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“Senza il muro. Le due Europe dopo il crollo del comunismo” di J. Rupnik

La recensione del libro "Senza il muro. Le due Europe dopo il crollo del comunismo" di Jacques Rupnik pubblicato da Donzelli Editore

di Agostino Raso
31 Maggio 2021
TEMPO DI LETTURA: 3 MIN
senza il muro

CONTENUTO

  • Le realtà nazionali post-sovietiche
  • La regressione della democrazia
  • Le controrivoluzioni dell’Est Europa

La forza interpretativa del libro “Senza il muro. Le due Europe dopo il crollo del comunismo” di Jacques Rupnik (Donzelli Editore) sta nel considerare la caduta del Muro non come un evento, ma come l’inizio di un processo, anzi di un insieme di processi a catena, che delineano la parabola di una lunga transizione inconclusa verso i modelli di democratizzazione politica cui originariamente si ispiravano. D’altro canto, quei diversi modelli hanno conosciuto difficoltà e criticità inattese e crescenti là dove sembravano più radicati e solidi.

Le realtà nazionali post-sovietiche

Per quanto riguarda le realtà nazionali post-sovietiche, il libro individua la spiegazione degli esiti differenti che in quell’area si stanno manifestando nel diverso dosaggio di alcuni fattori quali: il grado e la forza di insediamento del precedente sistema sovietico, la forza o la fragilità di suggestione del modello liberal-democratico di ispirazione occidentale, la presenza più o meno diffusa di fattori di inquinamento e intorbidamento, quando no di corruzione, la diversa torsione  delle derive identitarie che stanno alla base delle più o meno forti istanze nazionalistiche.

Ma se gli esiti sono differenti, cosicché si farebbe un errore di valutazione a volerli appiattire tutti su uno stesso registro, è pur vero che, ad est del vecchio Muro, sta riprendendo a spirare un vento pronto a trascinarsi dietro, se non proprio la pura riproposizione del modello dittatoriale preesistente, quanto meno i tratti inediti di una democrazia illiberale, demagogica, populista, autoritaria.

La regressione della democrazia

Dopo aver incarnato con il dissenso la lotta per i diritti umani e per il rinnovamento della società civile, i paesi dell’Europa orientale vedono oggi l’ascesa dei nazionalismi e il moltiplicarsi di misure che puntano a limitare il ruolo di chi contesta le politiche dei governi in carica. Una volta proclamato il “ritorno in Europa” e adottate le riforme necessarie per aderire all’Unione Europea, quest’ultima viene contestata e il suo ruolo viene perfino paragonato alla tutela sovietica di un tempo.

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I responsabili di questa regressione della democrazia nei nuovi paesi membri della Ue, di questa generale rimessa in discussione delle conquiste democratiche del 1989, non sono comunisti animati da nostalgia per l’antico regime, ma talvolta proprio coloro che avevano contribuito ai cambiamenti democratici nei propri paesi: Viktor Orban, oggi primo ministro ungherese, alla fine degli anni ottanta fondò un movimento studentesco dissidente; Jaroslaw Kaczynski, capo incontestato di PiS (Prawo i Sprawiedliwosc, Diritto e Giustizia), oggi al potere in Polonia, viene dal movimento Solidarnosc e fu consgliere di Lech Walesa.

Le controrivoluzioni dell’Est Europa

I paesi del gruppo Visegrad (Ungheria, Polonia, Repubblica Ceca e Slovacchia, i cosiddetti V4) erano considerati come un esempio riuscito di transizione alla democrazia, che confermava, anno dopo anno, la riuscita del processo di consolidamento, tanto che si crearono le condizioni per l’ingresso di questi paesi nella Ue, considerato all’epoca come punto di non ritorno. L’integrazione nella Ue veniva percepita come una garanzia dell’irreversibilità del processo democratico.

Le controrivoluzioni avvengono in un contesto segnato dalla crescita economica e dal miglioramento del livello di vita delle popolazioni. La parola d’ordine del 1989 era “ritorno in Europa”, gli obiettivi erano l’integrazione nell’UE e un allineamento con la parte occidentale del continente. Oggi le forze del nazional-populismo cavalcano la sfiducia e la diffidenza nei confronti di Bruxelles nonché il discorso sovranista dell'”Europa delle nazioni”.

Quali sono i tratti principali di questa deriva autoritaria, com’è possibile spiegarla e quali conseguenze ha sull’Europa? A distanza di trent’anni dalla fine della guerra fredda e della divisione del continente si assiste in Europa a un ritorno della spaccatura Est-Ovest? Quindici anni dopo l’allargamento della Ue ai paesi dell’Europa centrale, bisogna parlare di semplici divergenze politiche oppure di una frattura al suo interno fra “vecchi” e “nuovi” membri su questioni fondamentali come la democrazia e lo Stati di diritto, l’ascesa del nazionalismo e del sovranismo?

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  • Senza il muro. Le due Europe dopo il crollo del comunismo di Jacques Rupnik

Agostino Raso

Agostino Raso

Ha conseguito la laurea magistrale in Scienze Storiche. Medioevo, Eta' Moderna, Eta' Contemporanea presso l'Università degli studi di Roma La Sapienza e il Master di II livello "Esperto in comunicazione storica: televisione e multimedialità'" presso l'Università degli studi di Roma Tre. E' socio dell'Istituto Ugo Arcuri per la storia dell'antifascismo e dell'Italia contemporanea in provincia di Reggio Calabria (istituto associato all'Istituto Nazionale Ferruccio Parri. Rete degli istituti per la storia della resistenza e dell'età contemporanea). Autore del libro "Rivolta fascista o di popolo? I partiti politici di fronte alla rivolta di Reggio e la strage di Gioia Tauro". Caporedattore di Fatti per la Storia, cura i rapporti con le case editrici. Fa parte del Comitato-Scientifico.

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