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Home Storia Contemporanea Guerra Fredda

Il ritiro dell’Armata Rossa dall’Afghanistan

Il 15 maggio 1988 inizia il ritiro dell'Armata Rossa dall'Afghanistan. Le truppe sovietiche lasceranno definitivamente il paese nove mesi dopo.

di Mirko Muccilli
15 Maggio 2020
TEMPO DI LETTURA: 2 MIN
ritiro dall'afghanistan

L’invasione sovietica dell’Afghanistan nel 1979

Nel corso degli anni settanta l’Unione Sovietica tenta di ampliare la propria egemonia in Asia, sostenendo attivamente movimenti e regimi d’ispirazione marxista in diversi paesi. E’ però nel 1979, in Afghanistan, che si verifica l’evento più importante.

Nel paese del medio-oriente il conflitto tra il nuovo regime comunista filo-sovietico e i Mujaheddin (combattenti, patrioti) da il via a una sanguinosa guerra civile. I dirigenti sovietici, nonostante la cautela consigliata dai vertici dell’Armata Rossa, nel dicembre 1979 decidono l’intervento militare a sostegno del governo filocomunista.

A spingere l’Unione Sovietica verso l’invasione è un’evidente volontà di potenza e di prestigio: difendere i propri interessi in un paese confinante ed evitare che in Afghanistan, così come in Iran, sia instaurato un regime islamico.

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Indispettiti dall’audace mossa dei sovietici gli Stati Uniti iniziano ad addestrare e sostenere finanziariamente e militarmente i Mujaheddin, nonostante l’enorme differenza culturale e religiosa tra i due paesi. Oltre a questo gli americani schierano nuovi missili a testata atomica in Europa e decidono di boicottare, in segno di protesta, le Olimpiadi di Mosca del 1980.

Dall’occupazione militare al ritiro dell’Armata Rossa

Come hanno previsto i generali dell’Armata Rossa l’intervento russo incontra, sin da subito, enormi ostacoli per diversi motivi; la natura alquanto impervia dell’Afghanistan; l’estraneità culturale del governo rispetto ad una società tribale e impregnata di islamismo; la guerriglia dei Mujaheddin che provocano seri grattacapi alle forze di occupazione.

Dal punto di vista internazionale l’invasione del paese suscita un vasto movimento di protesta contro l’imperialismo sovietico, tanto che l’Afghanistan diventa per l’opinione pubblica mondiale una sorta di “Vietnam russo”.

Un cambiamento radicale nella politica estera dell’Unione Sovietica si ha quando Michail Gorbacev diventa segretario del Partito Comunista dell’Unione Sovietica (PCUS), nel marzo 1985. Il riavvicinamento con gli Stati Uniti porta nel dicembre 1987 ad uno storico incontro sulla riduzione degli armamenti missilistici in Europa e sulla distruzione delle armi nucleari.

Successivamente, con gli accordi di Ginevra dell’aprile 1988, l’Unione Sovietica si impegna ad abbandonare l’Afghanistan e il 15 maggio inizia il ritiro delle truppe dal paese. Le operazioni richiedono ai sovietici dispendiosi sforzi organizzativi; inoltre, nel corso delle varie fasi della ritirata, i russi devono anche stare attenti a difendersi dai frequenti e micidiali attacchi dei Mujaheddin.

Le operazioni che portano alla liberazione dell’Afghanistan si protraggono per diversi mesi e si concludono soltanto il 15 febbraio 1989.

Mirko Muccilli

Mirko Muccilli

Ha conseguito la laurea magistrale in Scienze Storiche. Medioevo, Eta' Moderna, Eta' Contemporanea presso l'Università degli studi di Roma La Sapienza, con tesi di laurea in Storia Contemporanea dal titolo "Abortire o partorire? La questione dei figli del nemico durante la Grande Guerra" e il Master di II livello "Esperto in comunicazione storica: televisione e multimedialità'" presso l'Università degli studi di Roma Tre. Ha collaborato con il programma televisivo di Rai Storia "Il tempo e la storia" e con il portale "14-18 Documenti e immagini della Grande guerra". Caporedattore di Fatti per la Storia, cura i rapporti con l'esterno. Fa parte del Comitato-Scientifico.

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