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La Rota Romana: fonti e ricerche
La fonte principale della Rota Romana corrisponde ai documenti conservati negli Archivi Segreti Vaticani (ASV), che contengono diverse collezioni di documenti; tra questi, i più importanti sono, probabilmente, i cosiddetti Manualia Actorum. Questi ultimi contengono materiale che si riferisce al periodo compreso tra il 1464 ed il 1800, e costituiscono gli archivi principali del Tribunale Ecclesiastico; si tratta di documenti redatti in lingua latina, scritti a mano, ed il testo presenta delle significative abbreviazioni.
I Manualia, tuttavia, non devono essere considerati dei registri nel senso che viene comunemente attribuito a questo termine. Essi, effettivamente, non contengono la copia manuale di tutti i documenti rilevanti affidati al notaio responsabile del procedimento; al contrario, questi registri presentano le diverse fasi dei processi, omettendo spesso anche il nome di coloro che sono coinvolti nella disputa.
I Manualia, di conseguenza, sono la fonte ideale per indagare gli aspetti pratici delle attività svolte dal Tribunale della Rota; invece, i dettagli dei procedimenti, come le prove presentate e l’interrogatorio dei testimoni, sono presenti negli Acta (atti), i documenti che vengono consegnati al termine di un procedimento. Gli Acta, tuttavia, non sono stati conservati in un unica collezione, ma devono essere ricercati presso gli archivi e le librerie locali, sempre che essi siano sopravvissuti e giunti fino ai nostri giorni.
Fatta questa premessa, si osserva che le registrazioni presenti nei Manualia sono state redatte in ordine cronologico; ciascuna registrazione, in particolare, prevede un titolo, il nome della Diocesi coinvolta nel processo, e la natura della disputa. A tali dati, poi, viene aggiunto un breve sommario del procedimento in un determinato giorno; di conseguenza, è possibile rinvenire informazioni riguardanti l’interrogatorio di un testimone, come la data ed il luogo in cui si sono svolte tali fasi del processo. Non è presente, tuttavia, alcun indice, e, pertanto, non è agevole ricostruire le registrazioni che si riferiscono allo stesso processo, in quanto l’ordine è cronologico, ed è necessario esaminare tutte le registrazioni per ricostruire le fasi di un particolare procedimento.
A questo problema, poi, se ne aggiunge un altro, costituito dal fatto che sono pochi i Manualia ad essere stati conservati; si stima, a tale proposito, che il tasso di sopravvivenza sia pari ad un sesto, oppure ad un settimo. Pertanto, diventa impossibile stimare con una certa precisione il numero dei casi sottoposti alla Rota a partire dalla seconda metà del XV secolo, il periodo in cui si ha un discreto numero di Manualia. Evidentemente, il Tribunale Ecclesiastico ha giudicato centinaia di casi, sia nel tardo Medioevo che nei periodi successivi; per questa ragione, l’analisi della storia della Rota deve prendere in esame anche altre fonti.
Si pensi, in questo senso, alle Commissiones, che contengono le petizioni originali, per il periodo compreso tra il 1480 ed il 1792, e documentano il trasferimento di un processo alla Rota con tutte le informazioni relative. Ciò nondimeno, le Commissiones sopravvissute sono scarse, e tale problema rende impossibile effettuare un’analisi adeguata.
Una terza fonte, da questo punto di vista, è costituito dalle Sententiae, che contengono i pronunciamenti degli Uditori (giudici), e rivelano anche l’identità di coloro che hanno preso parte alla contesa, unitamente ai dettagli principali del caso sottoposto al Tribunale Ecclesiastico. Anche in questo caso, tuttavia, non sono moltissime le Sententiae sopravvissute.
Si consideri, da ultimo, le Decisiones, ovvero le spiegazioni giuridiche delle Sententiae, ma non le frasi pronunciate dagli uditori (giudici) nel corso dei procedimenti giudiziari; anche in questo caso, il tasso di sopravvivenza non è incoraggiante. Questi documenti, tuttavia, risultano molto utili per l’indagine della storia legale della Rota, in quanto le decisioni prese in tempi precedenti costituiscono un precedente per i giudizi successivi, non solamente a Roma, ma anche nei Tribunali locali. Inoltre, le raccolte delle prime decisioni, che si riferiscono alla prima metà del XVI secolo hanno circolato in maniera significativa, prima come manoscritti ed in un momento successivo come libri, ed hanno, di conseguenza, avuto un’enorme influenza sulla cultura legale europea.
Anche se gli archivi della Rota contengono materiale a partire dagli anni Sessanta del XV secolo ed in quantità limitata, nel 1331 è stata promulgata la Ratio Iuris; si tratta della prima Bolla Pontificia che disciplina le attività della Rota, e menziona i Manualia. Non è possibile sapere con certezza, dunque, cosa sia accaduto al materiale più antico, ma è probabile che la perdita di queste fonti sia legata al fatto che tali documenti sono legati alle attività degli uditori e dei notai, che non sono direttamente legate all’amministrazione pontificia. Di conseguenza, tale documentazione non è stata conservata, in un primo momento, in un archivio centrale.
