Le riforme Napoleoniche
Con la tregua imposta agli Inglesi (Trattato di Amiens, 25 marzo 1802), dopo dieci anni di guerre ininterrotte, la Francia e l’Europa intera conoscono un breve periodo di pace. Napoleone Bonaparte, Primo Console di Francia, approfitta della cessazione delle ostilità per riorganizzare lo Stato e dedicarsi ad un vasto piano di riforme, sia nell’ambito politico-amministrativo che in quello economico e finanziario.
La Costituzione dell’anno X è la tappa intermedia per la nascita del vero e proprio Impero. Per la seconda volta in due anni (già nel 1800 un plebiscito gli ha attribuito la carica di Primo Console) Napoleone ricorre al voto popolare per chiedere un maggior potere e lo ottiene: con il plebiscito del 1802, Napoleone diventa Console a vita.
La fiducia dei francesi di cui gode il Bonaparte è ai massimi livelli. Forte del rinnovato consenso egli può imporre facilmente la sua dittatura con l’ausilio di un apparato statale che viene ulteriormente rafforzato e centralizzato, attraverso le figure dei Prefetti, dei Sindaci e dei vari funzionari componenti il Consiglio di Stato (con funzioni amministrative delegate).
I Dipartimenti, istituiti durante la Rivoluzione francese come strumenti di decentramento burocratico, vengono sottoposti al controllo dei Prefetti, rappresentanti alle dirette dipendenze del governo centrale. Il potenziamento della polizia e della magistratura e l’istituzione di una rigida censura su giornali, libri ed opere teatrali completano la sua opera di consolidamento del potere.
Dal 1801 al 1805, approfittando della tregua in Europa, Napoleone riesce a riorganizzare e potenziare anche le sue milizie, creando di fatto un esercito numeroso ed efficiente che prende il nome di Grande Armée. Al fine di aumentare il numero dei soldati nell’esercito, Napoleone fa ampio ricorso alla coscrizione obbligatoria (tra i 18 e i 40 anni di età) estendendola anche a tutti i paesi occupati.
La coscrizione obbligatoria, già in vigore ai tempi del Direttorio, va a superare la vecchia concezione del militare mercenario, tipico dell’Ancien Régime: il nuovo modello di soldato non è più un professionista della guerra ma un cittadino chiamato a difendere o a combattere per la propria patria. Il coscritto, in combattimento, si unisce ai volontari e ai veterani e da questi ultimi impara i rudimenti delle tattiche belliche.
La coscrizione in epoca napoleonica rappresenta il punto di partenza per una svolta globale nel campo militare: conduce infatti alla nascita degli eserciti di massa, che saranno i protagonisti assoluti del primo e del secondo conflitto mondiale.
Concordato e riforme napoleoniche
La politica napoleonica durante il Consolato, sin dall’inizio, è una conciliazione tra il nuovo mondo e quello antico, un’opera di restaurazione dell’ordine travolto dagli eccessi della Rivoluzione che garantisce al contempo alcuni dei principi ineludibili del 1789 e soprattutto il rovesciamento del regime feudale, con l’edificazione dello Stato borghese.
Napoleone comprende l’importanza che ha la religione nell’assicurare l’ordine sociale e, sicuro di aumentare la propria popolarità, avvia negoziati con la Santa Sede per risolvere il contrasto sorto nei primi anni della Rivoluzione tra il governo repubblicano e la Chiesa di Francia (Costituzione civile del clero del 1790).
Grazie alla mediazione del cardinale Consalvi, segretario dello Stato pontificio, il 10 settembre 1801 si arriva ad un Concordato con Papa Pio VII, in base al quale lo Stato francese, pur ribadendo la sua laicità e la libertà di religione per ciascun cittadino, riconosce il primato del culto cattolico rispetto alle altre religioni. In cambio, Napoleone ottiene il riconoscimento della Repubblica francese da parte del Papato e la rinuncia a rivendicare i beni ecclesiastici confiscati durante la Rivoluzione.
Il Concordato annulla gli eccessi della prima fase rivoluzionaria ma non torna indietro su alcuni punti importanti. Il culto cattolico viene sì riconosciuto, ma come religione “della gran maggioranza dei francesi” e non dunque come l’unica religione: si riconosce perciò un pluralismo religioso.
