CONTENUTO
Il 3 novembre del 1534 il parlamento del Regno d’Inghilterra emana ‘L’atto di supremazia”, che dichiara il re Enrico VIII Tudor capo supremo della Chiesa d’Inghilterra. È l’inizio della Riforma Anglicana.
L’ascesa al trono di Enrico VIII Tudor
Alla fine del XV secolo l’Inghilterra era appena uscita da una guerra civile; la cosiddetta “Guerra delle due rose”, un conflitto nato alla fine della guerra dei cent’anni che durò circa trent’anni e che vide le due casate dei Lancaster e dei York contendersi il trono del regno. La guerra si concluse nel 1485 dopo la battaglia di Bosworth, nella quale il re Riccardo III di York fu sconfitto da Enrico VII Tudor, della casa dei Lancaster, che poi si fece incoronare re e sancì definitivamente la pace sposando Elisabetta di York.
Dopo aver reso saldo il suo trono sconfiggendo delle ribellioni, Enrico VII stipulò delle alleanze con altri regni Europei combinando matrimoni tra i suoi figli e quelli degli altri regnanti. Per il suo primogenito ed erede al trono Arturo, scelse la figlia del re di Spagna Caterina d’Aragona. Il matrimonio venne celebrato alla fine del 1501, ma il futuro re si ammalò e morì pochi mesi dopo, il 2 aprile 1502, lasciando l’eredità al trono d’Inghilterra al fratello minore Enrico (futuro Enrico VIII).
Enrico VII, per non perdere l’alleanza con la Spagna, chiese al papa Giulio II, insieme ai sovrani spagnoli, di invalidare il matrimonio tra Arturo e Caterina. Fu così che, con una bolla papale, si dichiarava nulla l’unione tra i due affermando che il matrimonio non era mai stato consumato, in maniera che ora si potesse celebrare l’unione tra Enrico e la principessa spagnola. Enrico VIII salì al trono il 21 aprile del 1509 dopo la morte del padre e sposò Caterina d’Aragona il 24 giugno dello stesso anno.
Il matrimonio tra Enrico VIII e Caterina d’Aragona
All’inizio del suo regno, Enrico VIII era un fervente cattolico ed era stato educato alla carriera ecclesiastica dal padre in quanto secondogenito; i rapporti con papa Giulio II erano buoni in quanto aveva aderito, assieme all’imperatore del Sacro Romano Impero Massimiliano II e al suocero Ferdinando II, re di Spagna, alla Lega Santa: alleanza promossa dal pontefice per arginare l’espansionismo del re di Francia Luigi XII.
Enrico, inoltre, nel 1521 aveva ricevuto da Papa Leone X, successore di Giulio II, il titolo di “Defensor Fidei” (difensore della fede) dopo aver criticato aspramente nel suo libro “In difesa dei sette sacramenti” le idee di Martin Lutero, che ormai si stavano diffondendo in tutta Europa, Inghilterra compresa.
Nel frattempo, il matrimonio con Caterina doveva ancora dare i suoi frutti: finora Caterina aveva avuto due figli maschi morti quasi subito (nel giro di 2 mesi uno, e meno di un mese l’altro), una nata morta e un aborto. L’unica figlia in salute Maria (futura Maria I d’Inghilterra, detta la sanguinaria) era nata il 18 febbraio 1516. Enrico aveva avuto figli maschi, ma non erano legittimi in quanto li aveva avuti dalle sue amanti, e lui aspirava ad un erede maschio legittimo, in quanto sosteneva che solo un figlio di sesso maschile avrebbe potuto consolidare la successione al trono; consapevole di quanto era accaduto il secolo prima con la Guerra delle due Rose.
Verso la fine degli anni venti del ‘500, Enrico cominciò a pensare di far invalidare il suo matrimonio con Caterina, ormai in menopausa, ed era inoltre convinto che l’assenza di figli maschi era data dal fatto che lui aveva sposato la vedova di suo fratello, facendo così cosa sgradita a Dio. Fu così che il Re incaricò il suo cancelliere, il cardinale Thomas Wolsey , di occuparsi dell’annullamento del suo matrimonio, per poi convolare a nozze con Anna Bolena, una giovane dama di compagnia della regina della quale Enrico si era innamorato.
