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Il 12 e 13 maggio 1974 in Italia si tiene il referendum abrogativo sul divorzio. I cittadini devono decidere se abrogare o meno la «legge 898/70, Disciplina dei casi di scioglimento del matrimonio», altrimenti nota come «legge Fortuna-Baslini», che istituisce il divorzio in Italia.
Promulgazione della legge sul divorzio
Il 1° dicembre 1970 il divorzio è introdotto nell’ordinamento giuridico italiano. Ad opporsi sono la Democrazia Cristiana, il Movimento Sociale Italiano, la Südtiroler Volkspartei e i monarchici del Partito Democratico Italiano di Unità Monarchica. Sono favorevoli il Partito Socialista Italiano, il Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria, il Partito Comunista Italiano, il Partito Socialista Democratico Italiano, il Partito Repubblicano Italiano, del Partito Liberale Italiano. La legge 1º dicembre 1970, n. 898 – “Disciplina dei casi di scioglimento del matrimonio” (la cosiddetta legge Fortuna-Baslini) è il risultato della combinazione del progetto di legge di Loris Fortuna con un altro progetto di legge presentato dal deputato liberale Antonio Baslini.
Nello stesso anno il Parlamento approva le norme che istituiscono il primo referendum nella storia della Repubblica con la legge n.352 del 1970, a causa delle ampie polemiche che circondano l’introduzione del divorzio in Italia.
Richiesta del referendum
Gli antidivorzisti quindi si organizzano per abrogare la legge attraverso il ricorso al referendum. Nel gennaio del 1971 viene depositata in Corte di cassazione la richiesta di referendum da parte del “Comitato nazionale per il referendum sul divorzio”, presieduto dal giurista cattolico Gabrio Lombardi, con il sostegno dell’Azione cattolica e l’appoggio esplicito della CEI e di gran parte della DC e del Movimento Sociale Italiano. Dopo un’iniziale contrarietà circa l’uso dello strumento referendario in materia di diritti civili, il Partito Radicale e il Partito Socialista si schierano a favore della tenuta del referendum e partecipano alla raccolta delle firme necessarie. Lo stesso non fanno gli altri partiti laici, che tentano di modificare la legge in Parlamento (compromesso Andreotti-Jotti), sia per evitare ulteriori strappi con il Vaticano, sia per l’incognita di un referendum sul cui risultato parte del fronte divorzista era pessimista.
Dopo il deposito presso la Corte di Cassazione di oltre un milione e trecentomila firme, la richiesta supera il controllo dell’Ufficio centrale per il referendum e il giudizio di ammissibilità della Corte Costituzionale.
Campagna per il referendum
Oggetto del referendum non è direttamente il divorzio, bensì la legge Fortuna-Baslini che il 1° dicembre 1970 ha largamente liberalizzato l’istituto del divorzio fino ad allora limitato a casi eccezionalissimi. Dopo quattro anni di applicazione la nuova legge è ben lontano dall’aver provocato quel drammatico sconquasso del tessuto sociale che alcuni preannunciano al momento della sua approvazione. Nel primo anno dell’entrata in vigore della legge, i divorzi sono 17164, nel ’72 il numero sale a 31717. Nel 1973 il numero dei divorzi scende a 22500. Inoltre il 76% dei divorzi concessi nei tre anni riguarda copie separate da più di 10 anni. Solo il 2% dei divorziati sono separati da meno di 10 anni.
La propaganda antidivorzista, che trova DC e MSI uniti sulle stesse posizioni, non può denunciare i guasti provocati dal divorzio. In un primo tempo concentra le proprie critiche sugli aspetti tecnici della legge, mentre nelle ultime settimane accentua i temi politici cercando di accreditare l’equazione antidivorzismo = anticomunismo. Particolarmente attivo nella campagna antidivorzista è il segretario della DC Amintore Fanfani. Egli percorre tutta la penisola e, specie nelle ultime settimane, da un taglio sempre più politicizzato e aggressivo ai propri comizi.
Sul fronte divorzista si ritrovano tutti i partiti laici al di là delle divisioni politiche ed ideologiche, dai comunisti ai liberali. Il PCI supera le remore iniziali, per il timore di una spaccatura all’interno della classe lavoratrice e di un confronto troppo diretto con i cattolici, e si impegna per la causa divorzista.
Vittoria del No
Le modalità del referendum prevedono che chi vuole l’annullamento della legge deve votare Si’ e chi vuole il mantenimento deve votare NO. Partecipa al voto l’87,7% degli aventi diritto, votano no il 59,3%, mentre i sì sono il 40,7%: la legge sul divorzio rimane in vigore. Una sconfitta politica per la DC e il suo segretario Fanfani.
Secondo i commenti della stampa e le dichiarazioni dei leader dei partiti laici il voto rivela un’Italia moderna, civilmente matura, più autonoma rispetto alla Chiesa e ansiosa di rinnovamento. Si dice che con quel voto gli italiani dimostrano di essere più evoluti di quanto la loro classe politica crede.