CONTENUTO
I preparativi della Seconda Crociata: eventi e protagonisti (1144-1146)
Dopo la Prima Crociata si formano quattro entità statali, ovvero, da Sud a Nord, il Regno di Gerusalemme (1099), la Contea di Tripoli (1102), il Principato di Antiochia (1098), e la Contea di Edessa (1098). Quest’ultima, in particolare, appare quella maggiormente esposta agli attacchi, e, in effetti, nel mese di dicembre del 1144, l’Emiro di Mosul ed Aleppo, Nureddin Zengi, cattura proprio Edessa.
Le notizie relative a questo evento, tuttavia, arrivano in Occidente solamente verso la primavera dell’anno successivo; la chiamata alle armi, da parte di Eugenio III, avviene mediante la Bolla nota come Quantum Praedecessores. Tale documento, emanato il 1 dicembre del 1145, viene indirizzato a Luigi VII, a cui il Pontefice si riferisce come ‘charissimo filio … illustri et glorioso Francorum regi’, ‘al carissimo figlio … all’illustre e glorioso Re dei Franchi’. In questo caso, il Papa richiede una spedizione in Terra Santa, allo scopo di liberare Edessa, che ‘ab inimicis crucis Christi capta est’, ‘è stata catturata dai nemici della croce di Cristo’, ovvero dai musulmani.
A coloro che decidono di accogliere l’appello del Successore di Pietro, vengono promessi benefici di tipo sia spirituale che temporale, come specificato nella Bolla Pontificia. Quest’ultima viene inizialmente indirizzata al Re della Francia, e legittima una spedizione militare nel Levante; ciò nonostante, la campagna militare inizia solamente dopo che la Quantum Praedecessores viene emanata una seconda volta, con minori emendamenti, il 1 marzo del 1146.
Tra la cattura di Edessa e l’inizio dei preparativi della Seconda Crociata, in effetti, trascorre un tempo significativo, che può essere spiegato dallo scarso interesse di Papa Eugenio III per il destino della Chiesa in Oriente. Da questo punto di vista, l’interesse del Pontefice appare dedicato quasi esclusivamente alla politica interna, e solamente in seguito all’arrivo di una delegazione ufficiale, nel mese di novembre del 1145, Eugenio III decide di occuparsi della situazione nel Levante.
Si tratta di una ricostruzione coerente con quanto osservato in alcune fonti coeve, secondo cui il vero iniziatore della Seconda Crociata sarebbe stato Luigi VII. Probabilmente, la Bolla del Pontefice è stata la sanzione ufficiale ad un desiderio del Re di Francia, che aveva già cercato supporto, senza riuscirci, per liberare Edessa e la Terra Santa.
Si tratta di un’impresa che Luigi VII intraprende, probabilmente, su impulso di Bernardo da Chiaravalle, il terzo protagonista della Seconda Crociata, che convince il sovrano ad intraprendere un pellegrinaggio penitenziale a Gerusalemme, allo scopo di espiare il peccato derivante dalla sua opposizione all’elezione di Pierre de La Chatre come arcivescovo di Bourges, nel 1141.
Luigi VII sarebbe stato, in questo senso, un pellegrino, e non un guerriero che intende dare inizio ad una spedizione militare. Questa narrazione, tuttavia, non viene condivisa da tutti gli storici, e, secondo una visione alternativa, il sovrano francese avrebbe intrapreso una vera e propria campagna bellica, in accordo con il Pontefice e con Bernardo da Chiaravalle. Luigi VII, in altre parole, intende essere riconosciuto sia come un Re che come un guerriero sacro, nel tentativo di consolidare la legittimità della dinastia dei Capetingi.
San Bernardo predica la Seconda Crociata
In realtà, il promotore principale della Seconda Crociata è Bernardo da Chiaravalle, che, mediante le predicazione, cerca di reclutare la forza militare necessaria ad una spedizione di questo genere. Celebre, in questo senso, rimane il sermone del riformatore benedettino presso la Corte di Vézelay, nel 1146. Nel corso di questo evento, Luigi VII, insieme alla moglie, Eleonora di Aquitania, e ad altri nobili prendono la croce; lo stesso impegno viene preso da altre persone che fanno parte della folla che assiste a questa predicazione.