Tale materiale, al contrario, è stato preservato in diverse collezioni private, che però si sono perse nel corso dei secoli; la scarsa preservazione di queste fonti, inoltre, è stato determinato anche da alcuni eventi storici, come il Sacco di Roma nel 1527, o la presa di Roma da parte delle truppe napoleoniche all’inizio del XIX secolo. Si consideri, ancora, che non esistono archivi centrali dei documenti pontifici prima del XVII secolo; fino a quel momento, tale documentazione è custodita in diversi luoghi, ed è ampia la documentazione che non è confluita negli Archivi Segreti Vaticani quando questi ultimi sono creati verso il 1630 da Urbano VIII.
Oltre a quelli menzionati in precedenza, gli ASV contengono altri registri medievali, che a volte forniscono documenti legati ai processi condotti dalla Rota, oppure alle persone coinvolti in questi procedimenti. Si ricordano, tra gli altri, i Registra Supplicationum, che contengono le petizioni rivolte ed approvate dai pontefici, i Registra Vaticana ed i Registra Lateranensia, che contengono copie delle lettere inviate dai papi mediante la Camera Apostolica o la Cancelleria. Ancora, si possono menzionare i Registra Matrimonialium et Diversarum, conservati negli archivi della Penitenzieria Apostolica.
Le fonti relative alla Rota, poi, sono completate da materiale che si riferisce all’amministrazione pontificia, dalla natura sia pratica che normativa; si pensi, in questo senso, allo Stilus Romanae Curiae, una sorta di manuale ad uso dei potenziali contendenti presso il Tribunale Ecclesiastico. Un documento simile, poi, è costituito dal Termini causarum in curia, che costituisce una guida pratica, e contiene informazioni molto interessanti sulle diverse fasi del procedimento che si svolge presso la Rota, unitamente al comportamento che le parti coinvolte devono tenere.
Per quanto riguarda le ricerche condotte sulla Rota Romana, si osserva che la storia ed il funzionamento di questa istituzione sono state indagate nel corso di circa cinque secoli; le prime due ricerche non possono essere definite accademiche secondo gli standards moderni, ma costituiscono, nondimeno, esempi interessanti di presentazioni della Rota. La prima opera, nota come Praxis Rotae, viene composta verso la metà del XVI secolo da Antonio Agostini, un uditore spagnolo. La seconda opera, invece, è Il tribunale della S. Rota Romana, di Domenico Bernino, e viene pubblicato nel 1717.
Nel XIX secolo, come noto, le scienze sociali compiono dei notevoli progressi, e, di conseguenza, non stupiscono le numerose pubblicazioni che riguardano la storia e le attività della Curia Pontificia, compresa, ovviamente, la Rota Romana. A differenza delle prime due opere menzionate in precedenza, in questo caso gli autori propongono una spiegazione ed interpretazione delle fonti. Si pensi, in questo senso, al De Tribunale della Sagra Romana Rota di Giuseppe Bondini, ed al Le tribunal de la Rote, di Henri-Joseph Dugué de la Fauconnerie; gli autori di queste opere sono esponenti dell’aristocrazia appassionati di storia, e non storici professionisti. Ciò nonostante, questi due contributi possono essere considerati i primi due scritti propriamente accademici sulla Rota.
Le ricerche in questo ambito, poi, subiscono un impulso decisivo sotto il pontificato di Leone XIII, a partire dagli anni Ottanta del XIX secolo, in quanto tale Pontefice ha aperto gli Archivi Segreti Vaticani agli studiosi. La possibilità di accedere a questo vasto corpus di documenti originali attira molti storici a Roma, alimentando numerosi studi sull’amministrazione pontificia e sugli archivi papali nei decenni successivi. Alcune ricerche si concentrano sugli aspetti legali della Rota, e non su quelli storici, come la Nach geltendem Recht auf geschichtlicher Grundlage (letteralmente, Secondo la legge applicabile su base storica), di Franz Egon Schneider, pubblicata nel 1914.
Non sorprende, pertanto, che questo libro si sia focalizzato sulle normative giuridiche che determinano il funzionamento del Tribunale Ecclesiastico, come le Costituzioni Pontificie. Schneider, poi, esamina con cura anche la storia di questa istituzione, ma la sua ricerca storica non si basa sullo studio del materiale originale, bensì sugli studi di altri studiosi che avevano esaminato il materiale originario.
Qualche anno dopo la pubblicazione dell’opera di Schneider, viene pubblicata la ricerca, in quattro volumi, di Emmanuele Cerchiari, nota come Capellani papae et apostolicae sedis auditores causarum sacri palatii apostolici seu Sacra Romana Rota ab origine ad diem usque 20 septembris 1870, ovvero i Capellani del papa e della sede apostolica, uditori della cause del sacro palazzo apostolico e della Sacra Romana Rota dall’origine fino al 20 settembre 1870. I ‘capellani’ sono esperti di diritto, che devono presentare al Pontefice le loro conclusioni sulle questioni che vengono sottoposte al giudizio della massima autorità della Chiesa.
