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Da idraulico a investigatore: William J. Flynn contro la nascente Cosa Nostra a New York
Diciamo la verità, se dovessimo imporre un soprannome ad un investigatore ci rifaremmo senz’altro agli standard più classici della cronaca nera giornalistica: saremmo così, ad esempio, portati a dare del “segugio” ad un ispettore particolarmente brillante nel fiutare la giusta pista, risolutore di casi di criminalità complicati e che hanno scosso l’opinione pubblica. Negli Stati Uniti di inizio Novecento, ai cronisti l’enfasi e la fantasia certo non mancavano, ma per giungere ad etichettare un detective come “bulldog”, ne saranno state necessarie parecchie.
Se solo rimiriamo una foto del protagonista della nostra storia comunque non potremmo che essere d’accordo con chi affibbiò tale nomignolo a William J. Flynn: piuttosto corpulento e rubizzo, ma soprattutto l’espressione di una persona tenace, tale da non mollare mai la “preda”. Un soprannome di tal fatta non era certo offensivo, anzi riusciva a dare l’idea del carattere e delle qualità di uno dei primi capaci investigatori nel mondo americano di un periodo confuso e in frenetico progresso.
Ma andiamo con ordine: perfetto newyorkese (lì nacque il 18 novembre 1867) Flynn ricevette un’istruzione scolastica pubblica. La prematura morte del padre lo costrinse ad una serie di lavori, anche umili, per mantenere madre e altri cinque tra fratelli e sorelle. Il suo mestiere consolidato, quello di idraulico, lo aiutò a sviluppare la passione che maturava sin dall’infanzia, quella di divenire un membro del Secret Service. Se la cosa vi appare curiosa, ebbene sappiate che Il datore di lavoro lo convinse a intraprendere la carriera di poliziotto dicendogli semplicemente che “tale attività è più interessante e redditizia” rispetto all’idraulica.
Questa conversazione influenzò Flynn, portandolo a lasciare il suo lavoro per provare la nuova avventura. Ora, non vogliamo dire che un bravo idraulico solo per questo debba essere un ottimo investigatore, ma è pur vero che l’attività richiede in simbiosi abilità tecniche e capacità di problem-solving, che a ben vedere, sono essenziali anche nel lavoro di polizia. Flynn nel suo primo stabile impiego imparò a gestire situazioni complesse e a risolvere problemi in modo efficiente, abilità che applicò poi nelle attività di investigatore.
Prima di proseguire dobbiamo però comprendere cosa sia il Secret Service (usiamo il verbo al presente perché la law enforcement agency di cui parliamo ancora esiste). Chiariamo subito che una mera traduzione può indurre in inganno: Servizio Segreto non va inteso nel senso in cui dalle nostre latitudini indichiamo le agenzie di intelligence che operano a difesa della indipendenza e della sovranità dello Stato. Nella terminologia statunitense vuole indicare una forza di polizia i cui membri lavorano (per lo più) non in uniforme, ma in abiti civili, confondendosi agevolmente con la popolazione per svolgere in maniera più appropriata la loro attività.
Fatta questa necessaria premessa, dobbiamo tornare indietro al 1865, allorquando la nazione che andava consolidandosi (anche mediante conflitti interni) doveva tra le prime cose difendere la propria moneta. È stato calcolato che dopo la guerra civile, circa un terzo della valuta in circolazione negli Stati Uniti era contraffatta. Fu costituito così un ufficio di investigazioni all’interno del Dipartimento del Tesoro, il cui scopo originale era proprio quello di combattere la diffusa falsificazione della valuta. Poi, verso la fine del XIX secolo, il Secret Service, unitamente a quella che rimaneva la principale missione, si assunse ulteriori responsabilità, comprese le indagini su crimini come i furti di corrispondenza, la frode fondiaria e l’appropriazione indebita. Nel 1901, dopo l’assassinio di William McKinley (cui subentrò Theodore Roosevelt), fu incaricato di proteggere il Presidente, compito che mantiene ancora oggi.
Il fatto che il Secret Service venne istituito per contrastare la diffusa contraffazione del dollaro negli Stati Uniti, indica che in quel periodo non fosse così difficile produrre banconote false. Come è comprensibile, in quegli anni la tecnologia di stampa del dollaro da parte della Zecca statale non era ancora avanzata, il che rendeva più semplice per i contraffattori riprodurne fedelmente i dettagli: all’epoca non esistevano ancora molti sistemi di sicurezza e controlli sofisticati.
