CONTENUTO
V per vichingo, V per violento
In molti contenuti televisivi (così come quelli videoludici) l’unità vichinga assume un senso centrale per la trama tanto che, spesso, la scelta degli autori è quella di dare un taglio crudo e realistico a queste opere. La domanda sorge spontanea: perché il medioevo suscita violenza? Micheal Hirts negli anni ha definito Vikings «essenzialmente, un dramma quanto più autentico e reale possibile». La sua serie, divisa in sei stagioni, narra le vicende di Ragnar Loðbrók e dei figli Bjorn, Ivar, Ubbe e Hvitsärk, che vivono nella località scandinava di Kattegat. Tuttavia, in termini di autenticità storica, la principale fonte medievale su cui si basa il programma è la saga di Ragnar, redatta nel XII secolo. Essa, a sua volta, suddivide gli eventi in due generazioni: quella del capo norreno e quella dei suoi discendenti.
Oltre a questa fonte, lo show prende come punto di riferimento le principali caratteristiche che definiscono l’identikit (spesso stereotipato) del popolo nordico: dalle pratiche religiose alle abilità marinare, dalle razzie alle scoperte geografiche. All’interno di un arco temporale che comincia con il 793 e culmina con la battaglia di Ethandun, vengono uniti e rimodellati determinati eventi con l’intento di contenere l’intera storia vichinga in un unico prodotto.
Un primo esempio è la strategia messa in atto da Ragnar durante la razzia di Parigi, quando riesce a ingannare le truppe del conte Oddone. Dopo essere stato gravemente ferito, Ragnar inscena la sua morte tanto che riesce a ottenere l’estrema unzione all’interno della città. Il corpo di Ragnar, contenuto in una bara, viene fatto portare all’interno di una chiesa nel centro di Parigi. Non appena comincia la messa funebre, le forze norrene incombono contro quelle franche le quali vengono sconfitte. A quel punto, Ragnar esce dalla bara, trafigge il collo di un ecclesiastico e prende come ostaggio il debole e ingenuo re franco. Tale rappresentazione cinematografica prende ispirazione dalle vicende del vichingo Hastein (Hastingus) durante il fittizio sacco di Roma del IX secolo (organizzato, stando alle fonti, insieme a Bjorn).
Dudone di San Quintino testimonia nei suoi scritti la strategia messa in atto dai vichinghi che avevano valutato inaccessibile l’ingresso nella Capitale. I norreni finsero che il loro capo fosse sul punto di morte, facendo spargere la voce che non avrebbe superato la notte. I cittadini romani acconsentirono, a quel punto, nell’organizzare una processione con lo scopo di salvare l’anima del norreno. Una volta penetrati nel centro cittadino, Hastingus (come Ragnar) si alzò dalla bara, uccise il vescovo e condusse i suoi uomini a una pioggia di sangue. La sua esultanza non ebbe limiti, almeno fino a quando non si accorse che la città in questione non era Roma bensì il porto ligure di Luni (ancora oggi si dubita, giustamente, sull’autenticità di tale evento).
Di padre in figlio: Ivar The Boneless
Ivar, figlio di Ragnar e della principessa Aslaug, soffre di gravi difficoltà motorie per via delle sue condizioni fisiche, tanto da essere soprannominato “Senz’ossa“. Nonostante ciò, la sua vera forza non risiede nelle doti fisiche quanto nelle sue abilità strategiche. Nella serie una delle trovate più ingegnose di Ivar è sicuramente l’uso delle fogne di Jorvik come nascondiglio per tendere un’imboscata ai nemici.
Nella saga di Ragnar, invece, è presente una vicenda in cui Ivar riporta la quiete tra le sue truppe durante una spedizione presso Hvitaber. In questa località vivevano due mucche che, da anni, riuscivano a spaventare i viaggiatori. Per questo motivo Ivar mise al corrente i suoi guerrieri, si fece trasportare sopra degli scudi e cominciò a farsi notare dai bovini.
Non appena le mucche si accorsero della loro presenza, si lanciarono contro il Senz’ossa che, prontamente, si era armato di arco e frecce. Dopo l’uccisione dei due animali, per i vichinghi fu molto più facile razziare Hvitaber. Appena le vitelle furono sciolte, si gettarono all’assalto, lanciando i loro mungiti micidiali. Quando Ivar, dallo scudo sul quale veniva trasportato, vide quanto accaduto, comandò che gli si portasse l’arco. Lo usò contro le vitelle malefiche e le uccise entrambe.
