CONTENUTO
La strage di Marzabotto-Monte Sole, riassunto
La “strage di Marzabotto” (dal maggiore dei comuni colpiti) o più correttamente “eccidio di Monte Sole” avviene tra il 29 settembre e il 5 ottobre 1944 ad opera di reparti tedeschi appartenenti alla 16° SS-Panzergrenadier-Division “Reichsführer-SS”. Sono uccisi nei modi più brutali 770 persone tra partigiani e civili, per la massima parte donne e bambini, nel quadro di un’operazione antipartigiana di “bonifica” del territorio immediatamente a ridosso della Linea Gotica.
La più grande strage nazifascista in Italia è la sommatoria di una serie di singoli episodi di violenza assassina contro civili inermi che si consumano in 115 luoghi diversi, secondo le verifiche compiute dal Comitato Regionale per le onoranze ai Caduti di Marzabotto nel 1994. Questi luoghi sono distribuiti nel territorio di tre comuni a sud di Bologna (Marzabotto, Grizzana Morandi, Monzuno) e disseminati in una zona delimitata dalle valli del Setta ad est, del Reno ad ovest, e sovrastata dalle alture di Monte Sole a nord e Monte Salvaro a sud. Sono piccoli borghi di case coloniche distribuite entro un ampio raggio, molte delle quali distrutte dopo l’eccidio, inframmezzate a chiese e cimiteri, animate da piccole piazze e rivendite-osterie, collegate da mulattiere e carrabili.
Si tratta di un’operazione pianificata dai comandi divisionali nel quadro di una politica del massacro e della terra bruciata, una vera e propria “guerra ai civili”, sistematicamente praticata al fine di combattere il fenomeno partigiano non già contrastando militarmente le formazioni, ma eliminando attraverso la devastazione di un territorio le condizioni ambientali che consentono la loro esistenza ed operatività.
La brigata Stella rossa
La 16° divisione SS e il suo 16° battaglione di ricognizione, il cosiddetto “Battaglione Reder”, un’unità specializzata nella controguerriglia, operano nella zona con il compito di garantire la sicurezza e la tenuta del fronte sulla Linea Gotica. Devono ripulirla dalla presenza partigiana, in particolare dalla brigata Stella rossa comandata da Mario Musolesi “Lupo”.
Nella zona circostante Monte Sole la brigata partigiana ha le proprie basi sin dalla fine dell’anno precedente. Da lì colpisce gli occupanti, attaccando strade e ferrovie che riforniscono il fronte. Già nel maggio del ’44 l’esercito tedesco tenta un assalto ma è respinto come nei casi successivi durante l’estate. Quel territorio si trasforma in prima linea a seguito dell’offensiva alleata d’autunno contro il tracciato difensivo di cui Monte Sole rappresenta un importante caposaldo strategico.
Con gli Alleati a pochi chilometri di distanza, il feldmaresciallo Albert Kesselring considera ancora più pericolosa la presenza partigiana e perciò attua una vasta operazione di rastrellamento contro la Stella Rossa. A metà settembre 1944 arriva la 16° SS-Panzergrenadier-Division Reichsführer SS, comandata dal generale Max Simon e di cui fa parte il 16° battaglione esplorante corazzato (Panzer-Aufklärungs-Abteilung) comandato dal maggiore Walter Reder.
La divisione SS nell’estate 1944 inizia quella che viene ricordata come “la marcia della morte” che attraversando Versilia e Lunigiana giunge al bolognese, compiendo indiscriminati massacri di civili come l’eccidio di Sant’Anna di Stazzema avvenuta il 12 agosto. Lo scopo è fare “terra bruciata” attorno alle formazioni partigiane nelle retrovie della Linea Gotica sterminando le popolazioni che le appoggiano. Di questa tragica sequenza di sangue gli eccidi di Monte Sole rappresentano l’episodio finale.
Inizio dell’operazione
Il 28 settembre 1944 il maggiore Loos, addetto allo spionaggio e al controspionaggio della divisione, ordina a nome del generale Simon la lotta contro la Stella Rossa tra le valli del Setta e del Reno. Il centro dell’azione di accerchiamento è tra Monte Sole e Monte Termine. Al reparto comandato da Reder viene affidato il compito di penetrare al centro della zona partigiana muovendo dalla valle del Setta con direzione San Martino, Monte Sole e Monte Caprara, ma all’azione partecipano con funzioni di appoggio e di contenimento anche altre unità della divisione e reparti della Wehrmacht.
A nord e a ovest vengono posti soprattutto i reparti che devono chiudere la zona: a nord, tra Monte Santa Barbara e Canovella, i soldati di riserva della 16ª divisione corazzata granatieri; a ovest, a Sperticano, spezzoni del 105° reggimento di contraerea; a Sibano e Pioppe vengono schierati i reparti del battaglione 1059/362 e a sud-ovest diverse unità, come la compagnia di scorta della divisione e altri reparti della Wehrmacht.
