Fondazioni
È, infatti, nella nostra penisola che viene fondata la prima colonia: Pitecusa, l’odierna Ischia. In merito, una testimonianza ci è fornita da Strabone (Geografia V,4), il quale racconta che «gli Eretrei e i Calcidesi popolarono Pitecusa» («Πιθηκούσσας δ΄ Ἐρετριεῖς ὤικισαν καὶ Χαλκιδεῖς»). La creazione di questo insediamento euboico sull’isola determina un cambiamento anche nei rapporti tra gli Euboici e le popolazioni locali.
Se, infatti, in passato gli scambi cerimoniali avvenivano con le elìtes etrusche di Capua, Veio e Pontecagnano, ora il flusso di importazioni si riduce notevolmente. Sono le officine locali a sopperire alle nuove esigenze della comunità locale. Va notata, per di più, un’altra differenza in merito: mentre il rapporto con l’ambiente etrusco era paritario, adesso gli scambi avvengono con un ambiente più debole, contrassegnato da un’economia contadina.
Una questione ancora aperta è, invece, rappresentata dall’etimologia del nome della città: secondo alcuni deriverebbe da πίθοι (vasi di argilla di cui il popolo euboico sono gran produttori); secondo altri da πίθηκος (scimmia). In quest’ultimo caso, sarebbe spiegabile pensando che l’aspetto e l’atteggiamento degli indigeni sembrano ai Greci più scimmieschi che umani oppure facendo riferimento al mito che vede protagonisti i Cercopi. Essi, avendo tentato di usare le loro arti contro Zeus, vengono trasformati in scimmie e mandati ad abitare Pitecusa.
Secondo i dati dei recenti scavi archeologici, quasi contemporaneamente alla città campana nasce anche Cuma. Il racconto liviano (Ab urbe condita VIII,22) attribuisce l’impresa esclusivamente ai calcidesi («I Cumani traggono origine da Calcide in Eubea», «Cumani Chalcide Euboica originem trahunt»), mentre altri storici, come, ad esempio, Eforo, parlano di una partecipazione di Calcidesi, Eritrei e abitanti dell’omonima Cuma in Asia Minore. Cuma stessa fonda in seguito Partenope, l’attuale Napoli. Altre colonie di origine euboica sono Nasso, Leontini, Catania, Zancle e Reggio (l’odierna Reggio Calabria).
Su Zancle preziosa è il racconto tucidideo (Storie, VI, 4):«Zancle inizialmente fu fondata da predoni giunti da Cuma, città calcidese nel territorio degli Opici; ma in seguito, al sopraggiungere di un gran numero di genti da Calcide e dal resto dell’Eubea, divisero la terra con loro. Ne furono fondatori Periere e Cratemene, l’uno da Cuma, l’altro da Calcide» («Ζάγκλη δὲ τὴν μὲν ἀρχὴν ἀπὸ Κύμης τῆς ἐν Ὀπικίᾳ Χαλκιδικῆς πόλεως λῃστῶν ἀφικομένων ᾠκίσθη, ὕστερον δὲ καὶ ἀπὸ Χαλκίδος καὶ τῆς ἄλλης Εὐβοίας πλῆθος ἐλθὸν ξυγκατενείμαντο τὴν γῆν· καὶ οἰκισταὶ Περιήρης καὶ Κραταιμένης ἐγένοντο αὐτῆς, ὁ μὲν ἀπὸ Κύμης, ὁ δὲ ἀπὸ Χαλκίδος»).
