CONTENUTO
Uruguay 1930: il gol di Lucien Laurent
Nel 1930 l’Uruguay ha ospitato la prima edizione dei campionati di calcio. Fu scelto il Paese sudamericano per festeggiare i cento anni della sua indipendenza e per celebrare la forza della Nazionale celeste, allora la più forte di tutte e vincitrice delle Olimpiadi estive del 1924 e del 1928. La Nazionale uruguaiana si impose in finale contro l’Argentina, confermando la forza mondiale di una Seleccion che contava gente del calibro di Nasazzi, Scarone e Cea. A quel Mondiale parteciparono solo tredici Nazionali e ancora oggi è il Mondiale con meno squadre partecipanti: troppo distante (per quei tempi) per le Nazionali europee imbarcarsi nel lungo viaggio verso il Paese sudamericano. Il momento più iconico della manifestazione è il gol di Lucien Laurent. La rete del giocatore francese, segnata al 19’ della partita contro il Messico giocata il 13 luglio 1930, è storia perché rappresenta la prima rete segnata in un Campionato del Mondo. Da quella rete, e fino al gol di Mario Mandzukic nel 4-2 di Francia-Croazia della finale di Russia 2018, sono state segnate altre 2.548.
Italia 1934: la forza dello sport fascista
La seconda edizione del Mondiale approda in Europa e ad ospitarlo è l’Italia. A vincere la Coppa Rimet è proprio la Nazionale italiana del Commissario Tecnico Vittorio Pozzo che in finale sconfisse 2-1 la Cecoslovacchia. L’evento iconico è il fatto che il nostro Paese vinse anche dal punto di vista organizzativo, in quanto il regime fascista, allora al potere, impiegò tantissime risorse (economiche, in particolare) affinché gli otto impianti che ospitarono la kermesse potessero apparire bellissimi, appariscenti, efficienti ed operativi. Il successo, in base al concetto “uno stadio per ogni città”, fu clamoroso. Per il regime, lo sport era una delle parti fondamentali della propaganda e parte fondante del concetto di “Uomo nuovo” che propugnava Benito Mussolini. Dal punto di vista tecnico, inizia il quadriennio d’oro del nostro calcio.
Francia 1938: il Mondiale pre-guerra
La terza edizione dei Mondiali è organizzata dalla Francia e a vincere la Coppa Rimet è ancora l’Italia, questa volta in finale contro l’Ungheria. La Nazionale di Pozzo bissò il successo di quattro anni prima e chiude un quadriennio d’oro per il nostro calcio perché oltre al doppio Mondiale, nel 1936 la nostra Nazionale italiana vinse anche le Olimpiade estive di Berlino. Alzano al cielo la seconda Coppa Rimet quattro giocatori che già l’avevano alzata quattro anni prima (Ferrari, Masetti, Monzeglio, Meazza). Quello francese fu l’ultimo Mondiale prima dello scoppio della Seconda guerra mondiale che inizierà il 1 settembre dell’anno successivo con l’invasione tedesca della Polonia: le guerra finirà in Europa solo l’8 maggio 1945 e a livello mondiale il 2 settembre 1945. “Saltarono” per ovvie ragioni le edizioni 1942 e 1946: quella del 1942, nel 1938, non era stata ancora assegnata ma la due candidate in gioco erano il Brasile e la Germania.
Brasile 1950: il “Maracanãzo”
A distanza di dodici anni da Francia ’38, e dopo la fine della guerra, la FIFA fece ricominciare i Campionati del Mondo di calcio e la quarta edizione sbarca, dopo venti anni, in Sudamerica: è il Brasile ad ospitare la kermesse. E la Nazionale brasiliana era la favorita numero uno per la vittoria finale. Tra le sue fila, la Nazionale bianca aveva talenti come Friaça, Ademir e Zizinho ed infatti la Nazionale del Commissario Tecnico Flávio Costa arrivò a giocarsi la finale (che non era una finale normale ma la partita finale del girone finale) contro l’Uruguay. La Nazionale celeste era forte, ma non era favorita come il Brasile.
La finale si disputò il 16 luglio 1950 allo stadio “Maracanã”. L’impianto di Rio de Janeiro vide il record di presenze sugli spalti: 200mila spettatori, quasi tutti brasiliani, per vedere capitan Augusto alzare al cielo la prima Coppa Rimet. Addirittura dal tanto traffico presente prima del calcio di inizio della partita nei dintorni dell’impianto, molti tifosi lasciarono le macchine dov’erano e si diressero allo stadio a piedi. A vincere la partita, e quindi il Mondiale, fu l’Uruguay per 2-1: il gol di Alcides Ghiggia gelò il “Maracana”. La Celeste vinse la seconda Coppa Rimet della sua storia, mentre il Brasile dovette rinviare la vittoria.
Ma per il Paese sudamericano quella sconfitta fu un fatto tragico: alcuni tifosi si suicidarono e altri morirono di infarto per lo shock della sconfitta. La sconfitta fu vista come un’onta, tanto che diversi giocatori furono minacciati di morte ed il portiere Barbosa divenne il capro espiatorio della sconfitta e non si riprese più dalla sconfitta. Addirittura da dopo quella partita, la Nazionale brasiliana decise di cambiare anche la divisa, passando dal bianco all’attuale verde-oro. La sconfitta contro la Celeste è detta “Maracanãzo”. Anni dopo Ghiggia, in maniera un po’ arrogante ma senza che nessuno potesse contestarlo disse: “solo tre persone hanno fatto stare in silenzio il Maracanà: Frank Sinatra, Giovanni Paolo II ed io”.
Svizzera 1954: la “Aranycsapat” ungherese ed il “miracolo di Berna”
Spesso e volentieri, in un Mondiale, a vincere non è la squadra più forte. Spesso vincono le squadre più belle, ma non sempre le più forti. Una Nazionale che ha saputo unire bellezza con l’essere forte è stata l’Ungheria. Il periodo d’oro dell’Ungheria fu il quadriennio 1950-1954 quando la Nazionale magiara giocò 32 partite vincendone ventotto e pareggiandone quattro. Delle 28 vittorie, quindici finirono in goleada, compresa la doppia vittoria contro l’Inghilterra (il celebre 3-6 di Wembley del 25 novembre ed il 7-1 di Budapest del 23 maggio 1954).