E qui dobbiamo tornare al nostro protagonista: il giovane William si recò presso il Quartier Generale del Secret Service dove, prima di assumerlo, lo sottoposero ad una sorta di test: fu impiegato quale custode di un luogo di detenzione a Ludlow a New York City, dove venivano trattenuti prima del processo o della condanna delinquenti di varia natura, ivi compresi i falsari. Seppure inesperto, egli riuscì a conquistare la fiducia di molti dei contraffattori, si fece descrivere metodi e tecniche e quindi qualche anno dopo, nel 1901, tornò al Secret Service, raccontando quanto aveva appreso. Evidentemente convinse il prossimo datore di lavoro, tanto da ottenne finalmente l’agognato impiego.
Nel contesto della falsificazione di banconote si inserì a New York a cavallo degli anni ’90 dell’Ottocento e dei primi del Novecento la Banda siciliana “Morello”. Era guidata da Giuseppe “l’Artiglio” Morello, che aveva una imperfezione alla mano destra, per cui solo il dito mignolo era funzionante, mentre le altre dita erano atrofizzate. Il soprannome rifletteva non solo la sua condizione fisica, ma anche un’immagine intimidatoria che si associava alla sua figura di capo mafioso. Fu uno dei più noti gruppi di contraffattori italiani attivi negli Stati Uniti all’inizio del XX secolo: Morello, originario di Corleone, costituì di fatto la prima famiglia mafiosa d’America, giocando un ruolo cruciale nella nascita della futura “Cosa Nostra” negli States.
E proprio occupandosi di quella banda il nostro protagonista ottenne i primi successi. Egli era assurto a capo della Divisione Orientale del Servizio Segreto, allocata nella sua New York, e dedicò l’attività propria e quella dei suoi collaboratori a servizi “di osservazione” del locale Stella d’Italia di Pietro Inzerillo, a Prince Street, nella Lower Manhattan, dove si riunivano i membri della gang capeggiata da Giuseppe Morello. Dietro una attività di “copertura” di un ristorante, affiancato da un negozio di alimentari gestito da Ignazio Lupo “The Wolf”, che di Morello era braccio destro, si celava un importante punto di incontro per le attività illecite della mafia italo-americana.
All’interno si svolgevano operazioni come la falsificazione di banconote, che primariamente interessava Flynn, ma anche la predisposizione di lettere di “scrocco”, ovvero di estorsione, firmate con il minaccioso simbolo (originariamente anarchico) della Mano Nera. La facciata di ristorante permetteva ai membri della banda di operare con maggiore discrezione, attirando clienti e creando un ambiente apparentemente regolare per le loro azioni illegali. Mentre si andava sviluppando la discreta attività poliziesca del Secret Service, accadde un episodio che attirò l’attenzione dei cronisti e preoccupò gli amministratori locali per l’efferatezza che lo contraddistinse: il 14 aprile del 1903 a Brooklyn il corpo di quello che poi verrà identificato come Benedetto Madonia, ucciso a coltellate e mutilato dei genitali che gli erano stati infilati in bocca, fu rinvenuto sulla via all’interno di un barile. Madonia, si scoprirà, era un noto mafioso che faceva parte della banda capeggiata da Giuseppe Morello. Il brutale omicidio pareva essere una vendetta interna alla banda.
Flynn e la collaborazione con Joe Petrosino
Flynn era naturalmente interessato alle indagini, al pari del Dipartimento della Polizia di New York, il cui capo, il Police Commissioner Francis Vinton Greene giocò una carta che si rivelò vincente: chiamò a collaborare l’allora unico agente italo-americano in forza al Department, il sergente Giuseppe Joe Petrosino, che – pur operando in uniforme – dedicava la sua attività a “penetrare” l’ambiente delinquenziale dei suoi connazionali. Petrosino lavorò quindi fianco a fianco con Flynn. Fu sua la scoperta del luogo di provenienza del barile: la sigla “W. T.” impressa sul fondo e la presenza di polvere biancastra e dolce all’interno, che pur senza le sofisticate analisi odierne apparve subito essere zucchero, indirizzarono alla fabbrica di dolciumi Wallace e Towney, che tra i suoi clienti aveva “La Stella d ‘Italia”.
