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Le suffragette: le battaglie per estendere il diritto di voto alle donne

Con l’espressione “suffragette” si fa riferimento alle attiviste impegnate nella rivendicazione dei diritti civili e, in particolare, dell’estensione del diritto di voto alle donne, tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento. Il termine viene usato per la prima volta da un giornalista del Daily Mail, nel 1906, in senso ironico e dispregiativo. Le femministe della prima ondata si approprieranno di questa espressione a cui intitoleranno, nel 1912, il quotidiano militante The Suffragettes.

di Martina Moretti
5 Marzo 2025
TEMPO DI LETTURA: 9 MIN
Arresto di Emmeline Punkhrust, Londra (Febbraio 1908)

Arresto di Emmeline Punkhrust, Londra (Febbraio 1908)

CONTENUTO

  • Suffragette: storia del movimento di emancipazione femminile
  • Le origini delle rivendicazioni delle donne: la Rivoluzione francese e la Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina[1]
  • Normare la società patriarcale: il codice civile napoleonico e il ruolo della donna
  • La Convenzione di Seneca Falls: nasce il movimento femminile per il suffragio
  • “Deeds, not words”: le suffragette nel Regno Unito
  • Uno sguardo altrove: il movimento suffragista in altri Paesi
  • Contenuti audio-video extra consigliati:

Suffragette: storia del movimento di emancipazione femminile

Con First Wave Feminism si intende un periodo di attivismo per i diritti delle donne compreso tra la seconda metà dell’Ottocento e l’inizio del Novecento. Nel mondo occidentale, tra i principali obiettivi legali e politici di questa fase vi è il diritto di suffragio femminile.

L’idea di una prima ondata femminista, in riferimento alla corrente di pensiero sviluppata a partire dagli Stati Uniti e dal Regno Unito tra il 1850 e la fine della Prima guerra mondiale, si afferma negli Stati Uniti durante il Sessantotto, come conseguenza dell’utilizzo dell’espressione Second Wave Feminism in riferimento alle attiviste contemporanee.

Politicamente, la prima ondata affonda le sue radici nella Rivoluzione francese, un periodo in cui le donne iniziano ad acquisire consapevolezza della propria esclusione dalle conquiste rivoluzionarie sulla libertà e sull’uguaglianza. In questa circostanza, le donne iniziano ad organizzarsi collettivamente per migliorare la propria condizione nella società.

Le origini delle rivendicazioni delle donne: la Rivoluzione francese e la Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina[1]

Comunemente, la Rivoluzione francese è considerata uno spartiacque tra la Storia moderna e contemporanea occidentale, per aver esportato in Europa i valori illuministi, sintetizzabili sul piano politico con la formula liberté, egalité, fraternité. Il simbolo della Rivoluzione, che inaugura l’era democratica e un profondo rinnovamento politico e sociale, è il famoso assalto alla Bastiglia del 14 luglio 1789. Tuttavia, a sancire definitivamente la fine dell’Antico Regime è la Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino del 26 agosto. Si tratta di un documento di grande rilevanza, che rappresenta il preambolo alla Costituzione francese del 1791 e che ispirerà anche molte altre costituzioni del Novecento, come la Dichiarazione universale dei diritti umani del 1948. All’articolo 1, il documento riconosce l’uguaglianza e la libertà di tutti gli uomini fin dalla nascita.

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Pur partecipando attivamente alla Rivoluzione, le donne di varie classi sociali sono tuttavia escluse dal godimento dei diritti politici, come il diritto di voto, perché non sono ritenute idonee. Infatti, l’idea della donna in epoca illuminista è coerente con quella descritta da Jean-Jacques Rousseau nel quinto e ultimo libro del celebre romanzo pedagogico Émile ou De l’éducation (1762). Pur riconoscendo la complementarità dei sessi, Rousseau ritiene la donna incapace di raggiungere la verità e le attribuisce il fine principale di trovare un uomo e dedicarsi alla famiglia.

Il 5 settembre 1791, la rivoluzionaria francese Olympe de Gouges, che precedentemente si era schierata anche contro la schiavitù dei neri nelle colonie francesi, scrive la Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina, indirizzata alla regina Maria Antonietta. Non si tratta di un documento declinato al femminile, ma di un testo inclusivo dei generi maschile e femminile, che sostiene la parità di diritti tra uomo e donna.