Wolsey fece patire un’indagine sulla veridicità delle dichiarazioni di Caterina sulle sue precedenti nozze: lei infatti, aveva dichiarato che l’unione con Arturo non era stata consumata, ottenendo così l’annullamento e la legittimità a sposare Enrico, con la bolla papale dell’allora papa Giulio II. Enrico quindi, nel 1527, mandò Wolsey dal nuovo Papa Clemente VII con la richiesta di annullare la bolla del suo predecessore in maniera da poter invalidare il matrimonio con Caterina e di legittimare l’unione con Anna Bolena, ma questi si vide costretto a rifiutare, in quanto aveva dei problemi con l’imperatore del Sacro Romano Impero Carlo V, del quale Caterina era la zia, e che un po’ di tempo dopo, mandò i suoi soldati a saccheggiare Roma.
La riforma anglicana: la rottura di Enrico VIII con il Papato
Dopo il rifiuto di annullare la bolla di Giulio II da parte di Clemente VII, Enrico, se la prese con Wolsey, e lo accusò di praemunire, una legge del XIV secolo che diceva in sostanza che un suddito del re non poteva favorire un regnante straniero a discapito del sovrano d’Inghilterra. L’ormai ex-cancelliere fu quindi imprigionato e morì in carcere mentre attendeva il processo nel 1530.
Enrico quindi affidò al parlamento la questione dell’annullamento del matrimonio e venne definito “Il parlamento della riforma”, del quale fece parte il nuovo cancelliere Tommaso Moro, un umanista cattolico suo consigliere (e anche autore dell’opera letteraria “Utopia” nel 1516), e Thomas Cromwell, che era ostile alle idee cattoliche e vicino alle idee luterane che voleva imporre nel paese ed era amico del futuro arcivescovo di Canterbury Thomas Cranmer, che sosteneva il re nel voler annullare lo sposalizio.
Chi era favorevole all’annullamento del matrimonio tra Enrico e Caterina, trovò però l’opposizione di gran parte del clero e alcuni uomini di legge, che sostenevano che il parlamento non poteva autorizzare l’arcivescovo ad andare contro al Papa. Fu così che il re cominciò a perseguitare gli uomini di chiesa accusandoli di praemunire, iniziando dai Vescovi vicini alla regina come John Fisher, vescovo di Rochester, che difendeva Caterina a spada tratta, per poi estendere l’accusa a tutto il clero. Il re pretese quindi dall’assemblea del clero di Canterbury il pagamento di centomila sterline per ottenere il perdono, inoltre avrebbero dovuto accettare 5 articoli:
- riconoscere Re come capo supremo della Chiesa e del Clero d’Inghilterra;
- attribuire al Re competenza spirituale;
- i privilegi della Chiesa devono essere considerati nulli se attentano alle prerogative reali e alle leggi del regno;
- il Re perdona al Clero la violazione della legge del Praemunire;
- anche i laici vengono perdonati.
Questo era “L’atto di perdono” votato dal Parlamento l’8 marzo del 1531.
Nel 1532 Enrico pretese anche dal clero di rinunciare al diritto di legiferare in tema di diritto canonico, fatto che portò alle dimissioni da cancelliere di Tommaso Moro, lasciando così campo libero a Thomas Cromwell che fece promulgare altre leggi contro il clero nel 1532. La “legge sulla ritenuta delle annate”, che proponeva che il clero non pagasse a Roma più del cinque percento della sua prima annata delle rendite, poi “la legge sulla restrizione degli appelli” che impediva alla Chiesa d’Inghilterra di appellarsi a Roma per questioni ecclesiastiche e affermava che l’Inghilterra era un paese indipendente sotto ogni aspetto.
