CONTENUTO
Avvertenza metodologica: la fonte letteraria come fonte storica
Chi scrive è consapevole del fatto che ogni distinzione, nel tempo e nello spazio, è pericolosa quanto necessaria, specialmente nel presente, alla luce delle pressanti esigenze di geopolitica che spesso prescindono dalle caratteristiche storiche che determinano ogni momento attuale. Per uscire dalle secche di “un passato che non passa” e per rileggere veramente la parabola della Repubblica di Weimar senza dimenticare le condizioni storiche che la condizionarono fino alla caduta, abbiamo scelto di introdurre fra le fonti che la narrarono anche quelle letterarie, che seguono passo dopo passo la formazione e la espansione della storia della Germania repubblicana successiva al Primo Conflitto Mondiale.
Abbiamo perciò individuato tre aree storiche corrispondenti all’evoluzione della Repubblica di Weimar: un primo periodo, 1918-1923, che va dalla proclamazione della Costituzione alla repressione del putsch di Hitler a Monaco, con la dialettica contrapposizione fra letterati di opposte ideologie; un secondo periodo, 1924-1928, di relativa stabilità economica e di pace politica, dove l’elezione a Presidente della Repubblica del vecchio generale Hindenburg, eroe della Prima Guerra Mondiale, frutta una temporanea pace sociale, anche perché a capo del governo perviene un esponente dell’ala cattolica liberale progressista, Gustav Stresemann, che con l’appoggio del Partito socialista e dei democratici ispirati da Weber, in politica interna limita gli effetti del debito di guerra e in politica estera non solo firma un’intesa politica con i Paesi Occidentali (Locarno, 1925); ma anche ottiene l’entrata della Germania nella società delle Nazioni (1926).
Quinquennio in cui tutti i precedenti intellettuali depongono le armi e si adeguano alle nuove istituzioni sociali, come avviene per esempio per Thomas Mann che nel 1922 abbandona ogni velleità nostalgica imperiale ed accetto il nuovo regime democratico. Peraltro, altri esponenti della sinistra espressionista come Brecht e Piscator evidenziano nei teatri le aporie sotterranee del nuovo ordine sociale: è il caso della famosa Opera da tre soldi (1927), dove Brecht e Weil in collaborazione con l’architetto Walter Gropius, progetta un Teatro totale in cui lo spettatore partecipa direttamente dentro un palcoscenico mobile all’azione scenica.
Infine, ricordiamo un terzo periodo che costituisce la parabola finale della Repubblica, che abbiamo voluto significativamente fare partire il 3 ottobre 1929, data della morte improvvisa di Gustav Stresemann, dalla quale seguono a catena una serie di conseguenze esiziali, prime fra tutte gli effetti della crisi economica americana del 24 ottobre dello stesso anno.
Situazione che si concluderà il 30.1.1933, quando si ha l’ascesa al potere di Adolf Hitler, capo del partito Nazionalsocialista, che abroga le libertà repubblicane, approfittando proprio della predetta circostanza. Ragioni di spazio ci inducono per ora a limitare l’esposizione al primo e al secondo periodo, sottolineando però ora che le tensioni sociali emergono agli inizi e contenute nel secondo periodo, strariperanno violentemente a cavallo fra gli anni ’20 e ’30, crisi politica e sociale di cui daremo conto in un prossimo articolo, non senza ricordare che scrittori popolari come Hans Fallada – E adesso pover’uomo? (1932) – e Gregor von Rezzori – Fiamme ardenti (1939) – benché estranei alle lotte politiche, esprimono il loro dissenso all’interno dell’apparente nuova coesione sociale raggiunta con l’avvento del Terzo Reich.
Nascita e formazione della Repubblica (9.2.1918/8.9.1922)
Un primo elemento di valutazione critica risale al 31 gennaio del 1918 ancora in guerra, quando la massima esponente della lega spartachista – cioè socialista di ispirazione bolscevica – espone il programma del movimento a Berlino nel momento in cui le condizioni interne degli Imperi centrali per effetto del blocco economico e della scarsità di riferimenti, stanno esplodendo.