Quella ungherese era una Nazionale davvero forte e composta da gente come Puskas, Hidegkuti e Kocsis. Così forte e bella da essere chiamata “Aranycsapat”, la squadra d’oro. Se la Nazionale magiara vinse le Olimpiadi di Helsinki del 1952, era ovvio che per il Mondiale svizzero di due anni fosse la favorita numero uno. E l’Ungheria, senza nessuna fatica, arrivò fino alla finale di Berna dove affrontò la Germania Ovest. Fu la prima finale calcistica dove si affrontavano due Nazioni dei blocchi contrapposti. La Germania Ovest era una bella squadra capitanata da Walter, Rahn e Morlock, ma quell’Ungheria era un’altra cosa.
C’era tranquillità in casa ungherese ed infatti la “Aranycsapat” dopo otto minuti era già sul 2-0. Strada in discesa? No, perché i tedeschi occidentali accorciarono al 10’ con Morlock, pareggiarono al 18’ con Rahn e lo stesso bomber teutonico chiuse il match all’84’ con il suo secondo gol. Al triplice fischio, Germania Ovest campione e Ungheria sconfitta. La vittoria di quella Germania Ovest “operaia” fu vista come un grande risultato sportivo e la finale fu battezzata “il miracolo di Berna” dove la piccola Germania Ovest aveva sconfitto la grande Ungheria. Anche se per tanti anni aleggiarono voci di doping (mai confermate) usato dai giocatori tedesco-occidentali e per il fatto che tempo dopo la partita alcuni giocatori tedeschi contrassero una epatite.
Svezia 1958: il Mondo conosce Pelé
Il Mondiale che si disputa in Svezia vede, finalmente, al sesto tentativo, la vittoria del Brasile. Era un Brasile fantastico con Djalma Santos e Bellini in difesa, Garrincha sulla fascia, Didi a centrocampo, Vavà e Zagallo in attacco. I verde-oro del Commissario Tecnico Vicente Feola sconfissero in finale i padroni dicasa della Svezia di Nordhal e Liedholm e alzarono al cielo la loro prima Coppa Rimet: il “Maracanãzo” era stato vendicato e ora il Brasile era sulla mappa del calcio mondiale. Il vero protagonista di quel Mondiale è stato però un ragazzino di 17 anni nato a Três Corações che allora militava nel Santos.
Quel ragazzino, mingherlino ma con piedi mai visti prima, segnò sei reti in quattro partite e nella finale segnò un gol memorabile: prese palla fuori area, in area fece un “sombrero” ad un avversario e batté Svensson. Quella rete è stata definita come una delle reti più belle della storia. Un gol iconico e storico segnato da un uomo che da quel momento divenne un grande del calcio mondiale. Il suo nome era Edson Arantes do Nascimento detto Pelé. Da quel Mondiale, il Mondo del calcio diede il benvenuto ad un giocatore che ha scritto la storia del calcio ed è considerato tra i più forti (se non il più forte) di tutti.
Cile 1962: la “battaglia di Santiago”
L’edizione 1962 vede ancora la vittoria del Brasile di Pelé, questa volta in finale contro la Cecoslovacchia. I verde-oro bissarono il successo svedese vincendo il Mondiale assegnato al Cile. L’assegnazione del Mondiale ad un Paese che non era un Paese molto legato al calcio (la Nazionale aveva preso parte a due Mondiali su sei e in Copa America aveva raggiunto due volte la finale in ventidue partecipazioni) fu una scelta particolare, anche perché il Cile era veramente lontano da raggiungere. Inoltre il 22 maggio 1960 ilCile fu colpito da un tremendo terremoto che causò oltre tremila morti e danni incalcolabili. Il Paese, molto povero, uscì molto danneggiato.
Pochi mesi prima che iniziasse la kermesse, in Italia molti giornalisti non capirono (polemicamente) il perché la FIFA avesse assegnato il Mondiale ad una Nazione povera come il Cile, non all’altezza (socialmente ed economicamente) per ospitare un evento come un Mondiale. La notizia arrivò come un fulmine “dall’altra parte del Mondo” e le parole dei giornalisti italiani non furono prese bene dai cileni.
Il destino (o la sfortuna) volle che Cile e Italia fossero inserite nello stesso girone eliminatorio. Le due squadre si affrontarono allo stadio “Nazionale” di Santiago del Cile il 2 giugno 1962 e quella partita è passata alla storia come la “battaglia di Santiago”. Il motivo? La partita terminò con il punteggio di 2-0 per i padroni di casa e fu una delle partite più “cattive” della storia del calcio con tanti falli, colpi proibiti da parte dei cileni (non visti dell’arbitro) e tante proteste che portarono a due espulsioni tra le file dell’Italia, quelle di Giorgio Ferrini e Mario David. L’arbitraggio dell’inglese Aston fu molto contestato in quanto non sanzionò in maniera congrua i tanti falli dei padroni di casa. L’Italia fu eliminata mentre il Cile arrivò alla semifinale dove si classificò al terzo posto (a oggi il suo miglior piazzamento ad un Campionato del Mondo).
Inghilterra 1966: il gol fantasma di Geoffrey Hurst nella finale di Wembley
Nel 1966 il Mondiale approda in Inghilterra, nella terra dei “maestri’” del calcio. Allora la Nazionale inglese giocava il suo Mondiale numero cinque avendo saltato i primi tre perché, in maniera spocchiosa, non li riteneva all’altezza del fatto che loro, essendo i maestri ed i migliori di tutto, non volevano cimentarsi in quella competizione “pagana”. Nel 1966 sarebbe toccato a loro ospitarli ed il 30 luglio, nella finale contro i nemici tedesco-occidentali, capitan Bobby Moore alzò al cielo di Wembley la Coppa Rimet che gli aveva consegnato la regina Elisabetta II.
