CONTENUTO
Prima dell’Unità d’Italia
Scrivere della scuola italiana prima dell’Unità è alquanto difficile, ma è giusto provarci, quanto meno per trattare delle differenze e del diverso concetto di scuola. È il 1400 lo spartiacque, poiché in un’epoca dove ancora la maggioranza della popolazione è analfabeta- soprattutto donne e classi meno abbienti- Firenze fu la prima città a creare delle scuole, che possiamo definire, tra mille virgolette, laiche1. Erano scuole che fornivano un’istruzione di tipo elementare, con pochissimi ragazzi e quasi nessuna ragazza, ove lo studio si fermava ai 9-10 anni circa.
Come se fosse un “mantra” comune, la maggioranza dei docenti- tutti maschi, ovviamente- erano mal pagati, ma avevano un potere del tutto o quasi illimitato2 con punizioni “draconiane” che arrivavano persino a frustate dinanzi all’intera classe o altre forme di violenza che oggi ci farebbero gridare alla galera.
Esistevano poi- ma questo sin dall’Anno Mille- nella maggioranza delle cittadine e specialmente per gli strati medio-alti, scuole di grammatica e di retorica, che Baldassar Castiglione definì “Scole di humanitas”3. Un secolo dopo, Baldassare Castiglione, scriveva “Il Cortigiano”, un trattato fondamentale anche di pedagogia. Pur volendo solo descrivere come un nobile debba studiare, immaginava alcune forme di studio che descrivono una sorta di scuola. In primis, affermava che l’istruzione si doveva dividere in due: un’istruzione di tipo semplicistico, che aveva come scopo la conoscenza della retorica, e un’istruzione che invece mirasse- dopo i 14 anni- ad uno studio di latino, greco, lingua, educazione, sicuramente più adatto ad un “signore” di corte4.
La Milano della Controriforma- o Riforma Cattolica- vede l’istituzione di corsi per giovani aristocratici, che prevedano anche studi di filosofia e una sorta di “antenato” di IRC per evitare di finire nelle grinfie, neanche troppo velate, del Protestantesimo5.
Settecento e Ottocento: Ferrante Aporti
Le scuole come le conosciamo noi, però arriveranno solo dopo il Secolo dei Lumi: le riforme Teresiane in Austria- e in Toscana- quelle dello Stato Sabaudo e infine, i tentativi, seppur malriusciti, delle Repubbliche definite giacobine di creare una scuola pubblica, faranno sì che nasca la vera e propria pedagogia, così come oggi è arrivata a noi6. L’esponente più importante è sicuramente Ferrante Aporti, nato nel 1791 nei pressi di Mantova, studiò a Vienna e da lì, ebbe modo di guardare alle novità in campo pedagogico.
Divenuto sacerdote a Cremona, ebbe la qualifica di Ispettore delle Scuole asburgiche presenti sul territorio italiano; contrario al suo ruolo come semplice vigilante rispetto alle nuove Idee liberali, lasciò nel 1819. Proseguì comunque la sua ricerca fondando gli “Asili della Carità”. Aporti considerava l’Asilo un’importante occasione di prevenzione sociale e di prima educazione, soprattutto, per coloro che non potevano godere dell’educazione scolastica.
Promotore del Risorgimento, amico personale di Giuseppe Mazzini, morì nel novembre del 1858. Caratteristica degli Asili della Carità era quella di formare il giovane alla morale e al lavoro. Una dimensione che sarà poi ripresa nella concezione di Scuola Professionale7.
Verso l’Unità: la Riforma Casati
La legge fu voluta dall’ex prefetto di Milano sotto il Regno Asburgico, passato poi senza troppi problemi con i Savoia, il conte di Pendivasca, Gabrio Casati8. Senatore del Regno nel 1859, venne poi nominato Ministro dell’Istruzione di Piemonte e Sardegna, poi primo Ministro della Pubblica Istruzione del Nuovo Regno italiano.
La legge istituiva una scuola elementare dai 5 agli 8 anni, divisa in elementare inferiore ed elementare superiore, ove erano presenti ore di ginnastica, di musica, di educazione morale e faccende donnesche. Esse erano pensate soprattutto per le classi meno abbienti e in effetti, chi avesse potuto, sceglieva sempre un precettore.