La Santa Sede, da parte sua, riconosce la Repubblica francese e lascia che sia lo Stato a controllare il clero; si ha una nuova suddivisione delle diocesi e le nomine episcopali spettano di diritto al Primo Console, mentre il Papa conferisce l’istituzione canonica. E’ previsto il giuramento di obbedienza dei vescovi alla Repubblica, cosicché i “giurati” possono restare nelle loro sedi episcopali mentre i non obbedienti devono rinunciare alle loro.
Il Concordato è un grande successo della politica del Primo Console, dal momento che molte prerogative della Rivoluzione vengono mantenute: nessuna religione di Stato, giacché il principio della libertà dei culti non viene intaccato e il clero continua a non possedere particolari privilegi amministrativi e giudiziari. Tuttavia, con il Concordato restituisce l’esistenza giuridica e la libertà di azione alla Chiesa cattolica in Francia, che rientra nell’unità cattolica romana.
Napoleone però non è soddisfatto del risultato raggiunto e fa accompagnare al Concordato la pubblicazione degli Articoli organici del culto cattolico in Francia, 77 articoli annessi (unilateralmente ed arbitrariamente) al testo del Concordato nell’aprile 1802, che sono invece fortemente limitativi delle autonomie appena riconosciute: basti pensare che viene imposto ai vescovi di risiedere nelle loro diocesi e di non poter uscire che col permesso delle autorità governative.
L’attività riformatrice del Bonaparte, durante il periodo del Consolato, interviene fortemente anche in campo economico, finanziario e sociale:
- Riforme economiche e finanziarie – Per risanare la pesante crisi economica e finanziaria che grava sul paese, Napoleone istituisce la Banca di Francia (1800) ed introduce una moneta di valore costante. Viene istituito un catasto per il censimento dei beni posseduti da ogni cittadino, sul modello già sperimentato dagli Asburgo in Austria, e si crea una rete di funzionari statali per la riscossione delle imposte. Diminuiscono le imposte dirette, quelle pagate sulla proprietà della terra e sulle imprese produttive mentre aumentano quelle sui beni di consumo (le imposte indirette) che gravano sulla popolazione meno ricca. Scopo di tale politica fiscale è quella di aumentare gli investimenti da parte dei proprietari terrieri e dei borghesi in settori chiave come l’agricoltura e l’industria; lo sviluppo di tutti i settori economici vengono comunque promossi con la creazione di strade, con opere di bonifica e costruzione di canali ed altre infrastrutture. Inoltre, per proteggere il commercio e l’industria nazionale dalla concorrenza delle merci estere (in primo luogo dall’Inghilterra), viene creato un sistema di tariffe doganali molto alte allo scopo di scoraggiarne l’importazione.
- Riforme scolastiche – Un segno particolare si ha anche nel campo dell’istruzione e della cultura. La Rivoluzione francese ha promosso l’istruzione elementare gratuita per tutti e a carico dello Stato; l’impegno di Napoleone è quello di sottoporre l’istruzione pubblica allo stretto controllo dello Stato ed è indirizzato soprattutto alla scuola secondaria, che deve essere unitaria, con un nuovo corpo insegnante e idonea a formare la futura classe dirigente del Paese. Il modello di scuola che si crea è il liceo (lycée, legge 11 fiorile anno X, 1802), una scuola superiore preparatoria per l’università: l’organizzazione, il reclutamento e il pagamento degli insegnanti diventano un compito dello Stato. L’istruzione elementare resta invece affidata ai comuni e alle parrocchie. La riforma è anche una rivoluzione culturale: l’istruzione viene incentivata con l’elargizione di borse di studio ai meritevoli, la scuola diventa un canale di promozione sociale e uno strumento per formare funzionari competenti, l’élite della Nazione.
Il Codice Civile napoleonico
La creazione più importante e duratura del dominio napoleonico è il primo grande codice di diritto privato dell’età moderna, reso esecutivo in tutta la Francia e nelle zone occupate. Il Codice civile, detto Codice Napoleone (1804), è uno dei più celebri codici civili del mondo ed ha un enorme successo, tanto da essere pressoché integralmente adottato in numerosi altri Paesi e tuttora vigente in Francia, sia pure attraverso numerosi adattamenti (il codice civile italiano del 1865 è anch’esso per larga parte ispirato al codice Napoleone).
