Origini, affermazione, ascesa al potere di Casa Savoia, la dinastia che nell’Ottocento si mette a capo del processo di unificazione risorgimentale e i cui esponenti guidano il regno d’Italia dal 1861 al 1946 (Vittorio Emanuele II, Umberto I, Vittorio Emanuele III, Umberto II).
I Savoia sono una dinastia millenaria le cui origini risalgono alla fine del 900 con il dominio della Valle d’Aosta, la Savoia ed alcuni territori svizzeri. Con il tempo, grazie a matrimoni, alleanze e guerre, lo Stato, tra alti e bassi, si estende acquisendo la Contea di Nizza e buona parte del Piemonte. Sotto Amedeo VIII (1383-1451) i Savoia diventano Duchi, ma inizia un periodo di decadenza e debolezza che culmina – nella seconda metà del Cinquecento – con la perdita di quasi tutti i territori. E’ grazie ad Emanuele Filiberto che vengono riottenute quasi tutte le terre.
All’inizio del ‘700, con la Guerra di Successione Spagnola, il Ducato diventa Regno acquisendo prima la Sicilia, poi scambiata con la Sardegna. Il Regno Sardo continua l’espansione e lo sviluppo economico fino alle guerre napoleoniche, che vedono il Re Carlo Emanuele IV esule in Sardegna. Il Congresso di Vienna nel 1815 rimette sul trono i Savoia i quali acquisiscono anche i territori della Repubblica di Genova. Dagli anni ’40 del XIX secolo inizia l’epoca più gloriosa della dinastia che porta ad un regime costituzionale e parlamentare con Carlo Alberto. La sconfitta nella Prima Guerra d’Indipendenza non spegne le ambizioni sabaude e, grazie a Vittorio Emanuele II ed ai suoi politici illuminati (D’Azeglio e Cavour) si giunge alla costituzione del Regno d’Italia nel 1861 che verrà completato con i conflitti successivi.
Il primo è la posizione strategica degli iniziali possedimenti che comprendono i principali valichi tra Francia e la Pianura Padana. Inoltre molti di loro hanno la capacità diplomatica di districarsi tra le due potenze che la circondano (la Francia da un lato e l’Impero spagnolo prima e austriaco poi) con cambi di alleanze repentini. Infine annoverano alcuni personaggi estremamente capaci e lungimiranti .
Umberto Biancamano (992-1050)- conte- considerato il capostipite è alleato con il Re di Borgogna da cui riceve i primi possedimenti (Savoia, Svizzera ed Aosta). Emanuele Filiberto “Testa di Ferro” (1528-1580) – duca – Eredita un ducato ridotto all’osso a causa dell’incapacità dei suoi predecessori. Grazie alle sue capacità di condottiero nell’Esercito Imperiale riesce ad recuperare i territori perduti e riorganizza lo Stato portando la Capitale da Chambery a Torino. Vittorio Amedeo II (1666-1732) Primo Re di Sardegna. Grazie alle sue capacità diplomatiche ed un alto grado di cinismo che lo portano a cambiare più volte alleanze, al termine della guerra di Successione Spagnola ottiene nuovi territori ed il titolo regio.
Carlo Alberto (1798-1849) A volte politicamente ambiguo, oscillando tra reazione e rivoluzione, ha ampi meriti. Modernizza il Regno, concede lo Statuto che porta la democrazia parlamentare e la libertà di culto (sia per i valdesi che per gli ebrei) e si fa promotore nel 1848 di un movimento che in un primo tempo coinvolge quasi tutti gli Stati della Penisola per combattere gli Austriaci. Viene però sconfitto nella Prima Guerra d’Indipendenza e deve abdicare andando in esilio.
Vittorio Emanuele II (1820-1878) – primo Re d’Italia. Protagonista, con Cavour, della politica che porta all’Unità. Di modi semplici e a volte poco regali, è dotato però di una viva intelligenza e capacità di capire l’animo umano. Molto attratto dal fascino femminile, politicamente predilige il regime parlamentare di stile britannico senza rinunciare alle ampie prerogative attribuitegli dallo Statuto. Grazie all’alleanza con l’Imperatore francese Napoleone III è vittorioso nella Seconda Guerra d’Indipendenza, incoraggia la Spedizione garibaldina al Sud e nel 1867 si unisce ai Prussiani contro gli Asburgo ottenendo il Veneto . Nel 1870 il processo unitario si completa con la presa di Roma.