Non mancano infatti le tensioni sociali e vasti scioperi a Berlino e a Monaco. Rosa Luxemburg incita all’insurrezione generale delle forze operaie sul modello russo del 1917. Intanto, le offensive alleate occidentali invadono le Argonne e il Belgio, restaurando quel Regno, occupato dai tedeschi nel 1914. A Kiel, il 28 ottobre, la flotta tedesca rifiuta di prendere il mare e trova solidarietà nella popolazione di Brema e Amburgo, sfinite dalla guerra e dalle sanzioni commerciali dei paesi dell’Intesa e dagli Americani, ormai entrati in gioco.
A novembre, spiccano alcune date decisive: per effetto dell’alleanza socialcomunista, a Monaco è proclamata la repubblica (7/8novembre) e già il 9, non solo cade il Governo del liberale Max von Baden, ma abdica l’imperatore Guglielmo II, mentre il partito socialdemocratico proclama la Repubblica, con l’appoggio parlamentare cattolico centrista e liberaldemocratico, quest’ultimo già in mano a Gustav Stresemann, ormai ispirato alle teorie sociali interventiste di Max Weber.
Pochi giorni dopo viene firmato dal governo unitario socialdemocratico di Friedrich Ebert l’armistizio di Compiègne con le forze alleate occidentali, ma un primo attrito scoppia fra le parti: l’occupazione francese del bacino industriale della SAAR, destinata a rimanere definitiva, anche dopo il Trattato di pace di Versailles.
Caratteri della nuova Costituzione
Altro elemento di futura crisi, è la scelta di instaurare un modello di Governo repubblicano parlamentare misto, con la presenza di un Presidente della Repubblica eletto direttamente dal popolo, mentre il Governo regge sulla fiducia parlamentare, con una camera elettiva ed un’altra a base federale che richiama il modello a prevalenza prussiana. La nuova Repubblica mantiene comunque una forma attenuata di federalismo, nell’erronea convinzione sia sufficiente un Presidente della Repubblica a fare da collante sol perché di fonte popolare. Non è chiara però la gerarchia fra i due organi; non c’era una Corte federale che sorvegliasse la Costituzione nella sua diretta applicazione; soprattutto é presente una serie di diritti civili finalmente approdati in un Testo di grado costituzionale, non del tutto disciplinati organicamente per ordinare i rapporti fra stato federale e stati federati.
Sembra però essere privilegiato un potere presidenziale molto insidioso per il neonato stato democratico: l’art. 48 affida al presidente la facoltà di emanare norme necessarie per ripristinare l’ordine e la sicurezza pubblica, senza indicare le ragioni e i tempi di tale potere e senza determinare la natura necessaria di tale scelta, vale a dire un “potere di eccezione” alle libertà civili e costituzionali che proprio quella Repubblica adotta fin dagli anni che stiamo esaminando, densi di minacce terroristiche e rivoluzionarie.
Infatti dall’autunno del 1918 all’autunno del 1923, la società civile tedesca non riacquista affatto quell’unità di intenti e quella coesione sociale faticosamente raggiunta nei quasi 50 anni precedenti l’età imperiale voluta da Bismarck e che il Kaiser Guglielmo II aveva perpetuato fino agli anni della guerra. Un letterato di fine cultura storica e filosofica, Carl Schmitt, proprio nel 1921 pubblica un saggio, La dittatura, che conferisce al capo dello stato il diritto di difesa dell’ordine sovrano fino al limite di sospendere le libertà costituzionali. Un diritto di eccezione emergenziale che é attribuito senza alcun controllo parlamentare al potere esecutivo presidenziale.
Primi squilli di guerra civile
Le parole d’ordine della Luxemburg sono: la creazione dei consigli autonomi dei militari, il disarmo della polizia ed dell’esercito imperiale, la nascita della Guardia rossa e un tribunale rivoluzionario per i colpevoli di guerra, soprattutto la netta condanna del parlamentarismo borghese e del relativo consenso alla predetta Costituzione, approvata dai socialisti moderati di Kautsky e dai cattolici liberali di Stresemann. E mentre la nuova Germania si accinge a sottoscrivere la pace definitiva a Versailles, dove viene sottoposta a enormi debiti di guerra nei confronti della Francia e della Gran Bretagna, da Kiel scende un esercito di truppe fedeli all’Imperatore in esilio, guidata dal generale Noske che aveva soffocato la rivolta operaia.
