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Quando nacquero le organizzazione Stay behind in Europa? Che configurazione assunsero? Come e da chi erano organizzate? L’articolo seguente prova a rispondere a questi e altri interrogativi, partendo dall’epifania andreottiana di Gladio e allargando lo sguardo sull’Europa facente parte del blocco occidentale.
La scoperta nel 1990
Il 18 ottobre 1990 il presidente del Consiglio Giulio Andreotti, presentando alla commissione parlamentare sulle stragi una relazione intitolata Il cosiddetto Sid Parallelo – Operazione Gladio. Le reti clandestine a livello internazionale, rende pubblico per la prima volta l’esistenza di una struttura armata che era stata creata allo scopo di difendere il territorio nazionale in caso di aggressione straniera. Secondo la relazione, nel 1956 viene istituita una rete occulta di resistenza che avrebbe dovuto attivarsi nel caso di occupazione nemica, raccogliendo informazioni, praticando azioni di sabotaggio e provvedendo ad azioni di guerriglia contro l’invasore.
Le rivelazioni, tuttavia, non finiscono qui. Secondo quanto riferito da Andreotti, strutture analoghe a quella che in Italia aveva il nome in codice di «Gladio» sono state concepite anche negli altri Paesi membri della North Atlantic Treaty Organization (NATO). L’operazione messa in campo nei Paesi aderenti al Patto Atlantico prese il nome convenzionale di «Stay behind». I servizi segreti dei singoli Stati si impegnarono ad agire di comune accordo con la US Central Intelligence Agency: i primi reclutarono ed addestrarono i soggetti che avrebbero preso parte al progetto, in Italia chiamati «gladiatori», e si impegnarono nell’organizzazione logistica sul territorio; i secondi fornirono finanziamenti e armi.
L’eco delle parole di Andreotti ha investito prepotentemente in quel periodo la stampa e l’opinione pubblica. Non solo. Gli effetti della vicenda si ripercuotono dopo poco tempo anche sul presidente della Repubblica Francesco Cossiga, strenuo difensore della legittimità di Gladio, e culminano in una richiesta di impeachment nei suoi confronti. Gladio diventa la risposta più logica a tutte le domande che erano sorte di fronte ai drammi italiani del passato: le stragi impunite, i tentativi di colpi di Stato, gli assassinii. Gladio risulta negli anni Novanta il denominatore comune delle teorie del «doppio Stato».
Tuttavia, le ricerche negli anni hanno posto dei legittimi interrogativi riguardo l’attributo parallelo relativo all’azione dell’organizzazione di Stay-behind. Queste ultime risultano essere un organismo interno più che parallelo, germinato nello Stato e in conseguenza di politiche legate al contesto della Guerra Fredda.
La nascita dell’organizzazione ‘Stay behind’
La percezione del pericolo comunista, incarnato dal colosso sovietico, risulta, negli anni della guerra fredda, molto palpabile. La minaccia incombente percepita dai Paesi dell’Europa occidentale è tale che, poco tempo dopo i fatti di Berlino e della presa del potere comunista in Cecoslovacchia, alcuni di questi Stati formano nel 1948 un patto difensivo, il Trattato di Bruxelles che sarà poi la base per Unione Europe occidentale (UEO), a cui seguirà un patto di più vasta portata: il patto Atlantico e la conseguente creazione della Nato.
Le prospettive di un’invasione sovietica e di una disintegrazione del blocco atlantico alimentano così i piani di rafforzamento militare in Europa occidentale. NATO e CIA programmano l’edificazione di reti segrete, spesso paramilitari, che hanno il compito di provvedere all’organizzazione della resistenza nel caso di una occupazione militare comunista.
Le operazioni di Stay behind, basate sui valori dell’anticomunismo e dell’atlantismo, giocano un ruolo cruciale, quindi, nei tentativi dei singoli Paesi sia di costruire un apparato di resistenza che potesse combattere un’invasione de facto, sia di evitare in qualsiasi modo la presa del potere di dei singoli partiti comunisti. Le operazioni di sabotaggio, di recupero di informazioni, di propaganda, ma anche attività militari e infiltrazioni politiche rappresentano i modi e i metodi utilizzati dagli agenti facenti parte di questi gruppi e abilmente selezionati dai propri governi, in quanto ritenuti affini ai principi delle organizzazioni e affidabili nel portare a termine i propri incarichi.
Nonostante permanga ancora un alone di mistero che avvolge le operazioni Stay behind, si è certi della loro presenza in molti paesi facenti parte di quello che veniva chiamato il blocco occidentale: solo per fare degli esempi, in Grecia ha nome in codice LOK; in Norvegia ROC; in Danimarca Absalon; in Portogallo Aginter; in Belgio SDRA8; in Lussemburgo Stay-Behind; nei Paesi Bassi I&O; in Turchia Counter-Guerrilla; in Germania TD BDJ; e in Italia, come già osservato, Gladio. Altri due Paesi anche se non facenti parte del Patto Atlantico avevano comunque due organizzazioni Stay behind legate alla Nato: la Svizzera in cui agiva la P26, mentre in Austria l’OWSGV.
