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Il 14 febbraio 1956 si apre il XX congresso del Partito comunista sovietico. Kruscev, segretario del Pcus (Partito comunista dell’Unione Sovietica), denunciò i crimini di Stalin e ne condannò il culto della personalità, avviando la “destalinizzazione”.
Con la morte di Stalin nel marzo 1953, la “direzione collegiale” raccolse la guida dell’Urss. Essa era composta da ex collaboratori di Stalin, quali Malenkov, Molotov, Beria, Mikoyan, Bulganin e il segretario del Pcus Kruscev. Dopo una serie di duri scontri, Kruscev si impose come leader indiscusso del paese. Nel 1957 riuscì a cumulare le cariche di segretario di partito e primo ministro.
Il XX congresso del Pcus
Kruscev voleva imprimere una svolta alla politica sovietica. L’occasione si presentò in occasione del XX congresso del Pcus, tenutasi dal 14 febbraio 1956. Kruscev non esitò a denunciare il culto della personalità di Stalin. Demolì la sua figura attraverso una sistematica denuncia degli errori e dei crimini commessi in Unione Sovietica. Pronunciò una durissima requisitoria contro Stalin, rievocando senza reticenze gli arresti in massa e le deportazioni, le torture e i processi farsa e riabilitando implicitamente le vittime del terrore staliniano.
La mattina del 25 febbraio si tenne una riunione riservata ai dirigenti sovietici. Nell’occasione il segretario del Pcus, Kruscev, espose la propria relazione intitolata Sul culto della personalità e le sue conseguenze. In essa si riassumevano le conclusioni a cui era giunto il processo di rivalutazione della politica staliniana, avviato subito dopo la morte del precedente leader. Nel 1955 fu costituita una commissione, guidata dal segretario del Comitato centrale Pospelov, per lo studio dei materiali sulla repressione di massa. L’obiettivo principale della commissione era quello di investigare sulle repressioni dei delegati del XVII Congresso del PCUS del 1934, ribattezzato il “Congresso dei fucilati” per l’altissimo numero di delegati che, pochi anni dopo, sarebbero rimasti vittime delle purghe staliniane. Infatti, dei 1966 delegati che parteciparono al Congresso, 1108 furono in seguito arrestati e condannati a morte. La Commissione Pospelov presentò le prove che confermarono l’arresto di un milione e mezzo di persone accusate di «attività antisovietiche» durante il biennio 1937–1938 (il picco delle grandi purghe), di cui oltre 680 500 furono condannate al morte.
Il rapporto di Kruscev
Nel rapporto Kruscev enumerò numerose illegalità compiute da Stalin. Accusò Stalin di aver basato la sua guida politica sul culto della personalità invece di ottenere il supporto per gli ideali del comunismo. Denunciò la sua violazione del principio leninista della guida collettiva e l’eccessivo potere della burocrazia. Gli errori e le deviazioni erano attribuiti alle scelte di Stalin.
Fece i nomi di molti di coloro che erano stati irregolarmente processati e giustiziati prima della Seconda guerra mondiale, ma non quelli degli oppositori politici che avevano subito la stessa sorte. Nella relazione la responsabilità delle repressioni veniva attribuita interamente a Stalin e non al partito. Denunciò in particolare le grandi purghe che caratterizzarono la fine degli anni ’30 e sottolineò che delle illegalità commesse dal precedente leader a pagare le conseguenze in primo luogo furono esponenti del partito stesso. A Stalin venivano inoltre imputati errori nella preparazione e nella condotta della Seconda guerra mondiale, che avevano portato alle sconfitte patite dall’Armata Rossa nei primi due anni di conflitto.
Le ripercussioni della destalinizzazione
I partiti comunisti occidentali si allinearono al nuovo corso non senza imbarazzi e riserve. Resistenze e proteste si manifestarono anche in Urss. Il discorso rappresentò una nelle maggiori cause della crisi sino-sovietica, nella quale la Cina di Mao Zedong e successivamente l’Albania di Enver Hoxha accusarono Kruscev di essere un revisionista. In risposta formarono un movimento antirevisionista critico nei confronti della leadership post-stalinista del PCUS, accusandolo di aver deviato dal cammino di Lenin e Stalin.
Le conseguenze più esplosive della destalinizzazione furono nell’Est Europa. Il rapporto Kruscev fece nascere l’illusione che l’egemonia sovietica sui paesi satelliti potesse assumere forme più blande o essere cancellata del tutto. In Polonia, un generale moto di protesta, l’ottobre polacco, portò all’ascesa al potere di Gomulka e ad un ricambio ai vertici del partito. In Ungheria vi fu una vera e propria insurrezione guidata da Nagy, repressa nel sangue.