Inghilterra ‘66 è passato alla storia per quattro motivi: il furto della Coppa Rimet il 20 marzo 1966 presso la Westminster Central Hall dove era esposta (ritrovata poi la settimana dopo); la figuraccia dell’Italia a Middlesbrough, il 19 luglio, contro la Corea del Nord; il primo mondiale con una mascotte, il leone Willie; il gol fantasma di Geoffrey Hurst nella finale.
Su questo punto c’è da tornare al minuto 101 della finale. Per la prima volta nella storia, la finale si chiuse sul punteggio 2-2 dopo i gol di Hurst e Peters ed i gol tedesco occidentale di Haller e Weber: si sarebbero disputati i tempi supplementari.
Al minuto 101, Hurst calciò verso la porta. La palla colpì la traversa e tornò in campo, toccando la riga. Dilemma: la palla ha superato o non ha superato la riga di fondo? Se lo ha fatto, è gol, mentre se non lo ha fatto non è gol ed il gioco riprende. Ai tempi non c’era il VAR, ma le riprese tv mostrarono che la palla aveva toccato ma non superato la linea di fondo, quindi niente gol. Solo che l’arbitro svizzero Dienst rimase spiazzato e dopo essersi confrontato con il suo assistente sovietico, convalidò il gol. Hurst segnò poi il 4-2 al 120’. Il mistero se la palla fosse entrata o meno non c’era: non era gol, ma l’arbitro convalidò tra le polemiche tedesco occidentali. L’edizione inglese vide diversi errori arbitrali, molti in favore dei padroni di casa.
Messico 1970: Italia- Germania 4-3
Il Mondiale di calcio di Messico ’70 è passato alla storia per due motivi: è stato il primo Mondiale in altura; il Brasile ha conquistato definitivamente la Coppa Rimet vincendola tre volte. Ma Messico ’70 è ricordato per aver visto la partita più iconica di sempre, la semifinale Italia-Germania Ovest terminata 4-3 per gli azzurri e passata alla storia come la “partita del secolo”. “El pardido del sieclo” si è giocato allo stadio “Azteca” di Città del Messico il 17 giugno 1970 e ha visto di fronte l’Italia e la Germania Ovest: avrebbe vinto avrebbe affrontato in finale, quattro giorni dopo, una fra Brasile e Uruguay. Quell’Italia-Germania, giocata alle ore 16 locali (le ore 22 italiane), è stata una delle partite più emozionanti della storia, tanto da tenere incollati davanti alla televisione milioni di italiani.
Fu un susseguirsi di emozioni: all’8’ gol azzurro con Boninsegna, poi al 90’ pareggio tedesco con Schnellinger. Supplementari e…dopo quattro minuti gol tedesco di Gerd Muller. Quattro minuti dopo è l’Italia a pareggiare con Burgnich. Al minuto 104 vantaggio azzurro con Riva, pareggiato al 110’ ancora da Muller. Il gol del 3-3 del bomber tedesco è ancora oggi ricordato con Albertosi che squadra e insulta Rivera per la sulla leggerezza sul tiro tedesco essendo a ridosso della riga di porta. Ma un minuto dopo, lo stesso Rivera si fecce perdonare e segnò il gol del definitivo 4-3. Italia in finale a contendersi contro il Brasile il terzo Mondiale per entrambe e conquistare definitivamente la Coppa Rimet.
La partita contro Pelé e compagni non ebbe storia: 4-1 con gol brasiliani di Pelé, Gerson, Jairzinho e Carlos Alberto con pareggio iniziale di Boninsegna. Ma per l’Italia, Messico ’70 rimarrà sempre “Italia-Germania 4-3” tanto che anni dopo è stata posta una targa in ricordo dell’evento all’ingresso dello stadio della capitale messicana (“Lo stadio Azteca rende omaggio alle Nazionali di Italia (4) e Germania (3) protagoniste, nel Mondiale del 1970, della Partita del secolo. 17 giugno 1970”).
Germania Occidentale 1974: il gol di Jurgen Sparwasser
I Mondiale del 1974 sono ospitati dalla Germania Ovest: dopo Italia (Olimpiadi 1960) e Giappone (Olimpiadi di Tokio di 1964), anche la Germania, Paese uscito sconfitto dalla Seconda guerra mondiale, ebbe l’onore di ospitare un altro grande evento mondiale, visto che due anni prima Monaco di Baviera ospitò le Olimpiadi estive. A vincere la X edizione dei campionati di calcio è proprio la Selezione padrona di casa che si impose per la seconda volta a distanza di venti anni dal successo svizzero. Germania ’74 rimane nell’immaginario collettivo ricordato per due eventi: la Nazione vincitrice si sarebbe aggiudicata la prima Coppa del Mondo; l’Olanda del “calcio totale” di Rinus Michels in panchina e Cruijff, Neeskens, van Hanegem, Rensenbrink e Krol in campo che si arrese solo in finale contro la Germania Ovest.
Eppure l’evento più iconico del Mondiale tedesco occidentale si ebbe il 22 giugno 1974 ad Amburgo allo stadio “Volksparkstadion” in una partita dalla valenza storica: si affrontarono Germania Ovest e Germania Est. Il destino volle che le due “Germanie”, nate il 23 maggio ed il 7 ottobre 1949 con Berlino divisa in due dal Muro, fossero inserite nello stesso girone insieme a Cile e Australia. Ma quella partita fu un qualcosa di memorabile. Per i tedeschi orientali, quelli furono i loro primi Mondiali ed il livello tecnico del loro campionato (la DDR-Oberliga) era a livello dilettantistico, mentre la Germania occidentale (Campione d’Europa in carica) era una potenza europea, tanto nel 1974 il Bayern Monaco vinse la Coppa dei Campioni, ma quello stesso anno il Magdeburgo, squadra della Germania Est, vinse la Coppa delle Coppe.
Lo stadio di Amburgo era tutto per i wessie, ma al seguito di Streich e soci c’era un nutrito numero di tifosi oessie. Fu toccante anche il momento degli inni: prima il “Auferstanden aus Ruinen” (trad. “Risorti dalle rovine”) democratico, poi il “Das Lied der Deutschen” (trad. “Canto dei tedeschi”) federale. Per la prima volta, l’inno della Repubblica democratica veniva suonato nel territorio occidentale. Sugli spalti, sold out: 65mila tedeschi occidentali contro gli 8.500 della parte orientali giunti ad Amburgo con un visto speciale.
