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La strage di via d’Amelio del 19 luglio 1992: la morte di Paolo Borsellino

La strage di via D'Amelio. Il 19 luglio 1992 una Fiat 126 esplode in via D'Amelio a Palermo. Perdono la vita Paolo Borsellino e cinque agenti della scorta.

di Mirko Muccilli
18 Luglio 2020
TEMPO DI LETTURA: 5 MIN
strage via d'amelio

Via D'Amelio dopo l'esplosione

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CONTENUTO

  • I 57 giorni che separano Capaci dalla strage di via d’Amelio
  • La strage di via d’Amelio, 19 luglio 1992
  • Strage di Stato
  • Gli audio desecretati della Commissione Antimafia
  • Paolo Borsellino, film

Alle ore 16:58 del 19 luglio 1992 una Fiat 126 contenente circa 90 Kg di tritolo telecomandati a distanza esplode in via Mariano D’Amelio, a Palermo. Nell’attentato perdono la vita il giudice Paolo Borsellino e i cinque agenti di scorta Emanuela Loi, Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina. E’ la strage di via d’Amelio.

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I 57 giorni che separano Capaci dalla strage di via d’Amelio

Sono esattamente 57 i giorni che separano la strage di Capaci del 23 maggio 1992 da quella di via d’Amelio. Durante questo arco di tempo il giudice Paolo Borsellino tenta di fare un pò di luce sui mandanti e gli esecutori dell’attentato di Capaci, in cui ha perso la vita il collega e l’amico d’infanzia Giovanni Falcone. E’ consapevole però di avere poco tempo a disposizione.

Nell’ultima intervista televisiva al giudice, condotta da Lamberto Sposini il 24 giugno, alla domanda diretta del giornalista: “Lei si sente un sopravvissuto?”, Paolo Borsellino risponde:

“Guardi, io ricordo ciò che mi disse Ninni Cassarà allorché ci stavamo recando assieme sul luogo dove era stato ucciso il dottor Montana alla fine del luglio del 1985. Mi disse: “Convinciamoci che siamo dei cadaveri che camminano. La sensazione di essere un sopravvissuto e di trovarmi in estremo pericolo, è una sensazione che non si disgiunge dal fatto che io credo ancora profondamente nel lavoro che faccio, so che è necessario che lo faccia, so che è necessario che lo facciano tanti altri assieme a me. E so anche che tutti noi abbiamo il dovere morale di continuarlo a fare senza lasciarci condizionare dalla sensazione che, o financo, vorrei dire, dalla certezza, che tutto questo può costarci caro.”

Il giorno seguente Borsellino fa il suo ultimo intervento pubblico per un evento organizzato nell’atrio della Biblioteca comunale di Palermo, durante il quale ricorda, con toni accesi, l’amico e collega da poco scomparso.

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La strage di via d’Amelio, 19 luglio 1992

La domenica del 19 luglio 1992, dopo aver pranzato a Villagrazia di Carini con la moglie Agnese e i figli Manfredi e Lucia, Paolo Borsellino si reca insieme alla sua scorta in via D’Amelio, dove vivono sua madre e sua sorella Rita. Alle 16:58 una Fiat 126 imbottita di tritolo, parcheggiata proprio sotto l’abitazione della madre del magistrato, viene fatta esplodere con un telecomando a distanza nel momento in cui Borsellino sta suonando al citofono.

Per il giudice e per cinque agenti della sua scorta non c’è nulla da fare. L’unico sopravvissuto è l’agente Antonino Vullo, salvatosi miracolosamente perché al momento della deflagrazione sta parcheggiando una delle macchine della scorta. Così ha descritto successivamente quel terribile momento:

“Il giudice e i miei colleghi erano già scesi dalle auto, io ero rimasto alla guida, stavo facendo manovra, stavo parcheggiando l’auto che era alla testa del corteo. Non ho sentito alcun rumore, niente di sospetto, assolutamente nulla. Improvvisamente è stato l’inferno. Ho visto una grossa fiammata, ho sentito sobbalzare la blindata. L’onda d’urto mi ha sbalzato dal sedile. Non so come ho fatto a scendere dalla macchina. Attorno a me c’erano brandelli di carne umana sparsi dappertutto…”

Lo scenario descritto dalla Squadra Mobile giunta sul posto parla di “decine di auto distrutte dalle fiamme, altre che continuano a bruciare, proiettili che a causa del calore esplodono da soli, gente che urla chiedendo aiuto, nonché alcuni corpi orrendamente dilaniati”. Sul luogo della strage, pochi minuti dopo, arriva il deputato ed ex-giudice Giuseppe Ayala che abita nelle vicinanze.

Il 24 luglio circa 10 mila persone partecipano ai funerali privati di Borsellino celebrati nella chiesa di Santa Maria Luisa di Marillac. A pronunciare l’elogio funebre è Antonino Caponnetto, colui che nel 1983 ha rimpiazzato Rocco Chinnici nella direzione del pool antimafia:

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“Caro Paolo, la lotta che hai sostenuto dovrà diventare e diventerà la lotta di ciascuno di noi”.