L’altra pista era dare un nome al corpo trovato nel barile. Fu interrogato Giuseppe Di Primo, a sua volta falsario e recluso nel carcere di Sing Sing. Questi riconobbe da una foto dei poveri resti il cognato Madonia. Di Primo raccontò che l’ucciso si doveva recare da Morello per reclamare del denaro. Gli indizi erano tali da consentire di arrestare tutti gli appartenenti alla banda. Per altro ad uno di essi, Tommaso Petto, noto anche come “Il Bue”, venne ritrovato un orologio che fu riconosciuto come di proprietà di Madonia, cosa che indusse a ritenere che lui fosse stato l’esecutore materiale.

Va detto che Il processo per il delitto del barile si concluse con un nulla di fatto. I principali sospettati furono rilasciati. Giuseppe Morello e Ignazio Lupo furono incarcerati per un breve periodo con l’accusa di fabbricazione e spaccio di moneta falsa, ma tornarono presto liberi. Nondimeno la simbiosi operativa tra Flynn e Petrosino aveva funzionato. Quest’ultimo, grazie alla sua capacità di infiltrarsi negli ambienti mafiosi e di ottenere informazioni, aveva fornito a Flynn un accesso privilegiato al mondo criminale “chiuso” della delinquenza italiana, che servirà a Flynn successivamente, quando otterrà la collaborazione (dietro promessa di immunità e protezione) di Antonio “Commodore” Comito, un membro della banda, chiamato a testimoniare contro Morello e Lupo.
Comito fornì a Flynn dettagli cruciali sulle operazioni dei suoi connazionali, sulle loro attività di contraffazione e sul coinvolgimento in altri crimini, sicché nel 1910 sulla base di nuove accuse si tenne un processo a carico di Morello, Lupo e altri membri della gang, concluso con la loro condanna per reati di contraffazione. La testimonianza di Comito fu determinante. Morello fu condannato a 25 anni di carcere e Lupo a 30, segnando una vittoria significativa per Flynn e il Servizio Segreto. Ciò portò evidentemente il nostro a dirsi soddisfatto del lavoro sinora fatto, ed a cercare nuove esperienze.
Fu così che nell’ottobre 1910 aderì alle offerte della polizia di New York, per diventarne il vice commissioner. Qui lavorò per riorganizzare e riqualificare la forza investigativa della città, ma incontrò l’opposizione politica. Egli si trovò a fronteggiare la resistenza da parte di funzionari politici e membri del governo locale, che temevano che le sue riforme avrebbero minacciato il loro potere e le loro pratiche consolidate. La polizia di New York era storicamente influenzata da interessi politici e corruzione, e qualsiasi tentativo di riforma era visto come una minaccia a questi equilibri.
Così, nella primavera del 1911, decise di tornare al Servizio Segreto, riprendendo il suo vecchio lavoro, seppure un altro congedo temporaneo gli permise di fungere da investigatore proprio per il comitato per la lotta alla corruzione della città. Era accaduto che un allibratore e gestore di case da gioco, Herman Rosenthal, aveva denunciato pubblicamente la corruzione all’interno della polizia, lamentando che funzionari gli avevano chiesto una consistente percentuale dei suoi profitti illegali, come “protezione” in cambio del permesso di continuare a operare. Rosenthal venne ucciso e le accuse caddero sul tenente Charles Becker, indicato come mandante. Ciò scatenò l’indignazione pubblica e portò alla formazione del Curran Committee, la cui iniziale collaborazione di Flynn si concluse poiché … non gli era stato versato il compenso pattuito con l’Amministrazione Pubblica newyorkese.
Flynn Capo del Secret Service. Spionaggio e sabotaggi
Comunque, alla fine del 1912 fu nominato Capo del Secret Service, e di conseguenza si trasferì a Washington. Nel ruolo apicale, che ricoprì sino al 1917, il Secret Service si rese protagonista della scoperta di una rete di spionaggio tedesca, in un periodo, il 1915, in cui gli Stati Uniti non erano così convinti di entrare nell’agone della Prima Guerra Mondiale. L’evento di cui trattiamo si verificò in un contesto di crescente tensione internazionale e preoccupazione. La scoperta avvenne quando Frank Burke, un agente del Secret Service capo di una squadra speciale di undici uomini formata da Flynn per indagare sulle attività di spionaggio germanico negli Stati Uniti, recuperò una valigetta portadocumenti di Heinrich Friedrich Albert, un funzionario dell’ambasciata tedesca, di fatto sottraendogliela a bordo di un treno. All’interno furono trovati piani dettagliati per operazioni di propaganda e sabotaggio, inclusi attacchi contro navi e impianti di munizioni, con un budget di ben 27 milioni di dollari per finanziare tali attività. La rete era ben organizzata e includeva figure chiave come il capitano Franz von Papen e il capitano Karl Boy-Ed, attaché militari dell’ambasciata. Tutti furono espulsi dagli Stati Uniti nel dicembre 1915.