Si pensava che in campo non ci sarebbe stata partita ed invece al minuto 78 Jürgen Sparwasser, centrocampista allora in forza al Magdeburgo, trafisse il portiere occidentale Meier. Il gol di “Spari” chiuse la contesa: la piccola (calcisticamente) Germania Est aveva sconfitto la “grande” Ovest. Ad alzare la Coppa del Mondo sarà poi Beckembauer mentre Bernd Bransch e soci furono eliminati nella seconda fase a gironi. Da allora le due “Germanie” non si affrontarono più, il 3 ottobre 1990 i loro territori si unirono e Sparwasser, l’idolo di quel 22 giugno 1974, nel 1988 dopo aver giocato una partita amichevole nella RFT, rimase nel Paese “nemico” chiedendo asilo. La notizia arrivò subito all’orecchio di Honecker, leader del Partito comunista tedesco orientale e leader della RDT, il quale disse il celebre “No, Spari no. Tutti ma non lui”.
Argentina 1978: il Mondiale giocato in casa della Junta militar
L’Argentina nel 1978 organizzò i Mondiali. La Albiceleste era squadra forte, ben messa in campo dal Commissario Tecnico Cesar Luis “el Flaco” Menotti e con in campo talenti come Kempes, Luque, Passarella, Bertoni, Tarantini ed Ardiles. E proprio la Nazionale padrona di casa vinse il Mondiale sconfiggendo in finale 3-1 l’Olanda ai tempi supplementari. L’Argentina, alla seconda finale mondiale dopo quella di Uruguay 1930, poté alzare la coppa più prestigiosa di tutte dopo anni di delusioni.
Ma il Mondiale argentino è ricordato perché alla guida del Paese sudamericano c’era, da due anni, una feroce dittatura militare con a capo la triade Videla-Massera-Agosti. In quei due anni, l’Argentina fu soggetta ad una dittatura militare autoritaria che represse le opposizioni e tutto ciò che potesse infastidire il suo operato. La Junta divenne tristemente nota per le sue politiche economiche, propagandistiche, illiberali e per la sorte dei desaparecidos, migliaia di giovani oppositori che furono rapiti e che di loro non si seppe mai più nulla.
Nel Mondo ci furono proteste affinché la FIFA togliesse a Buenos Aires l’organizzazione del Mondiale. I vertici argentini smentirono sempre le accuse loro rivolte, permettendo, prima dell’inizio della competizione, ai vertici della Federcaclio mondiale di visitare il Paese e che toccassero con mano che quello che si diceva accadesse in Argentina erano tutte falsità (come fece il nazismo con il CIO prima dell’inizio delle Olimpiadi estive di Berlino 1936).
Durante il periodo del Mondiale (1-25 giugno 1978) nel Paese non ci furono sentori che la Nazione fosseguidata da una dittatura, cosa che invece era tenuta nascosta agli occhi del Mondo. Per ricordare i desaparecidos e tutte le vittime della dittatura fino a quel momento, si decise di pitturare di nero le basi dei pali dei sei stadi impiegati durante il Mondiale listandoli come se fossero a lutto. La Junta chiuse spiegazioni sul perché di quel nero alla base dei pali e le fu detto che era una tradizione: i membri della Junta furono “ingannati” in quanto non conoscevano le regole del calcio.
La Junta militare cadde nel 1983 a seguito della sconfitta l’anno precedente della guerra delle Falklands/Malvine. Da quel momento, la Fifa non assegnò più l’organizzazione dei Campionati del Mondo ad una Nazione guidata da dittature. Capitano dell’Argentina che alzò la Coppa del Mondo fu Daniel Passarella, ma fu il sostituto perché il vero capitano della Albiceleste era Jorge Carrascosa che l’anno prima decise di non farsi più convocare in Nazionale fino a quando al governo c’era la Junta militar.
Spagna 1982: l’urlo di Marco Tardelli
Spagna 1982 è passato alla storia per diversi episodi: è stato il primo Mondiale a ventiquattro squadre; ha visto per la prima volta un arbitro con la maglia rossa (il rumeno Rainea durante Scozia-Urss); la vittoria più larga in un Mondiale (Ungheria – El Salvador 10-1); la scenata dello sceicco kuwaitiano Fahad Al-Ahmed Al-Jaber Al-Sabah che per protesta contro il quarto gol della Francia ritenuto (da lui) da annullare scese in campo per protestare con l’arbitro; la prima partita decisa ai calci di rigore (semifinale Germania Ovest-Francia).
Ma Spagna 1982 è il Mondiale dell’Italia: l’11 luglio a Madrid, contro la Germania Ovest, gli azzurri si imposero 3-1 e Zoff alzò sotto il cielo di Spagna la Coppa del Mondo. E’ stato un Mondiale molto particolare per la nostra Nazionale: partita tra le polemiche per la convocazione di Paolo Rossi a scapito di Roberto Pruzzo, con lo juventino tornato ad aprile a giocare dopo due anni di squalifica per il Totonero, Zoff e soci nella prima fase a gironi soffrirono contro Polonia, Perù e Camerun tanto da pareggiare le tre partite e passare il turno solo per avere segnato un gol in più rispetto agli africani. Le polemiche contro la squadra di Enzo Bearzot divennero così aspre che la squadra entrò in silenzio stampa per protesta dopo aver saputo, anche, di essere stata inserita nel secondo girone con l’Argentina campione uscente ed il favoritissimo Brasile.
