Le origini
Situata in provincia di Salerno, è la prima delle quattro repubbliche marinare ad essersi sviluppata nel corso del IX secolo e anche la prima a crollare intorno al XII secolo. Le sue origini rimangono avvolte nel mistero, ma secondo la Chronica amalphitana il primo insediamento, a cui diedero il nome di Melphi, si deve a dei coloni romani naufragati lungo le coste intorno al IV secolo, dove in epoca imperiale probabilmente erano presenti ville, poderi e piccoli paesi, confermati dai resti archeologici rinvenuti.
Le fonti storiche però, menzionano Amalfi per la prima volta in un’epistola di papa Gregorio Magno agli inizi del 590 e diretta al rettore del Patrimonio di Campania, Antemio. La lettera riporta il nome del vescovo della città, Pimenio che probabilmente, oltre alle mansioni religiose, aveva anche degli incarichi politici. Successivamente, Amalfi riappare durante l’VIII secolo, quando è assediata dal principe di Benevento Arechi II, tra il 783 e il 785, in soccorso della quale giungono soldati da Napoli, in quanto facente parte del ducato partenopeo. Nonostante la sua posizione di sudditanza, la città gode di una sorta di autonomia che col passare degli anni si rafforza sempre più.
Gli amalfitani fin da subito basano le loro attività sul commercio, legato al parallelo sviluppo dell’agricoltura e dell’allevamento, che porta alla formazione di un’aristocrazia terriera che col tempo, diventerà più importante dei militari e dei Magistri militum bizantini o napoletani. In particolare la sua importanza si manifesta nell’812 quando alcune galee amalfitane soccorro il prefetto o stratega siracusano Gregorio, allora governatore della Sicilia bizantina, nello scontro che ebbe con l’emiro di Kairoum, Abu Al-Abbâs.
Nel IX secolo la potenza commerciale di Amalfi cresce molto dando lustro alla città, che viene menzionata nel trattato di alleanza tra Napoli e i Saraceni siciliani contro gli attacchi Longobardi dell’836, nello stesso periodo in cui fa fortuna con il commercio proprio di schiavi longobardi in tutto il Mediterraneo. Durante questo periodo di sviluppo, Amalfi viene però conquistata da Sicardo, il principe di Benevento successore di Arechi II, che oltre saccheggiare, deporta una parte della popolazione a Salerno. Questo non impedisce loro di continuare a prosperare con i commerci, che tengono principalmente con i paesi arabi e con l’Impero bizantino.
La nascita del Ducato
Il dominio beneventano sulla città si interrompe bruscamente il 1° settembre 839 quando Sicardo viene assassinato in una congiura di palazzo e gli amalfitani si ribellano, riuscendo a cacciare i longobardi con l’aiuto dei concittadini a Salerno. Data fondamentale per la storia della repubblica marinara, perché ne segna la raggiunta indipendenza, anche se formalmente dipende ancora dai bizantini, attraverso l’influenza del Ducato di Napoli. Nasce un nuovo stato, il Ducato di Amalfi, che può eleggere, attraverso l’aristocrazia, autonomamente il proprio capo, chiamato comes o comite, una sorta di rappresentante della nobiltà locale, che rimaneva in carica per uno o più anni.
La città si inserisce anche nella lotta per la successione al trono del Ducato di Benevento tra i parenti di Sicardo, Radelchi e Siconolfo, supportando quest’ultimo attraverso l’invio di forze che lo liberano dalla prigionia a Taranto. In segno di riconoscenza, il duca restituisce ad Amalfi le reliquie di Santa Tofimena, trafugate negli anni precedenti. Nel periodo successivo, aumentano le incursioni saracene nei territori meridionali della penisola, tanto da costringere il duca di Napoli, Sergio, a istituire la Lega Campana, della quale fa parte anche Amalfi, insieme a Sorrento e Gaeta.
Quando i saccheggi minacciano Roma, l’allora papa Leone II, convoca la flotta ad Ostia che diventa teatro di una memorabile battaglia navale alla foce del Tevere, dove le galee amalfitane e napoletane nell’849 sconfiggono i saraceni, dando inizio ad una collaborazione a livello difensivo con i partenopei in caso di attacchi musulmani. Le scorrerie saracene continuano a minacciare i territori italici, ma gli amalfitani continuano a commerciare con gli arabi e con Bisanzio, che riconosce l’autonomia della città, comprovata dalle numerose onorificenze che gli imperatori elargiscono ai prefetti.
Costoro iniziano a combattere contro gli invasori e uno di questi, Mansone, fonda una dinastia ereditaria a capo di Amalfi che instaura stretti contatti con quella macedone a Costantinopoli verso la fine del IX secolo, che i suoi eredi rafforzeranno, espandendo l’influenza dell’impero d’Oriente sull’Italia meridionale, tant’è che il basileus conferisce a Mansone il titolo di imperialis spatarius candidatus. E’ uno dei prefetti più attivi, andando in soccorso del principe di Benevento Atenolfo in una spedizione contro i saraceni e dopo sedici anni lascia il potere, ritirandosi in convento, al figlio Mastalo che insieme al suo primogenito Leone, rafforzano i legami con Costantinopoli che li premiarono i rispettivi titoli di imperialis patricus e proto spatarius.
