CONTENUTO
di Matteo Bernunzo, studente di Scienze Politiche e Relazioni internazionali all’Università degli Studi Roma Tre, laureando in Storia Contemporanea
La rivolta di Pasqua fu un’insurrezione avvenuta in Irlanda nella settimana di Pasqua del 1916. I ribelli proclamarono la nascita della Repubblica Irlandese ma vennero costretti ad arrendersi dopo diversi giorni di scontri con le forze britanniche.
La militarizzazione della politica
A seguito delle pressioni del movimento per l’Home Rule, nel 1912 il Parlamento britannico era pronto a concedere una forma di autogoverno all’Irlanda, la quale, dopo l’Act of Union del 1800, dipendeva da Londra. Tuttavia l’applicazione concreta dell’Home Rule fu ostacolata e ritardata, prima temporaneamente e poi indefinitamente dallo scoppio della Prima Guerra Mondiale, dal crescente militarismo e dai contrasti nella società irlandese, culminati nell’Insurrezione di Pasqua del 1916 e poi nella guerra di indipendenza (1919-21).
L’area di Belfast e del Nord-Est (Ulster) ebbe in quegli anni un forte sviluppo industriale (per fare un esempio, dai cantieri navali di Belfast uscì il celebre Titanic), grazie anche ai commerci con il Regno Unito. La borghesia industriale della regione temeva una forma di autogoverno irlandese in cui fossero prevalenti gli interessi degli agrari, insieme ai contrasti di tipo religioso presenti da tempo tra la minoranza protestante dell’Ulster e la maggioranza cattolica. La resistenza del movimento unionista all’Home Rule si concretizzò nella formazione nel 1912 di una milizia paramilitare, gli Ulster Volunteers.
La risposta nazionalista non si fece attendere: nel novembre 1913 vennero fondati a Dublino gli Irish Volunteers, sotto la guida di Eoin MacNeill e Laurence Kettle, per difendere l’Home Rule; dei fondatori facevano parte molti dei firmatari della Proclamazione del 1916, come Pádraig Pearse e importanti uomini politici del futuro Stato irlandese come Éamon De Valera. Ben presto l’organizzazione, aperta a “ogni irlandese capace, senza distinzione di credo, opinioni politiche o posizione sociale” attirò migliaia di nuovi membri, diffondendosi in tutto il Paese.

La mobilitazione politica si innestava sul terreno sempre più fertile del nazionalismo culturale che stava definendo una nuova e distinta identità irlandese, fondata sul recupero della lingua gaelica, degli sport tradizionali e della mitizzazione della storia del popolo irlandese, nonché un sistema di valori legati alla campagna e alla religione cattolica, contrapposti alla moderna civiltà industriale percepita come “Britannica” e “straniera”.
L’altra organizzazione che giocò un ruolo centrale nel 1916 fu la Irish Citizen Army, la cui formazione venne annunciata pochi giorni prima quella dei Volunteers e che nacque dal tumulto sociale di quei giorni a Dublino. Nella città, da tempo in decadenza rispetto a Belfast, oltre alle dure condizioni di lavoro e i bassi salari, le condizioni abitative della working class e del sottoproletariato erano tra le peggiori d’Europa.
In questo contesto, nel 1913 la Serrata di Dublino (Dublin Lockout) stravolse l’immagine di una nazione irlandese unita: decine di migliaia di lavoratori, in gran parte manuali e poco specializzati, organizzati dalla Irish Transport and General Workers Union (ITGWU), si opposero ad una coalizione di capitalisti guidata da William Murphy, imprenditore nazionalista e cattolico, e ad una parte del movimento per l’Home Rule, in un duro scontro per la libertà sindacale che durerà diversi mesi.
A seguito delle violenze della polizia (tra cui la prima Bloody Sunday), il sindacalista James Larkin, allora segretario della ITGWU, creò la suddetta Irish Citizen Army come milizia di autodifesa dei lavoratori in lotta. In seguito, la guida dell’organizzazione passò definitivamente nelle mani di James Connolly, sindacalista e marxista di origini scozzesi poi divenuto celebre per il suo ruolo nella Rivolta di Pasqua. Larkin e Connolly sono stati anche tra i fondatori dell’Irish Labour Party, mentre Connolly, nel 1896, aveva già fondato l’Irish Socialist Republican Party.
Dopo la sconfitta della ITGWU nella serrata di Dublino, nel 1914 Connolly riorganizzò la ben più piccola Citizen Army come milizia operaia fondata sulla sua personale visione che univa repubblicanesimo e socialismo ma che subiva l’arretratezza del movimento operaio irlandese, l’opposizione clericale e della maggior parte della stampa alle idee socialiste, la recente sconfitta del 1913 e la concorrenza degli Irish Volunteers.