Gli azzurri arrivarono in finale schiantando prima l’Albiceleste ed il Brasile con tre gol di Paolo Rossi e poi in semifinale la Polonia ancora con una doppietta di Paolo Rossi. In finale, nonostante il rigore sbagliato da Cabrini nel primo tempo, furono gli azzurri a prevalere con il sesto gol di Rossi e le reti di Tardelli e Altobelli con il gol della bandiera di Breitner. Celebre anche l’esultanza del Presidente della Repubblica Sandro Pertini in tribuna che dopo il terzo gol di Altobelli disse in mondovisione “non ci prendono più”. E’ stato il Mondiale di Zoff, campione a 40 anni, Scirea, Gentile, lo “zio” Bergomi”, Oriali, Conti, Collovati e Paolo Rossi, diventato “Pablito” dopo settimane difficile per lui e per la squadra. E a scaricare la tensione ci ha pensato Marco Tardelli con il suo gol da fuori area e quell’urlo di gioia correndo come un matto per il campo travolto poi dai suoi compagni.
Messico 1986: Argentina- Inghilterra, 22 giugno 1986
Il Mondiale di calcio 1986 ha avuto due particolarità: per la prima volta, una Nazione ha ospitato due volte un Mondiale; il Mondiale non doveva giocarsi in Messico ma in Colombia, ma il Paese sudamericano non lo organizzò per le tante problematiche sorte durante la fase post-assegnazione.
Il secondo Mondiale messicano vide la seconda vittoria dell’Argentina in finale contro la Germania Ovest. Il Mondiale del 1986 fu il Mondiale di Diego Armando Maradona, capitano dell’Albiceleste e considerato il più forte giocatore del tempo (per non dire della storia). Maradona, 26 anni ad ottobre, era al top della condizione e in quel Mondiale segnò cinque reti. Ma le sue due reti più importanti le segnò il 22 giugno 1986 allo stadio “Azteca”. Avversario nei quarti di finale, l’Inghilterra. Contro l’Inghilterra, gli argentini avevano il dente avvelenato per colpa della guerra delle Falkland/Malvine del 1982 che vide la vittoria inglese contro l’esercito argentino: anche se quella guerra portò alla caduta l’anno dopo della dittatura militare, la vittoria dell’esercito inglese è sempre stata vista come una prova di forza contro l’Argentina e l’occasione della partita mondiale fu per i sudamericani un motivo di vendetta.
E quella partita, vinta dall’Argentina per 2-1, ha visto Maradona protagonista di due episodi leggendari del calcio compresi tra il minuto 51 ed il 63: nel primo caso, Maradona segnò la rete con la celebre “mano de Dios” e segnò quello che è considerato il gol più bello della storia del calcio (il “gol del secolo”), con l’asso di Villa Fiorito che prese palla a centrocampo, scartò sei giocatori compreso il portiere Shilton ed in dieci secondi segnò. Se il gol è entrato nei libri di storia (del calcio), è rimasta nella storia anche la telecronaca del giornalista Víctor Hugo Morales che si mise a piangere dopo il gol per l’emozione di aver visto Maradona (da lui definito “aquilone cosmico”) segnare una rete incredibile.
Italia 1990: le “notti magiche”
Con il Mondiale di Italia ’90, anche al nostro Paese è toccato l’onere di ospitare la rassegna iridata per la seconda volta. Erano passati cinquantasei anni da Italia ’34 ed i tifosi speravano che, come allora, la nostra Nazionale potesse vincere ancora il Mondiale. I presupposti c’erano tutti, visto che il nostro calcio allora era il migliore del Mondo, tre squadre italiane avevano vinto le tre coppe europee e la rosa a disposizione del Commissario Tecnico Azeglio Vicini era considerata la più forte.
Purtroppo gli azzurri chiusero al terzo posto battendo l’Inghilterra nella finalina di Bari, mentre la Coppa del Mondo fu vinta dalla Germania Ovest (alla terza finale mondiale consecutiva, un record) contro l’Argentina. Per Bergomi e compagni, fu fatale la semifinale di Napoli contro i campioni del Mondo in carica con la vittoria sudamericana ai calci di rigore. Ma nonostante l’amarissimo terzo posto, Italia ’90 è stato davvero il nostro…Mondiale. Il motivo è semplice: dei dieci dei dodici stadi furono tutti ristrutturati (al Meazza di Milano fu costruito il terzo anello) e quelli di Torino (“delle Alpi”) e Bari (“San Nicola”) furono costruiti ex novo. Per non parlare della copertura mediatica e di tutti gli investimenti fatti nel campo delle infrastrutture legate agli impianti.
E’ stato il Mondiale delle “notti magiche”, prendendo spunto dalla canzone della manifestazione “Un’estate italiana” cantata da Edoardo Bennato e Gianna Nannini. Il nostro Paese usciva dai grandi anni Ottanta per entrare nei Novanta di slancio, ma la storia (economica e politica) italiana stava andando da un’altra parte: gli investimenti per il Mondiale aumentarono di volta in volta, molte infrastrutture non sono state terminate, gli stadi ristrutturati dopo anni iniziarono ad avere problemi ed il “delle Alpi” nel 2009 è stato abbattuto. Per non parlare del fatto che neanche due anni dopo la fine del Mondiale italiano scoppiò “Mani pulite” e la classe dirigente politica fu spazzata via.
USA 1994: il rigore di Roberto Baggio
Fino all’edizione di Italia ’90, i Paesi organizzatori sono state Nazioni dove il calcio è praticato e seguito da tante persone, ma per l’edizione del 1994 la FIFA tentò l’azzardo: organizzarlo in un Paese dove il calcio non è lo sport preponderante, superato da baseball, football americano, basket e hockey ghiaccio: gli Stati Uniti d’America. A vincerlo è il Brasile, al quarto successo mondiale, in finale superando l’Italia: si ripeteva la finale di Messico ’70, solo che se ventiquattro anni prima il Brasile vinse in scioltezza, questa volta la Coppa del Mondo è assegnata per la prima volta dopo la lotteria dei calci di rigore.
Per gli azzurri, l’amarezza di una sconfitta bruciante dopo un campionato mondiale che vede i ragazzi del Commissario Tecnico Arrigo Sacchi eliminati fino al minuto 87 degli ottavi di finale contro la Nigeria: ci pensa Roberto Baggio a “tirare giù dall’aereo” la squadra prima segnando un gol all’88’ e poi, durante i supplementari, al minuto 102 su rigore. Ed il numero 10 di Caldogno è il protagonista ed il personaggio più iconico del Mondiale: Pallone d’oro uscente, il fantasista della Juventus è tra i giocatori più attesi e dopo una fase a gironi negativa per lui (storico il suo labiale contro Sacchi che lo sostituisce durante la partita contro la Norvegia nella seconda partita del girone dopo l’espulsione di Pagliuca), negli ottavi (quasi un po’ come Paolo Rossi in Spagna) prende la squadra sulle spalle e la trascina fino alla finale di Pasadena: doppietta contro la Nigeria, gol contro la Spagna nei quarti, doppietta in semifinale contro la Bulgaria con due perle.
