CONTENUTO
Bruxelles è considerata la capitale dell’Europa, avendovi sede la Commissione europea, il Parlamento europeo, il Consiglio europeo e diverse istituzioni internazionali (NATO, Consiglio d’Europa, Gruppo Stati Africa Caraibi Pacifico).
Dal punto di vista calcistico, la capitale belga ha ospitato finora quattro finali di Coppa dei Campioni, quattro di Coppa delle Coppe, una di Coppa Uefa, la finale dell’Europeo 1972 e cinque partite degli Europei (in parte) casalinghi del 2000. La Jupiler Pro League, il massimo campionato nazionale, è un campionato di livello basso la cui realtà più vincente è l’Anderlecht ma il fiore all’occhiello è la Nazionale dei Diavoli rossi, terza al Mondiale di Russia 2018 e numero 1 del ranking FIFA tra il novembre 2015 ed il marzo 2016 e dal settembre 2018 al marzo 2022.
La città di Bruxelles si lega ad un evento luttuoso: mercoledì 29 maggio 1985, allo stadio Heysel, sito nell’omonimo quartiere ad un centinaio di metri dall’Atomium, prima della finale di Coppa dei Campioni tra Juventus e Liverpool, a causa delle intemperanze degli hooligans ed un servizio di sicurezza non all’altezza della situazione, muoiono trentanove persone (di cui trentadue tifosi italiani) e oltre seicento persone sono ferite.
Nessuno, da allora, dimentica cosa successe quella tragica sera di fine maggio in uno degli stadi più prestigiosi d’Europa.
La settima finale europea dell’Heysel. Il cammino delle finaliste
Per la finale della Coppa dei Campioni (stagione 1984/1985), la Federcalcio europea, la UEFA, assegna a Bruxelles l’onore di ospitare il match finale: teatro dell’evento, lo stadio Heysel che, in pochi anni, si vede assegnare tre finali di Coppa dei Campioni (1958, 1966 e 1974), tre di Coppa delle Coppe (1964, 1976 e 1980) e la finale di andata di Coppa Uefa Anderlecht-Benfica del 4 maggio 1983. Inaugurato nel 1930 per festeggiare i 100 anni della nascita del Belgio e capace di contenere 60mila persone, l’Heysel ospita ancora una volta l’atto conclusivo della coppa più importante a livello di club europei: da un lato i campioni d’Europa in carica del Liverpool, alla quinta finale di Coppa Campioni in nove stagioni, e dall’altro la Juventus, già finalista nel 1973 e nel 1983.
Le due squadre si affrontano per la seconda volta in cinque mesi: il 16 gennaio 1985 al “Comunale” di Torino giocano la finale di Supercoppa europea della stagione precedente. A vincere è la Juventus (detentrice della Coppa delle Coppe) nella celebre “partita del pallone rosso” perché, a causa di una copiosa nevicata su Torino e tutta Italia in quelle settimane, non si può giocare con il “solito” pallone bianco-nero.
La Juventus giunge in finale dopo aver eliminato i finlandesi del Ilves, gli svizzeri del Grasshoppers, i cecoslovacchi dello Sparta Praga ed in semifinale di campioni di Francia del Bordeaux. Il Liverpool di coach Joe Fagan vola a Bruxelles dopo aver avuto la meglio su Lech Poznan, Benfica, Austria Vienna ed i greci del Panathinaikos in semifinale. Per entrambe, la finale dell’Heysel è l’apice della stagione: la Juventus chiude al sesto posto in campionato ed eguaglia il peggior piazzamento dalla stagione 1961/1962, il Liverpool al secondo posto in First Division dietro ai “cugini” dell’Everton. Per entrambe, vincere significa dare un senso alla loro stagione.
Il calcio di inizio della finale è fissato per le ore 20:15 di mercoledì 29 maggio 1985. Arbitro dell’incontro, lo svizzero André Daina.