Molte donne prendono parte ai dibattiti nei club femminili, protestando contro la propria condizione discriminata. Per questo, alcune personalità saranno pubblicamente punite con pene corporali e con la morte. Nell’ottobre 1793, in pieno Regime del Terrore, vengono proibiti i club femminili sorti sulla scia della Rivoluzione e viene impedito alle donne di assistere alle assemblee politiche. I giacobini considerano le donne attive politicamente delle «eccitate» che hanno perso di vista le virtù del proprio sesso e, per questo, le reputano meritevoli di essere giustiziate.[2] Olympe de Gouges è convinta che «le donne hanno il diritto di salire sulla tribuna, visto che hanno quello di salire sul patibolo».[3] Per le sue posizioni politiche, la donna viene condannata a morte e sarà ghigliottinata nel 1793.

Olympe de Gouges

La battaglia per i diritti femminili assume centralità nei dibattiti politici in Francia, ma anche altrove, come nel caso della filosofa inglese Mary Wollstonecraft, autrice dell’opera A Vindication of the Rights of Woman (1792). Considerato un trattato femminista, il testo attribuisce le cause dell’infelicità femminile non alla condizione di “fragilità naturale” delle donne, una convinzione diffusa al tempo, che considera queste ultime incapaci di sviluppare modalità di pensiero astratto, ma all’educazione impartita loro nella società patriarcale. In tal senso, Wollstonecraft rivendica per le donne l’opportunità di accedere all’educazione razionale per contribuire concretamente alla società.

Normare la società patriarcale: il codice civile napoleonico e il ruolo della donna

Nonostante l’istituzione del divorzio durante l’epoca rivoluzionaria, le riforme non favoriranno l’emancipazione della donna, che sarà relegata in una posizione subalterna anche con l’avvento al potere di Napoleone Bonaparte. Il codice napoleonico introdotto nel 1804 rappresenta il primo Codice civile moderno, che farà da modello legislativo a molti altri Paesi. Raccogliendo in un corpus organico e chiaro alcuni principi giuridici fondamentali, il documento pone fine alla frammentazione di norme tipica dell’età moderna e introduce una serie di novità sul diritto di famiglia.

Tuttavia, il ruolo che la donna ricopre all’interno del Codice civile, in quanto figlia e moglie, è subalterno a quello dell’uomo, padre e marito.[4] La legislazione napoleonica, ispirata ai valori rivoluzionari e illuministi, attribuisce alla donna una condizione di debolezza fisica e intellettuale. In quest’ottica, essa deve obbedienza al marito, può divorziare in casi limitati e a lei sfavorevoli e in caso di adulterio può essere punita con la reclusione temporanea, a discrezione del marito, a cui spetterebbe solo un’ammenda in una situazione analoga. Il diritto napoleonico costituirà il fondamento della società borghese ottocentesca, basata sul modello patriarcale, e avrà una grande influenza nel mondo occidentale, fino ai nostri giorni.

La Convenzione di Seneca Falls: nasce il movimento femminile per il suffragio

Woman’s Rights Convention

La prima Convenzione sui diritti delle donne viene stilata al termine di un’assemblea svoltasi dal 12 al 20 luglio 1848 a Seneca Falls, New York. L’evento è organizzato dalle attiviste statunitensi Elizabeth Cady Stanton, Lucretia Mott, Mary M’Clintock, Martha Coffin Wright e Jane Hunt. Il manifesto della Convenzione di Seneca Falls è la Declaration of Sentiments, un documento che esprime le proteste e le rivendicazioni delle donne, compresi i diritti all’istruzione e al voto, preclusi alle donne e tuttavia concessi anche «all’uomo più ignorante e degradato».[5]

Nella prima metà dell’Ottocento, sebbene le attiviste per l’emancipazione politica femminile siano perlopiù esponenti della classe borghese, le idee di cui si fanno portavoce maturano anche all’interno di riflessioni sull’abolizione della schiavitù in America.

“Deeds, not words”: le suffragette nel Regno Unito

La nascita ufficiale del movimento per il suffragio femminile risale al 1869, quando per la prima volta nel Regno Unito emerge un movimento nazionale finalizzato a rivendicare il diritto di voto per le donne.[6] Una figura di riferimento in tal senso è Millicent Garrett Fawcett, particolarmente attiva nella battaglia per l’estensione dell’istruzione superiore alle donne, sarà tra le fondatrici del Newnham College di Cambridge, uno dei primi college universitari per le donne (1971).

L’attivismo di Millicent Fawcett trova un grande supporto nel compagno John Stuart Mill, un intellettuale impegnato in riflessioni sull’emancipazione femminile e autore del saggio The Subjection of Women (1869). L’opera avrà grande impatto su entrambe le sponde dell’oceano Atlantico, così come il saggio della filosofa Harriet Taylor, The Enfranchisement of Women (1851).