Fu così che, dopo la morte dell’arcivescovo Warham, che fu sostituito da Cranmer il quale il 28 maggio del 1533 dichiarò nullo il matrimonio tra Caterina d’Aragona ed Enrico VIII, affermando come false le dichiarazioni di lei sulla consumazione o meno del suo primo matrimonio, e cinque giorni dopo validò il matrimonio tra il sovrano e Anna Bolena, avvenuto qualche mese prima. Caterina fu bandita dalla corte e confinata, e le fu proibito di vedere la figlia Maria. Il Papa Clemente VII rispose a tutto ciò con la scomunica ad Enrico VIII e a Cranmer nel luglio del 1533.
Il 3 novembre del 1534 il parlamento promulgò l’atto di supremazia, che dichiarava che il sovrano era l’unico Capo supremo sulla terra della chiesa d’Inghilterra e che la corona avrebbe goduto di tutti gli onori, le dignità, le superiorità, le giurisdizioni, i privilegi, le autorità, le immunità, i profitti, e i beni derivanti dalla suddetta dignità (da “The Tudor Constitution” G. R. Elton). Questo atto affermava che il re era immediatamente sotto a Gesù Cristo nella Chiesa d’Inghilterra e può essere considerato di fatto l’inizio della riforma anglicana.
Conseguenze dell’Atto di Supremazia furono lo Scioglimento dei monasteri e l’espropriazione dei terreni di proprietà del Papa che furono poi venduti alla borghesia per rinforzare le casse dello stato, inoltre, le rendite ecclesiastiche annuali non venivano più date al Pontefice bensì al regno.
La riforma anglicana: la soppressione dei Monasteri e la “Grande Bibbia”
Dopo l’atto di supremazia Cromwell mandò degli ispettori nei monasteri con lo scopo di valutarne il valore economico per una successiva espropriazione; cosa che aveva già fatto in passato con il benestare di Wolsey per raccogliere fondi per i collegi di Ipswich e Oxford.
Fu così che nel 1536 iniziò la soppressione di alcuni monasteri, con la scusa di aver riscontrato tra i monaci e le monache condotte immorali e illeciti finanziari. Furono i più piccoli i primi monasteri ad essere soppressi, vendendo poi i terreni confiscati ai nobili e usando il ricavato per rinforzare le difese militari. Questo fatto, a differenza dell’atto di supremazia aveva suscitato rabbia nei laici che iniziarono a ribellarsi attaccando gli incaricati alla demolizione delle abbazie e monasteri confiscati.
Le rivolte si estesero in gran parte del regno, a cominciare da molte regioni del nord, per poi arrivare anche a sud, fino in Cornovaglia. Il re ignorò le richieste dei rivoltosi che avevano provato a negoziare con il duca di Norfolk e ordinò di reprimere le rivolte. La soppressione dei monasteri durò quattro anni, le abbazie più grandi cercarono di sopravvivere pagando, i monaci che man mano si trovavano senza casa si spostavano in conventi più grandi che non erano ancora stati eliminati oppure diventavano sacerdoti secolari. Chi si opponeva veniva ucciso.
Nel 1538, in seguito a vari atti violenti conseguenti alla rottura col papa quali iconoclastia e contestazioni estreme contro ogni forma di fede, Enrico vietò le libere discussioni aventi oggetto l’eucarestia e proibì ai preti di sposarsi (pena, la morte). Poi, nel 1539, il parlamento promulgò “I sei articoli”, che confermavano il credo cattolico per quanto riguardava la transustanziazione (il pane e il vino, al momento dell’eucarestia, erano veramente il corpo e il sangue di Cristo) il celibato per i sacerdoti, l’importanza della confessione personale e prescrivevano pene per chiunque non li seguisse. Tra le vittime dei sei articoli ci fu Thomas Cromwell che fu giustiziato il 28 giugno del 1540.