Tra furor normannorum e questioni spirituali
Un altro elemento ricorrente nella serie televisiva di Hirst è il classico cliché del nordico virile contrapposto al corrotto uomo del “sud”. Un esempio è il comportamento dei norreni presenti alla corte del re anglosassone Ella, precisamente quando gli scandinavi mangiano con le mani come se fossero animali. La serie include spesso dialoghi in cui l’essere vichingo diventa una sorta di giustificazione per compiere azioni crudeli. In certe scene l’uomo “europeo” e “civilizzato” viene deriso per il suo essere “composto” e tutto questo appare ancora più netto durante il viaggio di Bjorn nel Mediterraneo. Bjorn fa conoscenza di alcuni membri delle corti siciliane e bizantine caratterizzate da colori e comportamenti che, agli occhi dello scandinavo, risultano essere piuttosto stravaganti.
Ciò che apparentemente sembra risultare familiare ai personaggi della serie è il furor nomannorum che, nel corso delle stagioni, viene scagliato contro ogni avversario. Nella seconda stagione, ad esempio, viene messa in scena la ritualità dell’Aquila di sangue in cui un jarl svedese viene scuoiato vivo davanti a una folla, composta persino da bambini. Oppure, banalmente, basti pensare al secondo episodio della prima stagione quando viene messa in scena la brutale razzia di Lindisfarne.
Infatti, passando dai monasteri cristiani alla spiritualità pagana, nella serie compare il centro sacro di Uppsala, descritto come un luogo frequentato dai norreni nonché palcoscenico di sacrifici, compresi quelli degli esseri umani (per gli interessati segnalo Le Gesta Hammaburgensis di Adamo di Brema). Sarà proprio il confronto spirituale, tra paganesimo e cristianesimo, a divenire un altro tassello che sorreggerà la trama dello show. Il politeismo nordico verrà messo in “buona luce” dagli showrunner a differenza del cristianesimo che, invece, risulterà spesso corrotto e immorale.
Tra i vari personaggi di Vikings, che rappresentano la congiunzione fra questi due sistemi religiosi, si deve citare quello di Athelstan: un monaco di Lindisfarne, giunto in Scandinavia per volere di Ragnar. La presenza di questo personaggio tra i norreni è legata ai missionari cristiani che all’epoca, volenti o nolenti, si avventurarono nel Nord Europa (come la figura del vescovo Poppo).
Ragnar stesso viene dipinto come un personaggio semi-tollerante nei confronti dei cristiani tanto che, a un certo punto, deciderà di convertirsi in merito ad alcune sue riflessioni di carattere etico e spirituale (in contrapposizione alla violenza sopracitata). Personaggi cristiani come Ecbert del Wessex vengono ideati con animi ambigui, disposti a tradire i patti siglati. Ragnar, invece, risulta essere molto più vicino all’etica cristiana rispetto ai regnanti europei (facendo scattare nella mente dello spettatore la domanda: «ma allora chi è il vero “barbaro”?»).
Menzione d’onore tra i personaggi “spirituali” della serie è la figura del veggente, un vecchio uomo cieco che, al contempo, riesce a vedere il futuro di ogni altro protagonista. Le fonti norrene (tra cui la saga di re Olaf Tryggvason) testimoniano la presenza di queste figure tra le fila della società scandinava medievale. Mentre Olaf Tryggvason si trovava alle isole Scilly, sentì parlare di un veggente che poteva dire in anticipo cose non ancora avvenute, e in molti ritenevano che ciò che aveva predetto si fosse realmente avverato.
Olaf divenne curioso di provare il dono di questo uomo di profezia. Mandò quindi uno dei suoi uomini, che era il più bello e forte, lo vestì magnificamente, e gli ordinò di dire che era il re; perché Olaf era noto in tutti i paesi come più bello, più forte, più coraggioso di tutti gli altri […]. Ora, quando il messaggero giunse dall’indovino e si presentò come re, ebbe la risposta “Tu non sei il re, ma io ti consiglio di essere fedele al tuo re”.
I porcellini e il lamento del vecchio cinghiale: la morte di Ragnar
Nel programma televisivo Ragnar, ormai vecchio, decide di dirigersi in Inghilterra con una sola nave (rimanendo fedele, sostanzialmente, alla saga). Accompagnato da Ivar, proseguirà il suo cammino verso il Wessex per poi consegnarsi all’autorità di re Ecbert. I due stringeranno un accordo: in cambio della consegna del norreno a Ella, Ecbert dovrà assegnare ai figli di Ragnar delle terre in modo da compensare la perdita. L’accordo viene raggiunto, Ivar intuisce le vere intenzioni del padre e torna in Scandinavia per riunirsi con i fratelli.
Nel frattempo, Ragnar viene imprigionato, dando inizio al suo ultimo viaggio verso la Northumbria. Egli riflette sul suo passato, sottoponendosi a dilemmi spirituali che lo porteranno a rinnegare l’esistenza di qualsiasi divinità. L’ateismo del protagonista non è che la conferma di una personalità tipica dell’uomo moderno contrapposta al contesto in cui è inserito. In poche parole, viene valorizzata una mentalità cinica, capace di ragionare esternamente dai sistemi di pensiero.