Attentati eccellenti si susseguiranno: Rosa Luxemburg e Karl Liebknecht, uccisi barbaramente a Berlino il 15 gennaio 1919; la caduta di Monaco il 1° maggio per mano del generale von Epp e l’assassinio del Presidente spartachista Kurt Eisner, segnano l’inizio di un violentissimo periodo di stragi avallate dal Governo socialdemocratico, in cambio della pace sociale pretesa dalle potenze vincitrici, con la speranza di ottenere la riduzione dei debiti di guerra.
Fa scalpore nell’opinione pubblica internazionale il riuscito attentato all’economista Walther Rathenau, ucciso a Berlino il 4 Giugno 1922 per mano dei nazionalisti dei Corpi Franchi, disillusi dalla democrazia repubblicana che ha tradito tali ideali proprio per mezzo di un ministro borghese, a loro dire complice della congiura capitalista, per l’alleanza coi Bolscevichi russi a seguito del Trattato di Rapallo.
Noto è il “diktat” che la nuova Germania deve però subire dal Trattato di Versailles: limitazioni territoriali e militari; rate gigantesche di danni di guerra e un senso di assedio permanente che alimenta il mito della “coltellata alla schiena”, e la forte ripresa del Nazionalismo pangermanista.
Letteratura e storia: un legame indissolubile per la storia della Germania moderna
Cade dal cuore del buon borghese il grande ideale di un’Europa germanica. Il fulcro di un nuovo pensiero pangermanico alberga ora in un un gruppo di intellettuali che fra il 1913 e il 1916 aveva prodotto saggi di rilievo per il loro messaggio, come il giovane Thomas Mann che nel settembre del 1914 aveva infiammato la gioventù patriotticamente con un saggio su Federico di Prussia. Fonti letterarie che parla di una “Germania segreta“, ormai divenuta palese. Si pensi a uomini come Spengler, Benn, Jünger, Kantorowicz, Rilke e George.
Era il sogno di un nuovo risorgimento culturale, quella Kultur “legata alla terra” che è parsa a molti critici del secondo dopoguerra il terreno su cui sarebbe cresciuto alla fine degli anni ’20 la chimera nazista. Ma proprio quella schiera di autori – che esprime la crisi della borghesia produttiva oppressa dal crollo del marco forse più allarmata che dal crollo militare – alimenta una resistenza morale e culturale alla avidità dei creditori franco-inglesi.
Fra il ’21 e il ’23 assistiamo a un pullulare di demagogia e di appelli alle masse, dove agitazioni di piazza e attentati roboanti sembra prevaricare la legge stessa, quasi che quella Costituzione di Weimar fosse un “incidente della storia”. E ciò non solo da parte della destra conservativa, ma anche di autori di ispirazione comunista: per esempio, Brecht col suo primo dramma, Baal, manifesta la follia del popolo in piazza; mentre Ernst Toller, rappresenta a teatro le contraddizioni della piccola borghesia.
E gli autori suddetti manifestano non solo la civiltà in declino, quando Mann profetizza la vittoria finale di una Kultur legata al suolo della Patria vilipesa e risponde negativamente alle sirene della “Zivilitation” occidentale, di stampo libertario francese, che proprio il fratello Heinrich diffonde perfino quando ancora l’esito della guerra era in bilico (vd. Le considerazioni di un impolitico del 1919). Altri, come Spengler, addirittura leggono la prima Guerra Mondiale come la fine dell’Occidente (vd. Il Tramonto dell’Occidente, 1918), oppure si dedicano all’utopia socialista (p. es. E. Bloch, Lo spirito dell’utopia, 1917).