La religione cattolica- che era di Stato- veniva insegnata esclusivamente da un parroco o da un delegato di quest’ultimo, sotto responsabilità del Vescovo. Inoltre, per l’Università, veniva ad istituirsi come Facoltà Lettere e Filosofia, assieme alla Scuola di Applicazione, che era una sorta di Accademia per Ingegneri- poi abolita nel Novecento- e per accedervi era necessario aver maturato ottimi voti al liceo nelle discipline scientifiche. Non vi era un vero e proprio obbligo scolastico e in effetti, nonostante questa riforma, l’analfabetismo restò molto alto9.
La successiva Legge Coppino (1877) spostò l’obbligo scolastico ai 10. Con Aristide Gabelli, l’istruzione in mano alla Sinistra Storica, si diede il via a programmi scolastici audaci per l’epoca con un insegnamento religioso non confessionale, ma basato sull’idea di Dio e sull’etica, sul senso del dovere e della Patria, con una sorta di Bibbia nazionalista e positivista sul metodo di Maria Levi e di Pierina Boranga, due pedagogiste che per prime, insegnarono anche lingua straniera.
Le impressioni di Mussolini “maestrino di Predappio”
Nella sua Relazione di Fine Anno- correva il 1910- il giovane socialista semianarchico, già con qualche precedente per oltraggio alla religione e alla pubblica quiete, Benito Mussolini, di professione maestro supplente, così descriveva una classe che gli era stata affidata:
“Al termine dell’anno scolastico i gobbi lo erano ancora e idem dicasi dei deficienti. Per i primi la cura consigliabile è quella dell’Istituto ortopedico Rizzoli, per gli altri occorre un altro organamento della vita scolastica che dia agio all’educatore di porre in atto, almeno in parte, la trangugiata teorica pedagogica”10.
Della scuola il giovane Mussolini– da buon socialista- odiava i metodi restrittivi, l’autoritarismo e l’attaccamento borghese alla Patria, come materia di insegnamento. Tutte cose, che poi, nel Ventennio, avrebbe stabilito egli stesso. La sua prima esperienza, assolutamente negativa, dopo la morte della madre e il ritorno dopo la fuga in Svizzera, fu a Tolmezzo tra 1906 e 1907, dove venne ricordato più per aver sedotto giovani fanciulle, per le bevute e per gli appassionati discorsi anticlericali che per aver “seminato” qualcosa della sua professione.
La Riforma Gentile, il fascismo e il Dopoguerra
Considerata la più fascista delle riforme, anche se rimodellata perché molto classista, la Riforma Gentile è sicuramente la più conosciuta. La scuola era ordinata secondo una distinzione tra il ginnasio-liceo e le altre forme di istituti scolastici; con le successive modifiche degli Anni ’30, molte cose furono riviste, in primis la formazione delle donne attraverso le Scuole Femminili11. Istituì inoltre oltre Venti uffici provinciali, cominciando quella burocratizzazione che continua tuttora.
Furono aumentate le ore di educazione fisica e in generale le ore di filosofia, storia e materie umanistiche- tranne che nei licei magistrali12 e in quelli femminili, poi aboliti- Inoltre, venne istituito un esame di ammissione per l’accesso alle scuole medie, che rappresentava un importante passaggio nella carriera scolastica degli studenti. Inoltre, istituì l’esame di maturità, che esiste tutt’oggi.
La successiva legge di Giuseppe Bottai del 1940 modificava il ginnasio facendolo passare dai due ai tre anni, mentre per la maturità classica gli scritti erano due: una traduzione dal latino o dal greco all’italiano e viceversa. I presidi e i rettori prima nominati dal Ministro, furono nominati tramite concorsi prima di titoli e poi di titoli ed esami13.
La scuola fascista, riassunta nel famigerato motto “Libro e moschetto, fascista perfetto” doveva mirare a creare una generazione di soldati, completamente acritica e rigidamente divisa. Ma non classista, almeno non quando il fascismo si irregimentò ed è per questo che la “più fascista delle riforme” venne man mano annacquata rispetto alle idee del filosofo Gentile.
Nel 1962 la scuola di avviamento professionale venne abolita e venne istituita la scuola media unificata per tutti gli studenti, consentendo a tutti di accedere agli istituti superiori. Aumentarono inoltre le classi miste, fino a diventare normalità alla fine degli Anni ’60.
