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Il Boston Tea Party: la rivolta del tè delle colonie americane innesca la Rivoluzione

Il 16 dicembre 1773 alcuni patrioti americani, a seguito di ulteriori imposizioni fiscali, assaltano i carichi di tè di alcune navi della East India Company nel porto di Boston. Scoppia così la rivolta del Boston Tea Party

di Valerio Spositi
19 Dicembre 2020
TEMPO DI LETTURA: 5 MIN
Boston Tea Party

Una rappresentazione della distruzione del tè nel porto di Boston ad opera del litografo Nathaniel Currier, 1846

CONTENUTO

  • La tassazione britannica delle colonie americane
  • Il Tea Act del 1773
  • Cosa fu il Boston Tea Party

A seguito delle crescenti imposizioni fiscali delle autorità coloniali britanniche, il 16 dicembre 1773 alcuni patrioti americani, travestiti da indiani Mohawk, salgono a bordo di alcune navi della East India Company attraccate nel porto di Boston ed iniziano a gettare in mare le casse di tè da esse trasportate. E’ l’inizio della rivolta conosciuta col nome di Boston Tea Party.

La tassazione britannica delle colonie americane

Con la ritirata francese dal nord America a seguito delle guerre franco-indiane, che furono parte della Guerra dei Sette Anni, i coloni americani iniziano a percepire sempre meno necessaria la dipendenza dalla corona britannica per la loro sicurezza. La vittoria della Gran Bretagna contro i francesi facilita così l’espansionismo verso Ovest dei coloni, dove questi ultimi incontrano la resistenza solamente delle popolazioni native. La decisione di allargare i confini occidentali delle colonie però non viene vista positivamente dalla corona britannica, la quale, al fine di porvi un freno, emana nel 1763 la Royal Proclamation che fissa una linea immaginaria – conosciuta come Proclamation Line – ad ovest degli Appalachi; oltre questa linea, che sancisce anche il confine con i territori indiani, non è permesso espandersi.

Proclamation Line
La Proclamation Line del 1763

Se con la Proclamation Line la Gran Bretagna intende garantire la sua autorità anche nei territori occidentali, per i coloni questa decisione viene vista come un tentativo illegale di frenare la loro espansione, peraltro riconosciuta dagli statuti coloniali.
Le guerre tra nativi e anglo-americani – che nel frattempo continuano a svolgersi – iniziano a pesare sul bilancio della corona inglese e pertanto, al fine di coprire le ingenti spese, Londra inizia ad imporre nuove tasse sui coloni. Ovviamente, lo scopo degli inglesi è quello di far pagare ai coloni il costo della loro espansione e della loro sicurezza, ragione che però non viene gradita da questi ultimi, i quali iniziano ad irritarsi anche a seguito della pesante situazione economica causata dalla recessione.

Le nuove leggi come lo Sugar Act (1763), la tassa sullo zucchero importato dai Caraibi, il Quartering Act (1765), la tassa pagata dai coloni per il mantenimento dei soldati britannici stanziati nelle colonie, lo Stamp Act (1765), la tassa imposta sui giornali, i libri e qualsiasi materiale stampato, nonché l’obbligo dell’uso di bolli a fini fiscali, e il Townshend Act (1767), un insieme di nuove tassazioni imposte anche sui piccoli coltivatori, fanno esplodere la rabbia della grande maggioranza dei coloni, molti dei quali iniziano a pensare di uscire dal sistema economico e fiscale della corona. Vediamo queste nuove imposizioni fiscali più nel dettaglio.

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Sugar Act

La tassa sullo zucchero è la prima legge che davvero scatena la rabbia dei mercanti di Boston. Questa legge, infatti, oltre a tassare gli zuccheri di importazione, mina seriamente la capacità di questi mercanti di fare profitti dal loro commercio con i Caraibi. Il movimento di resistenza alla nuova tassa, guidato da James Otis e altri mercanti della città, ben presto si rende conto dei legami tra il commercio dello zucchero e quello del tè e, pertanto, con la schiavitù. Infatti, in questi anni nessuno dei mercanti presta attenzione a questo aspetto ma la connessione globale tra questi tre elementi diviene ben presto evidente.

Quartering Act

Questa nuova legge, come si è detto, permette lo stanziamento e l’alloggiamento dei soldati britannici nei territori coloniali a spese dei coloni. Prima delle guerre franco-indiane non vi era stata necessità di stanziare permanentemente dei soldati britannici sul suolo americano e, pertanto, i coloni si iniziano a chiedere quali siano i motivi che ora richiedono la presenza fissa dei soldati di Sua Maestà. Questi ultimi, in base al Quartering Act, avrebbero così alloggiato nelle caserme e nelle public houses. Se i posti disponibili non fossero sufficienti, allora si andrà a sistemare i soldati in altri tipi di locali e, ovviamente, facendo ricadere i costi sulle autorità delle colonie.

Stamp Act

La tassa sul bollo è una di quelle imposizioni fiscali che più di altre riesce ad unire le proteste contro le autorità imperiali. Alcuni proprietari delle taverne iniziano a far circolare dei pamphlet di protesta, mostrando come la nuova tassa, definita da loro incostituzionale, vada a colpire praticamente qualsiasi prodotto soggetto a stampa come documenti ufficiali, giornali, carte da gioco, libri ecc.
Dalla seconda metà di agosto 1765 un’ondata di proteste si scatena per tutta la città e non solo, danneggiando anche le abitazioni di Thomas Hutchinson, vice governatore della baia del Massachussetts, e di Andrew Oliver, segretario coloniale a cui è stato dato l’ordine di mettere in pratica la legge sul territorio.