Ore 18:30, la quiete prima della tempesta
Il giorno prima della finale, Bruxelles è piena di supporters di entrambe le squadre, ma gli animi sono diversi: se gli italiani sono festanti e sobri, l’approccio inglese pone diversi problemi di ordine pubblico con i tifosi d’Oltremanica ubriachi, molesti e che bivaccano, sporcano e compiono addirittura una rapina in una gioielleria. Nonostante tra alcuni supporter delle due squadre c’è una sorta di amicizia culminata con lo scambio delle sciarpe, la gestione dei tifosi del Liverpool è molto complicata, ma questo è un problema che l’Europa “sportiva” ha da diversi anni perché la maggior parte dei tifosi inglesi non è composta da tifosi come gli altri: la maggior parte appartiene alla frangia “hooligans”, un’altra cosa rispetto al tifo normale da stadio. Sono violenti, alcolizzati, cattivi e sia in patria quanto all’estero sono un serio problema di ordine pubblico, nonché un pericolo.
La gendarmeria di Bruxelles ha sin da subito difficoltà nella gestione dell’ordine pubblico. La paura di molti è che si possano ripete i tafferugli e le cariche come a Roma l’anno precedente prima della finale di Coppa dei Campioni tra il Liverpool e la Roma. Per di più, lo stadio Heysel presenta alcuni problemi strutturali perché decadente e fatiscente in alcune sue parti, mostrando crepe e calcinacci sparsi. Insomma, uno stadio inadeguato per ospitare il grande happening di una finale della Coppa dei campioni. La UEFA dà il suo placet.
I cancelli dello stadio si aprono nel tardo pomeriggio, come di consueto molto prima del calcio di inizio fissato alle ore 20:15. Alle ore 18:30 molti tifosi colorano lo stadio Heysel con sciarpe e bandiere delle loro squadre. L’Heysel è diviso in sei settori più due tribune opposte: 23mila tifosi bianconeri sono inseriti nei settori (“bloc”) M, N e O (curva Sud), mentre i 17mila inglesi vanno nel X e nel Y (curva Nord). In quei cinque settori sono sistemati i tifosi “schierati”. Tra il settore X e la tribuna nord-ovest c’è un settore assegnato a tifosi di nessuna appartenenza alle due squadre per un totale di 6mila persone. Quel settore, è il settore Z.
I settori X e Y presentano un problema: la fase pre-filtraggio ha grosse lacune e nel settore riescono adentrare anche altri ottomila tifosi sprovvisti di biglietto. La maggior parte di questi sono hooligans. Ma anche il settore Z presenta problemi: a causa di errori nella ripartizione dei “pacchetti”, vi prendono posto migliaia di tifosi juventini. Sono tutti provvisti di regolare biglietto, ma non sono tifosi neutrali ed è pericoloso che tifosi juventini siano così vicini a quelli inglesi.
I tifosi inglesi notano subito i tifosi con sciarpe e bandiere bianconere ed iniziano i primi problemi. I tifosi inglesi, già alterati dall’assunzione di tanto alcool e con intenzioni poco pacifiche, iniziano a un fitto lancio di oggetti contundenti verso il settore Z ed iniziano ad ondeggiare verso la rete che divide i due settori. I gendarmi a tutela della divisione dei due settori sono solo cinque. Cinque poliziotti per controllare un settore dove la maggior parte dei tifosi inglesi sono hooligans.
In tutto lo stadio ci sono ottantacinque gendarmi e un centinaio nelle zone limitrofe. Ci sono pochi poliziotti in borghese e una trentina a cavallo: a Roma, l’anno precedente, oltre 5mila poliziotti sono impegnati per la tutela dell’ordine pubblico. I poliziotti belgi sono per nulla equipaggiati in caso di emergenza. E l’emergenza è lì in divenire.
Ore 19:30, morte e orrore all’Heysel
I tifosi del Liverpool vogliono intimidire, provocare: vogliono fare il “take an end” (prendere la curva), ma alla provocazione i tifosi juventini non rispondono ed il motivo è semplice: i tifosi juventini del settore Z non sono ultras, ma tifosi normalissimi. Non hanno intenzione, nel caso, di sfidare gli inglesi.