Non mancano epigoni del “perturbante” spaesato di Freud, come Hermann Hesse che col suo Siddharta, del 1922 affermava:
Volevo solo cercare di vivere ciò che spontaneamente veniva da me. Perché era così difficile? Lottai molto per guarire dal male di vivere, ma guardavo nel buio. Io stesso ero la guida di me stesso…
Senso di confusione che la politica weimeriana favorisce in modo assai elevato: le tensioni erano generate dall’iperinflazione che aumenta a causa della massa monetaria circolante, rivolta al pagamento del debito di guerra, tanto che nel 1923 un dollaro vale tre miliardi di marchi…
La Rivoluzione Conservativa
Nasce così, tra le tanti voci intellettuali, la scuola della c.d. Rivoluzione Conservativa, dove il mito socialista e cristiano della storia come progressione verso un generale miglioramento economico e sociale, è contraddetta da una concezione organicistica della storia, che piuttosto sottolinea la nascita, lo sviluppo e la morte della civiltà del tutto proiettata alla vita dell’uomo. Quindi il ritorno nostalgico al mito, l’eterno ritorno dei valori, il sogno dell’uomo medievale che fa da sé e che si inebria della propria esistenza.
A livello politico, il nuovo governo deve ritornare all’ordine e anzi chiudere con la forza ogni pratica conflittualità sociale. E così è quando il Presidente socialista moderato Ebert cannoneggia le folle in sciopero per la fame e i soldati ancora fedeli all’Imperatore; mentre a livello estero sospende il pagamento delle rate del debito di guerra concordate, fino ad eludere gli obblighi sottoscritti a Versailles. Condotta che esaspera i rapporti con la Francia: l’occupazione franco-belga della Ruhr a titolo di garanzia per il futuro (gennaio 1923) non solo riattizza venti di guerra ma anche rinvigorisce l’ondata nazionalista e lascia insoddisfatte le forze della sinistra estremista, tanto che si abbandona l’impegno politico e ci si dedica alle Arti espressioniste e alla satira antiregime.
Occorre piuttosto una classe dirigente nuova che rinforzi la speranza delle classi medie ed esprime una ripresa della coesione sociale. Se Mann aderisce giocoforza alla nuova Repubblica; se Stefan George inneggiava all’imperatore romano Elio Gabalo, crudele e bizzarro, genio sublime, tragico eroe di fine impero (1928); chi rimane fedele alla repubblica democratica dopo la tragica morte di Rathenau?
Il progetto ricostruttivo di Walter Rathenau
Il turbolento triennio 1920-1922 si apre con violenti tumulti operai nella Ruhr, dove i minatori chiedono la regolarizzazione dei Consigli di fabbrica e l’occupazione delle stesse – come già avviene in Italia – e con la consueta repressione militare operata dal governo socialcattolico moderato. Successivamente, Francoforte è occupata dalla Francia e pertanto il nuovo governo di Weimar, di ispirazione conservatrice, perviene a più miti consigli di pagamento, concordando un nuovo calendario di versamenti che comunque calmiera le spese e blocca l’inflazione.
Poi la prudente politica economica ha un guizzo espansivo: contraddicendo l’indirizzo moderato centrista, il famoso ministro degli Esteri, l’industriale Walter Rathenau rompe gli indugi con l’URSS e il 16.4.1922 conclude a Rapallo un trattato di collaborazione economica e culturale con lo stato bolscevico, riconoscendolo pienamente, rinunziando ad ogni richiesta di danni di guerra e intessendo un proficuo programma di scambi commerciali fra i due Paesi.
E’ la politica liberoscambista che l’amico e sodale Keynes sta proponendo in Gran Bretagna, nondimeno preda di forte inflazione e disoccupazione, progetto che Rathenau vuole instaurare con la Francia, grande creditrice della Germania. Ma l’attentato nazionalista del 24 giugno 1922 che elimina il grande Ministro e frena il processo integrativo fra i due Paesi, accentua le paure della classe alto borghese e degli agrari, perpetuando così il Governo del famigerato art. 48 suddetto, che sospende i diritti civili e parlamentari.
Di nuovo crolla il marco, riappare lo spettro delle gravose indennità di guerra, di nuovo fuggono i capitali all’estero e il disavanzo commerciale con l’estero aumenta vertiginosamente. La coalizione di centrodestra dell’industriale Cuno decade. Ormai la voce popolare chiede di porre fine a quella costituzione così debole. La domande di un uomo forte – o anche di un Partito forte – è nell’aria.