Non appena Ragnar raggiunge Ella, vengono proposte dalla regia delle scene crude che hanno come obiettivo quello di far compatire allo spettatore le sorti del vichingo (facendolo diventare un martire). Egli viene sottoposto ad atroci torture, subisce delle incisioni sulla fronte (una croce) e, infine, gettato in una fossa piena di serpenti. Celebre è la frase «Quanto grugniranno i porcellini, quando sentiranno quanto ha sofferto il vecchio cinghiale» (presente anche nella saga) che il capo norreno pronuncia prima di subire il colpo finale.
Sul punto più drammatico dell’intera serie televisiva, il protagonista si sveglia sofferente in una cella sospesa nel vuoto con davanti una folla che prega. A quel punto, Ragnar comincerà a rimarcare la sua identità vichinga, osannare Odino e invocare la vendetta dei propri figli. Gli Aesir mi danno il benvenuto! La mia morte avverrà senza assoluzione! E io do il benvenuto alle valchirie che mi riporteranno a casa! Le vicende messe in scena si collegano a un testo del XII secolo, intitolato Krakumal «Canto del Corvo». In questa fonte, divisa in ventinove strofe, è contenuto il monologo di Ragnar, recitato durante gli ultimi istanti della sua vita.
Con gioia brinderò con birra con gli dèi,
bevendo al posto d’onore.
Gli istanti della vita sono trascorsi,
ridendo morrò.
Hai gli occhi blu Ivar!
L’Inghilterra si rivela essere la terra del destino sia per i personaggi di Vikings che per quelli delle fonti norrene. Anche Ivar perirà di fronte alle milizie anglosassoni, guidate da Alfredo il Grande nei pressi di Ethandun, nell’ultima puntata della sesta stagione. Tuttavia, è importante segnalare che, secondo i fatti storici, a guidare le truppe scandinave in questa battaglia fu il condottiero Guthrum, e non Ivar.
Nella serie, il Senz’ossa dichiara di essere pronto a morire in battaglia come un vero vichingo. La sua precaria condizione fisica, però, genera negli occhi del giovane un accentuarsi del colore blu tanto che Hvitserk cerca subito di avvertire il fratello, riferendogli: «hai gli occhi blu Ivar!». Sarà proprio in quel momento che Ivar, consapevole del proprio destino, deciderà di sconfiggere la paura e affrontare gli ostacoli che, per tutta la vita, gli hanno impedito di essere un vero vichingo. Nel momento più acceso della battaglia, il Senz’ossa recita un discorso trionfale che ha come tematica quella di celebrare la sua immortalità.
Sono Ivar il Senz’ossa! Sapete chi sono! Sapete che non mi potete uccidere! Per quanto ci proviate! Perché io vivrò in eterno! Temiamo la morte? No! Non intendiamo morire nel nostro letto come dei vecchi, ma banchettare con i nostri cari nel Valhalla! A seguire, Ivar viene pugnalato da un soldato anglosassone e muore tra le braccia del fratello. In punto di morte, la regia fa nuovamente leva sulle emozioni del pubblico, mostrando un lato inedito del norreno: pur essendo noto per il suo spietato carattere, egli rivela un profondo attaccamento alla vita.
Giusto per concludere
In conclusione, Vikings rappresenta un adattamento del medioevo per le produzioni cinematografiche pop-contemporanee, introducendo capacità di ragionamento e sensibilità moderne, talvolta decontestualizzate e al limite della soap-opera. Nonostante ciò, questi meccanismi riescono a far affezionare il pubblico ai personaggi e, paradossalmente, a far avvicinare gli spettatori alla storia. Vikings è una serie molto vasta, composta da numerosi personaggi (come Lagertha o Aslaug), che meriterebbero sicuramente un’analisi più approfondita. Quanto trattato in questo articolo è solo una piccola bollicina in un boccale colmo di idromele.
Tre testi impiegati e consigliati
Saga di Ragnarr, Milano, Iperborea, 2017.
Camellini, M., L’identità normanna Narrazione e politica tra X e XII secolo, Roma, Viella, 2024.
Facchini, R., Iacono, D., «You ‘re in the North. The real North». Medievalismo e idea di Nord nella serialità televisiva, in «Memoria e Ricerca» /1, 2021, pp. 117-136.
Jones, G., I Vichinghi avventura di una civiltà, Roma, Newton Compton, 1995.
Consigli di lettura: clicca sul titolo e acquista la tua copia!
- Saga di Ragnarr, Milano, Iperborea, 2017.
- Camellini, M., L’identità normanna Narrazione e politica tra X e XII secolo, Roma, Viella, 2024.