Alle ore 19:15, dopo diversi ondeggiamenti, la rete che divide i “bloc” X e Z è divelta, i tifosi inglesi entrano nel settore avverso. I tifosi del settore Z, impauriti, temono per la loro incolumità e si dirigono tutti verso l’unica via di uscita del settore. I tifosi del settore Z non sono tifosi violenti, ma gente per bene che non vuole scontrarsi con gli hooligans e, per paura, scappa verso l’uscita. Altri si lanciano nella pista di atletica che circonda il campo. I tifosi inglesi lanciano di tutto ed hanno in mano spranghe e cocci di bottiglie di birra. Si assiste a gente che spinge, gente che cade per terra, gente schiacciata, gente che si aggrappa a ciò che trova per salvarsi.
La calca fa cadere un muro che si porta con sé tantissimi tifosi per oltre 15 metri di altezza che si feriscono in maniera grave. La porta di uscita è larga un metro e mezzo: una sola via di uscita, per di più piccola, per seimila spettatori. Seimila spettatori che si accavallano tra loro cercando di salvarsi.
Alle 19:30 la polizia belga, contattata dal servizio d’ordine dello stadio, entra nello stadio con oltre venti minuti di ritardo. I poliziotti, agitati ed in stato di impreparazione, manganellano i tifosi nella pista di atletica e pensano che sono loro i colpevoli del disastro.
Giusto per aizzare ancore gli animi, alcuni tifosi juventini dei bloc M-N-O, non capendo bene costa stia succedendo nella parte opposta entrano nella pista di atletica e si dirigono verso i settori inglesi dove ingaggiano una rissa con i gendarmi e con i tifosi inglesi. Ad un certo punto è esposto lo striscione “Reds animals” che viene mostrato in diretta televisiva.
Urla, pianti, imprecazioni e sangue caratterizzano quei momenti: si iniziano a contare i morti che sono portati, via via, alla camera mortuaria dell’ospedale militare di Bruxelles. Fuori dall’Heysel si montano tende da campo per aiutare le persone ferite. Sono le ore 19:45 di mercoledì 29 maggio 1985: alle ore 20:15 c’è il calcio d’inizio della finale. Impossibile che la partita si giochi. O no?
Ore 21:40 le squadre entrano in campo. La vittoria della Juventus e la coppa mostrata al pubblico
I giocatori delle due squadre dagli spogliatoi hanno notizie frammentate e alle 20:30 alcuni giocatori della Juventus si dirigono verso il settore Z per tastare il dramma e parlare con i tifosi. La situazione dentro l’Heysel è caotica e confusionaria. Anche i giocatori del Liverpool fanno lo stesso e si dirigono verso i loro supporters.
I tifosi chiedono ai giocatori se la partita si gioca o meno e loro non lo sanno perché non dipende da loro. La Juventus, per bocca del Presidente Boniperti, non vuole giocare la partita ma è obbligata a farlo: non giocare la partita avrebbe quasi sicuramente creato ancora più problemi di ordine pubblico con la sicura vendetta dei tifosi juventini contro gli inglesi. E la tragedia sarebbe potuta diventare ancora maggiore.
In una sala della tribuna a decidere se la partita si giochi o meno ci sono il borgomastro di Bruxelles, Hervé Brouhon; Robert Paels, commissario del servizio d’ordine dell’Heysel; Robert Barnaert, comandante della gendarmeria di Bruxelles; Jacques Georges e Hans Braumgartner, Presidente e vice-Presidente della UEFA; il Presidente della Federcalcio italiana, Federico Sordillo; due ministri italiani (Gianni de Michelis e Franco Nicolazzi), oltre ai presidenti delle due squadre. La Juve vuole però una partita vera. Nessuna amichevole in attesa che la vera finale si giochi in un’altra situazione ambientale: chi vince, alza la coppa. Il Liverpool esprime lo stesso concetto. Nessun giocatore, anche per rispetto verso le vittime, non può dire “no, io non gioco”.
Nessuno vuole prendersi responsabilità se giocare o meno la partita: a dare l’ok sulla decisione di giocare la partita ci pensa Robert Barnaert. Intorno alle ore 21:15, i due capitani, Gaetano Scirea e Phil Neal, leggono un comunicato ed annunciano che la partita si gioca, rincuorando tutti i presenti all’Heysel:
“La partita verrà giocata per consentire alle forze dell’ordine di organizzare al termine l’evacuazione dello stadio. State calmi, non rispondete alle provocazioni.