Bernardo, poi, scrive una lettera che doveva essere letta in abbinamento alla Quantum Praedecessores di Eugenio III, e viene indirizzata al clero locale ed ai predicatori che sono stati scelti per la predicazione della Crociata. Il carteggio di Bernardo da Chiaravalle, in effetti, rivela e segnala l’impegno per la spedizione militare. Tra i corrispondenti, si possono menzionare, tra gli altri, gli arcivescovi della ‘Francia Orientale’, della Bavaria, l’arcivescovo di Colonia, Arnoldo, i Cavalieri Ospedalieri, il vescovo di Brescia, Manfredo, ed il Duca ed i notabili della Boemia.
Il lungo impegno nel predicare la spedizione in Terra Santa di Bernardo da Chiaravalle si conclude nell’estate del 1146; nel mese di Ottobre dello stesso anno, poi, Eugenio III emana una seconda Bolla, nota come Divina Dispensatione, rivolta al clero ed ai laici che vivono nelle terre imperiali dell’Italia Settentrionale. L’abate cistercense si incontra poi con il Re Corrado III di Germania, l’Imperatore eletto del Sacro Romano Impero, presso la Corte situata a Francoforte sul Meno, ma il sovrano tedesco non prende immediatamente l’impegno di partecipare alla spedizione militare.
La croce viene presa simbolicamente, alcuni mesi dopo, presso la Corte invernale di Speyer, insieme al nipote, Federico di Swabia, e da altri notabili che assistono al sermone pronunciato in tale occasione dall’instancabile Bernardo da Chiaravalle. Sembra, dunque, che la riluttanza di Corrado III sia stata vinta dalle parole del riformatore cistercense, ma questo reclutamento eccellente non sarebbe stato approvato da Eugenio III.
Il Pontefice, secondo questa ricostruzione, spera che Corrado gli offra protezione rispetto alle pretese di Re Ruggero II di Sicilia; ciò nondimeno, i timori del Pontefice non sarebbero stati giustificati, alla luce della tregua concessa, e rispettata, dal sovrano della Sicilia. In aggiunta, Bernardo possiede un mandato pontificio per predicare la spedizione militare; di conseguenza, sembra improbabile che Eugenio III potesse rifiutare l’aiuto di Corrado III.
In realtà, il reclutamento dell’Imperatore-eletto appare perfettamente logico, in quanto la tradizione tedesca non era certamente aliena dal pellegrinaggio, dalla guerra santa e dalle crociate. Inoltre, Corrado aveva già mostrato il suo impegno per la Terra Santa in occasione del suo viaggio a Gerusalemme nel 1124; pertanto, il sovrano tedesco, nonché futuro Imperatore, sembra la scelta più opportuna per guidare i nobili del Sacro Romano Impero che avessero deciso di prendere parte alla campagna militare in Terra Santa.
Assedio e conquista di Lisbona (1147)
In seguito all’intensa attività di predicazione di Bernardo da Chiaravalle, le armate francesi e tedesche si preparano ad attraversare l’Europa Orientale e l’Asia Minore, per giungere in Terra Santa. Tuttavia, le armate Inglesi, Normande, Fiamminghe e del Reno Inferiore, decidono di prendere la via del mare, e, nell’autunno del 1146, una flotta di circa 180 navi si riunisce nel porto di Dartmouth, pronte a dirigersi verso Gerusalemme. Tuttavia, la Città Santa non è il primo approdo, ma lo è Lisbona, che, nel XII secolo è governata dai musulmani; si tratta, probabilmente, di una decisione deliberata, che viene segnalata dalla data prematura della partenza rispetto alle truppe francesi e tedesche.
La flotta Anglo-Normanda, in effetti, salpa nella primavera del 1147, e tale scelta sembra dettata dal desiderio di assicurarsi un bottino in un’area entrata di fatto nella Seconda Crociata, ma che presenta minori pericoli rispetto alla Terra Santa.
Del resto, la liberazione di Lisbona appare come un’opportunità che non si sarebbe ripresentata facilmente; inoltre, il successo in questa impresa avrebbe accreditato Alfonso di Portogallo come guerriero sacro, ed avrebbe esteso il territorio da lui controllato. Il vescovo di Oporto accoglie con entusiasmo la flotta cristiana che approda nella parte Settentrionale della Penisola Iberica, e cerca di rinforzare la percezione del valore dell’impresa.