La defascistizzazione della scuola italiana, voluta già dal governo Bonomi nel giugno del 1944, fu solo in parte attuata, perché la burocratizzazione, specialmente dei programmi scolastici continuò14. Veniva finalmente abolita, però, la norma che prevedeva solo Presidi di Sesso Maschile, anche se le Presidi di genere femminile furono quasi esclusivamente nelle scuole magistrali, almeno fino agli anni ‘8015.
Gli anni ’60 e ’70 chiesero una scuola più snella e meno autoritaria, con la maggioranza di Ministri Democristiani, tranne che nei casi di Giovanni Spadolini (1979-80) e Salvatore Valitutti (1980). Negli stessi anni si ebbe una nuova riforma universitaria, la cosiddetta autonomia universitaria, anche con un nuovo reclutamento dei docenti.
Gli Anni Novanta e i 2000: le ultime riforme
Alla fine degli Anni Novanta, la sinistra italiana vinse le elezioni politiche e affidò a Luigi Berlinguer, cugino del più famoso Enrico, il Ministero della Pubblica Istruzione, con una Riforma, che possiamo considerare la più importante di questo periodo16. Essa si componeva di due cardini: la legge n. 210 del 2000 e quella ben più discussa, dell’esame di maturità. La riforma della scuola veniva presentata come lo strumento necessario ad ammodernare la società, introducendo concetti e temi cari al neoliberismo dilagante, quale l’aziendalizzazione del sapere o i crediti formativi.
Per la prima volta si sentì parlare di Direttori Didattici- successivamente definiti Dirigenti- che avevano un sapore di posto privato piuttosto che pubblico. La Riforma era definita di sistema: cioè riorganizzava la scuola e l’università nel suo complesso, così come aveva fatto, a suo tempo, la legge di Giovanni Gentile17.
Il ministro convocò anche un tavolo di lavoro per redigere il progetto su cui fondare le proposte per l’università, composto da circa undici docenti ordinari, più due membri esterni, con un percorso a mosaico, cioè una strategia definita a trifoglio, perché sviluppata su percorsi differenziati. Inoltre, proponeva una struttura complessa a più livelli18.
Inoltre, come accadeva una volta, i Ministeri dell’Istruzione e dell’Università vennero accorpati con Decreto n 210 del 1997, per poi essere slegati successivamente19, mentre a livello di Provveditorati vennero creati Tre Dipartimenti che avrebbero dovuto essere una sintesi rispettivamente dei diversi indirizzi scolastici (infanzia e primaria, secondaria di primo, secondaria di secondo grado).
Infine, nel 2000, nonostante la caduta del Governo Prodi e il successivo rimpasto di governo, la riforma andava avanti- anche se con un nuovo ministro- con il varo dell’autonomia organizzativa, didattica e di ricerca della scuola ha segnato il consequenziale cambiamento della sua struttura centralizzata: un vero e proprio rovesciamento della piramide che aveva governato sino ad allora la scuola italiana.
La Riforma Berlinguer in sostanza aveva centralizzato alcuni aspetti, decentralizzandone altri, aveva creato delle Linee Guida – specialmente per i programmi scolastici delle materie umanistiche- tanto da far prendere le distanze ad alcuni storici20.
La legge 28 marzo 2003 n. 53, denominata Riforma Moratti– dal nome di Letizia- riordinò non solo l’istruzione secondaria, ma anche quella primaria. Innanzitutto, un ritorno di alcune materie, come la scienza e la geografia, che erano previste a partire dal triennio delle elementari, mentre inglese e studio dell’informatica veniva rafforzate già dalla primaria. L’obbligo scolastico venne innalzato ai sedici anni, mentre era comunque idea ministeriale innalzarlo ai 18, ma per una serie di concause queste non avvenne21.
Nell’estate 2006 il ministro Fioroni propose una revisione dell’esame di Stato (l’ex esame di Maturità), che va verso un irrigidimento: non ammissione degli studenti con debiti formativi nel triennio non saldati, ritorno delle commissioni miste. Nelle misure della finanziaria 2007 viene riportato l’obbligo scolastico a 16 anni.
Il Ministro della coalizione di Centro-Sinistra reintrodusse gli istituti tecnici e abolì i licei economici- che poi verranno reintrodotti- mentre si passava alla cosiddetta personalizzazione22, e all’introduzione del “curricolo” per i discenti, con tanto di crediti da prendere con i corsi extrascolastici.