Giochiamo per voi”.
Alle ore 21:40, le squadre scendono in campo e l’arbitro Daina, cinque minuti dopo, fischia il calcio diinizio in un clima surreale visto che durante le azioni di gioco si inquadra, per forza di cose, il settore Z che è un campo di battaglia. Alcune tv straniere decidono, per rispetto verso i morti e i feriti, di non trasmettere la finale o di mostrare le immagini dell’incontro senza la telecronaca. Bruno Pizzul, telecronista della Rai inviato all’Heysel, racconta le fasi di gioco in maniera neutrale e distaccata perché contrario al fatto che il match si giochi. La polizia belga circonda la pista di atletica che divide spalti e campi: c’è il timore che qualcuno possa invadere il campo.
A vincere è la Juventus che si impone 1-0 grazie al rigore segnato da Platini per fallo di Gillespie su Boniek al 56’. Dal dischetto, il numero 10 bianconero non fallisce e, superato Grobbelaar, si lascia andare ad un’esultanza sfrenata. Il rigore, come si scopre alla moviola, è concesso molto generosamente in quanto il fallo sull’attaccante polacco è avvenuto lontano dall’area di rigore.
La Juventus vince, al terzo tentativo, la sua prima Coppa dei Campioni: dopo due cocenti sconfitte, i bianconeri alzano al cielo la loro prima “coppa dalle grandi orecchie” e diventano la prima squadra a vincere le quattro coppe europee per club (Coppa Uefa, Coppa delle Coppe, Supercoppa europea e Coppa dei Campioni). A dicembre, poi, il club torinese rappresenta la UEFA nella finale di Coppa Intercontinentale a Tokyo. La Juventus è anche la terza squadra italiana a vincere la Coppa dei Campioni dopo Milan e Inter.
La cerimonia di premiazione non si effettua, come di consueto, in pompa magna in campo, ma negli spogliatoi. I giocatori della Juventus a fine cerimonia escono e mostrano la coppa ai loro tifosi. Per le strade italiane, i tifosi juventini sono in strada a festeggiare con migliaia di caroselli.
Il giorno dopo le pagine di tutti i quotidiani sono dedicate alla strage e ai morti sugli spalti del settore Z dello stadio Heysel. Quanti sono i morti degli incidenti? Chi sono? Quanti anni hanno? Da dove provengono? Di chi è la colpa della strage sugli spalti?
L’elenco delle vittime e gli strascichi giudiziari
Le vittime della strage dell’Heysel sono trentanove, di cui trentadue italiani, quattro belgi, due francesi ed un irlandese. Trentotto persone muoiono sugli spalti, una in ospedale due mesi e mezzo dopo. Sono trentasei uomini, due donne italiane ed un bambino italiano.
I loro nomi sono:
- Rocco Acerra, 28 anni
- Bruno Balli, 50 anni
- Alfons Bos, 35 anni
- Giancarlo Bruschera, 35 anni
- Andrea Casula, 10 anni
- Giovanni Casula, 43 anni
- Nino Cerullo, 24 anni
- Willy Chielens, 41 anni
- Giuseppina Conti, 16 anni
- Dirk Daeneckx, 27 anni
- Dionisio Fabbro, 51 anni
- Jaques François, 45 anni
- Eugenio Gagliano, 35 anni
- Francesco Galli, 24 anni
- Giancarlo Gonnelli, 45
- Alberto Guarini, 21 anni
- Giovacchino Landini, 49 anni
- Roberto Lorentini, 31 anni
- Barbara Lusci, 58 anni
- Franco Martelli, 22 anni
- Loris Messore, 28 anni
- Gianni Mastroiaco, 20 anni
- Sergio Bastino Mazzino, 37 anni
- Luciano Rocco Papaluca, 37 anni
- Luigi Pidone, 31 anni
- Benito Pistolato, 50 anni
- Patrick Radcliffe, 38 anni
- Domenico Ragazzi, 44 anni
- Antonio Ragnanese, 29
- Claude Robert, 30 anni
- Mario Ronchi, 42 anni
- Domenico Russo, 26
- Tarcisio Salvi, 49 anni
- Gianfranco Sarto, 46 anni
- Amedeo Giuseppe Spolaore, 54 anni
- Mario Spanu, 41 anni
- Tarcisio Venturin, 23 anni
- Jean Michel Walla, 32 anni
- Claudio Zavaroni, 28 anni
La rabbia ed il dolore avvolgono l’Europa calcistica. Come è possibile disputare una finale di Coppa dei Campioni in uno stadio per nulla idoneo ad ospitare una manifestazione così importante? Perché la gestione dell’ordine pubblico è così deprecabile? Come è possibile lasciare solo cinque gendarmi a controllare la divisione tra due settori? Perché il servizio d’ordine non ha capito subito la tragedia e la polizia arriva solo a strage avvenuta? Soprattutto, come è possibile fare entrare ottomila hooligans senza biglietto?