Dopo gli Euboici, intraprendono la colonizzazione anche i Corinzi, ai quali si deve la nascita di Siracusa che a sua volta fonda le città di Acre, Casmene e Camarina, creando così un vasto territorio a lei legato. Colonie corinzie sono anche Ambracia, Anattorio, Leucade, Apollonia ed Epidamno, fondata insieme ai Corciresi. La fondazione di Siracusa è raccontata da Strabone (Geografia, VI, 1, 12):
«Siracusa fu fondata da Archia, che vi giunse navigando da Corinto, all’incirca allo stesso tempo in cui furono fondate Nasso e Megara. Si narra che Archia e Miscello si siano recati insieme a Delfi; il dio chiese loro che lo interrogavano se preferissero la ricchezza o la salute; Archia scelse la ricchezza, Miscello la salute. Il dio allora avrebbe concesso all’uno di fondare Siracusa, all’altro Crotone. Per questo si verificò che i Crotoniati abitarono una città assai salubre, mentre Siracusa si trovò in uno stato di ricchezza così eccezionale che il nome dei suoi abitanti passò in proverbio, dicendosi di quelli troppo ricchi che ad essi non basterebbe nemmeno la decima dei Siracusani. La città si accrebbe sia per la fertilità sia per la buona posizione dei porti» («Τὰς δὲ Συρακούσσας Ἀρχίας μὲν ἔκτισεν ἐκ Κορίνθου πλεύσας περὶ τοὺς αὐτοὺς χρόνους οἷς ᾠκίσθησαν ἥ τε Νάξος καὶ τὰ Μέγαρα. ἅμα δὲ Μύσκελλόν τέ φασιν εἰς Δελφοὺς ἐλθεῖν καὶ τὸν Ἀρχίαν· χρηστηριαζομένων δ’ ἐρέσθαι τὸν θεόν, πότερον αἱροῦνται πλοῦτον ἢ ὑγίειαν· τὸν μὲν οὖν Ἀρχίαν ἑλέσθαι τὸν πλοῦτον, Μύσκελλον δὲ τὴν ὑγίειαν· τῷ μὲν δὴ Συρακούσσας δοῦναι κτίζειν τῷ δὲ Κρότωνα. καὶ δὴ συμβῆναι Κροτωνιάτας μὲν οὕτως ὑγιεινὴν οἰκῆσαι πόλιν ὥσπερ εἰρήκαμεν, Συρακούσσας δὲ ἐπὶ τοσοῦτον ἐκπεσεῖν πλοῦτον ὥστε καὶ αὐτοὺς ἐν παροιμίᾳ διαδοθῆναι, λεγόντων πρὸς τοὺς ἄγαν πολυτελεῖς ὡς οὐκ ἂν ἐκγένοιτο αὐτοῖς ἡ Συρακουσσίων δεκάτη. πλέοντα δὲ τὸν Ἀρχίαν εἰς τὴν Σικελίαν καταλιπεῖν μετὰ μέρους τῆς στρατιᾶς τοῦ τῶν Ἡρακλειδῶν γένους Χερσικράτη συνοικιοῦντα τὴν νῦν Κέρκυραν καλουμένην, πρότερον δὲ Σχερίαν. ἐκεῖνον μὲν οὖν ἐκβαλόντα Λιβυρνοὺς κατέχοντας οἰκίσαι τὴν νῆσον, τὸν δ’ Ἀρχίαν κατασχόντα πρὸς τὸ Ζεφύριον τῶν Δωριέων εὑρόντα τινὰς δεῦρο ἀφιγμένους ἐκ τῆς Σικελίας παρὰ τῶν τὰ Μέγαρα κτισάντων ἀναλαβεῖν αὐτούς, καὶ κοινῇ μετ’ αὐτῶν κτίσαι τὰς Συρακούσσας. ηὐξήθη δὲ καὶ διὰ τὴν τῆς χώρας εὐδαιμονίαν ἡ πόλις καὶ διὰ τὴν τῶν λιμένων εὐφυΐαν»).
Ai Focesi va attribuita, invece, la fondazione di Elea (Velia) e di Massalia (Marsiglia), mentre ai Megaresi quella di Calcedone, Bisanzio, Megara Iblea, che a sua volta fonda Selinunte, e Callatis, fondata insieme agli abitanti di Eraclea.
Ugualmente importante è la colonia spartana, Taranto. Essa rappresenta l’unica colonia greca in Puglia, una terra a cui eppure non mancano risorse e territori adatti all’insediamento di colonie a vocazione agricola. La spiegazione è da ricercare probabilmente nella presenza in tale territorio degli Iapigi, una popolazione agguerrita, che rappresenterà un problema anche per la stessa Taranto. Per motivi analoghi, non diventa meta di colonizzazione neanche l’Etruria, nonostante i numerosi giacimenti metalliferi che può vantare.
Degne di menzione sono anche le colonie achee: Metaponto, Crotone e Sibari, la quale, secondo la tradizione, avrebbe tra i suoi colonizzatori il locrese Sagari. La notizia, tuttavia, va considerata leggendaria. Strabone ci informa anche che la colonia avrebbe sottomesso ben quattro popoli indigeni e venticinque loro città. Evidente è l’esagerazione nelle parole dello storico, benché sia storicamente accertata la potenza raggiunta da Sibari. La sua cinta muraria raggiunge, infatti, un’estensione di 50 stadi (9 chilometri) ed è proverbiale la ricchezza dei suoi abitanti, ingiustamente ritenuti per questo motivo lussuriosi e tracotanti. Certo è anche che i Sibariti fondano Posidonia.
