Il libro “Weimar. La Germania dal 1918 al 1933” di Gustavo Corni (Carocci editore) esamina le complesse vicende storiche che hanno segnato la prima repubblica tedesca fra il 1918 e il 1933, incorporandole organicamente nel loro contesto interno e internazionale. Il primo esperimento repubblicano tentato in terra tedesca prende forma in circostanze che più sfavorevoli non possono essere, e ciò nonostante riesce a sopravvivere ed a stabilizzarsi almeno fino alla crisi del ‘29.
L’autore ripercorre le vicende di Weimar e le difficoltà che la repubblica democratico-parlamentare, nata dall’accordo fra diverse forze politiche (socialisti, cattolici e liberaldemocratici) deve affrontare, a partire dalle riparazioni di guerra alla necessità di ridare al paese un ruolo internazionale adeguato, dall’esigenza di tenere sotto controllo le spinte radicali provenienti sia da destra che da sinistra al bisogno di far convergere il consenso di massa verso le nuove istituzioni democratiche.
Si tratta di un periodo complesso e molto articolato che vede, da un lato, lo scivolamento graduale verso quella che sarà la dittatura hitleriana e, dall’altro, l’emergere di una serie di vivacissime esperienze culturali, sociali ed economiche.
Due capitoli sono dedicati a due specifici aspetti della storia della repubblica di Weimar particolarmente significativi delle profonde contraddizioni di quegli anni: le donne e gli ebrei, i quali pur rappresentando l’1% della popolazione sono il catalizzatore di forti tensioni.
La fragile repubblica di Weimar
Dopo la fine della Prima guerra mondiale in Germania c’è miseria, rabbia e frustrazione. La repubblica di Weimar è proclamata nel novembre del 1918. L’assemblea, inaugurata solennemente il 9 febbraio 1919, due giorni più tardi elegge presidente Ebert che, a sua volta incarica il socialdemocratico Philipp Scheidemann di formare un governo.
La repubblica di Weimar è travagliata nei suoi primi anni di vita dal susseguirsi di spinte rivoluzionarie. È costretta a sopportare, fino alla firma del trattato di pace, l’embargo imposto dall’Intesa e successivamente a farsi carico delle pesantissime riparazioni di guerra imposte dal trattato di Versailles, causa di pesanti gravami economici, politici e psicologici per la Germania sconfitta.
Tra il 1919 e il 1922 vengono commessi 376 omicidi politici, quasi tutti da parte dell’estrema destra. Dovette far fronte a due tentativi di colpo di stato (il Putsch di Kapp del 1920 e il Putsch di Monaco del 1923) poi all’iperinflazione esplosa nel 1923 in seguito all’occupazione della Ruhr da parte di reparti francesi e belgi a garanzia dei pagamenti delle riparazioni previste da Versailles, alcune rate delle quali avevano subito una serie di ritardi.
La politica di Gustav Stresemann, cancelliere per un breve periodo nel 1923 e Ministro degli Esteri dal 1923 al 1929 (anno della sua morte), risolve problemi come la necessità di ricollocare il paese nella comunità internazionale su nuove basi e le difficoltà economiche e sociali. Ma la grande crisi del 1929 e le carenze e le debolezze delle forze politiche tradizionali porta ad un’instabilità politica che spalanca le porte del governo ad Hitler, che incontrastato instaura la dittatura nazista.
Il valore della repubblica di Weimar
Sulla repubblica di Weimar si sono addensate valutazioni estremamente contraddittorie. Tanto la sua convulsa nascita, segnata dalla spaccatura sanguinosa del movimento operaio tra socialdemocratici e comunisti, accusati i primi di aver tradito una rivoluzione possibile, criticati i secondi per aver insistito, almeno fino al 1923, in una ginnastica rivoluzionaria incapace di aver successo e foriera di disastri, quanto il suo cupo tramonto, segnato dalle sfilate delle camicie brune e dai gagliardetti con la svastica dei nazisti di Adolf Hitler, hanno offerto il destro per una sua svalorizzazione, finendo col considerarla null’altro che una breve parentesi di scarso significato tra l’autoritarismo del vecchio Kaiserreich e la dittatura aggressiva, sanguinaria ed antisemita che avrebbe preso forma con il Terzo Reich.
Una valutazione fondamentalmente ingiusta e storiograficamente scorretta. La storia della repubblica di Weimar di solito ha subito una lettura dicotomica e spesso riduttiva. La sua interpretazione “a tenaglia” – compressa tra due eventi epocali, quali la Grande Guerra e l’ascesa del nazismo – ha fatto sì che le numerose ricerche su Weimer puntassero soprattutto su concetti antitetici, come, per esempio, “ascesa e declino”, “utopia e tragedia”, “successi e fallimenti”.
La Costituzione della repubblica di Weimar, nel suo contesto storico è sicuramente un gioiello di liberalità, basata com’è su di una delicata mescolanza di parlamentarismo e presidenzialismo. Prevede il suffragio universale maschile e femminile, l’elezione diretta del presidente della Repubblica e la responsabilità del governo di fronte al Parlamento. Molti diritti e istituzioni, normalmente presenti oggi in tutti i paesi democratici, nascono proprio in quel tempo.
Ma il merito non sta solo nel rappresentare un possibile precedente per il futuro democratico della Germania. In quegli anni si affermano, infatti, tendenze artistiche e correnti critiche che segnano tutto il Novecento ben oltre i confini del mondo tedesco. Berlino è negli anni ’20 e nei primi anni ’30 il massimo centro europeo dal punto di vista culturale, artistico ed ideologico.
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Weimar. La Germania dal 1918 al 1933 di Gustavo Corni