Le due pubblicazioni approcciano il tema non solo dal punto di vista politico, ma anche giuridico ed economico, sostenendo che la posizione subalterna delle donne all’interno della società sia dovuta all’esclusione delle stesse dall’applicazione dei principi del liberalismo economico. Alla fine dell’Ottocento, Fawcett diventa presidentessa della National Union of Women’s Suffrage (NUWSS), un’organizzazione militante per il suffragio femminile nel Regno Unito.[7]

Millicent Garrett Fawcett statue, Parliament Square, London (April 2018)

La militanza di Milicent Fawcett incontra quella di Emmeline Goulden Pankhrust, prendendone le distanze da un punto di vista metodologico. Quest’ultima, assieme alle figlie, fonda la Women’s Social and Political Union (WSPU) a Manchester, per rivendicare con proteste e manifestazioni pubbliche il diritto di voto per le donne. Il motto dell’organizzazione è “Deeds, not words” (= fatti, non parole”). A caratterizzare le campagne della WSPU, tra il 1903 e il 1917, è l’esclusione degli uomini dal movimento e la predilezione di strumenti di protesta che non disdegnano l’uso della violenza e azioni di disobbedienza civile.[8]

Nel 1905, le attiviste per il suffragio femminile danno vita ad una serie di campagne nel tentativo di intercettare l’appoggio dei candidati del partito liberale, animati dall’ambizione di andare al potere. È in questo contesto che si colloca uno dei primi grandi cortei per il suffragio, che tuttavia non avrà alcun esito poiché nessun candidato si schiererà in favore della causa promossa delle attiviste. Questo momento rappresenta un tornante decisivo nell’acquisizione di visibilità per il tema e, nel 1906, le attiviste della WSPU verranno etichettate come “suffragette”, in senso dispregiativo, in un reportage del Daily Mail.[9] Gli anni successivi vedono il radicalizzarsi delle proteste, fino al loro sfociare in vere e proprie azioni violente che costeranno a molte attiviste la reclusione.

Nella campagna elettorale del 1908, Herbert Henry Asquith del Partito Liberale promette di inserire le rivendicazioni delle donne in una nuova legge da approvare in caso di vittoria. Nonostante il sostegno delle suffragette, durante il periodo come Primo Ministro, dal 1908 al 1916, Asquith viene meno alla sua promessa e rifiuta di riformare la legge sul voto.[3]

La WSPU decide così di organizzare una marcia di protesta che sfocerà in atti di violenza nei confronti delle manifestanti da parte di poliziotti e semplici passanti. In quell’occasione, più di 300 donne si dirigono in marcia da Caxton Hall, il loro ritrovo abituale, verso il Parlamento britannico. Durante il tragitto centinaia di donne rimangono gravemente ferite e si registrano anche alcune morti: questo giorno passerà alla Storia come Black Friday. Sono poche le testimonianze fotografiche di quegli scontri, che tuttavia saranno raccontati dalle stesse protagoniste come atti di efferata violenza sulle manifestanti.[10]

Una foto iconica rappresenta la suffragetta Ada Wright sdraiata a terra. Nel libro “The Suffragette Movement: An Intimate Account of Persons and Ideals”, Sylvia Pankhurst, figlia di Emmeline, descrive la situazione da osservatrice diretta: “Ho visto Ada Wright atterrare una dozzina di volte di seguito. Un uomo alto con un cappello di seta ha lottato per proteggerla mentre giaceva a terra, ma un gruppo di poliziotti lo ha spinto via, l’ha afferrata di nuovo, l’ha lanciata tra la folla e l’ha atterrata di nuovo mentre si girava.”[11]

Il pestaggio di Ada Wright durante il Black Friday

A seguito degli eventi, un comitato di parlamentari promotori del disegno di legge sul suffragio femminile si attiva per indagare sull’accaduto, raccogliendo testimonianze dirette. Tra le numerose dichiarazioni raccolte, figurano anche riferimenti ad una serie di aggressioni sessuali ai danni delle manifestanti. Accanto alle prove di questa condotta indecente da parte delle forze di polizia, saranno presentati al Ministero dell’Interno anche dei resoconti finalizzati a minimizzare l’accaduto, descrivendo l’atteggiamento della polizia come “tollerante” e le azioni delle manifestanti come “provocatorie”. Tuttavia, il Ministro dell’Interno Winston Churchill si rifiuterà di intraprendere un’inchiesta pubblica.[12] Dopo il Black Friday, le modalità di protesta delle suffragette cambieranno stile, senza tuttavia esaurirsi. Al contempo, anche la polizia cercherà di evitare scontri di quella portata.