Nello stesso periodo, per contrastare la circolazione di varie versioni della Bibbia, Enrico VIII incaricò Cromwell (qualche anno prima che questi cadesse in disgrazia presso di lui) di far preparare da dei studiosi cattolici una nuova Bibbia che fosse unica in tutto il paese, fu così che le 1539 fu pubblicata “La Grande Bibbia”, che era in sostanza la correzione di quella tradotta da William Tyndale agli inizi del secolo. Successivamente, il sovrano, limitò la lettura della Bibbia ai soli Nobili con “L’atto per l’avanzamento della vera religione”.
Edoardo VI, Maria I e il consolidamento con Elisabetta
Enrico VIII morì nel 1547, lasciando il trono al figlio Edoardo (avuto dalla terza moglie Jane Seymour), che prese il nome di Edoardo VI. Essendo ancora un bambino al momento della morte del padre, gli venne affidato da quest’ultimo lo zio Edward Seymour come Lord Protettore (la madre di Edoardo era morta poco dopo il parto), in sostanza era quasi come fosse lui il re.
Sotto il breve regno di Edoardo VI furono apportati cambiamenti radicali alla riforma anglicana; vennero aboliti la domenica delle palme e il mercoledì delle ceneri, i simboli religiosi quali immagini, crocifissi e persino le campane vennero tolti dagli edifici religiosi e distrutti, vennero proibiti i canti nelle Chiese. Nel 1549 Thomas Cranmer, che era ancora arcivescovo di Canterbury, pubblicò “The Book Of Common Prayer” (Libro della preghiera comune) che conteneva la liturgia da seguire e le preghiere da recitare. Questa imposizione causò una rivolta nelle regioni che avevano ancora una forte influenza cattolica. La rivolta venne soppressa da Seymour.
Edoardo VI era cagionevole di salute e morì a quindici anni il 6 luglio del 1553. A lui successe (dopo che i protestanti avevano tentato invano di far salire al trono Jane Grey per evitare il ritorno del cattolicesimo) la sorella maggiore Maria, che era cattolica. Appena salita al potere cominciò a restaurare il cattolicesimo in patria. Iniziò con l’abrogazione di tutte leggi promulgate finora dal padre e dal fratello e fece riconoscere in maniera retroattiva il matrimonio dei genitori, fece imprigionare Cranmer (che fu giustiziato a Oxford il 21 marzo 1556) e nominò Reginald Pole nuovo arcivescovo di Canterbury e intavolò trattative con il Papa per riappacificarsi con Roma.
Il pontefice pretendeva la restituzione dei beni sottratti da Enrico VIII e pretese di impedire alla sorella Elisabetta, che era protestante, di succederle al trono (come stabilito dal padre con “l’atto di successione” del 1544) quindi concepire un erede per mantenere la confessione cattolica nel Paese. Fu così che il 25 luglio 1554 Maria sposò il re di Spagna Filippo II.
Il matrimonio della regina però, non diede i risultati sperati: la sovrana aveva già trentotto anni e Filippo non era molto presente. Inoltre Il nuovo papa Paolo IV era filo-francese e dichiarò guerra alla Spagna; la regina vide così sfumate le possibilità di riconciliarsi con Roma.
Nel 1555 iniziarono le persecuzioni contro i protestanti che costarono la vita a duecento ottantatré persone, arse vive, e alla regina l’appellativo di Bloody Mary (Maria la sanguinaria). Verso la fine del suo regno, che avvenne nel 1558 a causa di un tumore ovarico scambiato per una gravidanza, Maria fece restaurare le Chiese e rimise al loro posto i crocifissi. L’unica cosa che mancò a Maria per consolidare il cattolicesimo in Inghilterra fu il tempo.
Alla morte di Maria successe la sorella Elisabetta, che fu incoronata il 15 gennaio del 1559 dal vescovo di Carlisle perchè l’arcivescovo Reginald Pole era morto e vi era una forte presenza di vescovi cattolici che si rifiutarono di eseguire la cerimonia perché non ritenevano Elisabetta legittima in quanto protestante.