Il prelato, a tale scopo, narra la distruzione apportata dai musulmani, e promette la libertà di saccheggiare la città per tre giorni consecutivi, nel caso in cui Lisbona fosse stata conquistata. Tale impresa, inoltre, sembra incoraggiata anche dalla situazione politica della Penisola Iberica e dell’Africa Settentrionale; alla dinastia Almoravide, subentra quella degli Almohadi, di orientamento ultra-ortodosso, che attacca i correligionari ritenuti non sufficientemente ortodossi.
In altre parole, è in corso una lotta per il potere, di cui i Crociati intendono approfittare per catturare la città; l’assedio di Lisbona, tuttavia, si rivela più complesso del previsto. Questo centro, effettivamente, dispone di significative difese naturali, a cui si aggiunge la resistenza dei suoi abitanti; pertanto, non sorprende che le forze cristiane abbiano faticato a penetrare nella città.
Ciò nonostante, la mancanza di cibo dovuta all’assedio, abbinata all’assenza di aiuti esterni, favorisce la conquista di Lisbona. Dopo aver costruito una torre ben difesa, i Crociati riescono ad ottenere la resa dei suoi abitanti; la conquista di Lisbona, verso la fine di Ottobre del 1147, rappresenta una vittoria importante, ma non costituiva l’obiettivo originario della spedizione militare incoraggiata da Eugenio III e dal suo predicatore, Bernardo da Chiaravalle.
La difficoltosa marcia verso l’Asia Minore e l’arrivo di Luigi VII ad Antiochia (1148)
Corrado di Germania guida la spedizione Crociata, e marcia, insieme all’esercito di Luigi di Francia, attraverso l’Ungheria, verso la punta Settentrionale dell’Impero Bizantino. Teoricamente, i bizantini avrebbero dovuto accogliere favorevolmente le armate europee; la cognata di Corrado III, in effetti, ha sposato di recente l’Imperatore Manuele Comneno. Tuttavia, le armate francesi e tedesche, che ammontano, probabilmente, a circa 35,000 unità, mostrano una scarsa disciplina, e tale atteggiamento causa delle frizioni con la popolazione locale, provocando una serie di brevi scontri con le autorità bizantine.
A differenza di quanto avvenuto per la Prima Crociata, in effetti, i bizantini non hanno invocato il soccorso occidentale; al contrario, i greci temono un’aggressione da parte dei Crociati che stanno transitando sul loro territorio. A questi problemi, se ne aggiunge un altro, causato da un disastro naturale; verso l’inizio di Settembre del 1147, le armate tedesche giungono nei pressi di Choerobacchi, una città situata ad Ovest di Costantinopoli, che viene scelta come accampamento militare.
Ciò nonostante, un rovescio notturno causa un allagamento improvviso, causato da una cascata che scende dalle montagne, ed un torrente di acqua spazza il campo tedesco, provocando perdite ingenti, sia in termini umani che di equipaggiamento. Non sorprende, dunque, che un evento del genere viene considerato come un segnale della disapprovazione divina della spedizione.
Nonostante le perdite, i tedeschi riescono ad arrivare nella capitale bizantina, e le autorità locali cercano di agevolare il loro transito attraverso il Bosforo, allo scopo di evitare che i due eserciti, quello tedesco, e quello francese che seguiva a distanza, si uniscano. Per questa ragione, i bizantini aiutano l’armata tedesca ad attraversare lo stretto che collega il Continente Europeo a quello Asiatico.
Dopo il passaggio di Corrado III e dei suoi soldati, Costantinopoli scongiura ulteriori scontri con l’armata europea; arrivato in Asia Minore, il sovrano tedesco avrebbe dovuto attendere Luigi VII. Egli, tuttavia, sceglie una strategia differente, e decide di dividere la sua armata in due parti; un primo gruppo è rappresentato, essenzialmente, da pellegrini, che vengono indirizzati su una rotta più lunga, ma tendenzialmente più sicura.
Il secondo gruppo, invece, è formato da Corrado III, oltre che dalla maggior parte dei cavalieri e dei soldati, e si dirige verso il Nord della Siria; si tratta, tuttavia, di una scelta che si rivela fallimentare. In effetti, ad una marcia che non procede con la rapidità sperata, si aggiungono altri problemi, come l’inganno teso dalle guide greche, che tradiscono le promesse fatte, ed i continui attacchi da parte dei Turchi Selgiuchidi.