La strategia di azione violenta e spettacolare non viene condivisa da tutte le militanti, infatti la stessa Sylvia Pankhrust sposerà uno stile di protesta dal profilo pacifista fino a prendere le distanze dal movimento guidato dalla madre. La vera rottura del movimento suffragista si consumerà allo scoppio della Prima guerra mondiale, quando Emmeline sposerà la scelta interventista del governo, a differenza di altre sue compagne di lotta, tra cui la stessa Millicent Garrett Fawcett, che invece si mostreranno contrarie alla guerra. Nel 1918, il Parlamento approva il Representation of the People Act, una proposta di legge finalizzata a concedere il diritto di voto alle donne coniugate, di età superiore ai trent’anni. Nel 1928, il diritto di suffragio viene esteso a tutte le donne del Regno Unito.

Uno sguardo altrove: il movimento suffragista in altri Paesi

Il primo Paese ad introdurre il suffragio universale è la Nuova Zelanda, alla fine dell’Ottocento. In Europa, nei primi anni del Novecento il diritto di voto viene esteso alle donne in Finlandia, Norvegia e Germania. La Francia, patria della Rivoluzione francese, concede tale diritto solamente nel 1945. Negli Stati Uniti d’America, tra i principali luoghi di attivismo sul tema del suffragio femminile, le donne ottengono il diritto di votare solo nel 1920, dopo la fine della Prima guerra mondiale.

In Italia, le prime attiviste per il suffragio femminile sono esponenti della borghesia, cattoliche e socialiste. Le donne accederanno al voto, per la prima volta, nel 1946, quando vengono chiamate a votare alle elezioni amministrative e a scegliere tra la monarchia e la repubblica.

Contenuti audio-video extra consigliati:

Suffragette (2015) https://www.youtube.com/watch?v=gYXfARbezcA

Note:

[1] https://blog.nationalarchives.gov.uk/suffragettes-and-the-black-friday-protests-18-november-1910/

[2]https://www.parliament.uk/about/living-heritage/transformingsociety/electionsvoting/womenvote/overview/startsuffragette-/

[3] https://www.nationalarchives.gov.uk/education/resources/suffragettes-on-file/#introduction

[4] Ibid.

[5] https://blog.nationalarchives.gov.uk/suffragettes-and-the-black-friday-protests-18-november-1910/

[6] https://blog.nationalarchives.gov.uk/suffragettes-and-the-black-friday-protests-18-november-1910/

[7] https://www.history.com/topics/womens-history/seneca-falls-convention#what-was-the-seneca-falls-convention

[8] https://www.istitutoeuroarabo.it/DM/il-movimento-suffragista-tra-criticita-evoluzioni-e-finalita-politiche-dalle-origini-al-primo-novecento/

[9] https://www.istitutoeuroarabo.it/DM/il-movimento-suffragista-tra-criticita-evoluzioni-e-finalita-politiche-dalle-origini-al-primo-novecento/

[10] Mastroberti F., Il codice delle donne, Annali della Facoltà di Giurisprudenza di Taranto, anno V, 2012, pp. 350-352.

[11] La fonte principale del paragrafo è Elisabetta Serafini https://www.raicultura.it/raicultura/articoli/2020/10/Rivoluzione-francese-e-diritti-delle-donne-b3c3d246-52bf-4f54-acee-86bff218ced6.html

[12] A. Goldmann, Le donne entrano in scena, Giunti, Firenze, 1996, p. 44.

[13] Ivi, p. 45.

Consigli di lettura: clicca sul titolo e acquista la tua copia!

  • Emmeline Punkhrust, Suffragette. La mia storia, Castelvecchi, Roma, 2015.
  • Goldmann, Le donne entrano in scena. Dalle suffragette alle femministe, Giunti, Firenze, 1996.
Letture consigliate
Martina Moretti

Martina Moretti

Classe 1996, ha conseguito la laurea triennale in Lettere, con una tesi sulla storia dell’immigrazione femminile nell’Italia repubblicana presso l’Università di Roma Tor Vergata. Ha proseguito la sua formazione magistrale in Scienze della Storia e del documento, con una tesi sulla solidarietà internazionale nei confronti dei movimenti di liberazione dell’Africa portoghese. Al momento sta svolgendo un dottorato di ricerca in Scienze storiche e dei beni culturali presso l’Università degli Studi della Tuscia, con un progetto di Storia contemporanea sui flussi migratori postcoloniali.

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