Dalla legge Fioroni in poi vennero anche previsti dei tagli che colpivano sia il personale scolastico che le risorse. La successiva Riforma scolastica, voluta dal nuovo governo di Centrodestra con il ministro Mariastella Gelmini, non potè prescindere dallo scandalo delle banche americane che creò la crisi, dalla quale forse non ci siamo del tutto ripresi23.
Passata non senza contestazioni24, la legge n. 133 del 2008, introduceva la figura del maestro unico ripresa dal passato, predisponeva oltre alle 18 ore (o 24) per i docenti di scuola primaria e secondaria, anche rimanenti 40 ore, da utilizzare per la correzione di compiti, aggiornamenti, completando poi l’offerta formativa con musicale- coreutico.
Il sistema di controllo per l’Università veniva svolto sia sul fronte interno, sia da un’agenzia esterna che faceva capo, oltre che al Ministero dell’Istruzione e Ricerca- veniva tolta la denominazione Pubblica- anche da quello delle Finanze. La laurea in Scienze dell’Educazione diventa requisito per insegnare, mentre viene previsto un premio di produttività proprio per il personale docente. La Ministra Carrozza e il Ministro Profumo potremmo definirle delle “meteore” che però hanno introdotto il Sistema Nazionale di Valutazione25, che si divide in tre macroaree (valutazione istituzioni, docenti e dirigenza).
La Cosiddetta Buona Scuola- legge del 2015 n 107- voluta dal governo Renzi con la Ministra Giannini cercava di creare una scuola digitale, per superare il gap evidente che vi era in Italia su queste basi. La legge prevedeva l’introduzione dell’alternanza scuola-lavoro e della didattica laboratoriale, con l’avvio di assunzioni regolari attraverso concorsi pubblici.
L’articolo 9 della suddetta legge proponeva invece la figura del Dirigente Scolastico pronto ad assumere sin al 10% di collaboratori, con l’introduzione dell’anno di prova” per i docenti e altri passi per l’autonomia26. Con i Ministri Fedeli e Bianchi (2017-2021) vi è stata una nuova regolamentazione del sistema di PCTO o alternanza scuola-lavoro, e un nuovo modus operandi per il reclutamento docenti.
Il Reclutamento docenti: Cenni
Vittorio Amedeo II di Savoia nel 1729 istituiva la figura del Magistrato di Educazione che poteva assegnare licenze per ogni ordine e grado, prima vi era quasi sempre solo il sistema ecclesiale, con cattedre assegnate da tali poteri27. È però con il decennio francese che si cominciò ad avere un punto di svolta, attraverso la creazione di Consigli Statali- gli antenati dei nostri Provveditorati- e una certa autonomia ai licei per quanto riguarda le materie da insegnare.
Quando Napoleone divenne imperatore e costituì anche dei laici per l’istruzione pubblica, anche la scuola italiana assunse una qual forma di Stato. Nel 1815, con la Restaurazione, il Regno delle Due Sicilie, approvò la creazione del concorso con prova scritta e orale per gli aspiranti docenti di Università non ancora conosciuti, memori dell’esperienza francese28.
Con le Regie Patenti del 1847, Carlo Alberto di Savoia istituiva in Piemonte un vero e proprio Ministero per la scuola e l’università, con circa sessanta diramazioni a Cagliari, Torino e in altri luoghi del Regno di Sardegna, che comprendeva appunto anche la Regione del Nord29. Istituiva inoltre una sorta di Pre-Invalsi30 per capire lo stato di analfabetismo: nel 1847 a Torino, essi erano oltre il 60%, mentre toccavano punte del 90 sia nelle campagne piemontesi che in quelle sarde.
La legge Farina del 1852 istituiva per i maestri e le maestre la valutazione dei Direttori- che poi diventeranno Presidi- con un vero e proprio curriculum. Le successive riforme (dell’Unità) predisporranno invece i Titolari e i Co-titolari di Cattedra con o senza concorso31.
Con l’unità d’Italia si volle proseguire nell’opera di uniformità legislativa e di accentramento amministrativo e burocratico e questo fu l’obiettivo anche dalla Legge Gentile del 1923 e la conseguente nascita dall’abilitazione da ottenersi per esami durante il percorso universitario o scolastico per i maestri, che sostituiva le “patenti” create dalla Legge Coppino del 187732.
