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Francesco Coco nasce a Terralba, un comune in provincia di Oristano, in Sardegna, il 12 dicembre del 1908. Studia legge ed diventa giudice istruttore a Nuoro negli anni Trenta. Poi diventa sostituto procuratore generale della Corte d’Appello di Cagliari, dove si occupa in più occasioni di sequestri di persona e del fenomeno del banditismo. Dopo un trasferimento in Liguria, negli anni Sessanta e Settanta Coco è il procuratore generale presso la Corte di Appello di Genova.
Il sequestro Sossi
La prima azione condotta contro un esponente dello Stato dalle Brigate Rosse è il rapimento del sostituto procuratore Mario Sossi, avvenuto a Genova il 18 aprile del 1974. Sossi nel 1973 è pubblico ministero nel processo contro il gruppo armato genovese della XXII Ottobre. Le Brigate Rosse lo rapiscono e lo tengono prigioniero in un villino vicino Tortona.
I brigatisti (Albert Franceschini, Margherita Cagol e Piero Bertolazzi) sottopongono il magistrato a un «processo» e lo condannano a morte. I brigatisti, però, offrono allo Stato un’opzione. Chiedono in cambio della sua liberazione la scarcerazione di otto membri della XXII Ottobre detenuti e il loro trasporto in un paese amico. Ma i paesi considerati potenziali benevoli ospitanti declinano tutti l’asilo politico, prima Cuba, poi l’Algeria e la Corea del Nord.
L’opposizione di Coco
Il procuratore generale di Genova Francesco Coco si oppone fermamente a ogni cedimento. Politici come Lelio Basso dichiarano: «Preferisco dei colpevoli in libertà piuttosto che uccidere un uomo». Paolo Emilio Taviani, Ministro dell’Interno, respinge il ricatto brigatista. Il Tribunale di Genova offre di rivedere la posizione dei detenuti della XXII Ottobre sfruttando le possibilità offerte dalle norme processuali, ma il procuratore Francesco Coco ribadì il proprio «no» a qualsiasi forma di ricatto.
Il 18 maggio le BR danno un ultimatum di 48 ore, scaduto il quale, Sossi sarà ucciso. Due giorni dopo la Corte d’appello di Genova concede la libertà provvisoria agli otto detenuti, ordinando la scarcerazione. Il Ministro dell’Interno dà l’ordine di circondare il carcere di Marassi per impedire la messa in libertà dei detenuti. Il procuratore generale si rifiuta di controfirmare l’ordinanza di scarcerazione degli otto terroristi e presenta ricorso in Cassazione.
Le BR decidono di rilasciare Sossi, senza ottenere una contropartita. Il magistrato viene liberato a Milano il 23 maggio 1974, torna a Genova in treno e si consegna alla Guardia di Finanza.
L’omicidio di Coco e della scorta
Il procuratore Coco viene per questo assassinato l’8 giugno 1976 a Genova alle ore 13:30, insieme ai due agenti della scorta il brigadiere di polizia Giovanni Saponara e l’appuntato dei carabinieri Antioco Deiana, a colpi di rivoltella e mitraglietta Skorpion nei pressi della sua abitazione in Salita Santa Brigida.
Il giorno dopo, a Torino, Gallinari prova a leggere una dichiarazione nell’aula in cui si sta celebrando il processo contro il “nucleo storico”, rivendicando l’assassinio di Coco da parte delle Brigate Rosse. Viene fermato immediatamente dalle forze dell’ordine e ci sono alcuni scontri in aula. Coco è ucciso in segno di rappresaglia per essersi opposto alla scarcerazione degli otto membri del “Gruppo XII Ottobre” due anni prima.
Nessuno dei tanti processi che si sono susseguiti è riuscito a individuarne con certezza i responsabili. Sulla composizione del commando resta un velo di mistero. L’identità dei responsabili effettivi del sanguinoso agguato rimane ancora oggi dubbia.
Le rivelazioni di Franceschini
Il magistrato genovese – rivelerà l’ex brigatista e uno dei fondatore delle BR Alberto Franceschini nel 1988 – doveva essere ucciso il 5 giugno 1976, l’anniversario della Spiotta, ma quel giorno rincasò più tardi del previsto. Per questo un commando dell’organizzazione colpì lui e la sua scorta solo tre giorni dopo».
La Spiotta è un cascinale sperduto nella campagna di Acqui Terme. Il 5 giugno 1975, in un conflitto a fuoco con le forze dell’ordine intervenute per liberare l’industriale Vallarino Gancia rapito dai brigatisti solo il giorno prima, cade Margherita Cagol, “Mara”, moglie di Renato Curcio. All’omicidio Coco le BR affidano dunque una duplice valenza simbolica: vendicare la “compagna Mara” e, nello stesso tempo, lanciare un segnale preciso.
A Torino, in quel giugno del ’76, si infatti apre il primo processo al nucleo storico delle BR. Nella gabbia degli imputati, oltre a Curcio e Franceschini, c’erano fra gli altri Piero Bertolazzi, Paolo Maurizio Ferrari, Prospero Gallinari, Roberto Ognibene e Giorgio Semeria.
L’attentato a Coco deve dimostrare che l’organizzazione non è sconfitta. Al contrario, che è in grado di elevare il livello dello scontro. Dare avvio a quell’ “attacco al cuore dello stato” che, nel maggio del ’78, raggiungerà il suo sanguinoso apice con l’assassinio di Aldo Moro.