dei piccoli passi”) viene perseguita per i decenni a venire, pur tra molte difficoltà, e il liberalismo guiderà la Nazione fino all’avvento della dittatura fascista. In ogni caso Cavour, per la cultura, la genialità, il coraggio, il pensiero innovativo e l’integrità costituisce un “unicum” nel panorama italiano e mondiale.
A cura di Maurizio Quaregna, membro de “The International Churchill Society – U.S.A.”.
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