Il putsch di Monaco: un segnale reazionario represso da un politico singolare, Gustav Stresemann
Il 1923 – si guardi come in quell’anno conquista il Governo in Italia un analogo movimento estremista che raggiungerà il potere – è l’anno del putsch di Monaco, guidato dal generale Ludendorff, altro maturo altissimo ufficiale che aveva sconfitto le armate zariste nella Prima Guerra Mondiale e un giovane di belle speranze, Adolf Hitler, capo di un nuovo Partito operaio di destra, il Partito Nazionalsocialista dei lavoratori (NSDAP). Riuniti in una birreria di Monaco tentano un ennesimo colpo di stato, che viene però con facilità represso.
Il generale sparisce dalla scena politica, non prima però di cedere il bastone della fiducia alle imponenti schiere degli agrari bavaresi e degli industriali del nord al vecchio generalissimo von Hindenburg eletto ben presto Presidente della Repubblica, mentre Stresemann ottiene la fiducia parlamentare e rimane peraltro anche da ministro degli esteri per quasi 6 anni alla guida del paese. Hitler è arrestato e imprigionato per un anno.
Finalmente, la politica tedesca ha uno scossone in difesa della democrazia: i repubblicani democratici, i cattolici moderati ed i socialisti eleggono un vero protettore della Costituzione e un valido prosecutore della politica estera di Rathenau. Gustav Stesemann vara subito una robusta riforma monetaria ed industriale: introduce il Rentenmark, vale a dire una nuova moneta garantita da un’ipoteca su tutti i terreni agricoli e tassa quelli usufruiti dalle industrie. Operazione che gli agrari sopportano per non dare spazio alle rivolte contadine sempre più diffuse e che gli industriali del Nord favoriscono in cambio dell’acquisizione di forti mercati esteri – quello americano e quello sovietico – che sono in netta espansione.
Ma il colpo d’ala che lo consacrerà come un notevole traghettatore della Germania dal più basso livello di sicurezza mai raggiunto a una posizione di ripresa e di ricostruzione, è quello di procurare un enorme prestito dagli Stati Uniti, facendosi forte dei precedenti rapporti col politico repubblicano Dawes. Manovre al limite della legittimità costituzionale, che però consente all’economia tedesca di risalire e recuperare concorrenza sul mercato estero, fungendo anche da ponte verso l’Unione Sovietica.
Di qui il patto di Locarno nel 1925 che revisiona in senso favorevole gli oneri delle riparazioni. Poi nel 1928, Stresemann firma col francese Briand un Patto di pace perpetua, che da molti è visto come una anticipazione degli analoghi accordi del secondo dopoguerra che porteranno nel 1957 al Trattato istitutivo della Comunità Economica Europea (CEE).
Ultimi fuochi di Stresemann
Il consenso popolare dei suoi tentativi di pace sociale interna e internazionale non è univoco: se il premio Nobel per la pace che nel 1926 ottiene insieme all’esponente francese Briand e rilancia il suo ruolo di mediatore fra le opposte fazioni politiche di Weimar, parecchi sono gli intellettuali – come lo storico Kantorowicz e lo scrittore Brecht pur di parte avversa – lo accusano di opportunismo e di accettazione servile alla spirito capitalista e conformista che domina la politica europea dell’epoca, ben rappresentata da autori che tentano di guardare sotto il tappeto della società perbenista tedesca.
Non c’era solo L’opera da tre soldi di Brecht (1927); ma anche una robusta cinematografia che evidenzia i pericoli della società dei consumi che la Germania va ora a perseguire, come nel caso del film Metropolis di Fritz Lang. Si pensi anche al romanzo Grand Hotel di Vicki Baum (1929), simbolo di un magnifico albergo, dove nella hall si intrecciano molteplici vite, quando il girare delle porte rappresenta quel mondo turbinoso dove la gente va e viene. Una mimetizzazione della società della rinascita berlinese in cui il sogno popolare di vita moderna raffinata può specchiarsi rispetto a una realtà povera e disillusa.
Eppure, Stresemann e i suoi ministri riescono a far ammettere la Germania alla Società delle Nazioni e ad avere un seggio fisso nel Consiglio (8 settembre 1925); nonché è in grado di rinnovare in modo più stretto il Trattato di Rapallo con l’Unione Sovietica (24 aprile dello stesso anno). Inoltre, il Governo di centrosinistra autorizza con evidente lungimiranza la produzione su scala industriale della gomma sintetica, innovazione industriale che sviluppa il mercato automobilistico.
