CONTENUTO
di Giuseppe Barone
Le origini e formazione di Solone
Se fosse possibile domandare a un uomo dell’antica Grecia chi sia la figura più significativa della storia politica e legislativa della sua terra, indicherebbe senza dubbio Solone. Ritenuto dagli antichi il legislatore (νομοθέτης) per eccellenza e ispiratore del poemetto di Pascoli “Solon”, conosciamo la sua vita grazie alla biografia di Plutarco e a quella di Diogene Laerzio; molto ci racconta di lui anche l’Athenaion politeia.
L’opera plutarchea (Vita di Solone, I) riferisce che «infatti tutti dicono concordemente che quello fosse di Essecestide, di un uomo che per ricchezza, come dicono, e anche per potere era della classe media dei cittadini ma per stirpe era di una casato importante; infatti era dall’origine un cotride» (Ἐξηκεστίδου γὰρ αὐτὸν ἅπαντες ὁμαλῶς γεγονέναι λέγουσιν, ἀνδρὸς οὐσίᾳ μέν, ὥς φασι, καὶ δυνάμει μέσου τῶν πολιτῶν, οἰκίας δὲ πρώτης κατὰ γένος: ἦν γὰρ Κοδρίδης ἀνέκαθεν), aggiungendo che «Eraclide Pontico racconta che la madre di Solone fosse la cugina della madre di Pisistrato» (τὴν δὲ μητέρα τοῦ Σόλωνος Ἡρακλείδης ὁ Ποντικὸς ἱστορεῖ τῆς Πεισιστράτου μητρὸς ἀνεψιὰν γενέσθαι).
Gli studiosi, tuttavia, ritengono che appartenesse non alla classe media, bensì al ceto dominante. È, inoltre, certo che la sua città natale è Atene, mentre la data di nascita va collocata intorno al 640 a.C. circa.
Lo stesso Plutarco (Vita di Solone, II) narra anche che «dunque Solone, come dice Ermippo, dal momento che il padre aveva ridotto il patrimonio per una sorta di filantropia e per beneficenza, pur non mancando di coloro i quali volevano aiutarli, vergognandosi di ricevere dagli altri lui che pure era nato da una casa avvezza a portare aiuto agli altri, si mosse al commercio. E in verità dicono alcuni che Solone avesse vagato per molta esperienza e per ricerca piuttosto che per guadagno» (ὁ δ’ οὖν Σόλων τὴν οὐσίαν τοῦ πατρὸς ἐλαττώσαντος εἰς φιλανθρωπίας τινάς, ὥς φησιν Ἕρμιππος, καὶ χάριτας, οὐκ ἂν ἀπορήσας τῶν βουλομένων ἐπαρκεῖν, αἰδούμενος δὲ λαμβάνειν παρ’ ἑτέρων ἐξ οἰκίας γεγονὼς εἰθισμένης ἑτέροις βοηθεῖν, ὥρμησε νέος ὢν ἔτι πρὸς ἐμπορίαν. καίτοι φασὶν ἔνιοι πολυπειρίας ἕνεκα μᾶλλον καὶ ἱστορίας ἢ χρηματισμοῦ πλανηθῆναι τὸν Σόλωνα).
Lo storico raccoglie, dunque, due tradizioni, attingendole probabilmente da un’unica fonte: la prima è l’eco di un periodo in cui il commercio era ritenuta un’attività onorevole; la seconda pone, invece, l’accento sulla sapienza del personaggio, ponendola in relazione con i suoi viaggi. A tal riguardo, non è, poi, eludibile un’altra riflessione: i viaggi di formazione come componente del percorso educativo individuale del legislatore rappresentano un topos ricorrente nelle biografie.
Solone e la conquista di Salamina
La storiografia gli attribuisce anche la conquista dell’isola di Salamina da parte di Atene, intorno agli inizi del VI secolo (prima del 594-593 a.C.), dopo una lunga contesa con Megara: secondo Diogene Laerzio (Vita dei filosofi, 46), «essendo la sua patria [Salamina] contestata dagli Ateniesi e dai Megaresi ed essendo stati gli Ateniesi spesso sconfitti in guerre, decisero di condannarlo a morte se li avesse ancora consigliato di combattere per Salamina; egli avendo fatto finta di essere impazzito ed essendosi inghirlandato scese in piazza; lì fece conoscere agli Ateniesi per mezzo di un araldo l’elegia su Salamina e li incitò. E subito mossero guerra ai Megaresi e vinsero grazie a Solone» ([…] τῆς πατρίδος αὐτοῦ [Σαλαμῖνος] ἀμφισβητουμένης ὑπό τε Ἀθηναίων καὶ Μεγαρέων καὶ πολλάκις τῶν Ἀθηναίων ἐπταικότων ἐν τοῖς πολέμοις καὶ ψηφισαμένων εἴ τις ἔτι συμβουλεύσοι περὶ Σαλαμῖνος μάχεσθαι, θανάτῳ ζημιοῦσθαι, οὗτος μαίνεσθαι προσποιησάμενος καὶ στεφανωσάμενος εἰσέπαισεν ἰς τὴν ἀγοράν· ἔνθα τοῖς Ἀθηναίοις ἀνέγνω διὰ τοῦ κήρυκος τὰ συντείνοντα περὶ Σαλαμῖνος ἐλεγεῖα καὶ παρώρμησεν αὐτούς. καὶ αὖθις πρὸς τοὺς Μεγαρέας ἐπολέμησαν καὶ ἐνίκων διὰ Σόλων).
