Svolta a destra? Cosa ci dice il voto del 2022
Dopo l’esito delle elezioni politiche del 25 settembre 2022, chiedersi se in Italia ci sia stata una svolta a destra può sembrare una domanda retorica poiché il verdetto uscito dalle urne è inequivocabile. La coalizione formata da Fratelli d’Italia, Forza Italia e Lega ha ottenuto una chiara maggioranza di voti e di seggi.
Così come, all’interno della coalizione non ci sonno dubbi su chi possa intestarsi il successo principale: Fratelli d’Italia e la sua leader Giorgia Meloni, che è stata rapidamente incaricata di formare il nuovo governo. Diversamente andò nel 2013 e nel 2018, quando il verdetto elettorale uscito dalle urne non era stato affatto conclusivo. Nessun partito o coalizione aveva ottenuto una maggioranza di voti, e poi di seggi, tale da formare un governo.
Se dunque si guarda alla chiarezza dell’esito elettorale, la risposta alla domanda che dà il titolo al volume non può che essere positiva. C’è qualcosa in più da considerare oltre alla coalizione che ha vinto le elezioni e alla tradizione da cui viene il partito più votato se si vuole cercare di comprendere il significato complessivo del risultato uscito dalle urne. Lo scopo di questo libro, pubblicato dalla casa editrice Il Mulino, è dunque quello di articolare la domanda di partenza “Svolta a destra?” andando più in profondità rispetto alla semplice constatazione del risultato elettorale valutandone i presupposti e cercando di indagarne le implicazioni.
Un primo modo di articolare il quesito sulla svolta a destra è chiedersi se ci siano effettivamente stati elettrici ed elettori che, in occasione di queste elezioni, sono approdati a destra e hanno scelto uno dei partiti della coalizione guidata da Meloni e dunque se si sia verificato un effettivo flusso in entrata a destra.
Questa è una domanda cruciale anche per capire quale sia stato il motore principale del risultato elettorale: se cioè la coalizione di destra si sia imposta riuscendo a conquistare nuovi elettori o se, invece, la vittoria sia venuta da una maggiore capacità di mobilitare il proprio elettorato, in una situazione di elevato astensionismo. Astensionismo che rappresenta un elemento di sicura rilevanza nelle politiche del 2022, con la porzione di elettori che ha deciso di disertare le urne salita fino a un terzo degli aventi diritto al voto.
Un secondo modo di affrontare la domanda sulla svolta a destra è considerare se, nelle elezioni del 2022, ci sia stata un’effettiva inerzia che ha favorito il successo del fronte conservatore. Ovvero, se gli elettori meno orientati e privi di ancore ideologiche abbiano finito con l’approdare alla destra quale opzione più facile e sicura in queste elezioni. Come si sono comportati dunque i settori più fluidi dell’elettorato? Ad esempio, che decisioni di voto hanno preso gli indecisi?
In modo più approfondito si può poi guardare alla struttura della competizione elettorale e a come è stata percepita dagli elettori. Come si sono comportati gli elettori contendibili, inclini cioè a votare più di un partito? In quanti hanno premiato l’opzione di voto più a destra fra le alternative che erano disposti a considerare? Qui non si considera solo la competizione tra schieramenti contrapposti, che si sfidano presentando proposte alternative, ma anche quella tra alleati che competono per ottenere la posizione predominante all’interno di una coalizione.
Nelle ultime elezioni questo tipo di competizione è stato particolarmente rilevante perché FDI, Lega FI hanno messo ben in chiaro fin dall’inizio che, in caso di vittoria, il partito che avesse preso più voti avrebbe indicato il Presidente del consiglio. Nel votare per uno o l’altro dei partiti della coalizione di centro-destra gli elettori stavano dunque concorrendo a decidere, oltre al risultato generale del voto – il suo significato in termini di equilibri interni.