In questo caso, effettivamente, Cerchiari, che è un uditore presso la Rota, propone un considerevole numero di fonti legate alla storia ed all’attività della Sacra Romana Rota; al pari di Schneider, tuttavia, il suo lavoro di ricostruzione non si basa sullo studio diretto del materiale originario conservato presso gli Archivi Vaticani. La sua opera rimane comunque di grande interesse storico, a ragione dei numerosi documenti che vengono menzionati.
Il primo studio accademico in senso proprio, compiuto da uno storico professionista, si deve a Nikolaus Hilling, che redige la Die römische Rota und das Bistum Hildesheim am Ausgange des Mittelalters, ovvero La Rota Romana e la diocesi di Hildesheim alla fine del Medioevo’, pubblicata nel 1908. Si tratta di un libro, che, nonostante la considerevole età, può ancora essere considerato accurato, e continua ad essere la base delle opere storiche sulla Rota Romana; il suo principale difetto, tuttavia, consiste nella copertura geografica, decisamente limitata, in quanto viene presa in esame solamente la diocesi tedesca di Hildesheim. Alcuni anni dopo, lo stesso autore pubblica una seconda opera, in cui si considerano cinque diocesi della Sassonia, ma le fonti usate non vengono analizzate.
In seguito a queste tre pubblicazioni principali, si osserva un lungo periodo di assenza di opere accademiche sul materiale contenuto negli Archivi Segreti Vaticani; a partire dagli anni Novanta del XX secolo appaiono delle opere che si focalizzano sulla Rota, ma si tratta di studi parziali, sebbene di interesse storico.
Le Origini della Sacra Rota
Le origini storiche della Sacra Romana Rota affondano nel passato, ma non è possibile stabilire con precisione il momento in cui è nata questa istituzione; non esiste nessun documento, effettivamente, che riporta la sua fondazione. Per questa ragione, gli storici sono concordi sul fatto che la Rota non è mai stata fondata ufficialmente; al pari di altre istituzioni pontificie si è sviluppata nel corso del tempo. Tale evoluzione ha fatto diventare la Sacra Romana Rota il Tribunale più influente dell’occidente cristiano verso la fine del Medioevo; non è chiaro, dunque, quale sia il momento in cui la Rota è stata creata.
Non esistono dubbi, invece, sul fatto che tale istituzione rappresenti il più antico tribunale del mondo ancora esistente; da questo punto di vista, un documento fondamentale per la storia della Rota è costituito, poi, dalla Bolla Ratio Iuris, emanata da Papa Giovanni XXII nel 1331. Per la prima volta, viene espressamente disciplinato il funzionamento della Rota, anche se è altamente probabile che esistessero già delle norme procedurali in precedenza, anche se non ufficiali.
Pertanto, l’origine della Sacra Romana Rota può essere collocato nel periodo compreso tra la fine del XII secolo e l’inizio del XIV; in questo arco di tempo, l’amministrazione pontificia si sviluppa in maniera rapida. Si osserva, allo stesso tempo, la professionalizzazione ed il consolidamento della sua giurisdizione; alcuni storici, in questo senso, ritengono che la Rota, rispetto alle altre istituzioni pontificie, sia relativamente giovane, specialmente rispetto alla Cancelleria Apostolica ed alla Camera Apostolica.
In effetti, i Tribunali Pontifici emergono a partire dalla fine del XII secolo, in seguito all’espansione della giurisdizione pontificia; non sorprende, dunque, che i papi cerchino di uniformare le pratiche ecclesiastiche dell’occidente latino. A tale scopo, essi iniziano a riservare al loro giudizio esclusivo alcune tipologie di crimini considerati di particolare gravità; si pensi, in questo senso, a Papa Innocenzo II ed al Secondo Concilio Laterano. In questo caso, il Pontefice riserva l’assoluzione di coloro che uccidono o feriscono i membri del clero o degli ordini religiosi all’autorità pontificia.
Queste azioni, secondo il diritto canonico, comportano la scomunica automatica, una sanzione ecclesiastica che può essere rimossa solamente dal Pontefice; nel corso dei decenni successivi, poi, il novero delle riserve pontificie, ovvero dei crimini sottoposti alla giurisdizione esclusiva del Papa, aumenta in maniera considerevole.
Si osserva, a tale proposito, un’evoluzione, segnata da alcuni elementi fondamentali, e, per iniziare, dal recupero della codificazione di Giustiniano nel suo complesso; in effetti, lo studio di questo corpus giuridico influenza notevolmente la pratica del diritto canonico in diversi centri. Tra questi, si possono ricordare la Provenza, la Lombardia, la Toscana ed ovviamente Roma; si tratta, del resto, di un processo che interessa specialmente gli aspetti procedurali, e può essere osservato a partire dal XII secolo.