La nuova regina si occupò subito della restaurazione della religione anglicana e si affidò per fare ciò a William Cecil, suo fido consigliere. Nel 1559 fu promulgato “L’atto di uniformità”, che obbligava l’uso del “Book Of Common Prayer”, che venne rivisitato per l’occasione, per l’esecuzione delle cerimonie. Poi promulgò nuovamente le leggi che aveva abrogato Maria con un rivisitato “Atto di Supremazia”.
Inizialmente autorizzò la reintroduzione dei parametri sacri, ma i nuovi vescovi protestanti non accolsero questo fatto con benevolenza, così furono distrutti crocifissi, altari in pietra, dipinti sacri e altri ornamenti. Inoltre Elisabetta nominò vescovi molti esponenti protestanti che tornarono dall’esilio cui erano stati costretti da Maria.
Nacque durante il regno di Elisabetta I un nuovo movimento religioso nato dai Calvinisti, i Puritani, contrari sia al cattolicesimo, sia alla riforma che desideravano uno stato ecclesiastico radicalmente riformato. I puritani erano sostenuti anche dall’arcivescovo di Canterbury Edmund Grindal, la regina lo intimò a tornare sui suoi passi, ma lui si rifiutò e scrisse a lei una lettera di seimila parole che spiegava le sue ragioni. La regina lo fece incarcerare, pur non sollevandolo dall’incarico di arcivescovo. Edmund Grindal finì i suoi giorni in carcere e con lui morirono le speranze dei puritani di riformare ulteriormente la Chiesa d’Inghilterra. Gli successe John Whitgift, che impose al clero di sottostare alle decisioni della regina aiutandola così a consolidare le sue leggi.
Oltre ai Puritani ci furono anche molti Cattolici che erano contrari alla riforma “elisabettiana”; alcuni si conformarono alla legge sperando in una durata breve del regno della regina e un ritorno al cattolicesimo, altri nascosero i simboli sacri che dovevano essere distrutti e celebravano messe in segreto. Nel 1570 Papa Pio V scomunicò Elisabetta.
Negli anni settanta del ‘500 nacque, in opposizione a quella d’Inghilterra, una Chiesa clandestina, grazie all’arrivo in Inghilterra di sacerdoti cattolici che celebravano messe in segreto. L’intolleranza verso i cattolici crebbe al punto che nel 1577 cominciarono le esecuzioni dei preti cattolici stranieri in Inghilterra e si arrivò al punto che i cattolici di estrazione povera non avevano più sacerdoti che potevano celebrare la messa perché, quei pochi che erano rimasti, potevano nascondersi solo presso le ricche famiglie cattoliche, perciò i cattolici si trovarono a decidere se conformarsi alla religione anglicana, oppure diventare cittadini stranieri.
La Bibbia di re Giacomo
Dopo la morte di Elisabetta, nel 1603, gli successe il figlio di Maria Stuart e re di Scozia Giacomo VI, che diventò Giacomo I e che unì i regni di Inghilterra, Scozia e Irlanda; sotto di lui si adottò la versione della Bibbia che è ancora oggi universalmente accettata dagli anglicani, detta la “Bibbia di re Giacomo”. Dei cospiratori cattolici provarono a eliminarlo con una congiura nel 1605, ma non ci riuscirono (Congiura delle Polveri). In tutta risposta, venne promulgata una legge che obbligava i cattolici a negare l’autorità del Papa, ottenendo così la tolleranza da parte del sovrano.
La tensione religiosa tra Puritani, che volevano abolire il Libro delle preghiere comuni, e gli anglicani, che volevano ripristinare la gerarchia ecclesiastica, sotto Giacomo I, ma soprattutto sotto il figlio Carlo I, fu uno dei motivi che fecero scoppiare la guerra civile inglese nel 1642 che si concluse con la decapitazione del re e con la proclamazione della repubblica.
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- Alec Ryrie, The English Reformation, A very brief history, SPCK, 2020.
- Peter G. Wallace, La lunga età della Riforma, Il Mulino, 2006.
- Carolly Erickson, Elisabetta I: La vergine Regina, Mondadori, 1983.
- Carolly Erickson, Il grande Enrico, vita di Enrico VIII, Mondadori, 1980.