Lipsia, ottobre 1813. Dopo la campagna di Russia, arriva per Napoleone Bonaparte un’altra sconfitta e in breve tempo la Francia napoleonica viene invasa. Egli viene esiliato presso l’Isola d’Elba, dove progetterà la fuga e il rientro in Francia (avventura dei Cento Giorni), per poi essere fermato definitivamente a Waterloo. Nel frattempo, dopo la battaglia di Lipsia, le potenze europee ritengono necessario ripristinare lo status quo geopolitico pre-rivoluzionario, giacché il generale corso aveva davvero stravolto la conformazione geografico-politica e la cartina dell’intera Europa.
Questo periodo prende ad essere chiamato Restaurazione: il principio basilare è quello di cancellare le conquiste napoleoniche e ripristinare i legittimi sovrani assolutistici sui loro troni; ripristinare, di fatto, l’Ancien Régime. Il 1 novembre 1814 si aprono i lavori del Congresso di Vienna. Il 1815 diventa quindi un anno simbolico: secondo la periodizzazione storica più diffusa conclude l’Età moderna e dà avvio all’Età contemporanea; è di fatto il tentativo (non riuscito, come vedremo), di restaurare un Assolutismo che aveva mostrato tutte le sue lacune e che era stato minato già prima dell’avvento di Napoleone, con l’Illuminismo e con la Rivoluzione francese. Un’eredità difficile da cancellare.
Al Congresso partecipano i vincitori contro Napoleone: Gran Bretagna, Prussia, Russia e Impero Asburgico nella figura chiave dell’austriaco Metternich. Due i principi che guidano le discussioni: in primo luogo il principio di equilibrio, secondo cui deve esserci equilibrio nelle forze militari affinché nessun Paese prevalga su un altro. In secondo luogo, si fa ricorso al principio di legittimità dinastica, secondo cui ogni sovrano legittimamente seduto sul trono prima di Napoleone deve tornare su di esso. A tornare su quei troni, considerati legittimi, Ferdinando VII di Borbone in Spagna, Giovanni VI di Braganza in Portogallo, Ferdinando IV di Borbone a Napoli; anche papa Pio VII torna a Roma e in Francia torna l’erede del re ghigliottinato, Luigi XVIII di Borbone (che concede una Carta costituzionale e un Parlamento).
Nascono o si rafforzano, poi, altri Stati. Sorge il Regno dei Paesi Bassi e la Confederazione germanica (39 Stati, dalle ceneri del Sacro romano Impero), il Piemonte recupera Savoia, Genova e Liguria e la Prussia annette la Renania. La Russia ingloba la Polonia e la Finlandia mentre l’Austria riprende tutti i territori persi con Napoleone, compresa l’Italia. Nello specifico, il Regno lombardo-veneto passa direttamente sotto il dominio asburgico e i Ducati di Parma, Piacenza, Modena e Toscana sono affidati a sovrani austriaci.
La Gran Bretagna conserva il primato coloniale e marittimo. La Francia recupera i confini del 1792. I confini e le sovranità sono stati restaurati. È il momento di stringere alleanze per far sì che non si possa più ripresentare una situazione simile. Nel 1815 viene siglata la Santa Alleanza tra lo zar Alessandro I di Russia (promotore della stessa unione), Francesco II d’Austria, Federico Guglielmo III di Prussia.
Viene detta “santa” perché l’intento è quello di unire potere religioso e potere politico con il fine di ostacolare le idee liberali e rivoluzionarie. Viene inoltre sancito il Principio di intervento al fine di mantenere l’equilibrio internazionale e di avallare l’intervento difensivo contro eventuali moti rivoluzionari. All’alleanza non aderisce il papa, mentre in seguito entrano Gran Bretagna (Quadruplice Alleanza) e Francia (Quintuplice Alleanza, 1818).
Cancellare gli effetti della Rivoluzione francese è impossibile, dal punto di vista culturale, sociale e politico; la società è profondamente cambiata e l’era napoleonica ha fatto conoscere a molti Paesi europei Costituzioni e rappresentanze: risulta dunque un’impresa inammissibile pensare di ripristinare l’Assolutismo senza effetti tra la popolazione (soprattutto tra gli strati intellettuali e borghesi). È ciò che succede tra gli anni 1820-1821 che vedono lo scoppio di moti rivoluzionari contro la restaurazione degli assolutismi; chiedono Costituzioni e in alcuni casi l’indipendenza. Intellettuali borghesi sensibili ai principi rivoluzionari si aggregano in sètte e società segrete e si parla della necessità di riprendere i diritti conquistati con la Rivoluzione.
Il primo moto scoppia a Cadice (Spagna) nel gennaio del 1820: si chiede e si ottiene dal re Ferdinando VII una camera e il ripristino della Costituzione del 1812 precedentemente abolita. Come una febbre, i moti si estendono al Portogallo e anche qui si concede una Costituzione. La Grecia è la prossima, ottenendo l’indipendenza dall’Impero ottomano nel 1829. In Italia i moti scoppiano nel Lombardo-veneto contro l’Austria; nel Regno di Napoli anche Ferdinando è costretto a emanare una Costituzione mentre la Sicilia avanza velleità secessioniste. In Piemonte (marzo 1821) una rivolta liberale guidata da Santorre di Santarosa viene appoggiata dal principe Carlo Alberto; re Vittorio Emanuele I abdica in favore del fratello Carlo Felice: tuttavia, essendo quest’ultimo lontano dall’Italia, i ribelli pongono sul trono lo stesso Carlo Alberto che concede una Costituzione, lo Statuto Albertino.
I moti tuttavia falliscono e nel giro di poco tempo viene ripristinata la situazione precedente. Tra i motivi del fallimento sicuramente la segretezza dei programmi e il fatto che la classe intellettuale e borghese, già divisa al suo interno, non abbia condiviso con il resto della società i suoi programmi. Segue il Convegno di Troppeau e la Santa Alleanza interviene reprimendo i governi rivoluzionari appena sorti e restaurando nuovamente l’Assolutismo (tuttavia sempre più fragile).
Dieci anni dopo, nuovi moti rivoluzionari: a indicare che ormai la società è profondamente cambiata e non può più accettare strutture di Ancien Régime. Ancora, il desiderio di libertà costituzionali si fonde a desideri patriottici di unità nazionale (come per l’Italia). Parigi, luglio 1830. La tendenza all’assolutismo del sovrano Carlo X fa insorgere il popolo francese costringendo il re ad abdicare; Luigi Filippo d’Orléans fonda la “monarchia di luglio”: Costituzione più liberale, maggiori poteri al Parlamento. I moti si estendono anche in Belgio (che ottiene l’indipendenza dai Paesi Bassi), Polonia e Italia (si formano governi liberali in Emilia, Modena, Parma, Bologna).
Anche i moti del 1831 sono destinati al fallimento (tranne per Francia e Belgio) dietro intervento della Santa Alleanza (Congresso della Santa Alleanza, 1833). Rispetto ai moti precedenti, però, questi avvengono coinvolgendo maggiormente la popolazione e, anche una volta repressi, danno prova ulteriore che una Restaurazione delle antiche strutture assolutistiche non è più possibile. Con i moti del 1848, anno passato alla storia come la “primavera dei popoli”, può dirsi definitivamente concluso il periodo della Restaurazione: come detto, un fallimento annunciato.
A cura di Giulia Boccardi, Docente di Storia e Filosofia al Liceo
© 2019-2023 Fatti per la Storia - La Storia di Tutto, per tutti.
© 2019-2023 Fatti per la Storia - La Storia di Tutto, per tutti.