L’art. 24 del 1909 che aveva stabilito le supplenze brevi, venne definitivamente abolito con la supplenza lunga (periodo almeno novembre-giugno) della nuova legge fascista33 e un miglioramento dello stipendio, che passò dalle 200 alle 700 lire mensili nel 1939, con la famosa Carta del Lavoro. Veniva dimezzato pesantemente il personale femminile nei Licei, soprattutto al Classico per le materie umanistiche, mentre si lasciava campo libero alle scientifiche34.
Questo non spinse gli uomini ad entrare nel mondo della scuola, perché si passò da 18.500.000 docenti nel 1923 ai “soli” 12.369.000 del 1934, ovviamente per il ruolo e per la scuola secondaria di secondo grado. Tra il 1931 e il 1940 ci fu una vera e propria fascistizzazione che prevedeva anche il licenziamento nei casi più gravi e con le leggi razziali di docenti, anche di ruolo, nei furono puniti o licenziati moltissimi35.
Nel 1946, dunque quando vi era il Dopoguerra, con i partiti antifascisti che aveva formato il primo governo democratico, il 40% delle aule era ancora inagibile, l’analfabetismo pari a quello registrato a qualche anno prima e vi erano pochissimi docenti di ruolo, senza contare che lo stipendio durante la guerra si era notevolmente indebolito o abbassato. La Commissione per la Scuola, creata da tutti i partiti nel 1947, allo scopo di epurare i troppo compromessi con il fascismo, funzionò solo a metà: molti insegnanti semplicemente cambiarono casacca, dimentichi del giuramento e del servilismo di quegli anni36.
Il Neo Ministro Gonnella nel 1949 stabilì come primaria la procedura concorsuale, rendendola d’obbligo anche per le scuole paritarie o private- tranne che per gli educandati o le scuole confessionali- ma rimaneva comunque, in casi di non copertura del totale, il “doppio canale”, specialmente per quelli che negli anni a venire sarebbero divenuti i precari storici37. Inoltre, nel 1951, ci fu anche una revisione per gli Esami di Stato, con una sorta di programmazione che verteva sul solo triennio.
Nel 1952 si decise che si poteva coprire con il doppio canale il personale che avesse almeno fatto 36 mesi di servizio e 6 giorni, prerequisito per il concorso dell’aprile del 195338. Nell’agosto del 1957 si decise di rendere il concorso per maestri un “esame-colloquio” in alternativa della prova scritta per coloro che avessero già un numero cospicuo di supplenze e che non venissero chiamati tramite graduatoria: questo faceva nascere la prima sanatoria per il personale docente.
Con la “leggina Sullo” del 1969, vista anche la tempesta della contestazione, ci fu la seconda sanatoria: immissione in ruolo di oltre 350.000 docenti tra medie e superiori tramite abilitazione, titoli ed esperienza. Il Ministro, in verità verrà ricordato più per aver permesso la non frequenza all’università che per la sanatoria. Si andò, comunque, ad irregimentare e anche il corpo insegnante ebbe il suo sindacato.
Nel 1970 i docenti scesero per la prima volta in piazza, prevedendo il famoso blocco degli scrutini e pretendendo il concorso almeno ogni tre anni39. Con la riforma del 1977- ricordata specialmente per la soppressione delle classi differenziali- il sistema previde le graduatorie permanenti che assegnavano il ruolo direttamente tramite solamente l’esperienza40.
Grazie a questo il precariato passò dal 49% del 1960 al 33% del 1988, mentre negli anni Ottanta si inventavano i corsi abilitanti post-laurea: inizialmente gratuiti, finirono per diventare un modo per le “Scuole Specializzate” per mungere la mucca obesa. I corsi abilitanti daranno vita alla terza sanatoria: quella del 1992.
Le SSIS stabilite nel 1999-2000 daranno vita alla quarta sanatoria, che porterà a coprire oltre l’80% del fabbisogno della scuola. Con decreto del 2002 si stabilì inoltre che a frequentare le SSIS dovessero essere solo coloro che avevano svolto almeno due anni di servizio41.
Negli anni successivi le SSIS saranno abolite definitivamente, e venivano ad essere creati i famosi TFA, attualmente in voga solo per il sostegno. Ad oggi il doppio canale sembra essere abolito, ma oltre il concorso dal 2015 è stato previsto l’Anno di Prova con un Esame Finale a discrezione del Dirigente Scolastico. Ad oggi anche i Dirigenti sono scelti tramite Concorso pubblico.
