CONTENUTO
Antefatti della seconda guerra d’indipendenza
Nel 1849 il Regno di Sardegna subisce dall’Austria una dura sconfitta nella Prima guerra d’indipendenza italiana. Il re piemontese Carlo Alberto di Savoia abdica allora in favore del figlio che diviene monarca del Regno di Sardegna con il nome di Vittorio Emanuele II. Quest’ultimo, per rimediare alla precaria situazione economica dello Stato, nel 1852 da l’incarico di formare un nuovo esecutivo al conte Camillo Benso conte di Cavour che ha precedentemente ricoperto con successo ruoli governativi nei ministeri economici.
Cavour, di formazione europea, liberale e antiaustriaco, coglie l’occasione della guerra scoppiata in Crimea fra Gran Bretagna, Francia e Impero ottomano da un lato e Russia dall’altro, per appoggiare militarmente lo schieramento alleato. In seguito alla vittoria della coalizione egli presenta al tavolo del congresso di Parigi del 1856 il Regno di Sardegna come uno sbocco non rivoluzionario delle tensioni e instabilità che si manifestano in Italia. L’esperienza del congresso è, però, avara di risultati concreti.
L’alleanza franco-piemontese del 1858
Secondo Cavour è dunque necessario assicurarsi l’appoggio della Francia di Napoleone III. L’imperatore francese è interessato a modificare lo status quo europeo e aspira ad aumentare la sua influenza in Italia. L’attentato di Felice Orsini a Napoleone III affretta i tempi dell’alleanza franco-piemontese. Essa viene sancita in un incontro segreto fra l’imperatore e il primo ministro piemontese a Plombières nel 21 luglio 1858.
Gli accordi ipotizzano una nuova sistemazione dell’intera penisola italiana divisa in tre Stati:
- un regno dell’Alta Italia comprendente Piemonte, Lombardo-Veneto e l’Emilia Romagna sotto la casa sabauda
- uno nell’Italia centrale formato dalla Toscana e dalle province pontificie
- un regno meridionale, coincidente con quello delle Due Sicilie liberato dalla dinastia borbonica.
Dietro questo progetto si celano due diversi disegni. Napoleone III mira a porre l’Italia sotto il suo controllo, Cavour conta sulla forza di attrazione del Piemonte nei confronti degli altri stati italiani.
La seconda guerra d’indipendenza del 1859
Premessa indispensabile per la riuscita dei piani di Cavour è la guerra contro l’Austria. E’ necessario che l’Impero asburgico provochi la guerra affinché l’alleanza con la Francia diventi operante. Il governo piemontese fa di tutto per far salire la tensione con gli austriaci. Il 10 gennaio Vittorio Emanuele II tiene un discorso al parlamento in cui si dichiara “non insensibile al grido di dolore che si leva da tante parti d’Italia“. Si dà il via a manovre militari al confine con il Lombardo-Veneto e si armano i Cacciatori delle Alpi, corpi volontari guidati da Garibaldi.
Il 23 aprile 1859 l’impero austriaco invia un ultimatum al Piemonte. Si chiede che entro tre giorni si smobiliti l’esercito. Cavour rifiuta. Il 26 aprile 1859 l’Austria attacca il Regno di Sardegna che non ha accettato di smobilitare l’esercito. Ha così inizio la Seconda guerra d’indipendenza italiana.
L’armistizio di Villafranca dell’11 luglio
Dopo un primo scontro con gli austriaci a Montebello, sul Po, i franco-piemontesi spostano il grosso delle truppe sul Ticino. I volontari di Garibaldi impegnano l’esercito asburgico penetrando nel nord della Lombardia. Ai primi di giugno gli asburgici sono sconfitti nella battaglia di Magenta. Un successivo contrattacco austriaco è respinto il 24 giugno nelle due contemporanee battaglie di Solferino e San Martino.
In questa situazione Napoleone III decide unilateralmente di interrompere la campagna militare e propone agli austriaci un armistizio, firmato l”11 luglio a Villafranca, presso Verona. Secondo l’accordo, l’Impero asburgico rinuncia alla Lombardia e la cede alla Francia, girata poi al Regno di Sardegna, mantenendo le fortezze di Mantova e Peschiera. Per il resto d’Italia, l’accordo prevede il ripristino dello status quo precedente lo scoppio della guerra. La notizia dell’armistizio coglie di sorpresa Cavour, che per protesta rassegna le dimissioni.
Le insurrezioni nell’Italia centrale
Fra i motivi che spingono Napoleone III a un così clamoroso ripensamento c’è la nuova situazione che si è creata nell’Italia centrale, che vanifica il progetto di una nuova sistemazione dell’Italia concepito a Plombières. Una serie di insurrezioni costringe alla fuga i vecchi sovrani: alla fine di aprile a Firenze e ai primi di giugno nei ducati Parma e Modena.
Poco dopo la sollevazione si estende anche allo Stato della Chiesa, costringendo le truppe pontificie ad abbandonare Bologna e la Romagna. A differenza di quanto accaduto nel 1848, i governi provvisori che subito si costituiscono si pronunciano per l’annessione al Piemonte. Dopo Villafranca, il governo sabaudo invia nelle regioni liberate dei commissari straordinari.
La pace e le annessioni
Con la firma in novembre della pace di Zurigo con l’Austria, non si prende in considerazione il problema delle province insorte. Cavour, tornato a capo del governo nel gennaio 1860, negozia la cessione alla Francia di Nizza e della Savoia, cui il Piemonte non è più tenuto dopo l’armistizio, in cambio dell’assenso francese alle annessioni nell’Italia centrale.
Nel marzo dello stesso anno, le popolazioni di Emilia, Romagna e Toscana, chiamate a scegliere con un plebiscito fra l’annessione al Piemonte e la creazione di regni separati, si pronunciano a schiacciante maggioranza per la soluzione unitaria.
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- Andrea Aveto, Cronache dell’Unità d’Italia. 1859-1861 , Mondadori, 2011.
- Marco Scardigli, Le grandi battaglie del Risorgimento , Rizzoli, 2011.
- Alberto Maria Banti, Il Risorgimento italiano , Editori Laterza, 2023.
- Lucio Villari, Bella e perduta. L’Italia del Risorgimento , Editori Laterza, 2011.
- Gilles Pécout, Il lungo Risorgimento. La nascita dell’Italia contemporanea (1770-1922) , Mondadori, 2011.