Con il dominio dei commerci tra Oriente ed Occidente degli arabi, gli Amalfitani accrescono il loro ruolo di mediatori tra tre mondi: quello bizantino, quello arabo e quello longobardo. Le principali attività della città erano quindi sul mare e interessavano sia i normali cittadini che la nobiltà, anche se più legata alle proprietà terriere, ma che vede nei commerci la possibilità di acquisire ricchezze da investire nell’acquisto di nuove terre coltivabili dove espandere il proprio dominio.
Questo porta il Ducato ad espandersi anche dal punto di vista territoriale, con cittadini che diventano coloni in territori che vanno da Bisanzio al nord Africa, giungendo sino in Terra Santa, dove intorno al 1000, alcuni mercanti fondano, su concessione del califfo fatimide, l’ospedale di San Giovanni, primo nucleo di quello che poi sarà l’ordine degli Ospedalieri (per saperne di più, vedi il mio art. “Gli ordini cavallereschi”).
I commerci della città interessano l’Italia meridionale, il nord dell’Adriatico e del Tirreno, ma soprattutto la zona del Corno d’oro, raggiunta dagli amalfitani molto prima di veneziani, genovesi e pisani, mentre a capo del Ducato vi è Mansone II, della dinastia napoletana, sotto il quale il vescovato di Amalfi diventa cattedra metropolitana nel 987 ad opera di Giovanni XV. La sua potenza è sottolineata, come detto nella parte introduttiva, dall’emanazione a inizio XI secolo della Tavola Amalfitana, il primo e più antico codice di leggi marittime del Mediterraneo. Dall’arcivescovado di Amalfi dipendono i vescovadi di Capri, Scala, Stabia e Minori, indicando che la Chiesa e i governanti sono strettamente legati.
Decadenza e fine del Ducato
Dopo il periodo di splendore inizia la decadenza all’inizio dell’XI secolo quando gli eredi di Mansone II, nonostante preservino il potere sulla città, si trovano attanagliati tra l’espansione dei Normanni e le guerre e le congiure per la successione dei principati campani, finché non viene occupata dal principe Guaimario IV di Salerno. Con lui, l’ultimo della dinastia napoletana, detto Mansone il Cieco, viene richiamato da Bisanzio e posto al governo di Amalfi sotto la tutela salernitana, rimando a capo della città per poco tempo per l’imminente arrivo degli Altavilla, i conquistatori Normanni che giungono nel meridione.
Intorno alla metà dell’XI secolo entrano subito in conflitto con gli imperatori bizantini e i signori nel sud della penisola, che perdono uno dopo l’altro i loro possedimenti. Amalfi è schiacciata dalle guerre tra i nuovi conquistatori capeggiati da Roberto il Guiscardo, la Chiesa di Roma e i due imperatori a Occidente e Oriente alle quali si aggiunge la pressione crescente del Ducato di Salerno. La città sentendosi in pericolo, si allea col Normanno che dopo il rifiuto della tregua offerta al duca salernitano, nel marzo 1076, invade il territorio riuscendo a liberare dalla minaccia gli amalfitani, che però mostrano ormai di aver perso l’indipendenza di un tempo.
Nel 1080 gli abitanti si ribellano agli invasori ed eleggono il loro capo nella figura del duca Marino, che nonostante l’instabilità politica, riordina il governo trasformandolo in una curia con protonotarius, curiales, scribae e discipuli, inaugurando l’ultimo sprazzo di autonomia del Ducato. Alla morte di Roberto, si chiude questa ultima parentesi di libertà, perché la città sarà sempre assoggettata ai Normanni anche quando nel 1126 stipula un trattato commerciale con Pisa, per difendere i reciproci interessi commerciali. Questo non salva la città ancora soggetta a loro, soprattutto con l’avvento di Ruggero II dopo la nomina a Duca di Puglia, Calabria e Sicilia. Per espandere e rafforzare il proprio dominio, Ruggero chiede ad Amalfi di abbandonare il suo sistema difensivo e di consegnare alcune fortezze della costiera, violando un precedente accordo.
La città ovviamente rifiuta, scatenando un durissimo assedio via mare e via terra, che si conclude con la sua resa, scatenando ribellioni in tutto il meridione, portando il papa, Pisa, Genova e Lotario II a dichiarare guerra a Ruggero II, e portando termina infine al saccheggio del ducato ad opera dei Pisani nel 1135. La guerra, nonostante l’arrivo delle truppe papali e imperiali, termina con la vittoria del normanno, che nel 1139 viene riconosciuto sovrano del sud Italia, mettendo fine alla storia del ducato indipendente di Amalfi, anche se gli abitanti continuano a dedicarsi ai commerci marittimi e le colonie d’oltremare continuarono a rimanere attive nei commerci.
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- G. Benvenuti, Le Repubbliche marinare: Amalfi, Pisa, Genova e Venezia. La nascita, le vittorie e il tramonto delle gloriose città-stato che dal Medioevo al XVIII secolo dominarono il Mediterraneo, Newton Compton Editori, Roma, 2002.
- E. Orlando, Le Repubbliche marinare, il Mulino, Bologna, 2021.
- L. Nigro, Navigando nella storia di ieri e di oggi. Le repubbliche marinare, Booksprint, 2017