A sud e a est sono, invece, dislocati il reparto di artiglieria e il reparto esploratori entrambi della 16ª divisione corazzata granatieri. Altri gruppi della Wehrmacht, o furieri della 16ª divisione corazzata granatieri, si trovano a Vado e a Rioveggio, con il compito di chiudere la zona. A Canovella è posizionata una batteria antiaerea. I vari reparti vengono disposti in modo da stringere in un cerchio l’area considerata base dei partigiani, ovvero i monti Termine, Caprara e Sole.
I partigiani si scontrano con i tedeschi in vari punti e cercano di allontanarsi il più possibile dalle abitazioni per raggiungere Monte Sole e Monte Caprara, dove sussistono migliori possibilità di difesa, ma la situazione è insostenibile e nella notte tra il 29 e il 30 settembre viene preparato lo sganciamento. La brigata si divide in vari gruppi che prendono destinazioni diverse. Il comandante Mario Musolesi, sorpreso a Cadotto all’inizio dell’attacco, viene ucciso. La Stella Rossa si dissolve, ma i tedeschi proseguono nella loro azione di annientamento.
Gli eccidi nazisti
Nel corso degli eccidi le uccisioni avvengono con modalità raccapriccianti. A Cerpiano i bambini dell’asilo, insieme alle mamme e ai nonni, vengono rinchiusi in un oratorio dedicato agli angeli custodi e massacrati con il lancio di bombe a mano: alcuni muoiono solo dopo lunghe ore di agonia. A Casaglia i fedeli si riuniscono in chiesa attorno al parroco, ma i soldati li fanno uscire e li uccidono con raffiche di mitraglia e lancio di bombe a mano nel vicino cimitero. A Caprara un gruppo di persone viene rinchiuso nella cucina di una casa e massacrato con le stesse modalità. Gli abitanti di San Martino vengono fucilati nei pressi della chiesa e i loro corpi bruciati.
Pioppe di Salvaro diverse decine di uomini vengono mitragliati e i loro corpi fatti trascinare via dalla piena del fiume solo dopo diversi giorni di esposizione. A Creda intere famiglie trovano la morte tra la stalla e il ricovero degli attrezzi agricoli, mitragliate e circondate dalle fiamme. Casa per casa, rifugio per rifugio, tutto il territorio viene battuto: gli abitanti di Monte Sole vengono braccati e uccisi nei modi più violenti in decine di località situate tra le valli del Reno e del Setta. Le case sono bruciate, gli animali uccisi o razziati, le scorte alimentari saccheggiate o distrutte.
La negazione del massacro
Con estrema freddezza, negando il reale massacro della popolazione di Monte Sole e distorcendo le proporzioni dello scontro con la Stella Rossa, che con grande difficoltà affronta il rastrellamento, il bollettino di guerra tedesco del 2 ottobre 1944 parla di 718 “nemici” uccisi e di “accaniti combattenti nemici”, accomunando partigiani e civili inermi, combattenti per la libertà e bambini di pochi giorni. Il resoconto tedesco cerca di celare il massacro della popolazione, facendo riferimento a presunti ritrovamenti di documenti, depositi di armi e di munizioni, posti di medicazione, scorte di tessuti e così via, per rafforzare l’impressione che i morti siano partigiani o loro fiancheggiatori.
Del tutto fuorviante è anche il riferimento ai duri combattimenti sostenuti, in quanto solo in alcuni punti si verificano scontri diretti con i partigiani e i tedeschi preferiscono lasciare la precedenza all’artiglieria senza prendere direttamente d’assalto le montagne. La deformazione del racconto raggiunge il culmine quando si afferma che la brigata, la cui consistenza è valutata in circa 900 uomini, è stata annientata. Certamente è stata distrutta la sua base logistica e i partigiani sono stati costretti ad allontanarsi, ma i corpi sul campo sono in gran parte quelli di donne, bambini e anziani.
Anche il quotidiano bolognese “Il Resto del Carlino” minimizza l’accaduto, sino al punto di smentire le “macabre voci” che si diffondono a Bologna circa il massacro consumato a Monte Sole. Giorgio Pini, allora direttore del giornale, molti anni dopo riferisce di aver pubblicato un trafiletto che smentiva la strage sulla base di informazioni menzognere fornite da ambienti tedeschi. Sarà la voce dei testimoni a restituire le reali dimensioni del massacro e delle distruzioni compiute a Monte Sole.