Nondimeno, la cultura tedesca pone alcuni pilastri nella cultura mondiale proprio nel 1927: il ruolo dell’Io nella filosofia con Martin Heidegger che pubblica Essere e Tempo, pietra di base dell’esistenzialismo contemporaneo; e Sigmund Freud che, scrive Il futuro di un’illusione, rivolto all’uso degli strumenti psicoanalitici per comprendere la cultura e la società e per spiegare le nevrosi della religione quali fondamenta delle crisi del ‘900. Infine, Werner Heisenberg formulerà il noto principio di indeterminazione, per cui la nascente fisica atomica si basò su previsioni probabili statisticamente, per effetto delle relazioni fra oggetto e osservatore, non senza contrasti con l’altro grande astro nascente della fisica, Albert Einstein.
Lo sviluppo dell’Io nelle Arti e nelle scienze – fino al c.d. teatro totale di Gropius e Piscator – trova però nella politica una ennesima polarizzazione nella figura del citato generale Hindeburg, ancora tenacemente integrato alla vecchia “Gesellschaft” agraria e imperialista. La sua elezione a Presidente della Repubblica nel 1926 riporta sulla scena le nostalgie nazionaliste di inizio repubblica e che porteranno nel 1932 all’ascesa del nuovo volto di Hitler e del Nazismo.
L’ultimo sforzo di mediazione di Stresamann è quello di sottoscrivere il patto di pace Briand-Kellog sottoscritto il 6.2.1929. Qui è elaborato il nuovo piano di riparazioni a favore della Germania con rate minori e dilazionate. Il piano “Young” prevede poi il ritiro poi eseguito dalle potenze confinanti – Francia e Belgio – dalla Renania. Tutte circostanze che determinano un ciclo ricostruttivo ed espansivo di notevole recupero della nuova Germania, interrotto bruscamente dall’improvviso infarto mortale dello Stresemann il 3 ottobre del 1929.
E abbiamo scelto indicativamente proprio questa data per segnalare la fine dell’ascesa della Repubblica di Weimar, dato che il 24 ottobre dello stesso anno si ha il crollo della Borsa di Wall Street, il punto di partenza della Grande Crisi economica che tanto danno produce all’economia mondiale e tedesca, tale da estendersi in Europa e cessare solo dopo la fine della seconda guerra mondiale. Soprattutto è l’evento finale della repubblica di Weimar che sarà oggetto di un ulteriore indagine.
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- Gustavo Corni, Weimar. La Germania dal 1918 al 1933, Carocci editore, 2020
- Sul metodo adottato che fa leva sulla fonte letteraria vd. LUCIEN FEBVRE, Problemi di un metodo storico, trad. it.di C. VIVANTI; Einaudi, Torino, 1983, pagg. 134.
- Sulla storia complessiva della Repubblica di Weimar vd. EDMOND VERMEIL, La Germania contemporanea, Laterza, Bari, 1956, pagg. 331 e ss., molto importante per avere rielaborato quella storia in epoca coeva.
- Più di recente, cfr. la rivista Der Spiegel-Geschichte nr. 5/2014 densa di foto d’epoca e di note di cronaca.
- In lingua italiana, rimane centrale il saggio di GIAN ENRICO RUSCONI, Le crisi di Weimar, 1977, Torino, Einaudi, fondamentale per delineare la sconfitta della classe operaia in quel sistema democratico.
- Quanto al ruolo del cinema tedesco dell’epoca cfr. la raccolta di saggi Da Calligaris a good bye Lenin! A cura di MATTEO GALLI, Firenze, ed. Laterza , 2004, introduzione pagg. IX-XXIV.
- Sul ruolo di mediazione positiva realizzato da Stresemann, vd. EDMOND VERMEIL, op cit. pagg. 436-454. Infine, merita attenzione per ricostruire la figura di Stresemann, il romanzo Novella politica di BRUNO FRANK (1887-1945), che immagina i colloqui umanissimi fra Briand e Stresemann durante i colloqui per il Patto di Locarno del 1925, peraltro confermati dal Diario di Stresemann pubblicato nel 1932, in lingua italiana tradotto col titolo La Germania nella tormenta, Treves, Milano, 1933.