Tali problematiche conducono rapidamente ad un esaurimento delle scorte, e, da ultimo, ad una sconfitta bruciante; tra i soldati che si muovono a piedi, le perdite sono nell’ordine delle migliaia. La maggior parte dei cavalieri, invece, che dispongono di armi e protezioni più efficaci, riescono a sopravvivere, anche se feriti e costretti a ritirarsi.
A pochi giorni di distanza dal loro arrivo, anche l’armata francese riesce, progressivamente, ad arrivare in Asia Minore, dove incontra quanto rimane dell’esercito tedesco; verso la metà di Dicembre, poi, i francesi si dirigono verso l’interno della Penisola Anatolica, e riescono a sconfiggere le forze turche che avevano cercato di bloccare la loro avanzata lungo il fiume Meandro. All’inizio del 1148, l’esercito Crociato giunge in un territorio montano, dove avviene un altro disastro; il 6 Dicembre dello stesso anno, in effetti, Geoffroy de Rancon guida il suo esercito verso il Monte Cadmo.
Le forze turche, tuttavia, seguono il tragitto dei Crociati, attendendo l’occasione propizia per un attacco, e, vedendo le truppe avanzare in maniera precaria nelle valli, attaccano la retroguardia, insieme ai soldati che sono armati in modo approssimativo. I Turchi riescono ad uccidere diversi uomini e ad impossessarsi di un bottino ingente; la notizia di questo evento, probabilmente, raggiunge Luigi VII, che attacca le forze turche nel tentativo di rimediare all’errore fatto.
I Turchi, tuttavia, hanno il pieno controllo della situazione, ed altri uomini muoiono nel tentativo di limitare le perdite; la strategia francese, che si basa sulla scelta di frazionare l’esercito, allo scopo di attraversare più agevolmente un terreno ostile e difficoltoso, fallisce.
Luigi VII riesce a sopravvivere, e cerca di assicurarsi che un errore del genere non venga più ripetuto; per questa ragione, con una mossa senza precedenti, e che non verrà mai replicata nelle Crociate successive, decide di affidare il suo esercito al comando dei Cavalieri Templari. Questi ultimi, come noto, erano stati fondati da circa due decenni, ma godono già di un prestigio e di un rispetto significativi; allo stesso tempo, tale scelta indica anche lo scoraggiamento di Luigi VII, ed i Crociati francesi si impegnano ad obbedire pienamente agli ordini dei Templari.
Viene stabilita, in questa maniera, una ferrea disciplina, e l’armata riesce a raggiungere la parte Meridionale della costa turca senza ulteriori contrattempi; nel mese di febbraio del 1448, in effetti, il sovrano francese giunge ad Antiochia, dove viene accolto dallo zio, il Principe Raimondo di Poitiers. Quest’ultimo spera, effettivamente, che la campagna nella Crociata nella Siria Settentrionale gli permetta di conquistare Aleppo, nel tentativo di ampliare le terre sotto il suo dominio.
Per queste ragioni, Raimondo spedisce regali ai Crociati quando viene a conoscenza della loro partenza per la Siria; il Signore di Antiochia, effettivamente, spera che un legame più stretto con la famiglia reale francese lo aiuti a raggiungere i suoi obiettivi domestici. Tuttavia, quando ad Antiochia si riunisce una riunione per discutere una possibile campagna militare a Settentrione, i Crociati francesi si rifiutano di combattere. Del resto, la crescente precarietà di Edessa, soggetta a sempre maggiori attacchi da parte dei vicini sovrani musulmani, ha probabilmente convinto i Crociati della necessità di abbandonare la città.
In effetti, le rivolte che erano nate nel corso del tempo per liberarsi dal giogo islamico, sono state perse, e migliaia di cristiani sono stati uccisi o resi schiavi. In altre parole, Edessa non viene considerata un obiettivo desiderabile, considerando le condizioni in cui è ridotta; non si dovrebbe dimenticare, ancora, che la difficile traversata in Asia Minore delle armate francesi comporta perdite ingenti, sia umane che materiali. In aggiunta, la presenza di Corrado III a Gerusalemme, che trova rifugio nella Città Santa, e viene aiutato finanziariamente dall’Imperatore Bizantino, suggerisce l’opportunità di una spedizione nel Sud della Siria.