La rivelazione della rete di spionaggio rappresentò un grande successo per Flynn, che fu elogiato per i suoi sforzi nel contrastare le minacce straniere. La scoperta influenzò anche l’opinione pubblica americana, già scossa dall’affondamento il 7 maggio 1915 al largo delle coste meridionali irlandesi dall’affondamento del transatlantico Lusitania, colpito con un siluro dal sommergibile tedesco U-20. La nave era salpata da New York il 1° maggio 1915, diretta a Liverpool. Trasportava oltre 1.900 persone, tra cui civili e personale militare non armato, di cui morirono circa 1.200. Tra le vittime c’erano anche cento ventitré cittadini statunitensi.
Per meglio comprendere l’attività tedesca del periodo dobbiamo aprire una parentesi per tracciare la figura di uno dei più pericolosi agenti inviati negli Stati Uniti dalla Germania: Franz Dagobert Johannes von Rintelen. Questi era un membro della nobiltà tedesca e un agente di intelligence navale, discendente da una famiglia di banchieri con forti legami negli USA. Fu nel 1915 che von Rintelen arrivò a New York con un passaporto svizzero falso per condurre una campagna di sabotaggio contro le forniture militari alleate di Gran Bretagna e Francia.
Utilizzando il nome di copertura di Frederick Hansen, creò diverse società fantasma per acquistare e distruggere materiali bellici, come la Bridgeport Projectile Company. Inoltre, tentò senza successo di acquisire la DuPont Chemical Company. Sviluppò anche dispositivi incendiari noti come “cigar bombs” per sabotare navi cariche di munizioni. Queste azioni furono molto efficaci, causando danni stimati in oltre 10 milioni di dollari di allora. Dopo essere stato scoperto grazie a messaggi decifrati dai britannici, fu arrestato nel Regno Unito mentre cercava di tornare in Germania e successivamente processato negli Stati Uniti.
Le notizie riguardanti le attività spionistiche alimentarono sentimenti anti-tedeschi e aumentarono il supporto dell’opinione pubblica per l’intervento degli Stati Uniti nel conflitto europeo, che sarebbe definitivamente avvenuto nel 1917, dopo che fu intercettato il telegramma inviato il 16 gennaio dal Ministro degli Esteri tedesco Arthur Zimmermann al suo ambasciatore in Messico, nel quale veniva proposta un’alleanza tra Germania e Messico, promettendo supporto economico e militare in cambio di un attacco contro gli Stati Uniti. Inoltre, la Germania si impegnava a restituire al nuovo alleato i territori perduti (Texas, Nuovo Messico e Arizona) durante la guerra messicana-statunitense del 1846-1848.
Insomma, Flynn ed il suo Secret Service erano parte importante dello sforzo governativo federale per difendere la nazione da influenze e sabotaggi. Possiamo dire che la Prima Guerra Mondiale ebbe un impatto significativo sulla carriera di William J. Flynn, portandolo a nuove sfide e opportunità: le emergenti necessità di sicurezza degli USA lo trasformarono da investigatore specializzato nella lotta alla contraffazione del dollaro a figura chiave nel controspionaggio e nella lotta al terrorismo, aumentando notevolmente la sua fama e aprendogli come vedremo a breve le porte alla direzione del BOI (Bureau of Investigation), ovvero il progenitore dell’odierno Federal Bureau of Investigation (FBI).