Il 17 luglio 1994, al “Rose Bowl” di Pasadena, ecco la finalissima disputata per la prima volta in una città che non è la capitale del Paese ospitante. Baggio arriva alla finale esausto e non in perfette condizioni fisiche mentre capitan Franco Baresi è tornato a tempo di record disponibile dopo un intervento al menisco subito dopo il match contro la Norvegia.
La partita non è bellissima sia nei 90’ sia nei supplementari e alla fine sono i rigori a stabilire chi tra verde-oro e azzurri avrebbe scritto il nome nell’albo d’oro. A vincere è il Brasile per 3-2: dal dischetto sbagliano per i brasiliani Marcio Santos mentre per l’Italia sbagliano Baresi, Daniele Massaro e proprio Baggio. Il tiro del “Divin codino” va sopra la traversa: gioia brasileira, lacrime italiane. Baggio è immortalato con le mani sui fianchi e la testa bassa: un’immagine iconica ed un pezzo di storia mondiale che fa sempre male vedere ancora oggi a distanza di quasi trent’anni da allora.
La nota più dolente del Mondiale è l’omicidio, il 2 luglio (in piena kermesse), a Medellin, in Colombia, di Andrés Escobar. Il 27enne difensore della Nazionale colombiana è considerato “colpevole” di aver eliminato la propria Nazionale con un autogol durante il match del girone contro gli Stati uniti. L’eliminazione della Colombia, tra le favorite per la vittoria mondiale, aveva causato, secondo le indagini, forti perdite nel giro delle scommesse clandestine ed Escobar, che non c’entrava nulla con quelle vicende, è assassinato.
Francia 1998: Iran contro Stati Uniti
Dopo sessant’anni dall’ultima volta, la Francia si vede assegnata l’organizzazione del Mondiale. Francia ’98 è ricordato come uno dei Mondiali più belli di sempre dal punto di vista tecnico, visto che il livello delle Nazionali partecipanti è veramente elevato grazie anche alla presenza di veri top player. A vincere la Coppa del Mondo è la Francia in finale contro il Brasile. Grande protagonista, Zinedine Zidane, con una doppietta in finale contro un irriconoscibile Brasile, favorito numero uno della vigilia. Si dice che i giocatori verde-oro sono in campo solo con il fisico e non con la mente perché prima della partita la squadra è scioccata da un malore che colpisce Ronaldo, portato in ospedale di corsa e poi dimesso per giocare apposta la finale.
Il momento più iconico di quel Mondiale è la seconda partita del girone F giocata al “Gerland” di Lione. Una partita dal basso livello tecnico, ma carica di significati geopolitici: Stati Uniti d’America contro Iran. Vinsero gli asiatici per 2-1 con reti di Estili e Mahdavikia, con gol americano nel finale da parte di McBride. Le due Nazioni sono venti anni che non hanno relazioni diplomatiche (dai tempi della “crisi degli ostaggi” che tra il 4 novembre 1979 ed il 20 gennaio 1981 ha visto l’occupazione dell’ambasciata statunitense a Teheran da parte di studenti iraniani ed il sequestro di cinquantadue diplomatici statunitensi). A Teheran la vittoria contro il nemico americano è vista da Khamenei, ayatollāh e Guida suprema dell’Iran, come la vittoria sul “grande Satana”.
Ci sono problemi giorni prima la partita tra cui la volontà delle due Nazioni di non far stringere le mani tra le due formazioni (con iraniani “ospiti” a Lione). Alla fine sono gli Stati Uniti ad accettare la stretta di mano degli avversari che si presentano con delle rose bianche, simbolo di pace. Nel pre-partita, le due squadre fanno una foto a centrocampo abbracciandosi e a fine partita i giocatori si scambiano le maglie. Entrambe le Nazionali sono però eliminate subito nella fase a gironi.
Corea del Sud-Giappone 2002: il primo mondiale asiatico, il primo mondiale in coabitazione
Il primo Campionato del Mondo del nuovo millennio ha tre particolarità: è il primo che si gioca nel Continente asiatico; è il primo ospitato da due Nazioni; è il primo con tre Nazionali qualificate di diritto (Francia campione incarica, Giappone e Corea del Sud d’ufficio). Nel 1996, la FIFA stabilisce (dopo le consuete votazioni) che il Mondiale del 2002 è ospitato da Giappone e Corea del Nord: per i nipponici, seconda partecipazione (anche se al momento dell’assegnazione non sono certi di qualificarsi a Francia ’98, cosa che poi avverrà), per la Nazionale di Seul, sesta partecipazione. Inizialmente non si pensa ad un Mondiale congiunto, ma separato in quanto la Corea del Sud si muove prima e si propone anche di un possibile Mondiale ospitato dalle due Coree, ma i problemi di Pyongyang (la Corea del Nord è un Paese sotto una ferrea dittatura con diritti civili e politici pressoché nulli), fanno cambiare l’idea iniziale della FIFA.
Il Giappone impegna dieci impianti, la Corea del Sud altri dieci La finale si gioca allo stadio di Yokohama il 30 giugno 2002 e vede la vittoria del Brasile che sconfigge la Germania per 2-0 grazie alla doppietta di Ronaldo, che si “riprende” con gli interessi ciò che gli era successo quattro anni prima a Parigi. Per i verde-oro, vittoria mondiale numero cinque, mentre per i teutonici settima finale raggiunta e quarta sconfitta.