La strategia di Raimondo, che sperava nell’aiuto francese, era dunque fallita, e, per questa ragione, nasce una rivalità con Luigi VII, ed emerge un nuovo casus belli della Seconda Crociata, ovvero la presunta relazione della moglie del sovrano francese, Eleonora di Aquitania, con Raimondo di Poitiers. Anche se le fonti su questo evento presentano delle problematiche, l’ampia conoscenza di questa possibile relazione ha indotto a credere all’infedeltà di Eleonora, sebbene tale evento non sia certo da un punto di vista storico.
L’assedio di Damasco (1148) e l’invasione di Antiochia (1149)
Il 24 giugno del 1148, nei pressi di Acri, si riunisce un’assemblea generale, a cui prendono parte due sovrani europei, insieme alle loro famiglie, al clero ed ai nobili. La classe dirigente europea, dunque, si accorda con Baldovino III, il Re del Regno gerosolimitano, e con i suoi nobili, sul luogo più opportuno in cui attaccare; viene immediatamente esclusa una campagna militare nella parte Settentrionale, a causa delle menzionate tensioni tra Luigi VII e Raimondo di Poitiers.
La scelta cade su Damasco, una delle principali città del mondo islamico, la cui importanza, pertanto, non deve essere sottovalutata; le forze Crociate, dunque, si dirigono verso questa città, posta in una pianura dominata a Nord dal Monte Qasiun, ed attraversata dal fiume Barada, che, sebbene non sia molto grande, rimane di vitale importanza. Si tratta di una regione in cui sono presenti molteplici frutteti, che si estendono per circa 5 miglia verso ovest, e che, dunque, offrono una fonte preziosa di nutrimento per i soldati, anche se la folta vegetazione costituisce un ostacolo, nonché un pericolo, per il passaggio dell’esercito. Quando procedono nei frutteti, il 24 luglio del 1148, i Crociati, guidati da Re Baldovino, incontrano una guerriglia a cui non sono abituati; tuttavia, i soldati riescono lentamente ad aprirsi una via verso la città.
A questo punto, i cavalieri tedeschi scendono da cavallo e decidono di combattere con la spada e lo scudo, allo scopo di respingere i soldati avversari verso le mura di Damasco, e sembra, dunque, che la spedizione sia vittoriosa. I damasceni decidono di barricare le strade della città, e si preparano ad un attacco imminente, anche se le possibilità di resistere all’assalto Crociato sembrano scarse. Tuttavia, Corrado III decide di abbandonare questa posizione, anche se apparentemente favorevole, dopo solamente 4 giorni di assedio, per dirigersi verso il lato opposto, quello Sud-Orientale, in cui non ci sono fonti d’acqua o di cibo, ma, presumibilmente, minori fortificazioni difensive.
Sembra che la decisione di lasciare la posizione originaria sia stata determinata da un consiglio dei Signori locali, ma questa scelta si rivela fallimentare, in quanto provoca il rapido esaurimento delle scorte. Inoltre, non è nemmeno possibile tornare indietro verso i frutteti, a causa delle barricate erette dai musulmani; in questo modo, si crea una crescente rivalità tra i Crociati europei, da una parte, ed i Signori locali, dall’altra, che causa una precoce ed umiliante ritirata, a pochi giorni dall’inizio delle operazioni militari.
I Crociati, effettivamente, non vengono sconfitti in battaglia, ma devono abbandonare l’assedio prima di poterla iniziare; il fallimento viene successivamente imputato ai Franchi locali, che avrebbero accettato delle somme di denaro dai governanti di Damasco per abbandonare l’assedio e dirigersi ad Est. Si tratta di un’eventualità che pone un dilemma per gli storici; ad ogni modo, le accuse reciproche creano un clima di sfiducia ed ostilità che perdura per decenni.
Le fonti islamiche, a tale proposito, riportano i preparativi dei musulmani per la guerra, che includono una predicazione nella Grande Moschea Omayyade; da questo punto di vista, dunque, è possibile tracciare un parallelo con la predicazione della Crociata da parte di Bernardo da Chiaravalle in Europa. I cittadini di Damasco, effettivamente, vengono incoraggiati a difendere la città ed a chiedere il favore divino; di fatto, il ripiegamento ad Est non produce risultati significativi, ma segnala ai Crociati che la resistenza si sta intensificando.