Con la Riforma Bianchi per il reclutamento si pensò ai PAS che però si sono tramutati in 60 cfu dagli alti costi per chi non ha esperienza di docenza, mentre gli altri dovrebbero avere accesso a 30 o 36 cfu. Questa riforma è stata proseguita dall’attuale governo di maggioranza Meloni.
Note:
1 Il concetto nostro di laicità e di separazione, anche radicale, tra Stato e Chiesa o Religione, non è presente prima del XIX secolo.
2 Secondo lo storico Roveda non erano nemmeno esentati veri e propri abusi sessuali.
3 G. Ferroni, Storia della Letteratura Italiana, Nuova Edizione, 2015, pp. 130-135, volum 2B.
4 Ibidem, Ferroni.
5 E.Garin, Storia dell’Educazione in Europa 1400-1600, Laterza, 1976, introduzione.
6 N. D’Amico, Storia e storie della scuola italiana. Dalle origini ai giorni nostri-pp 10-15
7 Massimo Iondini, Ferrante Aporti: il prete anti-asburgico inventò l’asilo, in “Avvenire”, Milano, 28 novembre 2008.
8 Radetzky lo considerava già nel 1837 un traditore.
9 N.D’Amico, ivi, p. 38.
10 Dai Registri Comunali di Guarnieri, Reggio Emilia, giugno 1910.
11 Il Liceo venne soppresso anni dopo per mancanza di iscritte, mentre le scuole elementari e i ginnasi femminili furono soppressi solo dopo il 1943.
12 Aboliti e sostituiti con il Liceo di Scienze Umane nel 2010, Riforma Gelmini.
13 Legge Bottai, 1º luglio 1940, n. 899
14 G.Canestri, Centoventanni della scuola italiana, 1983, introduzione.
15 Ivi, p.43.
16 Ivi, p.97
17 G. Fiori, in “Education”, 13/12/2023.
18 A.Rossi, Educare e Comunicare, Torino, 2001, pp.230-231.
19 Ibidem.
20 Ginzburg scrisse un editoriale sulla tentazione di riscrivere la storia.
21 G.Malizia, S.Cicatelli, Verso la scuola delle Competenze, Roma, 2010, p.170.
22 Ivi, p.180.
23 Si tratta della crisi di Wall Street del luglio 2007.
24 Ha dato vita all’ultimo grande movimento studentesco, definito “Onda”.
25 DPR n. 80/2013
26 F. Dal Passo, A. Laurenti, Le riforme scolastiche dal 1848 ad oggi, 2017, pp. 233-239.
27 Ivi, introduzione.
28 Murat aveva infatti creato questa procedura per i professori “di non chiara fama” e ciò rappresenta un evidente lascito del decennio “giacobino”.
29 R. Ugolini, Per una storia dell’amministrazione centrale. Il Ministero della pubblica istruzione 1859- 1881, Edizioni dell’Ateneo & Bizzarri, Roma 1979, pp. 34-39
30 L’Istituto nazionale per la valutazione del sistema educativo di istruzione e di formazione, meglio noto con l‘acronimo INVALSI, è un istituto di ricerca con personalità giuridica di diritto pubblico. Ha il compito di sottoporre i discenti di ogni ordine e grado a prove anonime per osservare e migliorarne i risultati, specialmente di materie come italiano e matematica.
31 Trattasi del famoso “doppio canale” reclutativo di cui ancora oggi si discute.
32 Ivi, p. 90
33 Le supplenze brevi ritorneranno comunque nonostante esplicito divieto.
34 Ma molte per il pregiudizio, preferirono il reclutamento per la primaria.
35 Almeno il 3% del personale docente dell’epoca.
36 Ivi, p.99
37 Decreto legge 15 settembre 1949 n 324
38 Titoli spendibili erano inoltre essere reduce da guerra o figlio di reduce.
39 Ivi, p.155.
40 Sono state abolite nel 2019.
41. Crivellari, Professori nella scuola di massa. Dalla crisi del ruolo alla formazione universitaria, , p. 114., p. 114.
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- E. Garin, Storia dell’Educazione in Europa 1400-1600, 1976.
- C. Crivellari, Professori nella scuola di massa. Dalla crisi del ruolo alla formazione universitaria, Armando Editore, 2004.
- Canestri, Centoventanni della Scuola Italiana, 1983.
- F. Dal Passo, A. Laurenti, Le riforme scolastiche dal 1848 ad oggi, Novalogos, 2017.