Plutarco (Vita di Solone, 9,1) riferisce che anche l’oracolo di Delfi si esprime favorevolmente sulla scelta di intraprendere questa guerra, il cui vero significato è tuttora una quaestio aperta: alcuni hanno sostenuto che Solone avrebbe risospinto i suoi concittadini a questa guerra unicamente per rievocare intorno ad essa lo spirito di concordia delle classi; altri propendono a mettere in relazione l’evento bellico con il problema dell’approvvigionamento oppure a quello dell’esportazione dei cereali; altri ancora, invece, vedono nella conquista dell’isola di Salamina l’espressione della forza unitaria del gruppo politico che è al potere ad Atene in quel periodo.
Attività politica di Solone
In quei medesimi anni il politico ateniese è protagonista di un’altra vicenda: scelto come pacificatore tra la fazione dei Ciloniani e quella degli Alcmeonidi, convince i membri di entrambe le parti a sottoporsi ad un processo, a seguito del quale gli Alcmeonidi vengono riconosciuti colpevoli e mandati in esilio.
Quest’accadimento, così come la conquista di Salamina, vengono fatti coincidere dalle fonti con l’anno di arcontato di Solone (594-593 a.C.), incontrando, tuttavia, lo scetticismo degli studiosi. Sembra, infatti, poco credibile che in un solo anno egli compia le azioni appena descritte e metta contemporaneamente in atto anche tutte le sue riforme.
Di queste ultime è degna di memoria la σεισάχθεια (“lo scuotimento dei pesi”), a proposito della quale in Athenaion politeia VI,1 leggiamo: «diventato arbitro degli affari, Solone liberò il popolo sia nel presente sia nel futuro avendo vietato i prestiti su pegno della persona e fece leggi e ordinò l’estinzione dei debiti, sia privati che pubblici, che chiamano seisachtheia (scuotimento dei pesi)» (κύριος δὲ γενόμενος τῶν πραγμάτων Σόλων τόν τε δῆμον ἠλευθέρωσε καὶ ἐν τῷ παρόντι καὶ εἰς τὸ μέλλον, κωλύσας δανείζειν ἐπὶ τοῖς σώμασιν, καὶ νόμους ἔθηκε καὶ χρεῶν ἀποκοπὰς ἐποίησε, καὶ τῶν ἰδίων καὶ τῶν δημοσίων, ἃς σεισάχθειαν καλοῦσιν).
In cosa consista di preciso questa legge non è ancora oggi possibile dirlo con certezza. L’ipotesi più plausibile è che essa preveda l’eliminazione dei debiti pregressi e il divieto di poter dare la propria persona come garanzia di un prestito. Accadeva, infatti, che gli aristocratici si fossero impossessati dei terreni pubblici, costringendo i contadini che precedentemente li coltivavano a lavorarvi pagando i cinque sesti del raccolto.
In seguito a ciò, gli agricoltori non avevano quasi niente per vivere ed erano costretti a ricorrere a prestiti, dando in pegno se stessi. Sembra, dunque, che l’opera soloniana sia volta a ridurre strapotere e occupazioni indebite. Solone non compie, tuttavia, il passo successivo: la ridistribuzione delle terre che contemporaneamente all’emanazione di questa legge, ha provveduto a liberare.
Per porre fine a questa piaga sociale egli opta, invece, per favorire le attività artigianali, stabilisce una punizione per i fannulloni e obbliga i genitori a insegnare un mestiere ai figli, i quali, a loro volta, vengono obbligati da una sua legge a prendersi cura dei genitori anziani.