Una scissione degli Irish Volunteers vede, nel tardo 1914, la stragrande maggioranza aderire al sostegno allo sforzo bellico britannico di John Redmond e del Partito Parlamentare Irlandese, riferimento politico del movimento per l’Home Rule (National Volunteers), che aveva “catturato” la leadership del movimento e una esigua minoranza opporsi alla partecipazione irlandese al conflitto (Irish Volunteers), spostandosi su posizioni repubblicane.
Questa fazione degli Irish Volunteers era legata anche alla Irish Republican Brotherood (IRB), una organizzazione insurrezionale segreta fondata nel 1858 che fin dalla nascita dei Volunteers cercò di cooptarne la leadership e di influenzarla in senso repubblicano e rivoluzionario.
Verso l’insurrezione di Pasqua del 1916
Inizialmente ci furono non pochi contrasti tra la Irish Citizen Army e gli Irish Volunteers, dovute in particolare all’appartenenza sociale dei membri – negli Irish Volunteers erano presenti molti proprietari, tra cui alcuni di coloro che avevano usato crumiri e bandito i lavoratori sindacalizzati nel 1913, mentre nella ICA la maggioranza dei membri appartenevano alla working class – ma grazie agli sforzi di Connolly le due organizzazioni si avvicinarono e iniziarono a collaborare sempre più spesso, sebbene tra i leader rimanesse una certa diffidenza.
Profondamente colpito dalla sconfitta del 1913 e dal massacro delle masse popolari nella Grande Guerra e credendo fortemente nell’idea che le difficoltà dell’Inghilterra fossero un’opportunità per l’Irlanda, Connolly intendeva organizzare in tempi brevi una insurrezione sfruttando il fatto che i britannici erano impegnati nella difficile guerra in Europa. Su questo si trovò d’accordo anche Patrick Pearse, insegnante di gaelico e fervente nazionalista, tra i fondatori degli Irish Volunteers. Così nel 1916 i vertici dell’IRB convinsero Connolly a non prendere iniziative solitarie e partecipare all’insurrezione che stava organizzando insieme alla leadership degli Irish Volunteers.

L’insurrezione era prevista per il 23 aprile, la Domenica di Pasqua, giustificata dalla convinzione che le autorità britanniche stessero per attuare misure repressive nei confronti delle milizie nazionaliste e di altre organizzazioni separatiste irlandesi. Tuttavia, il fallito tentativo guidato da sir Roger Casement di procurare armi tedesche per la ribellione e il “contrordine” di MacNeill ritardarono l’inizio delle operazioni al giorno seguente.
MacNeill, convinto delle scarse possibilità di successo di un’insurrezione, inviò e fece pubblicare un ordine di annullamento della mobilitazione dei Volunteers in tutto il Paese; gli altri leader della ribellione, inizialmente fiduciosi, decisero di non procedere e di rimandare a lunedì. Nonostante ciò, la domenica vide in molte zone d’Irlanda una mobilitazione numericamente maggiore di quella che ci sarebbe stata il giorno dopo, anche a causa della confusione creata dai vari ordini.
Lo scoppio della rivolta di Pasqua nell’aprile 1916
Sebbene ci siano state mobilitazioni e scontri limitati al di fuori di Dublino, i combattimenti furono concentrati nella città. Il primo giorno le forze ribelli degli Irish Volunteers, Cumann na mBan (organizzazione ausiliare femminile dei Volunteers) e la Irish Citizen Army, sotto il comando militare di James Connolly, presero possesso dei vari obiettivi: tra questi vi era il General Post Office (GPO), che divenne il quartier generale dei ribelli, significativamente posto di fronte all’Imperial Hotel appartenente all’odiato William Murphy.
Alla Union Jack britannica venne sostituito il tricolore irlandese, ormai diventato simbolo nazionale, e sull’Imperial Hotel fu fatta sventolare la bandiera con l’aratro, la spada e le stelle (Starry plough) della Citizen Army (probabilmente un riferimento biblico e/o al possesso dell’Irlanda dall’aratro al cielo); è qui che Patrick Pearse lesse ai passanti la Proclamazione della Repubblica Irlandese a nome del “governo provvisorio”.
Anche se molti aspetti del piano originale sono ancora poco chiari, l’esito dell’Insurrezione di Pasqua fu probabilmente minato da errori di pianificazione, inesperienza dei comandanti militari, poca ricognizione della consistenza delle forze nemiche e aspettative errate sulla reazione militare britannica: i capi dell’insurrezione si aspettavano una reazione militare immediata e avevano quindi posto la priorità sul rendere difendibili gli edifici occupati, aspettando una massiccia risposta militare che non arrivò se non nei giorni seguenti.