Umberto I (1844-1900). Favorisce una politica a favore degli Imperi Centrali che porta alla Triplice alleanza con la Germania e l’Austro-Ungheria. E’ promotore delle campagne coloniali in Eritrea. Sempre vicino alla popolazione negli eventi luttuosi, non comprende però i cambiamenti della società assumendo atteggiamenti che gli inimicano le frange più estremiste della sinistra. Viene ucciso da un anarchico nel 1900.
Vittorio Emanuele III (1869-1947). Spesso più interessato al futuro del suo Casato rispetto alla Nazione di cui è a capo, sotto di lui l’Italia vive un periodo di sviluppo e di tranquillità dal 1900 al 1915. L’atteggiamento tenuto durante la Grande Guerra gli conquista i favori di buona parte della popolazione e l’appellativo di “Re soldato”. La seconda parte del regno è caratterizzata da un rapporto di sudditanza verso il Fascismo, anche per il timore di essere sostituito sul Trono dal cugino Duca d’Aosta (dichiaratamente fascista). ”
Umberto II (1904-1983): ultimo Re per soli pochi mesi, dopo il Referendum Monarchia-Repubblica, per evitare lo scatenarsi di una guerra civile parte in esilio senza attendere la proclamazione ufficiale dei risultati della consultazione elettorale e rifiutando il ricorso alla forza. Trascorre circa quarant’anni in un dignitoso esilio senza aver mai abdicato. Il rispetto dimostrato verso le Istituzioni, la popolarità goduta, il comportamento esemplare fanno ipotizzare che sarebbe stato forse il miglior sovrano della storia italiana.
Senza i Savoia e la classe politica liberale non vi sarebbe stata l’Italia o avremmo dovuto attendere ancora molto tempo per vederne la nascita. Il grande merito di Carlo Alberto e del figlio Vittorio Emanuele II è stato di affidarsi a capaci politici liberali piemontesi (primo tra tutti Camillo Cavour) e di concedere la prima Costituzione in Italia. Questi due fattori hanno catalizzato tutte le simpatie unitarie nazionali rendendo l’opzione sabauda l’unica concreta per raggiungere lo scopo. Tramite una capace azione diplomatica si sono strette quelle alleanze che hanno permesso di raggiungere, nel giro di pochi anni, alla formazione di uno stato unitario, seppur ancora incompleto.
Vittorio Emanuele III è stato un punto di riferimento morale e politico sia per i combattenti che per la classe politica durante la Grande Guerra. Pur schivo e riservato, fin dall’inizio del conflitto effettua frequenti ispezioni al fronte, a stretto contatto con i soldati condividendone momenti di vita quotidiana . Politicamente assume una notevole rilevanza nel convegno di Peschiera nel 1917 dopo Caporetto. In tale occasione rassicura gli Alleati circa la tenuta del fronte, illustra il piano italiano ed ottiene i rifornimenti necessari a proseguire i combattimenti.
Innumerevoli sono invece gli errori commessi dal Monarca dopo la guerra. La decisione di non fermare la “Marcia su Roma”, l’avallo della politica repressiva del Fascismo, l’alleanza con i Nazisti, la ratifica delle “Leggi Razziali” (in pieno contrasto con la tradizione di Casa Savoia), lo legano al Ventennio indissolubilmente. Interviene nei confronti di Benito Mussolini solo quando questi è sfiduciato dal Gran Consiglio del Fascismo nel luglio1943. Gestisce malamente, unitamente al nuovo capo del governo Badoglio, la resa agli Alleati consegnando buona parte dei territori italiani e migliaia di militari nelle mani dei Tedeschi. Affida la Reggenza al figlio Umberto troppo tardi per salvare la Monarchia.
A cura di Maurizio Quaregna, membro de “The International Churchill Society – U.S.A.”.
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