Alcuni rinforzi arrivano, per i musulmani, dalla Valle di Beca, mentre lo stesso Emiro di Mosul ed Aleppo, che aveva preso Edessa nel 1144, si ferma ad Homs, pronto a dirigersi verso Damasco. I Crociati, tuttavia, incontrano difese più intense di quanto previsto, e devono ritirarsi; è possibile che il pagamento ai Franchi locali sia avvenuto a questo punto.
Corrado III si dirige nuovamente verso l’Europa, mentre Luigi VII e la moglie Eleonora rimangono in Terra Santa per circa un anno, allo scopo di visitare i luoghi santi; il fallimento viene attribuito sia ai Franchi del Levante che ai Crociati. La Seconda Crociata viene presentata, nelle cronache coeve, come un’impresa inutile e da non ripetere, e viene accusata di aver danneggiato la fede cristiana. Lo stesso Bernardo da Chiaravalle, poi, è oggetto di aspre critiche, e viene costretto a rendere conto di quanto successo; il predicatore cistercense, in effetti, attribuisce il fallimento della spedizione militare ai peccati, oltre che al mistero del volere divino. Anche la reputazione del Papato risente della sconfitta nella Seconda Crociata, ed il suo ruolo, sia politico che diplomatico, declina visibilmente.
Evidentemente, per i musulmani del Vicino Oriente l’insuccesso dei Crociati è fonte di giubilo, e le armate cristiane, precedentemente temute, diventano oggetto di scherno; Antiochia viene invasa dall’instancabile Zengi nel giugno del 1149. In questa occasione, l’Emiro riesce ad uccidere il Principe Raimondo, il guerriero franco più temuto. I Franchi cadono in preda al panico, e rivolgono un appello per aiutare la Chiesa Orientale oppressa, ma questa richiesta sortisce una timida risposta. A tale situazione contribuiscono diversi fattori, come l’enorme affaticamento dei Crociati, esauriti dopo aver preso recentemente parte ad estenuanti combattimenti, a cui si aggiunge la necessità di trovare finanziamenti adeguati per un’impresa del genere.
Le campagne nel Baltico (1147) ed in Spagna (1147-1148)
L’obiettivo principale della Seconda Crociata fallisce, ma devono essere considerati altri due teatri di guerra, che producono risultati ambivalenti; la campagna contro le popolazioni pagane che vivevano nell’Europa Settentrionale, in effetti, si rivela deludente, mentre le spedizioni spagnole ad Almeria e Tolosa hanno successo.
La prima spedizione. sanzionata dalla menzionata Bolla pontificia, Divina Dispensatione, inizia a tre mesi di distanza dall’approvazione della spedizione contro i ‘Venedi’, che nel XII secolo vivevano nell’attuale Germania Settentrionale. In questo caso, la Crociata è motivata dal desiderio di convertire al cristianesimo popolazioni che hanno preservato una religione pagana, oltre che dalla ricerca di nuove terre da parte della nobiltà, e dal tentativo di vendicarsi delle periodiche incursioni nemiche.
Una spedizione congiunta di Danesi e Sassoni attacca Dobin, una roccaforte del leader degli Obodriti, Niklot, difesa da molteplici fortificazioni, sia artificiali che naturali; la difesa si rivela efficace, e le navi Crociate vengono colpite duramente. Emergono anche tensioni tra le forze attaccanti, e diventa palese la distanza tra l’ideale indicato da Bernardo da Chiaravalle, ovvero la ‘conversione o morte’, e le aspirazioni dei Crociati.
I nobili nord-europei, in effetti, contestano questa strategia, in quanto l’uccisione della popolazione locale renderebbe impossibile l’economia o la tassazione. Ad un certo punto, gli slavi che vivono nell’attuale Germania Settentrionale accettano di convertirsi al cristianesimo, e di restituire i prigionieri catturati. Sembra, tuttavia, che la loro conversione sia solamente nominale, in quanto, di fatto, essi trattengono i prigionieri che sono ancora in buona salute.
Una seconda armata, formata da nobili e vescovi della Germania Settentrionale, oltre che della Polonia, pone l’assedio a Stettin; gli assediati, tuttavia, mostrano le croci che dominano la cittadina, in quanto essi si sono convertiti al cristianesimo circa due decenni prima. L’attacco, dunque, sembra dettato dell’ignoranza, oppure dalla ricerca di conquistare un sito di rilevanza strategica, a prescindere dall’affiliazione religiosa. Un rappresentante del clero riesce ad evitare lo scontro, ricordando che la conferma nella fede cristiana non richiede le armi, ma la predicazione religiosa.