Intanto, nel 1917, fu nominato capo della Federal Railway Administration Police, nell’ambito dello United States Railroad Secret Service, dove fu coinvolto nelle indagini su minacce di sabotaggio ai trasporti ferroviari durante la guerra. Mentre un giornale arrivò a dire che Flynn “probabilmente ha fatto più di chiunque altro per liberare questo paese dalle spie straniere“, la sua fama raggiunse vette tali da attirare l’attenzione dell’industria cinematografica. Nel 1918 fu realizzato un serial (naturalmente muto, stante la lenta evoluzione del cinematografo) composto da 20 episodi che drammatizzava lo spionaggio tedesco, intitolato “The Eagle’s Eye” (L’occhio dell’aquila), tratto da un libro con lo stesso titolo che lui stesso scrisse.
Il futuro FBI, la Red Scare ed i Palmer’s Raids
Nel 1919, Flynn fu nominato come abbiamo anticipato direttore del Bureau of Investigation (BOI). Il procuratore generale Palmer lo elogiò come “il principale detective d’America… Flynn è il più grande esperto di anarchici negli Stati Uniti“. Questo cambiamento di ruolo gli permise di affrontare nuove sfide legate all’antiterrorismo, ma anche di affrontare controversie come i Palmer Raids, che presero il nome dal procuratore suo mentore. Una serie di attentati occorsi il 2 giugno 1919, allorquando gli anarchici fecero esplodere bombe in sette città, inclusa quella alla casa dello stesso procuratore generale, e l’ondata di scioperi e proteste sindacali avevano alimentato la “Paura Rossa” (Red Scare). La notte del 7 novembre 1919, migliaia di agenti di polizia attuarono una serie di operazioni violente durante le quali centinaia di cittadini stranieri e americani che erano membri o sostenitori del movimento dei lavoratori furono arrestati. Nel corso dei tre mesi successivi, migliaia di persone furono rimpatriate (oggi si direbbe re-immigrate) nei loro paesi di origine.
Flynn, in quanto direttore del BOI, era stato incaricato di guidare queste retate. Tuttavia, i Palmer Raids furono oggetto di pesanti critiche per violazioni delle libertà civili e procedure irregolari. Più tardi, nel settembre 1920, un attentato a Wall Street (anche questo attribuito a mano anarchica) causò 38 morti e numerosi feriti. Flynn guidò le indagini, ma non fu in grado di identificare e catturare i responsabili, tanto che l’attentato rimane irrisolto ancora oggi. Il 27 settembre 1921 Flynn si dimise dalla carica di direttore del BOI. Egli addusse “questioni di affari privati”, ma alcune fonti suggeriscono che fu scaricato ingloriosamente e che la sua uscita fu un periodo triste per lui. Il mandato di Flynn come direttore del BOI è considerato controverso dagli storici, a causa del coinvolgimento nei Palmer Raids e del fallimento nel risolvere l’attentato a Wall Street.
Il declino e gli ultimi anni di Flynn
Dopo le dimissioni, intraprese diverse attività. Fondò una sua agenzia investigativa privata a New York, nominando i suoi figli, Elmer e Veronica, come soci. Emersero problemi di alcolismo dei due, che portarono presto all’inefficienza ed all’insoddisfazione dei clienti. L’agenzia investigativa fallì. Nel 1924, Flynn fondò una rivista di narrativa intitolata “Flynn’s”. Per sottolineare il suo ruolo, sotto il titolo appariva la dicitura “William J. Flynn, Editor, venticinque anni nel Secret Service degli Stati Uniti“. La rivista pubblicava sia storie di finzione che resoconti di casi reali, su cui Flynn o i suoi ex colleghi del Secret Service avevano lavorato. “Flynn’s” divenne in effetti una delle riviste poliziesche più popolari del suo tempo, e proseguì le pubblicazioni anche dopo la morte di Flynn. Tra gli autori che collaborarono alla rivista ci fu anche Agatha Christie.
Gli ultimi anni di Flynn furono segnati da difficoltà personali. Oltre al fallimento della sua agenzia investigativa e ai problemi di alcolismo dei suoi figli, preoccupazioni vennero anche da sua moglie Anne, a sua volta alcolizzata. Questi problemi familiari contribuirono al suo declino fisico. William J. Flynn morì di insufficienza cardiaca il 14 ottobre 1928 a Larchmont, New York. Il nipote, che porta il suo nome, ha recentemente voluto ricordare e rivalutare la sua figura, in un libro nel quale non esita a definirlo, con qualche enfasi ma non senza ragione, lo Sherlock Holmes d’America.
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- J.G. Reed, W. Flynn Sanders,