Nei giorni successivi iniziano le indagini per identificare gli autori della strage. Grazie all’aiuto delle telecamere, diversi tifosi inglesi sono arrestati. I referti medici dicono che i tifosi sono morti per morte accidentale, soffocamento e asfissia.
Il processo inizia nel 1990 e alla sbarra ci sono “solo” venticinque hooligans. Di questi, undici saranno assolti e quattordici condannati a cinque anni di reclusione. Il processo termina nella primavera del 1991. I tifosi inglesi dicono che sono stati provocati dai tifosi juventini del settore Z: nessuno crede alla loro linea difensiva. Si scopre, durante gli interrogatori ed il processo, che tanti tifosi inglesi entrano allo stadio armati e ci sono anche tifosi infiltrati di altre squadre inglesi che si uniscono ai Reds con chiari intenti violenti. Si scopre poi che alcune salme sono scambiate e le autopsie sono fatte in fretta e furia.
A pagare non sono solo gli hooligans, ma anche vertici istituzionali: sono rinviati a giudizio il segretario della Federcalcio belga, Robert Roosens, il capo della gendarmeria Michel Konsier ed il capitano Mahieu.
Grazie al “Comitato Vittime Heysel”, sono condannati a tre mesi con condizionale e al pagamento di 500 franchi Mahieu; il capo della Federcalcio belga Roosens è condannato a 6 mesi e tremila franchi di multa; il vice-Presidente UEFA, Hans Braumgartner “prende” tre mesi con la condizionale. Il Belgio per almeno dieci anni è interdetto dall’ospitare eventi sportivi.
Addirittura il problema Heysel arriva anche nel parlamento belga: Charles Ferdinand Nothomb, allora Ministro degli Interni, è invitato a dimettersi per responsabilità oggettiva nella gestione della polizia. Non si dimette in quanto asserisce che la colpa della strage non è della polizia, ma del borgomastro di Bruxelles, Hervé Brouhon, perché lo stadio è comunale e spetta ai gendarmi di Bruxelles gestire l’ordine pubblico. Il governo presieduto da Wilfried Martens si dimette in autunno e Nothomb diventa successivamente vice e poi presidente della Camera dei Rappresentanti.
Anche la UEFA emette le sue condanne: per cinque anni, a partire dalla stagione 1985/1986, tutte le squadre inglesi sono squalificate dalle coppe europee ed il Liverpool ha una stagione in più da scontare. Per questo motivo non si disputa la finale di Supercoppa europea perché a sfidare la Juventus campione d’Europa c’è l’Everton (l’altra squadra di Liverpool) vincitore della Coppa delle Coppe.
La Juventus è punita con la squalifica di due turni a porte chiuse da scontare nella successiva Coppa dei Campioni: squalifica poi tramutata in un turno solo a porte chiuse perché i torinesi chiedono, ed ottengono, di giocare dal primo turno e non dagli ottavi di finale come spetterebbe loro.
Per il calcio inglese, la squalifica è una batosta non solo economica, ma anche di prestigio: il Liverpool è primo nel ranking europeo ed il calcio inglese conta fino a quel momento otto vittorie in Coppe dei Campioni, cinque in Coppa delle Coppe e cinque in Coppe Uefa in totale. Il calcio d’Oltremanica è il migliore al Mondo, ma dinanzi a questa tragedia il ranking non conta: tutte fuori per cinque stagioni consecutive, indistintamente.
