CONTENUTO
Le riforme dello zar Alessandro II
Alla metà dell’ottocento fra le grandi potenze europee la Russia è il paese più arretrato: più del 90% della popolazione è occupato nel settore agricolo e circa 20 milioni di contadini sono soggetti alla servitù della gleba, ovvero legati alla terra che coltivano e subordinati ai loro proprietari.
Nel febbraio del 1855, alla morte di Nicola I, Alessandro II sale al trono imperiale, raccogliendo sin da subito le richieste riformatrici che provengono dai settori più avanzati della società russa; al momento dell’incoronazione, infatti, Alessandro II mette in guardia gli esponenti della nobiltà sul fatto che “sarebbe più saggio cominciare ad abolire la servitù dall’alto, piuttosto che aspettare che si abolisca per conto proprio“.
Il nuovo zar della dinastia Romanov inaugura il suo regno concedendo un’amnistia ai detenuti politici e varando alcune riforme per la modernizzazione della burocrazia, dell’esercito e dell’istruzione. In un appello rivolto alla nobiltà di Mosca, nel marzo 1856, Alessandro manifesta pubblicamente la sua intenzione di abolire la servitù della gleba:
Ma, naturalmente, e voi stessi ve ne rendete conto, il sistema attuale di proprietà di servi non può rimanere inalterato. È meglio cominciare ad abolire il servaggio dall’alto piuttosto che aspettare che esso cominci ad essere abolito dal basso. Quello che vi chiedo, signori, è di pensare come questo possa essere fatto.
Con il decreto imperiale del 3 marzo 1861, che sancisce l’emancipazione dei servi della gleba e che qualcuno ha addirittura definito “il maggior atto legislativo della storia“, i contadini acquisiscono la libertà e la parità giuridica; hanno, inoltre, la possibilità di riscattare le terre che coltivano e di trasformarsi in piccoli proprietari terrieri. Questa riforma ha un profondo significato storico e sociale in quanto spazza via millenni di soprusi e ingiustizie, da sempre accettate con fatalistica rassegnazione.
Tuttavia la legge delude ampiamente le attese di coloro che dovrebbero beneficiarne: le terre distribuite ai contadini, infatti, non sono sufficienti a soddisfare i loro bisogni e molti sono costretti a indebitarsi per poter acquistare del terreno coltivabile.
Così agli entusiasmi che hanno accompagnato l’inizio della riforma subentra un clima di forte malcontento che provoca nelle campagne diverse proteste e ribellioni. Di fronte al fermento dei contadini Alessandro II abbandona ogni apertura liberale e tenta di ripristinare i metodi tradizionali dell’autocrazia russa.
Populismo e anarchismo nella Russia di Alessandro II
Nonostante le varie riforme attuate lo zar Alessandro II manifesta sempre la propria volontà di tutelare il principio autocratico dei Romanov. Il volto dispotico dello zarismo viene mostrato in tutta la sua efficacia a partire dal 1866 quando un fallito attentato alla vita dello zar, organizzato dal populista Dmitrij Karakozov, produce un inasprimento del regime interno.
Gli spazi di libertà si richiudono e la stagione delle riforme si esaurisce, mentre tra le giovani generazioni si diffondono atteggiamenti di rifiuto verso l’ordine costituito. Si sviluppa in quegli anni il movimento politico-culturale del populismo grazie all’iniziativa di Aleksandr Herzen e di Nikolaj Cernysevskij convinti del fatto che la Russia, per i suoi caratteri originari, sia destinata ad incontrarsi in qualche modo con il socialismo.
Il moto populista si propaga come un incendio nel paese smuovendo anche le coscienze di molti giovani appartenenti all’aristocrazia che decidono di abbandonare la propria famiglia e di trasferirsi in villaggi di contadini impegnandosi in opere di assistenza e di educazione.
Accanto a questi missionari di un nuovo ideale di convivenza civile si affiancano i terroristi e individualisti nichilisti, seguaci dell’anarchismo rivoluzionario, che utilizzano come strumento per la loro lotta congiure, atti intimidatori e attentati.
Attentato a San Pietroburgo: morte dello zar Alessandro II
Miracolosamente scampato a diversi attentati, il 13 marzo 1881 Alessandro II non riesce a sopravvivere al complotto elaborato da Sof’ja Perovskaja, esponente e dirigente dell’organizzazione rivoluzionaria Narodnaja Volja fondata nel 1879. Mentre lo zar sta facendo ritorno al Palazzo d’Inverno dopo essersi esercitato alla scuola di equitazione di San Pietroburgo, la sua carrozza viene colpita da una bomba lanciata da Nikolaj Rysakov; l’esplosione provoca due morti e due feriti, tuttavia l’imperatore rimane, inizialmente, ancora una volta illeso.
Sceso per accertarsi dei danni nello stesso momento in cui l’attentatore viene arrestato, Alessandro II si mette ad ispezionare il luogo preciso dell’esplosione quando viene investito dalla deflagrazione di una seconda bomba lanciatagli da Ignatij Grinevickij. Lo scoppio dell’ordigno questa volta ferisce mortalmente lo zar che ha solo il tempo di sussurrare ai servitori di riportarlo a palazzo dove si spegnerà poco dopo.
Lo zar russo viene sepolto presso la Cattedrale dei Santi Pietro e Paolo a San Pietroburgo e la sua uccisione non innesca alcuna insurrezione popolare, come invece i terroristi speravano. I responsabili dell’attentato vengono tutti arrestati e giustiziati nel mese di aprile e la loro congiura ha una conseguenza politica immediata: l’accantonamento di ogni ipotesi di dialogo tra l’autocrazia da una parte e le forze populiste progressiste dall’altra.