Leggende sono state tramandate anche in relazione alla fondazione di Crotone. Secondo una versione del mito, Ercole, attraversando l’Italia con la mandria dei buoi sottratti a Gerione durante la sua decima fatica, uccise Lacinio mentre tentava di rubargli il bestiame, uccidendo però, accidentalmente, anche Crotone. Per quest’ultimo organizzò magnifici funerali, erigendogli una tomba e predicendo che in quel luogo sarebbe nata un giorno una città chiamata con il suo nome.
Secondo, invece, un altro racconto, dove i Crotoniati sono definiti “figli di Laureta”, Crotone sarebbe giunto fuggiasco in Italia, dove avrebbe preso in moglie Laura/Laureta, figlia di Lacinio. Altri racconti mitici ci forniscono ulteriori dettagli: Miscello, originario di Ripe, avrebbe preferito fermarsi a Sibari, ma l’oracolo di Delfi gli avrebbe fatto ben tre ingiunzioni. La prima riguarda l’ordine di fondare Crotone; la seconda gli avrebbe chiarito dove fondare esattamente la città, cioè non distante dal capo Lacinio e presso il fiume Esaro; la terza gli avrebbe, infine, proibito di insediarsi nella Sibarite. L’importanza del ruolo dell’oracolo di Apollo è ribadito dalla monetazione della città, la quale sul retro delle singole emissioni reca incisa l’immagine del tripode delfico.
I Rodi sono artefici della nascita di Gela, i cui abitanti, insieme ai Cretesi, danno vita ad Agrigento. Ne abbiamo una testimonianza in Tucidide (Storie,VI, 4):
«Gela fu fondata da Antifemo e da Entimo, che avevano condotto insieme rispettivamente coloni da Rodi e da Creta nel quarantacinquesimo anno dopo la fondazione di Siracusa. E la città ebbe nome dal fiume Gela, mentre il luogo dove ora è l’acropoli e che inizialmente fu abitato è chiamato Lindio; le loro istituzioni erano doriche. Circa centootto anni dopo i Geloi fondarono Agrigento, dando alla città il nome dal fiume Agrigento, nominando come fondatori Aristonoo e Pistilo e dandole le istituzioni dei Geloi» («Γέλαν δὲ Ἀντίφημος ἐκ Ῥόδου καὶ Ἔντιμος ἐκ Κρήτης ἐποίκους ἀγαγόντες κοινῇ ἔκτισαν, ἔτει πέμπτῳ καὶ τεσσαρακοστῷ μετὰ Συρακουσῶν οἴκισιν. καὶ τῇ μὲν πόλει ἀπὸ τοῦ Γέλα ποταμοῦ τοὔνομα ἐγένετο, τὸ δὲ χωρίον οὗ νῦν ἡ πόλις ἐστὶ καὶ ὃ πρῶτον ἐτειχίσθη Λίνδιοι καλεῖται· νόμιμα δὲ Δωρικὰ ἐτέθη αὐτοῖς. ἔτεσι δὲ ἐγγύτατα ὀκτὼ καὶ ἑκατὸν μετὰ τὴν σφετέραν οἴκισιν Γελῷοι Ἀκράγαντα ᾤκισαν, τὴν μὲν πόλιν ἀπὸ τοῦ Ἀκράγαντος ποταμοῦ ὀνομάσαντες, οἰκιστὰς δὲ ποιήσαντες Ἀριστόνουν καὶ Πυστίλον, νόμιμα δὲ τὰ Γελῴων δόντες»).
Da alcune parti si sostiene la provenienza diretta da Rodi dell’intera popolazione agrigentina, ma tale tradizione non sembra mai attestata, fatta eccezione per uno scolio pindarico, del quale peraltro è stata messa in luce la non affidabilità.
