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Il 16 aprile 1973 nel quartiere popolare di Primavalle a Roma alcuni aderenti al movimento extraparlamentare di estrema sinistra Potere Operaio realizzano un attentato intimidatorio. L’obiettivo è l’abitazione di Mario Mattei, segretario locale del Movimento Sociale Italiano. Muoiono Virgilio e Stefano Mattei rispettivamente di 22 e 8 anni, figli di Mario Mattei.
Il rogo di Primavalle del 1973
Nella notte del 16 aprile 1973 tre aderenti di Potere Operaio partono per minacciare Mario Mattei, ex netturbino e segretario del Movimento Sociale Italiano della sezione Giarabub di Primavalle a Roma. Alle tre di notte, nel tentativo di dare fuoco alla porta di casa, versano cinque litri di benzina sotto l’ingresso dell’appartamento abitato dalla famiglia Mattei, al terzo piano delle case popolari di via Bernardo da Bibbiena 33.
Quella che deve essere un’azione intimidatoria si tramuta in una tragedia. Virgilio di 22 anni, militante missino nel corpo paramilitare dei Volontari Nazionali, e il fratellino Stefano di 8 anni, muoiono non riuscendo a scampare alle fiamme. Gli attentatori lasciano sul selciato una rivendicazione della loro azione: “Brigata Tanas – guerra di classe – Morte ai fascisti – la sede del MSI – Mattei e Schiavoncino colpiti dalla giustizia proletaria”.
Il rogo di Primavalle del 1973: i colpevoli
Il 18 aprile 1973, a fronte degli indizi e riscontri raccolti, vengono spiccati tre mandati di arresto per i presunti responsabili: Achille Lollo, Marino Clavo e Manlio Grillo. Saranno giudicati colpevoli e condannati a 18 anni di carcere per incendio doloso, duplice omicidio colposo, uso di esplosivo e materiale incendiario.
Gli assassini di Primavalle agiscono di loro iniziativa e non su mandato dei vertici di Potere Operaio. L’organizzazione fa accertamenti al proprio interno. Le indagini compiute da Valerio Morucci confermano il sospetto che gli assassini sono militanti del gruppo. Tuttavia, tale risultato non viene comunicato. Al contrario, la direzione di Potere Operaio prepara un libro di controinformazione per negare la matrice di sinistra del delitto. Intanto Lotta Continua e altre formazioni di estrema sinistra insinuano che il rogo sia dovuto a una faida tra fascisti.
La campagna innocentista
Molti gli intellettuali ed i giornali che si schierarono per difendere gli imputati. Tra i più autorevoli quotidiani a prendere queste posizioni c’è Il Messaggero, il più diffuso quotidiano di Roma. Alla campagna innocentista in favore dei tre indagati contribuiscono anche alcuni autorevoli personaggi della sinistra. Tra essi il senatore comunista Umberto Terracini (già presidente dell’Assemblea Costituente), il deputato socialista Riccardo Lombardi (già membro anch’egli Assemblea Costituente), l’autore e attivista Dario Fo e lo scrittore Alberto Moravia.
Le rivelazioni
Nel 2005 ci sono le rivelazioni di Lollo e Grillo. Il Corriere della Sera pubblica un’intervista ad Achille Lollo. Egli ammette la colpevolezza propria e degli altri due condannati. Aggiunge che a partecipare all’attentato sono in sei, i tre condannati più altri tre di cui Lollo fa i nomi: Paolo Gaeta, Diana Perrone (figlia dell’editore de Il Messaggero Ferdinando) e Elisabetta Lecco.
Inoltre ammette di aver ricevuto aiuti dall’organizzazione per fuggire. Anche Manlio Grillo ammette per la prima volta, in un’intervista pubblicata su La Repubblica, la propria responsabilità e di aver ricevuto aiuti dall’organizzazione per fuggire.