Come se non bastasse, l’allora governo britannico presieduto da Margareth Thatcher usa il pugno di ferro contro gli hooligans, promuovendo una serie di leggi che reprimono la violenza e vietano la somministrazione di alcool prima, durante e dopo gli eventi calcistici. Per l’Inghilterra, la strage dell’Heysel è un’onta.
A distanza di anni, è controversa anche la festa di alcuni giocatori juventini a fine partita con il giro del campo con la Coppa dei Campioni mostrata ai tifosi. Marco Tardelli chiede scusa per quei festeggiamenti e dice sempre che quella coppa non gli appartiene, mentre “Zibì” Boniek ha rifiutato il premio partita per rispetto verso i morti. Molti criticano anche Platini per l’esultanza successiva al gol: perché festeggiare quando davanti al settore dove hai segnato è successa una strage?
E’ criticata anche la Juventus che, una volta atterrata a Caselle, conscia del fatto di sapere del numero di morti e dei feriti, mostra festante la Coppa dei Campioni dalla scaletta dell’aereo.
Cosa rimane oggi di quella tragica serata
I vertici calcistici ed istituzionali europei decidono di usare il pugno di ferro contro tifosi violenti e la gestione degli impianti. Il 19 agosto 1985, a Strasburgo, si adotta la “Convenzione europea sulla violenza e i disordini degli spettatori durante le manifestazioni sportive, segnatamente nelle partite di calcio”: si stabiliscono diversi punti come la cooperazione tra le polizie europee in vista di eventi sportivi, maggiori controlli sulle vendite dei biglietti e divieto di vendita di bevande alcooliche, oltre al maggior controllo e alla sicurezza all’interno degli stadi.
Fino al 15 aprile 1989, la strage dell’Heysel è la sesta più grave accaduta sugli spalti europei per numero di vittime: quel giorno accade la più grave tragedia in uno stadio europeo, la strage di Hillsborough prima della semifinale di FA Cup tra Liverpool e Nottingham Forest. L’evento luttuoso è simile, per certi versi, a quello dell’Heysel perché nello stadio di Sheffield entrano più tifosi del Liverpool rispetto a quanti ne può contenere il settore a loro dedicato, il West Stand.
La polizia e l’organizzazione dell’evento decidono di far entrare tutti i tifosi Reds in quel settore. Come a Bruxelles, la calca è enorme e tantissimi tifosi sono schiacciati contro le barriere metalliche poste a delimitare quel settore. Novantasei tifosi muoiono schiacciati e altri seicento rimangono feriti. La strage di Sheffield è considerata “figlia” di quella di Bruxelles perché ha visto la morte di persone innocenti; c’è stata una disorganizzazione incredibile; la polizia ha sbagliato in pieno la tutela dell’ordine pubblico.
Se dopo la strage dell’Heysel è emanata la Convenzione, dopo i fatti di Hillsborough il governo inglese istituisce il “rapporto Taylor” che, praticamente, estirpa il fenomeno hooligans in Inghilterra. Il problema hooligan è nel tempo limitato e nel 1996 l’Inghilterra ospita l’Europeo, anche se negli anni molti tifosi inglesi in trasferta si macchiano di atti violenti e deprecabili.
Anni dopo la strage del 29 maggio 1985, lo stadio Heysel ha subito diverse modifiche e ristrutturazioni e dal 1995 è intitolato a re Baldovino: l’anno dopo ospita la finale di Coppa delle Coppe tra Paris Saint Germain e Rapid Vienna, primo evento calcistico successivo ai tragici eventi del settore Z del “fu” Heysel.
Il 7 marzo 1990 il Milan è la prima squadra italiana a tornare a giocare all’Heysel (quarti di finale di Coppa dei Campioni contro il Malines). Baresi depone un mazzo di rose nell’ex settore Z, piovono fischi.L’impianto di Bruxelles ospita poi alcune partite dell’Europeo belga-olandese del 2000 ed il 14 giugno 2000, prima di Belgio-Italia, la Nazionale azzurra depone una corona di fiori in ricordo delle 39 vittime sotto la lapide posta a loro imperitura memoria. Vi presenziano l’allora capitano azzurro, Paolo Maldini, l’allora capitano della Juventus, Antonio Conte, ed il capitano belga Lorenzo Staelens.