Una panoramica europea
Le prime iniziative per creare una rete Stay behind nella parte occidentale del continente europeo risalgono ai primi anni dopo la conclusione del secondo conflitto europeo e si concentrano sui «frontline states», ovvero quei Paesi che sarebbero stati geograficamente più esposti ad una minaccia o invasione sovietica.
I primi tentativi sono condotti dal SIS britannico, estendendo la rete occulta di guerriglia e sabotaggio che già era in funzione negli anni della guerra nei territori nemici. Le azioni statunitensi, invece, diventano concrete solo con l’inasprirsi della Guerra Fredda alla fine degli anni Quaranta e furono gestite dall’Office of Special Projects, facente capo alla CIA.
In seguito alla creazione della NATO e in maniera concorde al volere della neonata UEO viene formato un Comitato clandestino che avrebbe dovuto regolamentare ed organizzare la rete Stay behind in Europa. Il controllo delle singole organizzazioni nazionali, tuttavia, rimane ai singoli Paesi per evitare, almeno sulla carta, un’interferenza netta nei loro affari interni che avrebbe provocato una limitazione del potere nazionale.
Paesi Bassi
Tra le nazioni che avevano subito l’occupazione tedesca durante la Seconda guerra mondiale, i Paesi Bassi sembrano essere stati i primi a pianificare una resistenza in caso di occupazione nemica. Sono due le iniziative messe in campo. La prima viene creata dall’intelligence militare olandese dal colonnello J. M. Somers, dietro ordine del capo di Stato Maggiore. Somers, che già era stato a capo dell’intelligence in esilio durante il conflitto mondiale, mette in campo un’organizzazione Stay behind i cui compiti principali sono la raccolta delle informazioni e i preparativi di piani di salvataggio e recupero di militari ed equipaggi. La seconda iniziativa, invece, viene condotta a stretto contatto con il SIS britannico ed organizzata in loco da Louis Einthoven. L’obiettivo in questo caso è quello di creare un nucleo di resistenza armata civile in caso di occupazione che promuovesse operazioni di sabotaggio e la preparazione di una stampa clandestina.
Belgio
Un’altra nazione che si muove velocemente è il Belgio. Anche’essa occupata dalla Germania nazista durante la guerra si organizza prontamente per istituire una rete occulta che collabori a stretto contatto con i britannici e gli statunitensi. Le alte sfere della nazione belga si accordano quindi per formare un’organizzazione praticamente tripartita che operi in diversi modi: raccolta di informazioni riguardanti le operazioni degli aderenti al Cominform e su potenziali attività nemiche; preparazione concertata di azioni in caso di guerra; piano di salvataggio per il governo belga in caso di invasione e costruzione di contatti sicuri con coloro che sarebbero rimasti nel territorio occupato.
Repubblica Federale Tedesca
Il punto più caldo della Guerra Fredda è sicuramente rappresentato dal «ventre molle dell’Europa», ovvero la Germania divisa. La rete Stay behind costruita nella parte occidentale viene affidata ad un ex gerarca nazista, capo del controspionaggio durante il regime hitleriano, Reinhard Gehlen. Dopo essersi salvato dal processo di Norimberga, grazie alle informazioni in suo possesso, Gehlen viene messo a capo della rete che in quel momento ha il compito primario di raccogliere informazioni dietro le linee nemiche e di organizzare operazioni di sabotaggio e di resistenza. La testimonianza di Hans Otto, ex ufficiale delle SS, del 1952, nella quale ammette di fare parte di un gruppo clandestino di resistenza sovvenzionato dalla CIA, mette in luce per la prima volta l’esistenza in Germania dell’Organizzazione Gehlen, che ufficialmente prende il nome di Technischer Dienst des Bundes Deutscher Jugend (TD BDJ).
Austria
Geograficamente posizionata sul confine con il blocco sovietico, il nuovo Stato austriaco, nel tentativo di rafforzare il proprio potere, nonché la propria «neutralità», si dota di una rete Stay behind con l’aiuto dei servizi segreti britannici e statunitensi.
L’Austria tenta quindi di compensare la propria fragilità istituzionale, dovuta alla settennale occupazione nazista, rafforzando i rapporti occulti con gli Alleati e la NATO, creando un’organizzazione segreta, con a capo Franz Olah, futuro ministro degli Interni negli anni ’60, con il nome in codice di Österreichischer Wander-Sport-und Geselligkeitsverein (OWSGV).
Il caso italiano
Finiamo questa piccola sequenza esemplificativa, parlando del caso italiano, dal quale è partita la nostra argomentazione. In Italia, anche in conseguenza della polarizzazione politica venutasi a disegnare dopo il conflitto bellico, nella seconda metà degli anni Quaranta il pericolo comunista è fortemente avvertito.