E’ un Mondiale molto strano con alcuni arbitraggi che avvantaggiano (in qualche occasione) alcune Nazionali come Brasile e Corea del Sud. E l’Italia lo prova sulla sua pelle con l’eliminazione negli ottavi proprio contro i padroni di casa a Daejeong per 2-1 con il golden gol siglato da Ahn Jung-hwan, giocatore della nostra Serie A (in forza al Perugia).
Il Mondiale nippo-coreano è l’ultimo dove la Nazionale campione uscente si qualifica di diritto al Mondiale successivo: il Brasile per qualificarsi a Germania 2006 ha dovuto giocarsi le qualificazioni nel girone Conmembol che raggruppa tutte le Nazionali sudamericane. Giappone-Corea del Sud, inoltre, è l’ultimo Mondiale dove è in vigore il golden gol (vince il match chi, durante la fase ad eliminazione diretta, nei tempi supplementari, segna per primo). Ed è anche quello dove i giocatori convocati passano da 22 a 23: è dall’edizione di Uruguay 1930 che vige questa regola.
Germania 2006: il rigore di Fabio Grosso
Per l’edizione 2006, il Paese ospitante è la Germania, al suo secondo mondiale organizzato tra i suoi confini. La vittoria del titolo va alla nostra Nazionale, vittoriosa in finale contro la Francia. Per la seconda volta, il Mondiale è deciso ai calci di rigore: dopo Usa ’94, per la seconda volta, la vittoria si decide dagli undici metri: la nostra Nazionale perde la finale a Pasadena contro il Brasile, ma a Berlino vince la lotteria dei rigori contro i cugini d’Oltralpe.
Il quarto titolo della nostra Nazionale è sofferto dopo aver superato con troppa fatica un girone abbordabile (vittorie contro Ghana e Repubblica ceca, pareggio con gli Usa). Negli ottavi contro l’Australia a dare il passaggio del turno è il rigore siglato da Totti al 96’ concesso molto generosamente per un fallo di Neil su Grosso. Nei quarti gli azzurri superarono con facilità l’Ucraina 3-0 ed in semifinale Cannavaro e compagni hanno la meglio sui padroni di casa per 2-0 con il gol di Grosso e del Piero quasi allo scadere dei tempi supplementari: i due gol, oltre che essere stati di pregevole fattura, arrivano grazie a due assist no look di Pirlo e Gilardino.
La finale contro la Francia è la rivincita di Euro 2000: se allora vinsero i transalpini con il golden gol di Trezeguet, questa volta l’errore del dischetto arriva dallo stesso attaccante della Juventus e a lanciare l’Italia sul tetto del Mondo è l’ultimo rigore segnato da Fabio Grosso, vero eroe di quel Mondiale. La finale, chiusa nei tempi regolamentari sul punteggio di 1-1 con i gol di Zidane su rigore e Materazzi, è caratterizzata dall’espulsione dello stesso capitano francese per un fallo di reazione contro Materazzi (la celebre “testata” di Zidane sul petto del numero 23 azzurro).
Il Mondiale tedesco vede la partecipazione di ben otto Nazionali al loro primo Mondiale (Trinidad e Tobago, Angola, Togo, Costa d’Avorio, Ghana, Repubblica ceca, Serbia Montenegro e Ucraina) e rimarrà nei ricordi dei tifosi come il Mondiale di Fabio Grosso, man of the match sia contro la Germania sia, soprattutto, nella finale, con il suo rigore che spiazza Barthez, con il suo urlo liberatorio dopo aver capito di aver regalato ad un Paese (calcistico) un titolo insperato e che nessuno pensava di vincere, visto anche il caso “Calciopoli” in corso quell’estate.
Sud Africa 2010: il primo Mondiale africano
Il 2010 è l’anno del Sudafrica: per il primo Mondiale organizzato in Africa si sceglie lo Stato più meridionale del Continente, uno Stato poco avvezzo al calcio ma però molto appassionato. Ora solo il Continente australe non ha mai ospitato un Mondiale di calcio.
L’edizione sudafricana è vinta dalla Spagna che in finale supera i Paesi Bassi con gol di Andrés Iniesta nei supplementari (con il giocatore del Barcellona che mostra sotto la maglia della Roja la maglia dedicata a Daniel Jarque, capitano dell’Espanyol morto l’anno prima). La Nazionale del Commissario Tecnico Vicente del Bosque conferma di essere la squadra più forte del Mondo, vincendo il Mondiale due anni dopo l’Europeo e bissando la vittoria ancora all’Europeo due anni dopo.
Il 2010 è il Mondiale delle vuvuzela (le chiassose trombette che caratterizzano tutto il Mondiale), dell’inno “Waka waka” cantato da Shakira e dal Ghana che diviene la terza squadra africana ad arrivare ai quarti di finale dopo il Camerun nel 1990 ed il Senegal nel 2002: la Nazionale delle Black stars perde ai rigori contro l’Uruguay tra tanti rimpianti. La Celeste si classifica quarta, miglior posizione da Messico ’70 (dove si piazzò ancora quarta).
Per la prima volta, la Nazionale ospitante non si qualifica alla seconda fase del Mondiale. La Nazionale italiana, campione in carica, è eliminata nella fase a gironi.
Brasile 2014: il “Mineraizo”
Il Mondiale del 2014 è organizzato dal Brasile: il paese verde-oro torna ad organizzare la kermesse dopo 64 anni (Brasile 1950) e come allora parte con i favori del pronostico. La corsa dei padroni di casa si ferma in semifinale contro la Germania che nella finale del “Maracana” sconfigge l’Argentina 1-0 con gol di Mario Gotze nei supplementari. Con quella vittoria, la Maanschaft vince il suo quarto mondiale e diventa la prima Nazionale europea a vincere il Mondiale in un’edizione sudamericana.
L’edizione 2014 e l’anno del Brasile che diviene la terza Nazione ad ospitare in due anni l’accoppiata Mondiale-Olimpiade (dopo la Germania Ovest 1972-1974 e Stati Uniti 1994-1996). Ma la ventesima edizione dei Mondiali passa alla storia per il “Mineirazo”. Se nel 1950 ci fu il “Maracanazo”, questa edizione è l’edizione del “Mineirazo”. Allo stadio “Mineirao” di Belo Horizonte, il l’8 luglio 2014 si affrontano in semifinale i padroni di casa e la Germania, in una “classica” del calcio mondiale. Il Brasile sogna di sfidare in finale l’Argentina (che affronta i Paesi Bassi).