Il secondo fenomeno rilevante, da questo punto di vista, è poi costituito dal cosiddetto Decretum, ovvero la Concordia discordantium canonum, che determina una nuova sistematizzazione del diritto canonico. Tale documento, redatto a Bologna, diventa rapidamente il punto di riferimento principale per la legge della Chiesa a partire dagli anni Sessanta e Settanta del secolo XII; da ultimo, si osserva la prassi crescente di ricorrere al Pontefice come autorità di appello e consulto, da cui emergono i Decretali.
Questi ultimi si configurano come risposte scritte, in cui i Papi esprimono pareri autorevoli sulle questioni legali che vengono sottoposte al loro vaglio; i Decretali vengono poi raccolti per essere consultati in futuro a partire dalla seconda metà del XII secolo. Da tali raccolte scaturisce il Liber Extra, risalente al 1234, una collezione dettagliata dei decretali pontifici, oltre che dei canoni conciliari promulgati da Gregorio IX.
Tale evoluzione si configura come una vera e propria rivoluzione legale, che determina un volume crescente di casi sottoposti alla Curia, ed emerge la necessità di avvalersi di istituzioni permanenti e di professionisti specializzati in questioni legali. Sembra che gli ufficiali della Cancelleria Apostolica siano coinvolti in casi giudiziari, e, verso la fine del secolo XII viene creata una sezione ad hoc, dedicata alle problematiche di natura legale. Si tratta, secondo quanto ipotizzato da alcuni storici, di una sorta di predecessore della Rota, anche se le prove di questa istituzione separata non sono moltissime.
Per questa ragione, vengono proposte date diverse della fondazione della Sacra Romana Rota, in un arco di tempo compreso tra la fine dell’XI e l’inizio del XIII secolo; la fondazione di questa istituzione, dunque, è da collocare verso la fine di questo arco temporale, ovvero tra la fine del XII ed i primi decenni del XIII secolo.
Non sorprende, dunque, che la fondazione della Rota viene attribuita ad Innocenzo III, che regna tra il 1160 ed il 1216; sarebbe, dunque, nel corso del suo pontificato che la risoluzione delle problematiche legali sottoposte all’autorità pontificia viene sistematicamente delegata ad un’istituzione specializzata per la prima volta. Il sistema giudiziario sottostante, tuttavia, non viene inventato da Innocenzo III, in quanto le pratiche della Rota possono essere osservate nel corso del pontificato di Urbano II, il cui Regno si situa tra il 1088 ed il 1099. E’ questo Pontefice, effettivamente, che inizia a delegare una parte della sua giurisdizione ai capellani Papae, ovvero ai cappellani pontifici.
Innocenzo III, tuttavia, trasforma queste figure in veri e propri giudici, operanti all’interno di una istituzione specializzata, e separata da quelle già esistenti; si osserva, allo stesso tempo, che il numero di tali cappellani aumenta in maniera crescente. Pertanto, i procedimenti da essi presieduti assumono una forma più stabile e meno occasionale; in un primo momento, questi casi giudiziari sono affidati sia ai cardinali che ai cappellani pontifici.
Ai primi viene assegnata la risoluzione della problematiche più complesse, mentre i secondi si occupavano, prevalentemente, dei casi più comuni; i casi considerati di maggiore gravità, poi, vengono risolti direttamente dal Papa e dai cardinali in concistoro. L’attività giudiziaria dei cardinali, tuttavia, diminuisce a partire dal secolo XIII, come confermano gli storici che si sono occupati di questo argomento; in effetti, l’emersione di un gruppo specializzato di giudici curiali diventa evidente dalla metà del Quattrocento.
L’esame dei registri di Papa Innocenzo IV, il cui regno si situa tra il 1243 ed il 1254, si riferisce per la prima volta agli auditores generales causarum palatii, ed agli auditores generales curiae, ovvero agli Uditori Generali delle Cause del Palazzo, ed agli Uditori Generali della Curia. Tali riferimenti sembrano suggerire, effettivamente, l’esistenza di una istituzione più stabile; si evince, allo stesso tempo, che gli Uditori avessero responsabilità ben definite, e differenti rispetto a quelle assegnate ai cappellani pontifici.
E’ sempre possibile, tuttavia, che una persona potesse ricoprire entrambe le cariche, specialmente quando si considera che il termine ‘uditore’ era ancora relativamente vago nell’ultimo quarto del secolo XIII. In questo periodo, gli Auditores non formano ufficialmente un gruppo indipendente, al contrario di quanto avviene in altri casi; pertanto, uditore si riferisce a persone di cui i pontefici si fidano e che gli forniscono assistenza legale quando se ne ravvisa la necessità.