Questa seconda lettura della competizione tra alleati ci porta alla terza declinazione della nostra domanda: se svolta a destra c’è stata, si è verificata anche dentro la coalizione che ha vinto le elezioni? In altre parole, le scelte degli elettori di centro-destra hanno effettivamente spostato il baricentro della coalizione verso destra? Anche in questo caso, a prima vista, la risposta sembra scontata: FdI, partito che rivendica la sua collocazione a destra e la sua origine postmissina, ha conquistato alla Camera più di 7 milioni di voti, oltre 2,5 in più di quelli ottenuti insieme da Lega e FI.
Tuttavia, se spostiamo l’attenzione dal risultato contingente delle elezioni del 2022 per proiettarlo in una prospettiva temporale più ampia, la risposta rispetto alla domanda sull’egemonia a destra può essere problematizzata. Le esperienze ancora recenti, seppur ormai superate, di partiti e leader che hanno goduto di fulminei successi, seguiti poi da rumorose cadute, ci invitano a essere cauti e ci lasciano con uno dei grandi interrogativi di queste elezioni: come è riuscito un partito che nel 2018 aveva raccolto un milione e mezzo di voti (poco più del 4% dei voti validi alla Camera) a quintuplicare i suoi elettori nel corso di una legislatura?
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Come si è sostanziato questo eclatante risultato di FdI e della sua leader? E, soprattutto, questo risultato segna una svolta, con un partito e una leadership che potenzialmente hanno le carte per stabilire una condizione di egemonia non solo nel campo del centro-destra ma nell’intero sistema politico italiano? Oppure siamo di fronte all’ennesimo episodio di folgorante successo destinato però a sgonfiarsi nel volgere di una legislatura?
Le elezioni politiche del 2022, analisi dell’Associazione ITANES
Domande analoghe, sulla competizione tra partiti (più o meno) contigui, debbono in questa prospettiva essere formulate anche in riferimento al campo del centro-sinistra (inteso in senso largo). In questo caso, però, il punto di partenza è differente. I principali partiti che appartengono a quest’area (Pd, M5s, Azione-Italia viva) non sono riusciti a definire un’alleanza elettorale. Le ragioni sono molteplici (visioni diverse sul governo Draghi e sulla sua caduta, incompatibilità di programmi, idiosincrasie personali).
La mancanza di un accordo elettorale ha comunque reso chiaro fin dall’inizio che non ci sarebbe stata partita con il centro-destra. Molti, tra i commentatori e i politici di quell’area, hanno giudicato sconsiderata la decisione di competere separatamente. Ma, al di là degli accordi tra leader, esistevano davvero i presupposti per un’alleanza? Ovvero, nel settembre del 2022, gli elettorati di questi partiti erano compatibili o rappresentavano insiemi disgiunti la cui integrazione potrà semmai essere oggetto di future strategie politiche?
Rimangono infine due aspetti da indagare partendo dalla domanda generale alla base del volume. Il primo riguarda i consumi informativi e comunicativi con cui gli elettori sono giunti alla scelta di voto e il clima di confronto più o meno incivile che hanno percepito durante la campagna. Il secondo si focalizza sui temi che hanno animato la campagna elettorale e pesato nel giudizio retrospettivo degli elettori, indagando anche le posizioni espresse dagli elettori su alcune questioni chiave.
Quali sono stati dunque i temi che hanno ottenuto maggiore visibilità nelle settimane precedenti il voto? In una campagna che fin dall’inizio la vedeva nettamente favorita, la coalizione di destra è riuscita a definire l’agenda e a imporre i temi su cui si sentiva più competitiva? E, all’interno della coalizione, sono effettivamente prevalse le istanze della leader?
Non è quindi banale interrogarsi su come si sia strutturata la relazione tra opinioni e voto in occasione delle elezioni del 2022: se si sia cioè assistito a un effettivo cambiamento negli orientamenti degli elettori sui principali temi e se questo cambiamento abbia creato un contesto più propizio all’affermazione della coalizione di centro-destra. In sostanza, ci si chiede se ci sia stata una svolta a destra nel clima d’opinione che ha accompagnato le elezioni.