La finale è, come, detto Germania – Argentina perché la Nazionale di Lowe non solo batte, ma straccia il Brasile con un pesantissimo 7-1, a oggi la semifinale mondiale con più reti segnate. Già solo alla fine del primo tempo i padroni di casa erano sotto 5-0, con tre gol in sei minuti (23’ Klose, 24 e 26 Kroos) cui si uniscono il gol di Muller all’11’ e di Khedira al 29’. Nella ripresa Schurrle segna una doppietta (69 e 79’), mentre al 90’ Oscar segna il gol della bandiera. La squadra di casa esce tra i fischi e le polemiche, con il Commissario Tecnico Felipe Scolari che si assume tutte le colpe. Come se non bastasse, il Brasile chiude al quarto posto il torneo perdendo anche la finalina contro i Paesi Bassi 3-0, subendo ben dieci reti in due partite in quattro giorni.
Russia 2018: il debutto del VAR
Il Mondiale del 2018 vede la vittoria della Francia in finale contro la sorprendente Croazia. A vincere il campionato organizzato per la prima volta in Russia è la Nazionale blues, capace di ripetersi a venti anni dalla prima volta. La squadra di Didier Deschamps (secondo giocatore a vincere il Mondiale da calciatore e da Commissario Tecnico dopo Franz Beckenbauer), vince il Mondiale grazie ad una generazione d’oro di calciatori come l’aveva caratterizzata venti anni prima.
Il Mondiale numero XXI è il primo dove è utilizzato il Video Assistant Referee, già utilizzato in tanti campionati nazionali. Il VAR consiste in un supporto video che aiuta l’arbitro in alcune situazioni, come la validità di un gol; l’assegnazione di un calcio di rigore; l’eventuale espulsione diretta di un giocatore; evitare scambi di persona nelle ammonizioni e nelle doppie ammonizioni.
Il VAR è impiegato durante il corso del torneo, ma in alcune situazioni (Brasile-Belgio, per esempio) la decisione successiva dell’arbitro è molto contestata. Il VAR sarà utilizzato anche nei successivi Campionati del Mondo perché considerato un ottimo supporto all’arbitraggio.
Qatar 2022: il primo mondiale in inverno
Qatar 2022 è il XXII Campionato del Mondo di calcio ed è il secondo in terra asiatica nonché l’ultimo a 32 squadre in quanto dal prossimo in avanti vi parteciperanno ben 48 squadre. Qatar 2022 è il primo Campionato mondiale che si disputa in inverno: tutti si sono disputati tra giugno e luglio, ma mai un Mondiale tra novembre e dicembre. Ed il motivo è semplice: in Qatar tra giugno e luglio la temperatura si spinge verso i 50 gradi, improponibile sia per giocare sia per assistere sugli spalti.
Il Mondiale qatariota si gioca dal 20 novembre al 18 dicembre e per ovvie ragioni 32 campionati nazionali si fermano almeno una settimana prima dell’inizio della competizione e riprenderanno a gennaio, con una sosta molto lunga: tutti i campionati europei sono iniziati sotto Ferragosto (la nostra Serie A il 13 agosto), concentrando tante partite prima della sosta, portando le squadra di club a concentrare tante partite (coppe europee comprese) e portare i giocatori a sforzi fisici importanti (con un aumento vertiginoso degli infortuni).
La scelta della FIFA di far giocare il torneo quando la stagione sportiva è a 1/3 è molto criticata, perché disputare un Mondiale in questo periodo è considerata una follia. Inoltre la scelta è anche criticata perché il Qatar non ha una tradizione calcistica e non ha stadi adeguati. O meglio non liaveva e li hanno costruiti tutti in pochi anni, violando molti diritti dei lavoratori e diversi diritti sindacali: 6.500 operai (la quasi totalità migranti) sono morti e altre migliaia sono rimasti feriti.
Operai impiegati anche nella costruzione delle infrastrutture nelle zone limitrofe degli impianti da gioco. Lo sponsor tecnico della Danimarca ha deciso che durante la kermesse fornirà alla Nazionale scandinava maglie, calzoncini e calzettoni senza il suo logo come protesta contro i diritti mancati verso i lavoratori morti (e la terza maglia sarà total black in ricordo delle oltre seimila vittime).
Inoltre degli otto stadi impiegati, uno sarà smontato totalmente campionato concluso (il “Stadium 974” di Doha) e altri vedranno diminuite le loro capienze (l’”Iconico” di Lusail” ed il “Al-Janoub” di Al Wakrah). Insieme a Uruguay 1930, tutto il Mondiale qatariota si giocherà nello spazio di appena 70 chilometri (il primo Mondiale si giocò solamente a Montevideo). Un’altra particolarità è che il numero dei convocati di ogni Nazionale passa da ventitre a ventisei.
La Nazionale campione in carica è la Francia mentre il Qatar è alla sua prima partecipazione: era da Italia ’34 che il Paese ospitante è alla prima partecipazione. Avendo perso i play off qualificazione, la Nazionale italiana, campione d’Europa in carica, non si è qualificata per il secondo Mondiale consecutivo, portando a quattro i “buchi” complessivi (Uruguay 1930, Svezia 1958, Russia 2018, Qatar 2022).
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- S. Bizzotto, Giro del mondo in una Coppa. Partite dimenticate, momenti indimenticabili dell’avventura mondiale, Il saggiatore, Milano, 2018
- F. Brizzi – N. Sbetti, Storia della Coppa del mondo di calcio (1930-2018). Politica, sport, globalizzazione, Mondadori, Milano, 2018
- F. Buffa – C. Pizzigoni, Nuove storie mondiali. Un secolo di calcio in 13 avventure, Sperling & Kupfer, Milano 2018
- J. Foot, Calcio (1898-2010). Storia dello sport che ha fatto l’Italia, BUR Rizzoli, Milano, 2010
- O. Soriano, Fútbol. Storie di calcio, Einaudi,2014.