La creazione de facto dell’istituzione
Alla luce delle osservazioni precedenti, appare evidente che non è possibile indicare una data precisa in cui la Rota Romana viene fondata; allo stesso tempo, si osserva che la menzionata Bolla Pontificia Ratio Iuris, emanata il 16 Novembre 1331, conferisce alla Rota la forma che conserva fino all’era Moderna. Si tratta di un documento estremamente importante, in quanto esso disciplina in maniera espressa aspetti che in precedenza non sono stati definiti con precisione; allo stesso tempo, la Ratio Iuris documenta le attività della Rota e del personale che vi opera. Non si tratta, tuttavia, dell’unica riforma amministrativa di Giovanni XXII, ma la Bolla in esame è accompagnata da altre due Costituzioni.
La prima riguarda il funzionamento della Cancelleria Apostolica, ed è nota come Pater Familias, mentre la seconda, Qui exacti temporis, disciplina il secondo tribunale, noto come Audientia litterarum contradictarum, ovvero Udienze delle lettere contradittorie. Si tratta di una riorganizzazione amministrativa, che probabilmente è determinata dallo spostamento della curia pontificia ad Avignone, da parte di Clemente V, che regna tra il 1305 ed il 1314. Si tratta di un dislocamento che avrebbe dovuto essere temporaneo, e che crea problemi ma anche possibilità; in effetti, la residenza avignonese permette al Papato di regnare da un luogo decisamente più centrale rispetto a Roma. Sorge il problema, tuttavia, di finanziare il nuovo apparato amministrativo, che però consente ai pontefici di recuperare le entrate che in precedenza derivavano dallo Stato Pontificio.
Il processo di burocratizzazione, evidentemente, comporta oneri amministrativi crescenti, per i quali si deve trovare una adeguata copertura finanziaria; per aumentare le entrate si decide, tra l’altro, di concentrare il governo di diversi aspetti ecclesiastici nel Pontefice, che viene pagato per questa maggiore attività. La crescita del sistema amministrativo, e della curia in particolare, richiede una maggiore efficienza viene ottenuta mediante una serie di regolamenti e meccanismi amministrativi e giudiziari, che riguardano, ovviamente, anche la Rota.
In questo senso, la menzionata Ratio Iuris, che contiene 45 clausole, deve essere considerata una parte fondamentale di questo progetto di riforma. I primi 17 articoli, in particolare, sono dedicati agli uditori, e disciplinano problematiche come l’abito da indossare, l’orario di lavoro, e la necessità di essere imparziali, a cui si aggiunge l’obbligo di non rivelare il contenuto delle dichiarazioni dei testimoni. Gli articoli rimanenti, invece, sono dedicati ai notai, figure subordinate agli uditori, e viene specificata la loro diligenza, oltre al divieto di richiedere il pagamento per servizi che non sono quelli specificati.
Allo stesso modo, vengono elencati i requisiti per accedere alla carica di notaio, il divieto di sollecitare un particolare caso, o di agire per conto di più di un uditore; ancora, vengono specificati i doveri dei notai, e l’impossibilità di avere delle concubine. Infine, vengono specificati i loro compiti e vengono disciplinate le tariffe per i diversi servizi offerti. L’ultimo articolo della Ratio Iuris, poi, sancisce l’obbligo di esporre una copia completa di questo documento presso il Tribunale della Rota, che deve anche essere letto con cadenza annuale, in occasione della prima sessione della Rota, il 1 ottobre.
Si tratta di una regola che è stata rispettata, come si evince dalle annotazioni che si possono rinvenire nei Manualia; nella maggior parte dei casi, effettivamente, si osserva una nota in corrispondenza del 1 ottobre di ogni anno, in cui si specifica che la Rota si è riunita, e che le sue regole sono state lette pubblicamente.
Delle clausole della Ratio Iuris, sono tre quelle che meritano un maggiora approfondimento, iniziando dall’articolo 8, che contiene il primo riferimento ufficiale alla divisione degli uditori in tre ranghi, a seconda dell’anzianità di servizio. E’ stato ipotizzato, a tale proposito, che si trattasse di una suddivisione del lavoro, per la quale i casi sottoposti al vaglio della Corte vengono valutati dagli uditori più giovani, che appartengono al terzo rango.
Invece, le problematiche più complesse sono di competenza degli uditori più esperti, quelli che appartengono al secondo ed al primo rango; si tratta di un’ipotesi, che, tuttavia, non viene supportata dai Manualia compilati da Johannes de Ceretanis. Quest’ultimo è stato il decano della Rota tra il 1485 ed il 1492, ed appartiene, probabilmente, al primo rango degli uditori; ciò nonostante, l’esame dei Manualia che sono stati redatti in questo periodo mostrano che egli non apparteneva ad alcuna categoria o rango particolare.
La seconda clausola rilevante, poi, è la nona, che conferma la pratica di adottare decisioni collegiali nella Rota Romana; questo articolo, in particolare, dispone che, in presenza di un disaccordo sostanziale tra le parti, nessun uditore può adottare un giudizio, anche se non definitivo, prima di aver pubblicamente ricapitolato il caso ed aver sentito il parere degli altri uditori del suo rango. La lettura pubblica della disputa, tuttavia, non si rende necessaria quando non esistono contestazioni di natura sostanziale.
