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L’1 febbraio 1945 viene emanato il decreto legislativo numero 23, meglio conosciuto come decreto Bonomi, che estende alle donne del diritto di voto. SCOPRI L’ACCADDE OGGI DEL GIORNO
Prime aperture
Nel mese di agosto 1944 i partiti capeggiati da Alcide De Gasperi (Democrazia Cristiana) e Palmiro Togliatti (Partito Comunista) si dimostrarono favorevoli alla questione dell’estensione del suffragio anche alle donne. Prese così forma il decreto De Gasperi-Togliatti, meglio conosciuto come decreto Bonomi dal nome del Presidente del Consiglio dei ministri del Regno d’Italia, oltreché ad interim Ministro dell’Interno, in carica dal giugno 1944 al giugno del 1945.
L’Unione Donne Italiane e il Centro Italiano Femminile
Nel mese di settembre del 1944, per iniziativa del Partito comunista, a Roma venne fondata l’Unione Donne Italiane, nella quale vennero inseriti i Gruppi di Difesa della Donna. Questa macro-organizzazione avrebbe dovuto rendere unitaria la campagna per il raggiungimento dei diritti politici. L’UDI era però di ideali più tendenti verso sinistra, perciò Maria Rimoldi, presidentessa delle donne cattoliche, propose di staccarvisi. Diede vita a una nuova organizzazione di ispirazione cristiana, il Centro Italiano Femminile.
Il Comitato Pro Voto
Nell’ottobre 1944 la Commissione per il voto alle donne dell’UDI e altre associazioni presentarono al governo Bonomi un documento nel quale parlavano dell’inevitabilità di concedere il suffragio universale. Verso la fine del mese sorse il Comitato Pro Voto volto a far conquistare il diritto di voto alle donne e fare in modo che esse potessero ottenere cariche importanti nelle amministrazioni pubbliche.
Nel mese di novembre del 1944 UDI, CIF e altre organizzazioni commissionarono a Laura Lombardo Radice la scrittura di un opuscolo intitolato “Le donne italiane hanno diritto al voto”.
Successivamente le rappresentanti del Comitato Pro Voto consegnarono una petizione al Governo di Liberazione Nazionale nella quale chiedevano che il diritto di votare e di essere elette venisse esteso alle donne per le successive elezioni amministrative.
Il decreto Bonomi
Il 30 gennaio 1945 nella riunione del consiglio dei ministri, come ultimo argomento, si discuteva del voto alle donne. La questione fu esaminata con poca attenzione ma la maggioranza dei partiti (a esclusione di liberali, azionisti e repubblicani) si dimostrò favorevole all’estensione. Il 1 febbraio 1945 venne emanato il decreto legislativo luogotenenziale n. 23 che conferiva il diritto di voto alle italiane che avessero almeno 21 anni. Le uniche donne escluse erano citate nell’articolo 3: si trattava delle prostitute schedate che esercitavano al di fuori delle case dove era loro concesso.
Eleggibilità delle donne
Il decreto Bonomi tuttavia non faceva menzione dell’elettorato passivo, ossia della possibilità per le donne di essere votate. L’11 febbraio 1945 l’UDI compose un telegramma per Bonomi nel quale si richiedeva di sancire anche l’eleggibilità delle donne. Dovette trascorrere poco più di un anno prima che esse venissero accontentate e potessero godere dell’eleggibilità. Essa veniva conferita alle italiane di almeno 25 anni dal decreto n. 74 datato 10 marzo 1946. Da questa data in poi le donne potevano considerarsi cittadine con pieni diritti.