Il fronte spagnolo, al contrario di quello baltico, è segnato dal successo, e vengono prese sia Almeria che Tortosa; nella Spagna Orientale, in effetti, gli interessi del Papato e dei nobili vicini o locali erano maggiormente allineati rispetto a quanto osservato nel caso precedente. Per questa ragione, i Crociati iberici sono decisamente più motivati a combattere; si osserva, a tale proposito, che i nobili genovesi si sono accordati con Alfonso VII, Re di Castiglia e di Leon, per attaccare la città di Almeria, situata nel Sud della Spagna, controllata dai musulmani.
Lo stesso Papa, del resto, ha incoraggiato questa spedizione, con una particolare attenzione per Almeria; è possibile, in effetti, che il Pontefice abbia saputo dell’intenzione di liberare questo centro spagnolo. Alternativamente, Eugenio III potrebbe essere stato contattato da una delegazione genovese, ed abbia deciso di sponsorizzare l’impresa, nell’ambito di una campagna di espansione della cristianità. Altre fonti riferiscono il tentativo di coinvolgere il Conte Ramon IV di Barcellona, oltre ad un vescovo, che lo avrebbe spinto ad unirsi alla spedizione militare per motivi spirituali.
Oltre ai benefici di ordine spirituale, in effetti, coloro che prendono parte alla Crociata iberica, sperano di ottenere vantaggi di tipo commerciale, finanziario o comunque materiale; secondo gli accordi presi, ai genovesi sarebbe spettato un terzo della città spagnola, mentre al Signore di Barcellona sarebbero stati attribuiti gli altri due terzi. Lo stesso Ramon, inoltre, si accorda con i Signori italiani per assediare Tortosa l’anno successivo, e le condizioni previste sono molto simili a quelle previste nella spedizione di Almeria. I vescovi spagnoli, inoltre, esortano il loro popolo ad unirsi alla Crociata, ed a partecipare alle battaglie con coraggio e determinazione; in cambio, viene promesso il perdono dei peccati ed una parte del bottino.
Nell’estate del 1147, pertanto, una flotta composta da oltre 200 navi lascia lo scalo di Genova, per dirigersi verso Almeria, il cui porto subisce i primi attacchi nel mese di Ottobre dello stesso anno. Dopo uno sbarco segnato dal successo inizia l’assedio, e vengono costruite torri e catapulte; l’arrivo del Re di Castiglia e di Leon, Alfonso VII, poi, incoraggia ulteriormente gli uomini che stanno combattendo. Il 17 Ottobre, i Crociati riescono a penetrare nella città assediata, ed iniziano ad uccidere i suoi abitanti, al contrario di quanto avviene per Lisbona, che, come discusso in precedenza, si arrende, e non si registrano significativi spargimenti di sangue. Coloro che non vengono uccisi diventano schiavi, ed il Re Alfonso dispone di un avamposto nel Sud della Spagna. I genovesi, allo stesso tempo, acquisiscono un altro centro vitale per gli scambi commerciali.
A questo punto, la flotta si dirige verso Nord, prima di dirigersi verso l’obiettivo successivo, Tortosa; si tratta di una spedizione a cui prendono parte diversi nobili francesi, alcuni contingenti di Cavalieri Templari ed Opedalieri, ed un gruppo di Anglo-Normanni che avevano già combattuto a Lisbona. Tortosa dispone di solide mura, oltre ad una cittadella fortificata, ma l’abilità dei genovesi nell’usare le torri di assedio conferisce un vantaggio significativo agli assedianti. I difensori si accordano con i Crociati per arrendersi nel termine di quaranta giorni, nel caso in cui non avessero ricevuto rinforzi dalle forze musulmane di Valencia. Le armate cristiane, tuttavia, bloccano qualunque possibilità di ricevere provviste o soldati dall’esterno, e, per questa ragione, il 30 Dicembre del 1148, Almeria si arrende pacificamente.
La liberazione di Tortosa viene interpretata, dai genovesi, come un segno dell’approvazione divina delle motivazioni, di ordine sia materiale che spirituale, che hanno determinato la spedizione nel centro precedentemente controllato dai musulmani. Non sorprende, dunque, che la cattura di Almeria e Tortosa siano rappresentate in un affresco nella chiesa cattedrale di Genova, intitolata a San Lorenzo. Si tratta di un’opera che traduce la comprensione delle Crociate per i genovesi, e, da questo punto di vista, non si ravvisa alcuna contraddizione tra le motivazioni legate al denaro ed agli aspetti materiali, da un lato, e quelle di ordine spirituale, dall’altro.