Se, da una parte, quello italiano è uno dei partiti comunisti più forti in Europa occidentale, appoggiato ideologicamente e materialmente da Mosca, d’altra parte il nuovo governo repubblicano guidato dalla Democrazia Cristiana non perde tempo ad ostacolarlo. Il Pci viene estromesso dal governo nel maggio 1947 e il Paese si lega allo schieramento atlantico, ricevendo aiuti dagli Stati Uniti per sostenere una rete occulta di resistenza che ostacolasse i «rossi».
L’origine di Gladio, tuttavia, ha radici ben più profonde. Un unico filo collega le vicende della guerra di resistenza dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943 e la formazione di Gladio a metà degli anni Cinquanta. In primo luogo, il governo Badoglio, istauratosi nel sud Italia, per continuare la guerra a fianco degli alleati mette in campo dei reparti clandestini, a fianco dell’esercito regolare, che agiranno oltre le linee nemiche. Questi nuclei clandestini sono sotto il comando della Sezione Calderini, servizio di intelligence del governo italiano rifugiato al sud, i cui elementi avranno dirette responsabilità nella creazione della rete di Stay behind.
Secondariamente, la nascita di Gladio si lega ai reparti della resistenza sorti nel Nord-est in funzione antifascista, ma ideologicamente lontani anche dai comunisti operanti nelle brigate Garibaldi. I partigiani liberali, azionisti e cattolici legati alle brigate Osoppo rappresentano, una volta finita la guerra, un nucleo paramilitare su cui affidarsi nel caso in cui fosse necessario rispondere ad una invasione da parte dei comunisti, fossero essi sovietici o jugoslavi.
Il nuovo governo repubblicano non perde tempo. Addestra ed aumenta numericamente i soldati delle brigate Osoppo ed il gruppo viene riconosciuto come unità ausiliaria dell’esercito italiano con il nome di Osoppo – Terzo Corpo Volontari della Libertà. Dalle sue file proverranno in seguito molti dei componenti facenti parte dell’organizzazione Gladio, così come è possibile che provengano anche dalla milanese Maci (Movimento Avanguardista Cattolico Italiano).
L’azione concertata tra le forze governative italiane e quelle dei servizi di intelligence statunitensi per la costruzione di una rete occulta risale, tuttavia, alla fine degli anni Quaranta. L’esilio politico dei comunisti, l’adesione al Patto atlantico e gli aiuti del Piano Marshall mettono il governo repubblicano sulla scia delle politiche degli USA. I sempre più stretti rapporti tra i due Paesi hanno un riflesso anche a livello di intelligence, quando CIA e SIFAR (Servizio Informazioni Forze Armate) danno il via alla costruzione di quello che poi prende il nome di Gladio nel 1956, dopo aver stilato un protocollo d’intesa e d’azione.
Conclusioni
Non è sicuramente facile dare una panoramica completa di quello che furono le operazioni di Stay behind operanti per l’Europa occidentale. Il contesto della Guerra Fredda amplificò sicuramente dei sentimenti e delle credenze che erano già preesistenti e la divisione in blocchi solidificò questa visione del mondo polarizzata, che giustificò la creazione di reti occulte, nate con lo scopo di preparare una resistenza civile in caso di invasione sovietica e di raccogliere informazioni sul nemico.
Resta comunque il problema di poter capire quanto queste organizzazioni influirono nella politica interna di ogni singolo Paese. Quantificarlo non è semplice e la segretezza che ancora pervade questo ambito è un grosso limite per chi studia. Limitandoci al caso italiano sembra che il rapporto (Il cosiddetto Sid Parallelo – Operazione Gladio. Le reti clandestine a livello internazionale) dell’ex presidente del Consiglio Andreotti tentasse di buttare sabbia negli occhi di coloro che chiedevano verità riguardo l’esistenza e l’operatività di Gladio, tentando di scaricare le colpe di ogni grigiore della vita politica e militare dagli anni Cinquanta fino a quel giorno all’organizzazione segreta.
Quello che si può affermare, lontano da quello che può essere un giudizio sulle azioni, le responsabilità o le colpe di queste reti Stay behind, è che con lo scoppio dell’affare Gladio si è messo in moto una ricerca che nel corso degli anni ha permesso di svelare come queste organizzazioni siano state create principalmente dagli sforzi dei singoli Paesi in un’ottica di difesa nazionale con l’aiuto, sì, di alcune forze straniere, le quali, tuttavia, non ne possedevano il monopolio. Le reti Stay behind rimasero, contrariamente a qualsiasi fantastica teoria del complotto, nazionali ed indipendenti rispetto ad un controllo centralizzato delle potenze atlantiche.
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- G. Pacini, Le altre Gladio: la lotta segreta anticomunista in Italia (1943-1991), Einaudi,
2014. - A. Giovagnoli, L. Tosi, Un ponte sull’Atlantico. L’alleanza occidentale 1949-1999, Guerini e
Associati, 2003. - O. Riste, «Stay Behind». A clandestine Cold War phenomenon, Journal of Cold War
Studies Vol. 16, No. 4, 2014, pp. 35–59.