Le responsabilità della strage
Le maggiori responsabilità per le uccisioni vengono imputate nel dopoguerra al maggiore delle SS Walter Reder e al suo reparto, ma la sua azione trova come contesto di riferimento l’inasprimento degli ordini contro la guerriglia partigiana emanati da Kesselring e tradotti in disposizioni di estrema crudeltà dai suoi generali, che considerano gli abitanti dei villaggi appenninici direttamente responsabili della presenza dei partigiani. Il coinvolgimento dei fascisti Lorenzo Mingardi (segretario del partito fascista repubblicano di Marzabotto, nonché commissario prefettizio durante la carneficina) e Giovanni Quadri negli eccidi è provato da numerose testimonianze e accerta le responsabilità fasciste nelle violenze consumate nel territorio di Monte Sole.
Gli eccidi di Monte Sole, rientrano nella tragica e aberrante logica della guerra nazista, una guerra di sterminio nella quale non si fanno prigionieri, ma si elimina spietatamente il nemico. Anche a Monte Sole la definizione di nemico finisce con il comprendere tutta popolazione e la barbara uccisione di intere comunità si configura come una feroce punizione per quanti hanno in vario modo sostenuto la brigata o semplicemente sono venuti a trovarsi nell’area del suo insediamento e come un mezzo per eliminare le condizioni della sopravvivenza della Stella Rossa a Monte Sole.
Processi per crimini di guerra
La partecipazione fascista alla strage è riportata dai pochi sopravvissuti e nel 1946 la Corte d’Assise di Brescia giudica i fascisti Lorenzo Mingardi e Giovanni Quadri per collaborazione, omicidio, incendio e devastazione. Mingardi ha la pena di morte, poi trasformata in ergastolo. Il secondo, 30 anni, poi ridotti a dieci anni e otto mesi. Tutti e due sono successivamente liberati per amnistia.
Il feldmaresciallo Albert Kesselring catturato dagli Alleati nel maggio 1945, è processato per crimini di guerra da un tribunale militare britannico. Il processo, celebrato a Venezia dal febbraio al maggio 1947, si conclude con una condanna a morte per crimini di guerra, tramite fucilazione, non eseguita per intervento del governo britannico.
Kesselring ha due capi di imputazione:
- primo capo d’imputazione è il massacro delle Fosse Ardeatine
- secondo capo d’imputazione è di aver incitato e ordinato alle forze sotto il suo comando di uccidere civili italiani per rappresaglia. Per istigazione di Kesselring sono eseguite dai soldati tedeschi più di venti rappresaglie particolarmente efferate svoltesi nel 1944, fra cui la strage di Sant’Anna di Stazzema e quella di Marzabotto.
Al termine della seconda guerra mondiale, Walter Reder è condannato all’ergastolo dal tribunale militare di Bologna nel 1951. Il 14 luglio 1980 il tribunale militare di Bari gli concede la libertà condizionale, con cinque anni di internamento nel carcere di Gaeta con lo status di prigioniero di guerra “salva la possibilità per il governo di adottare provvedimenti in favore del prigioniero”. Il 23 gennaio 1985, il presidente del consiglio Bettino Craxi decide di liberare anticipatamente Reder. A suo favore intervengono a suo tempo sia il Governo austriaco che quello tedesco. Muore a Vienna nel 1991.
Nel 2006 inizia il processo contro 17 imputati, tutti ufficiali e sottufficiali della 16° Panzergrenadier-Division Reichsführer SS. L’istruzione dei procedimenti ha luogo grazie alla scoperta nel 1994 di 695 fascicoli di inchiesta presso la sede della Corte Militare d’Appello di Roma. Questi fascicoli, segnati con il timbro della “archiviazione provvisoria” datata 1960 e occultati in un armadio rivolto verso il muro, il cosiddetto “armadio della vergogna”, rimasto chiuso fino alla scoperta, contengono i dati riferiti a numerosi ufficiali delle SS responsabili di crimini di guerra dall’8 settembre 1943 al 25 aprile 1945.
Il 13 gennaio 2007 il Tribunale Militare di La Spezia condanna all’ergastolo dieci imputati per l’eccidio di Monte Sole, ritenuti colpevoli di violenza pluriaggravata e continuata con omicidio. I condannati sono: Paul Albers, aiutante maggiore di Walter Reder; Josef Baumann, sergente comandante di plotone; Hubert Bichler, maresciallo delle SS; Max Roithmeier, sergente; Adolf Schneider maresciallo capo; Max Schneider, sergente; Kurt Spieler, soldato; Heinz Fritz Traeger, sergente; Georg Wache, sergente; Helmut Wulf, sergente;
Il 7 maggio 2008 la Corte Militare d’Appello di Roma conferma gli ergastoli della sentenza di primo grado, assolve per insufficienza di prove Spieler e condanna alla stessa pena Wilhelm Kusterer, il quale è stato assolto in primo grado. Il processo si conclude con la morte di Paul Albers, l’unico ad aver presentato ricorso in Corte di Cassazione.
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