Appare, dunque, evidente che la seconda colonizzazione non consiste in unico evento, ma in una serie di eventi, diversi tra loro sia per luoghi di arrivo e di provenienza sia per tempi sia per modalità. È, in sostanza, un prodotto estemporaneo della libera iniziativa di alcuni gruppi di cittadini di singole città-stato guidati, di solito, da un esponente dell’aristocrazia locale scelto come guida e chiamato ecista. A lui spetta, al momento dell’approdo sul nuovo territorio, l’attribuzione dei lotti, l’insediamento degli dei patri e l’organizzazione della colonia.
In alcune regioni ritenute nevralgiche per gli scambi commerciali i Greci, pur non fondando colonie, riescono comunque a stabilirsi attraverso gli emporia, ossia scali, comunità a scopo mercantile. Il più noto è Naucrati, situato in Egitto e di origine milesia. Altri erano presenti in Etruria e Sicilia, ma purtroppo nulla si sa sulla loro organizzazione. In generale la tradizione storica tende a distinguerli dalle colonie, le quali vanno considerate greche a tutti gli effetti e soprattutto luoghi dove si sono sperimentate forme di organizzazione sociale e legislativa.
Non si tratta, dunque, di zone periferiche, bensì di aree propulsive in campo economico, statale e sociale. Occorre, inoltre, ricordare che i Greci usano per definirle il termine ἀποικία (letteralmente “lontano da casa”), il quale indica un concetto differente dall’erronea traduzione latina “colonia”. Il fenomeno migratorio greco, infatti, è totalmente differente dal processo di colonizzazione messo in atto dalle potenze occidentali in un passato più recente. Le comunità nate dalla seconda colonizzazione ellenica sono indipendenti dalla madrepatria e possono affrontare in modo libero i problemi di assetto della società, quali, ad esempio, la nomina di magistrati, la delimitazione dei confini e la distribuzione dei lotti.
Motivi
Diverse sono, inoltre, le motivazioni alla base della loro fondazione. Tra le principali vi è la carenza terra: i rami cadetti delle famiglie nobili, non essendo la terra sufficiente per tutti, sono esclusi forse dall’asse ereditario e, di conseguenza, emigrano per migliorare il loro status. Ne è una conferma il fatto che la tradizione rappresenti talvolta l’ecista con qualche malformazione fisica, simbolo di uno stato di inferiorità. Ugualmente legata alla terra, è l’altra causa, ossia i crescenti conflitti sociali dovuti a un accentramento dei possedimenti nelle mani dei ceti nobiliari. Accade di frequente, infatti, che un agricoltore libero, in seguito ad un’annata infelice, sia costretto ad indebitarsi, dando come garanzia del suo debito la sua terra; qualora, poi, non sia in grado di saldare il debito, è costretto a cedere la proprietà, continuando a lavorare come schiavo.
Non appare, infine, uno spunto di riflessione secondario concentrarsi sui differenti modi di insediamento, di cui è possibile individuare una scala di difficoltà. La situazione più ostica è rappresentata dai casi nei quali è necessario ricorrere alla forza per liberare il suolo della futura colonia. In merito, possono essere menzionate le fondazioni di Cuma, di Reggio, di Taranto e di Locri. Meno impegnative sono, invece, le conquiste agevolate dall’assenza di abitanti indigeni oppure da una presenza sporadica e quindi facilmente superabile. Possono essere citate come esempio Poseidonia e Crotone. È attestato, infine, anche il caso di una fondazione avvenuta con l’assenso degli abitanti del luogo: quella di Elea, il cui territorio è in precedenza appartenente agli Enotri.
Bibliografia:
L. Braccesi- M. Luni, I Greci in Adriatico, 1, Roma, L’Erma di Bretschneider, 2002
L. Breglia, F. Guizzi, F. Raviola, Storia greca, Napoli, Edises, 2015
M. I. Finley- E. Lepore, Le colonie degli antichi e dei moderni, Roma, Donzelli Editore, 2000
P. G. Guzzo, Fondazioni greche: l’Italia meridionale e la Sicilia, Roma, Carocci Editore, 2011
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- L. Braccesi – M. Luni, I Greci in Adriatico, 1, Roma, L’Erma di Bretschneider, 2002
- L. Breglia – F. Guizzi – F. Raviola, Storia greca, Napoli, Edises, 2014
- M. I. Finley- E. Lepore, Le colonie degli antichi e dei moderni, Roma, Donzelli Editore, 2000
- P. G. Guzzo, Fondazioni greche: l’Italia meridionale e la Sicilia, Roma, Carocci Editore, 2011