I soldati nelle caserme di Dublino immediatamente pronti a combattere erano infatti circa 400, a fronte di un numero di ribelli intorno ai 1200. In particolare, Connolly era sicuro che i britannici non avrebbero mai usato i cannoni contro il centro di Dublino, rischiando di danneggiare proprietà e cittadini lealisti.
I ribelli non riuscirono a bloccare l’arrivo di ingenti rinforzi da Belfast e dall’Inghilterra; questo permise ai britannici, sotto la guida del generale John Maxwell, di sfruttare il forte vantaggio numerico, circondare progressivamente le postazioni degli insorti e isolare il loro quartier generale nel GPO. Infine, gli inglesi utilizzarono i bombardamenti terrestri e navali per costringere i difensori asserragliati nell’edificio ad abbandonarlo e ad accettare la resa incondizionata dopo quasi una settimana di ostilità; una resa ottenuta non senza resistenze da parte delle ultime guarnigioni ribelli ancora in grado di combattere.
Reazioni e conseguenze della rivolta di Pasqua
La reazione dei cittadini di Dublino fu inizialmente piuttosto ostile, specialmente nelle aree dove molte famiglie avevano dei parenti nell’esercito britannico. Tuttavia, l’opinione pubblica mutò nei mesi seguenti a causa di vari fattori: innanzitutto, l’imposizione di un governo militare e il numero di arresti (più di 3000 uomini e 79 donne), tra cui molti detenuti senza accuse; in seguito, l’esecuzione di 16 leader ribelli, tra cui Pearse e Connolly (celebre per aver affrontato l’esecuzione su una sedia a causa delle ferite); infine, le prove dubbie, la rapidità e la segretezza con cui i tribunali militari giudicarono i ribelli.

Tutto ciò ha contribuito ad una romanticizzazione dei ribelli, trasformati in martiri. Gli sviluppi della repressione dei rivoluzionari preoccuparono non poco le autorità britanniche, danneggiate anche dalle accuse di atrocità commesse dai soldati durante la repressione della rivolta, tanto da contribuire, insieme agli insuccessi bellici in Europa, alla sostituzione del Primo Ministro H.H. Asquith da parte di David Lloyd George nel dicembre del 1916. Va notato che nessuna donna subì la pena capitale e che, in linea generale, le autorità britanniche le consideravano “influenzate” dai mariti e dai fidanzati e pertanto incapaci di essersi radicalizzate in maniera autonoma.
In aggiunta, sia prima che dopo la Rivolta, un ruolo importante per il movimento politico e culturale nazionalista fu svolto dalle organizzazioni degli emigrati irlandesi negli USA, la cui opinione si mostrò essere una delle preoccupazioni del governo britannico.
Il fallimento dell’insurrezione ha indirettamente contribuito a radicalizzare il sentimento anti-britannico, specialmente in seguito alla volontà inglese di imporre la coscrizione obbligatoria in Irlanda, preparando in qualche misura il terreno alla guerra d’indipendenza – dagli Irish Volunteers discenderà, infatti, l’Irish Republican Army, IRA – e fornendo un vero e proprio mito nazionale; un mito corredato di un pantheon dei martiri dell’indipendenza irlandese, avvolti da un alone quasi religioso che contribuì a rafforzare le divisioni che porteranno alla futura partizione del 1922 e l’identità del nuovo Stato Libero.
Un’altra conseguenza duratura del 1916 fu la mancanza, dopo l’esecuzione di Connolly, di leader altrettanto carismatici nel movimento operaio e in particolare alla guida dell’Irish Citizen Army. Il coinvolgimento dell’ICA nella fallita insurrezione di Pasqua, infatti, portò a una certa ostilità nei loro confronti da parte anche del sindacato e di molti lavoratori che temevano di essere associati ad essa.
Le sconfitte della ITGWU nel 1913 e della ICA nel 1916, a cui si aggiunse la sostanziale inattività dell’organizzazione nella guerra d’indipendenza, relegarono di fatto il movimento operaio e le istanze sociali dei sindacati ai margini della nuova società irlandese.
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- Charles Townshend – Easter Rising. The Irish Rebellion
- Conor Mcnamara, Padraig Yeates – The Dublin Lockout, 1913: New Perspectives on Class War & Its Legacy
- Frank Robbins – Under the Starry Plough: Recollections of the Irish Citizen Army
- Sean O’Casey – The Story of the Irish Citizen Army