In pratica, il nono articolo sancisce l’obbligo di consultare gli altri uditori prima di prendere decisioni su istanze poco chiare o complesse; la consultazione tra uditori dello stesso rango si pone l’obiettivo di obbligare l’uditore responsabile a preparare il caso e redigere una sorta di sommario, chiamato ponens, per i suoi colleghi, che avrebbero poi discusso il caso in maniera collegiale. Sulla scorta dei dettagli contenuti nel ponens, poi, gli uditori avrebbero espresso il loro parere, e l’uditore responsabile avrebbe espresso il suo giudizio.
La terza clausola di particolare interesse, da ultimo, è la numero 26, e prevede l’obbligo, per i notai, di registrare tutti i documenti che riguardano i procedimenti a loro affidati, all’interno di manuali seu memoriali. Tali registri non sono sopravvissuti fino all’era attuale, ma non vi sono ragioni per dubitare che questa regola non sia stata seguita alla lettera.
La Ratio Iuris, in definitiva, si configura come una guida preziosa per comprendere il funzionamento della Rota, ma tale documento, tuttavia, non disciplina tutti gli aspetti dell’attività del Tribunale in esame; le istanze che non sono affrontate direttamente dalla Ratio Iuris, dunque, devono essere ricercate in altre fonti. Si pensi, in questo senso, al Formularium notariorum curie romane sub Iohanne Papa XXII compositum, ovvero al Formulario dei notai della curia romana, composto durante il pontificato di Papa Giovanni XXII.
Questo documento viene redatto, probabilmente, verso il 1327, prima della promulgazione della Ratio Iuris; si pensi, ancora, allo Ordo iudiciarius qui in romana curia consuevit communiter observari, ovvero all’Ordine giudiziario che nella curia romana si usava comunemente osservare’, emanato da Benedetto XII verso il 1337; si tratta dello stesso Pontefice che ha preso parte allo sviluppo della Rota. Tale Papa, in effetti, ha indicato la sede della Rota e della Audientia litterarum contradictarum presso il nuovo Palazzo Pontificio di Avignone, ed ha dettagliato il ruolo e le responsabilità degli uditori, costituiti come una categoria separarata di ufficiali pontifici.
La Sacra Romana Rota: evoluzione dell’istituzione
Papa Gregorio XI ritorna a Roma nel 1377 dopo il periodo avignonese, e, per questa ragione, l’amministrazione centrale della Chiesa viene stabilita nuovamente nella Città Eterna; la Rota, ovviamente, rientra tra le istituzioni che sono ristabilite presso la sede storica del Papato. Gregorio XI, tuttavia, muore pochi mesi dopo il suo arrivo a Roma, e gli succede Urbano VI, che però viene eletto dai cardinali italiani, in quanto quelli francesi non partecipano al conclave.
Non sorprende, dunque, che emerga un anti-papa, eletto dai cardinali transalpini, Clemente VII. Si produce, in questo modo, uno scisma nella Chiesa, il cosiddetto ‘scisma occidentale’, che interessa anche le attività della Rota; in effetti, molti uditori ed ufficiali della Corte giurano fedeltà all’anti-papa, e tornano ad Avignone.
A Roma, di conseguenza, rimangono gli uditori ed il personale con minore esperienza, e la Rota Romana deve affrontare delle significative problematiche; queste persone hanno bisogno, di conseguenza, di manuali di riferimento, che costituiscono una fonte preziosa per comprendere il funzionamento della Rota. Il manuale più rilevante, da questo punto di vista, è rappresentato da quello composto da Dietrich von Nieheim, un ufficiale della Rota avignonese; il Stilus Palatii, risale verso il 1380, e descrive le varie fasi dei diversi procedimenti che si tengono presso questo tribunale.
A tale documento se ne può aggiungere un altro, ovvero gli Statuta sacri causarum apostolici palacii auditorum et notariorum, a cui si è accennato in precedenza. In quest’ultimo caso l’autore non è noto, al pari della data di compilazione, ma gli storici ipotizzano che tale documento sia stato redatto da uno dei notai della Rota, probabilmente verso la seconda metà del XIV secolo. Non è chiaro, ancora, se gli Statuta vengano composti ad Avignone o a Roma, ma è certo che questo manuale viene usato nella Città Eterna. Alcuni storici, poi ipotizzano che gli Statuta si siano basati sulla Ratio Iuris del 1331, a cui sarebbero stati apportati dei cambiamenti, allo scopo di riflettere lo sviluppo più recente della legislazione pontificia e gli sviluppi della prassi adottata dalla Rota Romana.
L’ultima fase della storia della Rota si situa in seguito al Concilio di Costanza, tenutosi dal 1414 al 1418; in tale occasione, è viene posta fine allo scisma occidentale menzionato in precedenza, e viene ristabilita l’unità della Chiesa. Martino V, il nuovo Papa, che regna tra il 1417 ed il 1431, predispone una riforma del corpo ecclesiale in linea con le richieste conciliari, che intendono attuare un rinnovamento totale della Chiesa, e non solamente della sua classe dirigente.