In effetti, il concorso dei vari attori che prendono parte alle due spedizioni spagnole ne hanno determinato il successo, ed i benefici si estendono all’intera cristianità. Ad eccezione del massacro di Almeria, la politica adottata dai Crociati è orientata all’assimilazione delle città conquistate, ed appare simile, nei suoi tratti essenziali, a quella scelta per il Baltico. Solamente nella Penisola Iberica, dunque, con la conquista di Lisbona, Almeria e Tolosa, tra il 1447 ed il 1448, i Crociati riescono ad espandere le frontiere della cristianità, mentre le ambizioni nel Levante vengono frustrate da una sconfitta dettata dai disaccordi tra i Crociati europei ed i sovrani del Levante Latino.
Esito e conseguenze della Seconda Crociata
La partenza di Luigi VII segna, di fatto, la fine della Seconda Crociata nel Levante, e circa due decenni dopo Saladino riesce a riunire le forze islamiche, ponendo una significativa sfida ai Signori Latini; non sorprende, dunque, che la posizione dei Regni Crociati acquisisca una maggiore precarietà. Il fallimento dell’obiettivo principale della Seconda Crociata ha un’eredità che dura per decenni, e le ripercussioni riguardano sia l’Europa Occidentale che l’area Mediterranea.
Le armate islamiche, effettivamente, non temono più quelle cristiane, ed i musulmani acquistano una maggiore fiducia nelle proprie capacità. La sconfitta, abbinata alla morte violenta del Principe Raimondo, modifica l’equilibrio del potere a favore dei musulmani; la situazione nel Principato di Antiochia rischia di precipitare, con conseguenze catastrofiche per la cristianità. Non sorprende, dunque, l’appello a Luigi VII, per soccorrere una delle sedi più importanti del Levante Latino; l’atteggiamento di Papa Eugenio III, da questo punto di vista, appare ambivalente.
Da una parte, il Pontefice sembra incoraggiare una nuova impresa; dall’altra, l’atteggiamento del Papa cistercense è orientato ad una estrema prudenza, come si evince nelle Bolle emanate nel 1150. Evidentemente, il fallimento della Seconda Crociata ha lasciato un segno profondo nel Pontefice, che, al pari degli altri partecipanti, aveva posto delle significative speranze di espandere la presenza cristiana in Terra Santa. Il fallimento della Seconda Crociata, da ultimo, è dipeso dal comportamento e dalle decisioni di coloro che vi hanno partecipato; da questo punto di vista, il Pontefice ha avuto una responsabilità maggiore, in quanto egli ha incoraggiato questa impresa.
Il risultato deludente della Seconda Crociata, in effetti, viene confermato a circa un decennio di distanza, nel 1159, quando Adriano VI si rivolge a Luigi VII, ricordano il grave danno inflitto alla Chiesa. Tale scoraggiamento, dunque, ha probabilmente influenzato l’atteggiamento del Pontefice, che rimane cauto rispetto ad una nuova Crociata, anche se Bernardo da Chiaravalle si aspetta che il Papa agisca come difensore della cristianità orientale, ferita ed oppressa , ed incoraggi la difesa delle Chiese del Levante Latino.
L’appello del predicatore, tuttavia, non viene colto, in quanto non esiste una volontà sufficiente da parte di chi dovrebbe intraprendere una nuova spedizione militare. Inoltre, non appare semplice reperire i fondi per un’ulteriore Crociata, specialmente dopo il fallimento di quella appena conclusa.
Link consigliati
-Cartwright, M., Second Crusade, World History Encyclopedia (https://www.worldhistory.org/Second_Crusade/)
-Enciclopedia Britannica Online, Second Crusade, European History (https://www.britannica.com/event/Second-Crusade)
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- Phillipps, J., The second crusade. Extending the frontiers of Christendom, Yale University Press, New Haven/London, 2007.
- Phillipps, J., Holy Warriors. A modern history of the Crusades, Random House, USA, 2009.
- Roche, J.T., Jensen, J.M., The second crusade. Holy war on the periphery of Latin Christendom, Brepols, Belgium, 2015.