I funerali dei cinque agenti di scorta Emanuela Loi, Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina si svolgono invece nella Cattedrale di Palermo, ma all’arrivo dei rappresentanti dello Stato, tra cui il neo Presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro, una folla inferocita sfonda la barriera creata dagli agenti mentre la gente urla a gran voce: “Fuori la mafia dallo Stato“. 

strage via d'amelio
Via D’Amelio dopo l’esplosione

Strage di Stato

Nonostante i quattro diversi processi la verità sulla strage di via d’Amelio è ancora lontana dall’essere svelata. Rimane anche il mistero sull’agenda rossa personale di Paolo Borsellino, mai ritrovata sul luogo dell’attentato.

Per via d’Amelio così come per Capaci sono in molti a parlare di strage di Stato. L’introduzione del libro di Marco Travaglio intitolato “L’agenda rossa di Paolo Borsellino” si apre così:

“Oggi, quindici anni dopo, non è cambiato nulla. L’impressione è che, ai piani alti del potere, quelle verità indicibili le conoscano in tanti, ma siano d’accordo nel tenerle coperte da una spessa coltre di omissioni. Per sempre. L’agenda rossa è la scatola nera della Seconda Repubblica.”

Ancora più esplicito a tale proposito è Salvatore Borsellino, fratello del magistrato:

“Quello che è stato fatto è proprio cercare di fare passare l’assassinio di Paolo e di quei ragazzi che sono morti in via D’Amelio come una strage di mafia. Hanno messo in galera un po’ di persone – tra l’altro condannate per altri motivi e per altre stragi – e in questa maniera ritengono di avere messo una pietra tombale sull’argomento.

Devo dire che purtroppo una buona parte dell’opinione pubblica, cioè quella parte che assume le proprie informazioni semplicemente dai canali di massa – televisione e giornali – è caduta in questa chiamiamola “trappola”. Quello che noi invece cerchiamo in tutti i modi di far capire alla gente è che questa è una strage di stato, nient’altro che una strage di stato.

E vogliamo far capire anche che esiste un disegno ben preciso che non fa andare avanti certe indagini, non fa andare avanti questi processi, che mira a coprire di oblio agli occhi dell’opinione pubblica questa verità, una verità tragica perché mina i fondamenti di questa nostra repubblica. Oggi questa nostra seconda repubblica è una diretta conseguenza delle stragi del ‘92.”

Gli audio desecretati della Commissione Antimafia

In occasione del XXVII anniversario della strage di via d’Amelio la Commissione Antimafia ha reso pubbliche sul proprio sito le registrazioni audio che vanno dal 1963 al 2001, tra le quali sono presenti anche alcuni audio di Paolo Borsellino.

Il fratello del magistrato siciliano Salvatore ha però declinato l’invito a partecipare alla conferenza stampa di presentazione degli audio, scrivendo una lettera dai toni polemici al presidente Morra:

“In quella strage mio fratello è stato ridotto ad un tronco carbonizzato senza più le gambe e le braccia, i pezzi di quei ragazzi sono stati raccolti uno ad uno e messi in delle scatole per poi essere identificati, separati e racchiusi in delle bare troppo grandi per quello che restava di loro.

Ora, a 27 anni di distanza, non posso accettare che i pezzi di mio fratello, le parole che ha lasciato, i segreti di Stato che ancora pesano su quella strage, vengano restituiti a me, ai suoi figli, all’Italia intera, ad uno ad uno. E’ necessario che ci venga restituito tutto, che vengano tolti i sigilli a tutti i vergognosi segreti di Stato ancora esistenti e non solo sulla strage di Via D’Amelio ma su tutte le stragi di Stato che hanno marchiato a sangue il nostro Paese.”

Paolo Borsellino, film

Per ricordare Paolo Borsellino sono stati realizzati in questi ultimi anni due film per la tv. In “Paolo Borsellino – I 57 giorni“, del 2012, è Luca Zingaretti ad interpretare il magistrato, mentre Giorgio Tirabassi è il protagonista di “Paolo Borsellino“, del 2004.

In entrambi i lungometraggi si vede come Borsellino, subito dopo la strage di Capaci, per la sua sicurezza e per quella della sua scorta, abbia fatto richiesta alla questura di disporre la rimozione dei veicoli nella zona antistante l’abitazione della madre, in via d’Amelio. Tale richiesta è però, vergognosamente, rimasta inevasa.

Il film che vede come interprete Giorgio Tirabassi si chiude con la scena dell’attentato di via d’Amelio, seguita da riprese effettuate sul luogo della strage e durante i funerali del giudice e, infine, con un significativo estratto di un intervento pubblico del magistrato. In sottofondo si sente la bellissima colonna sonora del film composta da Paolo Buonvino.

Tags: MafiaRepubblica Italiana
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Mirko Muccilli

Mirko Muccilli

Ha conseguito la laurea magistrale in Scienze Storiche. Medioevo, Eta' Moderna, Eta' Contemporanea presso l'Università degli studi di Roma La Sapienza, con tesi di laurea in Storia Contemporanea dal titolo "Abortire o partorire? La questione dei figli del nemico durante la Grande Guerra" e il Master di II livello "Esperto in comunicazione storica: televisione e multimedialità'" presso l'Università degli studi di Roma Tre. Ha collaborato con il programma televisivo di Rai Storia "Il tempo e la storia" e con il portale "14-18 Documenti e immagini della Grande guerra". Caporedattore di Fatti per la Storia, cura i rapporti con l'esterno. Fa parte del Comitato-Scientifico.

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