La riforma, in effetti, inizia dalla Camera Apostolica e dalla Cancelleria Apostolica, ma comprende l’intero apparato amministrativo e giudiziario pontificio. Da tali sforzi emergono due importanti decreti, il primo, Apostolicae dignitatis, del 1418, ed il secondo, Romani Pontificis, del 1423; sebbene l’obiettivo di una riforma totale non sia mai stato ottenuto, questi due documenti giocano un ruolo fondamentale per la regolamentazione delle attività della Rota.
Si consideri, a tale proposito, che la Apostolicae Dignitatis può essere considerata la seconda costituzione della Rota dopo la Ratio Iuris, e modifica le regole del Tribunale, allo scopo di aggiornarle rispetto alla prassi adottata nel XV secolo. Martino V, dunque, conferma quanto disposto dai predecessori, e nella Apostolicae Dignitatis dedica una ventina di paragrafi alla Rota. In questi articoli, si dettagliano i requisiti per essere nominati uditori, la procedura che deve essere seguita per la loro nomina, ed i loro obblighi. La Bolla di Martino V, inoltre, entra anche nel merito dei notai, a cui sono dedicati 7 articoli/paragrafi; due articoli sono dedicati agli avvocati, mentre gli ultimi 4 paragrafi si riferiscono ai censori.
Oltre a confermare quanto era già stato disposto in passato, la Apostolicae Dignitatis introduce anche delle innovazioni; si pensi, in questo senso, alla clausola contenuta nell’articolo 18, secondo cui, in caso di disaccordo tra due uditori, la contesa deve essere risolta dall’uditore più anziano. Rispetto ai notai, si vieta, nella Romani Pontificis, la vendita o affitto della carica, e l’obbligo di vivere in maniera decorosa, evitando le condotte che non si addicono a tale incarico; viene stabilito, inoltre, che i servizi di avvocati, notai e censori devono essere resi in maniera gratuita ai rappresentanti del clero che versano in una condizione di indigenza.
Per quanto riguarda gli aspetti procedurali, poi, vengono previste regole particolari per i processi brevi e per quelli più lunghi; la Romani Pontificis, ancora, introduce il divieto di vendere le cariche, e si osserva, in questa disposizione, la riforma avviata dal menzionato Concilio di Costanza, che cerca di attuare una riforma della curia romana. Gli ulteriori tentativi di convocare un concilio da parte di Martino V falliscono e si concludono con la sua morte; il successore, Eugenio IV, blocca il Concilio di Basilea del 1431, e questa decisione provoca un discontento che si traduce in un ulteriore scisma. I fautori del Concilio convocato da Martino V eleggono come (anti) Papa Amedeo VIII, il Duca di Savoia, che prende il nome di Felice V, e lo scisma si protrae fino al 1449, anno in cui l’anti-papa decide di abdicare a favore di Eugenio IV.
Anche nel corso di questo scisma, che oppone Eugenio IV a Felice V, la Rota Romana si divide in due fazioni opposte; la prima rimane fedele al Papa, e svolge le sue attività a Roma, mentre la seconda sostiene l’anti-papa e adotta Basilea come sede. Tuttavia, anche la seconda fazione segue le regole stabilite in passato e non vengono introdotte innovazioni, secondo il giudizio degli storici. Invece, i lavori della Rota Romana, nel corso di questo scisma, non lasciano tracce visibili; in effetti, la prima fonte sulle attività del Tribunale si riferisce agli anni Sessanta del XV secolo, ovvero il periodo in cui regna Papa Paolo II, compreso tra il 1464 ed il 1471.
Anche se i Concili del XV secolo non riescono a riformare la Chiesa nella direzione sperata, le idee conciliari non spariscono completamente; in effetti, sono diversi i pontefici del tardo medioevo, come Pio II, Sisto IV ed Alessandro IV, che cercano di attuare riforme del medesimo tenore. I risultati migliori, da questo punto di vista, sono stati ottenuti da Sisto IV, che regna dal 1471 al 1484. Il 14 maggio del 1472, questo Pontefice promulga la Costituzione Romani Pontificis, con cui viene riformata parzialmente la Rota, in quanto il numero di uditori viene ridotto da 14 a 12; Sisto IV emana, nel 1477, la Sicut Prudens, con cui disciplina l’attività dei notai della Rota. A partire da questo momento i 48 notai diventano ufficiali pontifici, e non sono più al servizio diretto degli uditori.