Una raccolta delle leggi nate dalla rivoluzione che offre per la prima volta ai cittadini un quadro completo di regole chiare e valide per tutti nel territorio nazionale, che favoriscono efficacemente la diffusione dei principi dell’eguaglianza tra i cittadini e della libera iniziativa economica dei privati e che, una volta esportate fuori dalla Francia, modernizzano anche la legislazione europea.
Nella Francia pre-napoleonica, infatti, si mescolano norme diverse a seconda delle città e delle regioni, alcune risalenti al diritto romano, altre di origine medievale, altre emanate negli anni della rivoluzione; norme talora contraddittorie che, nell’incertezza del diritto, favoriscono il privilegio e gli inganni.
Il Codice napoleonico conserva gran parte dei principi della Rivoluzione francese: la libertà individuale, l’uguaglianza di fronte alla legge, la libertà religiosa, la laicità dello Stato, la possibilità per ognuno di fare la carriera civile e militare fino ai più alti gradi della gerarchia, in base ai soli meriti. Al nuovo diritto di proprietà, definito assoluto e inviolabile, sono dedicati numerosi articoli e rappresenta uno dei cardini su cui si costruisce la nuova società nata dalla rivoluzione. Accanto a esso viene affermata la libertà di iniziativa economica.
Napoleone introduce il Codice anche nei Paesi vassalli della Francia, in particolare in Italia e nei paesi tedeschi; in tal modo gran parte dell’Europa conoscerà e sperimenterà forme più moderne ed evolute di ordinamenti statali. Come dirà il Bonaparte nelle sue memorie, al termine della sua era politica:
«La mia vera gloria non è nelle vittorie, ma nel Codice (…) l’ancora di salvezza della Francia, il mio titolo di benemerenza verso la posterità. (…) Ciò che vivrà eternamente è il mio Codice civile».
Una commissione di giuristi viene incaricata di raccogliere e rielaborare molti dei provvedimenti varati durante il periodo rivoluzionario, come la soppressione dei privilegi di ceto e delle limitazioni alla libertà economica, la tutela della proprietà e della libertà d’iniziativa (elementi centrali del liberismo economico settecentesco), la garanzia delle libertà personali e dell’eguaglianza di fronte alla legge, secondo i princìpi della Dichiarazione dei diritti dell’uomo del 1789.
Il Codice lascia un’impronta decisiva per ciò che riguarda i diritti della persona e della famiglia: per la prima volta viene istituito il matrimonio civile ed introdotto il divorzio, vengono ridotti i poteri del pater familias, la capacità di agire viene fissata al ventunesimo anno d’età, vengono parificati i diritti tra figli legittimi maschi e femmine e si attribuiscono alcuni diritti ai figli naturali, viene infine sancito l’accesso all’eredità di tutti i figli, abolendo i privilegi di primogenitura.
Va detto comunque che nel Codice napoleonico la famiglia viene organizzata ad immagine dell’Impero e dell’autorità (maritale); in virtù di questo, viene codificata l’ineguaglianza della donna rispetto all’uomo. La donna non sposata non è più considerata alla stessa stregua dell’uomo e, quando si sposa, è subordinata all’autorità del coniuge. Il Codice inoltre non prevede che la donna possa percepire un salario o condurre un commercio, non può quindi godere della minima indipendenza economica.
Se da una parte con il Codice diffonde le idee di libertà, dall’altra Napoleone si impegna a reprimere i movimenti indipendentistici che sorgono nelle zone occupate facendo giustiziare gli oppositori, soffocando le libertà politiche; la libertà del lavoro viene limitata per gli operai dall’introduzione del “libretto del lavoro” che li sottopone a stretto controllo da parte dell’imprenditore; sia agli operai che ai braccianti viene rigorosamente vietato di organizzarsi o scioperare per ottenere aumenti dei salari. Un segno evidente della contraddittorietà della figura di Napoleone.
Le riforme in Italia di Napoleone
Le guerre della Francia rivoluzionaria, all’origine di natura ideologica per la liberazione dei popoli europei dai sovrani assolutisti, diventano nell’età napoleonica dichiaratamente imperialistiche. Il nuovo esercito francese fondato sulla coscrizione obbligatoria, riesce a riportare schiaccianti vittorie sulle potenze riunite nelle coalizioni antifrancesi; di fronte ai successi di Napoleone, anche russi e inglesi sono costretti a firmare la pace.