Townshend Acts

Sotto questo nome ricadono numerosi provvedimenti e imposizioni fiscali, come il Revenue Act e il Commissioner of Customs Acts, volti ad aumentare le entrate per far fronte alle spese del personale della Corona presente nei territori coloniali e per rafforzare il controllo e il rispetto di tali imposizioni, anche attraverso un corpo di polizia doganale creato proprio grazie al Commissioners of Customs Act.

La rabbia e il malcontento, però, andavano ben oltre la questione dell’ingiustizia di tali provvedimenti; andavano ad intaccare anche la loro legittimità. Infatti, in molti iniziano a ritenerli incostituzionali perché nel parlamento inglese i coloni non sono rappresentati. E’ da questa mancanza di rappresentanza politica che tra gli abitanti delle colonie inizia a diffondersi sempre più prepotentemente il famoso slogan “No Taxation Without Representation” (Nessuna tassazione senza rappresentanza).

Il Tea Act del 1773

Il Townshend Act con le sue nuove imposizioni fiscali provoca un’ondata di proteste tale tra gli abitanti delle colonie nord-americane che nel 1770 il Parlamento inglese decide in parte di abrogarle. Una tassa che, però, non viene toccata è quella sul tè. Questo prodotto, esportato dalla East India Company nelle colonie, a causa delle nuove tasse subisce notevoli aumenti di prezzo che portano i coloni ad organizzarne il boicottaggio attraverso l’acquisto, di contrabbando, di tè venduto da commercianti olandesi. La East India Company, che importa il tè in Gran Bretagna dall’India, si trova così con enormi surplus di prodotto invenduto ed inizia a fronteggiare una pesante crisi finanziaria con la paura della bancarotta.

In soccorso alla East India Company arriva nel 1773 il Parlamento britannico con il Tea Act, una legge che garantisce alla compagnia:

  • il monopolio nel commercio di tè nelle colonie;
  • l’esenzione dal pagamento delle tasse per la vendita del tè;
  • il rimborso delle imposte dovute per il surplus di prodotto.

Grazie al Tea Act la East India Company riesce ad abbattere pesantemente il prezzo del tè venduto nelle colonie, ridimensionandone pesantemente il contrabbando e, con esso, la forza dei mercanti locali.
In questo contesto caratterizzato dal duro scontro tra la corona britannica ed i coloni, che nel frattempo avevano conferito legittimità solamente alle loro assemblee e non più alle autorità coloniali, il Tea Act è la fiamma che incendia la rivolta.

Boston Tea Party
Una rappresentazione della distruzione del tè nel porto di Boston ad opera del litografo Nathaniel Currier, 1846

Cosa fu il Boston Tea Party

A Boston, il governatore coloniale Thomas Hutchinson è determinato a far rispettare la legge britannica. Tre navi, con il loro carico di tè, sono attese nel porto della città: la Dartmouth, la Eleanor e la Beaver. Nella notte del 16 dicembre, decine e decine di uomini, di cui moltissimi facenti parte dell’organizzazione Sons of Liberty guidata dal radicale Samuel Adams, si travestono da indiani Mohawk e si dirigono al Griffin’s Wharf, il pontile dov’erano ancorate le navi. Una volta saliti, nel giro di poche ore più di 300 casse di tè vengono distrutte e gettate in mare, provocando danni per quasi 20 mila sterline.

Da quella notte, dal Boston Tea Party, l’atteggiamento dei coloni cambia radicalmente. La rabbia nei confronti della corona si trasforma in rivendicazioni d’indipendenza. La libertà inizia a divenire più di un’idea astratta per coloro che stanno resistendo all’autorità britannica; è una vera e propria passione civile. Come sostiene il famoso storico americano Eric Foner, con il proseguire del conflitto e delle battaglie – come quelle di Lexington e Concord – la resistenza dei coloni non è più una lotta contro una specifica legge ma si trasforma in un conflitto tra libertà e dispotismo. Un conflitto che il 4 luglio 1776 giungerà alla Dichiarazione d’Indipendenza delle 13 colonie dalla corona britannica, uno tra i più grandi eventi della storia moderna nonché oggetto di opere cinematografiche come Il Patriota.

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  • Arnaldo Testi – La formazione degli Stati Uniti
  • Benjamin L. Carp – Defiance of the Patriots: The Boston Tea Party & the Making of America
  • Alfred F. Young – The Shoemaker and the Tea Party: Memory and the American Revolution
  • Robert J. Allison – The Boston Tea Party
  • Gordon S. Wood – The Idea of America: Reflections on the Birth of the United States
Tags: Storia degli USA
Valerio Spositi

Valerio Spositi

Ph.D. in Storia degli Stati Uniti presso l'Università degli Studi di Roma Tre. Nel 2017 ha conseguito la laurea magistrale in Relazioni internazionali ad indirizzo storico presso l'Università degli Studi di Roma Tre con tesi di laurea in Storia degli Stati Uniti dal titolo: "There is a power in a band of workingmen". Ascesa e declino degli Industrial Workers of the World, 1905-1918. Ha conseguito diversi corsi di specializzazione post-laurea in Storia, Politica e Società degli Stati Uniti d'America presso il Center for American Studies e in Storia Contemporanea presso il CISPEA (Centro Interuniversitario di Storia e Politica Euro-Americana). Ha ottenuto due pubblicazioni sulla rivista European Affairs Magazine. Caporedattore di Fatti per la Storia, cura i rapporti con le Università. Fa parte del Comitato-Scientifico.

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