Attività legislativa di Solone
Il suo intervento legislativo più noto, come si apprende da Athenaion Politeia VII, 3-5, «distinse i cittadini in quattro classi secondo il censo, come prima, e cioè i pentacosiomedimni, i cavalieri, gli zeugiti e i teti. Tutte le magistrature le fece esercitare ai cittadini provenienti dai pentacosiomedimni, dai cavalieri e dagli zeugiti e cioè i nove arconti, i tesorieri, i poleti, gli undici e i colacreti, dando a ciascuno un incarico corrispondente al censo. I teti, poi, li fece soltanto partecipi dell’assemblea e dei tribunali. Doveva essere considerato pentacosiomedimne chi raccoglieva dalla propria terra 500 misure di prodotti tra liquidi e secchi, cavalieri chi ne raccoglieva 300, o, come dicono alcuni, chi era in grado di mantenere un cavallo. […] Appartenevano alla classe degli zeugiti quelli che raccoglievano in totale 200 misure di prodotti; tutti gli altri erano teti e non avevano accesso alle magistrature» (τιμήματι διεῖλεν εἰς τέτταρα τέλη, καθάπερ διῄρητο καὶ πρότερον, εἰς πεντακοσιομέδιμνον καὶ ἱππέα καὶ ζευγίτην καὶ θῆτα. καὶ τὰς μὲν ἄλλας ἀρχὰς ἀπένειμεν ͅͅ ἄρχειν ἐκ πεντακοσιομεδίμνων καὶ ἱππέων καὶ ζευγιτῶν, τοὺς ἐννέα ἄρχοντας καὶ τοὺς ταμίας καὶ τοὺς πωλητὰς καὶ τοὺς ἕνδεκα καὶ τοὺς κωλακρέτας, ἑκάστοις ἀνάλογον τῷ μεγέθει τοῦ τιμήματος ἀποδιδοὺς τὴν ἀρχήν: τοῖς δὲ τὸ θητικὸν τελοῦσιν ἐκκλησίας καὶ δικαστηρίων μετέδωκε μόνον. ἔδει δὲ τελεῖν πεντακοσιομέδιμνον μέν, ὃς ἂν ἐκ τῆς οἰκείας ποιῇ πεντακόσια μέτρα τὰ συνάμφω ξηρὰ καὶ ὑγρά, ἱππάδα δὲ τοὺς τριακόσια ποιοῦντας—ὡς δ᾽ ἔνιοί φασι τοὺς ἱπποτροφεῖν δυναμένους. […]ζευγίσιον δὲ τελεῖν τοὺς διακόσια τὰ συνάμφω ποιοῦντας. τοὺς δ᾽ ἄλλους θητικόν, οὐδεμιᾶς μετέχοντας ἀρχῆς).
Tale divisione del popolo, in realtà, non è creata ex novo: Solone, infatti, ha soltanto aggiunto la classe di censo più elevato. Va rilevato, inoltre, che essa, pur dovendo nelle intenzioni del legislatore evitare che la nobiltà fosse il requisito per accedere alle cariche pubbliche, fallisce nel suo fine.
Altra innovazione che Plutarco (Vita di Solone, XIX, 1) attribuisce al politico ateniese è l’istituzione della boulé, un consiglio composto da 400 membri, cento per ciascuna delle quattro tribù in cui è ripartita la cittadinanza di Atene: «ma vedendo che il popolo era ancora gonfio dell’arroganza che gli era derivata dall’abolizione dei debiti, organizzò un consiglio aggiuntivo scegliendo cento uomini da ognuna delle quattro tribù, ai quali affidò l’incarico di prevenire il giudizio del popolo e di non consentire che fosse presentata all’assemblea popolare nessuna proposta che non fosse già stata esaminata subito» (ἔτι δ’ ὁρῶν τὸν δῆμον οἰδοῦντα καὶ θρασυνόμενον τῇ τῶν χρεῶν ἀφέσει, δευτέραν προσκατένειμε βουλήν, ἀπὸ φυλῆς ἑκάστης, τεττάρων οὐσῶν, ἑκατὸν ἄνδρας ἐπιλεξάμενος, οὓς προβουλεύειν ἔταξε τοῦ δήμου καὶ μηδὲν ἐᾶν ἀπροβούλευτον εἰς ἐκκλησίαν εἰσφέρεσθαι).
Anche l’Athenaion Politeia VIII,4 conferma che «istituì un consiglio di quattrocento, cento per ciascuna tribù» (βουλὴν δ᾽ ἐποίησε τετρακοσίους, ἑκατὸν ἐξ ἑκάστης φυλῆς). Questo consiglio, in realtà, sembra piuttosto un’invenzione più tarda, precisamente della fine del V secolo. Ugualmente è da ritenersi poco attendibile l’attribuzione da parte dell’attidografo Androzione e dell’Athenaion Politeia della riforma della svalutazione della mina a Solone.
Esaurito il suo mandato, egli, secondo le fonti, avrebbe poi rifiutato la tirannide offertagli dal popolo, intraprendendo una serie di viaggi che lo trattengono lontano dalla sua città circa dieci anni. Il dato certo è che il suo tentativo di eliminare le tensioni interne non è stato coronato da successo, giacché la sua uscita dalla scena politica lascia dietro di sé un diffuso malcontento ed è seguita dalla ripresa dei contrasti tra i gruppi aristocratici.
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- L. Breglia, F. Guizzi, F. Raviola, Storia greca, Napoli, EdiSES, 2015.
- Laura Loddo, Solone demotikotatos: il legislatore e il politico nella cultura democratica ateniese, Milano, LED, 2018.
- Raaflaub K., Solone, la nuova Atene e l’emergere della politica, in S. Settis, I Greci, II,1, Torino, Einaudi, 1996, pp. 1035-1081.