Da quel 29 maggio 1985, Juventus e Liverpool si affrontano solo una volta, nei quarti di Champions League, diciannove anni dopo la tragedia: il 5 aprile 2004 ad Anfield Road, la Kop, la curva del tifo del Liverpool, espone una coreografia in ricordo dei fatti dell’Heysel con la scritta “amicizia” (in inglese), ma dai tifosi bianconeri le scuse ed il gesto non sono apprezzati.
In ricordo delle vittime e per la loro tutela legale, il 2 marzo 1986 Otello Lorentini, presente quella sera all’Heysel dove perde il figlio Roberto, un giovane medico che, nonostante la certezza di salvarsi, torna tra la folla per aiutare un bambino e rimane schiacciato dalla ressa, fonda il Comitato Vittime Heysel sciolto una volta terminato il processo contro la UEFA. Oggi al suo posto c’è l’Associazione famiglie vittime dell’Heysel, nata nel 2015 e presieduta dal nipote di Lorentini, Andrea, figlio di Roberto, che aveva 3 anni quando perse il padre sugli spalti del settore Z. Scopo dell’associazione: avvicinare le famiglie e tenere viva la memoria delle vittime e della strage. Roberto Lorentini, per il suo sacrificio, è medaglia d’argento al valore civile.
Alla strage sono dedicati libri, documentari, monologhi teatrali, brani musicali e diverse città italiane dedicano alle vittime dell’Heysel ceppi in diversi parchi comunali (Grugliasco, Savigliano, Portomaggiore, Reggio Emilia, Puianello), vie e piazze (Torino, Camerano, Eboli, Rutigliano, Codogno, Arezzo), campi sportivi (Mesagne, Todi, Moncalieri), targhe e lapidi negli stadi e negli antistadi cittadini (Meda, Arezzo, Avellino, Noto, Reggio Emilia).
E’ presente in ricordo delle vittime una lapide ad Anfield Road, stadio del Liverpool, nel museo della Juventus e nella sede della stessa squadra bianconera. Ad Anfield le targhe sono tre: due all’interno del museo del club e la terza all’esterno dello stadio cittadino, inaugurata nel 2010 alla presenza di due giocatori in campo all’Heysel, Phil Neal e Sergio Brio.
In onore delle vittime si è giocata anche la partita amichevole tra Belgio ed Italia il 13 novembre 2015. Teatro dell’incontro, il Re Baldovino ovvero il vecchio Heysel: in quell’occasione è ritirata in maniera simbolica la maglia numero “39” della Nazionale in ricordo delle vittime della strage del 29 maggio 1985 avvenuta proprio dentro quell’impianto.
Il sogno di ogni tifoso di calcio è vedere la propria squadra del cuore disputare una finale di Champions League e vedere il proprio capitano alzare al cielo la coppa più bella e prestigiosa di tutte. Trentadue tifosi italiani juventini, quattro belgi, due francesi ed un irlandese, non hanno visto capitan Scirea alzarla al cielo di Bruxelles perché morti. Morti dalla calca provocata dal non-tifo di pseudo-tifosi che con il calcio non c’entrano nulla e in uno stadio che non doveva ospitare un evento come la finale di Coppa dei Campioni.
Sono passati trentasette anni dai fatti del 29 maggio 1985 e questo lasso di tempo non cancella la rabbia ed il dolore per le vittime e ciò che successe prima del calcio di inizio di quella maledetta finale di Coppa dei Campioni. Una tragedia in un luogo che non dovrebbe mai essere teatro di tragedie ma solo di feste, passioni ed emozioni: lo stadio. Stadi che vedono molto spesso cori e striscioni esposti dalle tifoserie avverse alla Juventus per dileggiare i morti dell’Heysel.
Tragedie come quella dello stadio Heysel sono indimenticabili: 39 vittime per colpa di tifosi scellerati e scalmanati sono un affronto alla sportività e al rispetto delle vite umane. Quella finale che doveva essere un sogno è diventato un incubo in una calda sera di fine maggio e che ha cambiato il concetto di andare allo stadio.
Sitografia:
https://www.associazionefamiliarivittimeheysel.it/