In Italia, il Piemonte è di nuovo annesso alla Francia, mentre nella Pianura Padana i territori della Lombardia, liberata dagli Austriaci (Trattato di Campoformio del 1797), quelli veneti e la Romagna pontificia formano la Repubblica Cisalpina. In seguito, negli stessi territori viene costituita la Repubblica italiana sotto la presidenza dello stesso Napoleone.
Il dominio napoleonico, se per alcuni aspetti è giudicato negativamente, rappresenta anche un grande progresso per le popolazioni che subiscono l’egemonia francese. L’Italia conosce importanti riforme amministrative e militari, oltre ad avere un notevole sviluppo economico e rinnovamento civile. Vengono aboliti i residui istituti feudali, espropriati i beni ecclesiastici, abolite le barriere doganali tra le regioni, create nuove strade e scuole.
In tutto il territorio sotto l’influenza francese viene a crearsi una moderna legislazione, un’efficiente burocrazia statale ed anche un esercito valido che viene arruolato con la coscrizione obbligatoria voluta da Napoleone; il 13 agosto 1802 la coscrizione viene adottata per la prima volta nella Cisalpina. Proprio qui, viene creato un vasto organismo politico che ha per capitale Milano, un embrione della futura unificazione italiana e che beneficia maggiormente delle riforme portate a termine da Napoleone.
Anche negli altri Stati vassalli della penisola, come ad esempio la Repubblica partenopea (poi Regno di Napoli), si registrano grandi rinnovamenti che incidono profondamente sulla società meridionale. Le riforme introdotte dai fedelissimi di Napoleone (il fratello maggiore Giuseppe Bonaparte e, in seguito, Gioacchino Murat) e basate sul modello francese, rendono uniforme e centralizzata l’amministrazione, il sistema tributario e quello giudiziario, nonché colpiscono i baroni feudali abolendo ogni diritto privilegiato ed affermando il moderno diritto della proprietà privata.
E’ anche vero che l’abolizione dei diritti feudali e l’abbattimento dei vecchi regimi oligarchici non portano grandi mutamenti nelle condizioni di vita delle masse contadine e popolari, perché gran parte della proprietà terriera finirà nelle mani dei ceti borghesi ed aristocratici, che godranno maggiormente dei vantaggi delle riforme napoleoniche.
Con la trasformazione della Francia da Repubblica a Impero (maggio 1804), l’egemonia francese nell’Europa continentale porta anche alla riorganizzazione degli Stati vassalli del regime napoleonico. La Costituzione dell’anno XII istituisce il Primo Impero Francese: sicuro ormai della fedeltà dell’esercito e della burocrazia statale, forte dell’accordo con la Chiesa, con la fiducia incondizionata della borghesia, Napoleone può diventare il padrone assoluto della Francia. Il primo Impero napoleonico dura per circa un decennio e si apre con la legittimazione popolare plebiscitaria (la terza in 4 anni) e con la consacrazione di Napoleone I da parte del pontefice Pio VII (12 dicembre 1804).
L’Italia, in conseguenza della proclamazione dell’Impero, diventa Regno (comprendente Piemonte, Lombardo-Veneto fino alle Marche); Napoleone è incoronato Re d’Italia (26 maggio 1805) ed Eugenio di Beauharnais assume le sue veci.
Al momento della massima espansione dell’Impero Francese (1810), in Italia più che mai risulterà evidente il divario rispetto alla situazione pre-napoleonica. La penisola, alla fine del XVIII secolo ancora frammentata in tante entità politiche, è adesso formata da tre soli organismi: i territori direttamente annessi alla Francia (tra cui il Piemonte, la Toscana e il Lazio), il Regno d’Italia del Nord e il Regno di Napoli al sud.
Un processo di semplificazione politica e territoriale che comporterà l’abbattimento di frontiere storiche e la libera circolazione di merci, di persone e, soprattutto, di quelle idee che stimoleranno l’indipendenza del popolo e che verranno a maturazione nell’età risorgimentale.
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- G. Candeloro, Storia dell’Italia moderna, Vol. I, Feltrinelli, Milano, 1982.
- J. C. Herold, L’età di Napoleone, Il Saggiatore, Milano, 1967.
- E. J. Hobsbawn, L’età della rivoluzione, Rizzoli, Milano, 2013.