I notai, di conseguenza, diventano una categoria professionale indipendente, al pari di altri ufficiali che operano nella curia pontificia; gli uditori, tuttavia, si oppongono a tale cambiamento, nel timore che la loro influenza sui notai fosse rimossa definitivamente. I notai, inoltre, riescono ad ottenere un impiego permanente, e rimangono al servizio dell’uditore che sostituisce il loro predecessore, in quanto la carica non è più personale, ma professionale. La Sicut Prudens, inoltre, introduce novità anche rispetto alla nomina dei notai, e si dispone che il Papa proceda alla nomina di uno dei quattro notai che erano posti al servizio di un uditore. Insieme alla Rota viene riformata anche la giustizia pontificia nel suo complesso, con particolare attenzione per la riduzione della durata dei processi e dei loro costi, due elementi su cui si concentrano gli sforzi della rinnovazione conciliare.
Si inserisce, in questo senso, la Costituzione di Innocenzo VIII, che regna sul Soglio di Pietro tra il 1484 ed il 1492; nel 1488 viene emanata la Finis litibus, che segue il modello inaugurato da Sisto IV e prevede regole sui procedimenti affidati alla Rota. Viene prevista la possibilità che gli uditori adottino un giudizio individuale, e non collegiale, come era previsto in precedenza; alla Rota, inoltre, viene assegnata la prerogativa di pronunciarsi anche su casi civili degli Stati Pontifici. Tale possibilità, tuttavia, viene subordinata al fatto che la persona che si rivolge al giudice sia un(a) vedovo(a), oppure che la disputa sia di natura finanziaria. In questo caso, tuttavia, il valore del bene conteso deve rimanere al di sotto di una determinata soglia; in caso contrario, il caso viene affidato direttamente al Romano Pontefice.
La Rota Romana: dal XVI secolo ad oggi
I pontefici successivi ad Innocenzo VIII non hanno emanato atti legislativi che non hanno modificato le attività della Rota in maniera significativa; di conseguenza, l’evoluzione di questo Tribunale si ferma con questo Pontefice. A partire dal XVI secolo, la Rota diventa una delle istituzioni più influenti della Chiesa, e, alla soglia della Riforma Protestante, essa si configura come un’istituzione fondamentale. Nel corso del Medio Evo, in effetti, il numero di casi affidati alla Rota Romana aumenta in modo significativo, ed alcuni di essi diventano noti nel mondo intero; l’esempio più celebre, da questo punto di vista, è costituito dal tentativo di Enrico VIII di Inghilterra di annullare il suo matrimonio con Caterina di Aragona nel 1530.
Come noto, questo tentativo fallisce, e determina lo scisma della Chiesa di Inghilterra, che si dichiara indipendente dal Papato. La Riforma Protestante cerca, poi, di porre in dubbio l’autorità del Papa, ma non riesce a ridurre l’importanza della Rota, che rimane il Tribunale Pontificio più importante; si tratta di una situazione che rimane valida fino al XVII secolo. A partire da questo momento, in effetti, le riforme della curia pontificia riducono progressivamente i poteri della Rota Romana.
Nel 1834, Gregorio XVI decide che la Rota diventi anche una sede di appello per lo Stato Pontificio, mentre nel 1870 questo Tribunale è sul punto di estinguersi; tuttavia, Pio X lo ricostituisce nel 1908, grazie alla Costituzione Sapienti Consilio. Le regole attualmente seguite vengono disposte da Giovanni Paolo II nel 1994; di conseguenza, si stabilisce che la Rota Romana sia composta da un collegio di uditori e che le cause vengano giudicate, a turno, da tre di essi. La funzione della Rota è fondamentalmente quella di Corte di Appello, ma può anche funzionare come Tribunale di Terzo Grado.
Recentemente, è intervenuta una riforma dei processi canonici sulla nullità dei matrimoni, mediante il Motu Proprio di Papa Francesco, Mitis Dominus Iesus, allo scopo di semplificare questi procedimenti e ridurne le tempistiche. Il collegio degli uditori, composto da 19 membri, è poi presieduto da un decano, che attualmente è l’arcivescovo Alejandro Arellano Cedillo.
Link Consigliati
- Gnavi, A., Carriere e Curia romana : l’Uditorato di Rota (1472-1870), in Mélanges de l’école française de Rome, 106(1), 1994, pp. 161-202.
(https://www.persee.fr/doc/mefr_1123-9891_1994_num_106_1_4311) - H.J., Cardinal Giovanni Battista de Luca (1614-1683) and the Sacra Romana Rota, in Zeitschrift der Savigny-Stiftung für Rechtsgeschichte.: Kanonistische Abteilung, 126, 2009, pp. 313-340.
(https://www.researchgate.net/publication/288375955_Cardinal_Giovanni_Battista_de_Luca_1614-1683_and_the_Sacra_Romana_Rota)
Consigli di lettura: clicca sul titolo e acquista la tua copia!
- Salonen, K., Papal Justice in the Late Middle Ages. The Sacra Romana Rota, Routledge, New York/London, 2016..
- Raffensperger, C., How Medieval Europe was Ruled, Routledge, New York/London, 2023.
- Donahue, C., Law, Marriage, and Society in the Later Middle Ages. Arguments about Marriage in Five Courts, Cambridge University Press, Cambridge, UK, 2009.