CONTENUTO
Il primo incontro ufficiale tra Mussolini e Hitler il 14 giugno 1934
Venezia è scelta come luogo dell’incontro, nell’Italia settentrionale, a metà strada tra Roma e la Germania (Hitler non vuole recarsi a Roma per il momento). Importante è la scelta del luogo e della data, il 14 giugno a Venezia, entrambi di fatto proposti dal governo italiano per dimostrare il maggior peso politico di Benito Mussolini rispetto al Fuhrer.
Adolf Hitler da oltre dieci anni desidera incontrare il suo idolo politico, ma qualcuno all’interno del partito nazista nutre preoccupazioni: con la maturità raggiunta Mussolini, statista affermato e riconosciuto, può influenzare Hitler e condizionarne la politica estera, mettendo a rischio gli interessi della Germania. Tra questi interessi uno in particolare non piace all’Italia di Mussolini: la volontà dei nazisti di annettere l’Austria alla Germania.
Ad accogliere i tedeschi all’aeroporto c’è il Duce in divisa e stivali, seguito da una banda militare ed altri uomini del partito per la cerimonia di saluto, pronto a catturare la scena per ribadire la sua leadership sul fascismo europeo. Hitler si presenta invece in borghese; per questo verrà ridicolizzato dalla stampa estera, che lo descriverà come un contadino vestito a festa. Nel primo colloquio tra i due leader è subito la questione austriaca ad imporsi come tema principale: Hitler chiede a Mussolini di rinunciare a supportare l’Austria, ma il Duce non lascia commenti significativi.
Il giorno seguente, dopo il consueto pranzo, un secondo colloquio occupa il primo pomeriggio dei due statisti, stavolta con chiari segni d’intesa sui temi trattati: una critica alla politica francese e alla Società delle Nazioni. Alla fine del colloquio c’è un accordo di massima: è necessario continuare ad avere sempre più relazioni tra Italia e Germania, senza che il nodo austriaco sia d’intralcio ad esse.
Tornato in Germania Hitler si immerge nuovamente nella politica interna. Il consenso è alto, la propaganda nazista ha enfatizzato come un trionfo l’incontro con Mussolini: tutto è pronto per la mossa successiva. Nella notte tra il 30 giugno e il 1 luglio 1934, chiamata “Notte dei lunghi coltelli”, Hitler e le SS si sbarazzano delle SA di Ernst Röhm, oltre che di alcune centinaia di conservatori non allineati con i nazisti.
L’Italia non si unisce al disappunto internazionale, ma Mussolini capisce quanto i metodi di Hitler superino in violenza i metodi fascisti. Preoccupato per gli avvenimenti il Duce decide di mettere al corrente il cancelliere austriaco Engelbert Dollfuss (amico personale di Mussolini) della minaccia più che mai reale e imminente dei nazisti.
Le violenze politiche in Germania mettono in fibrillazione i nazisti austriaci che il 25 luglio, nel tentativo di un putsch a Vienna prontamente represso dal governo austriaco, riescono ad assassinare il cancelliere Dollfuss. Mussolini è furibondo e preso sul personale (la moglie e i figli del cancelliere erano in vacanza nella casa del Duce sull’Adriatico): sceglie quindi di inviare quattro divisioni sul confine per difendere la sovranità austriaca e dà ordine ai diplomatici italiani presso gli alleati di coinvolgere anche loro in una protesta formale contro la Germania.
Non appena informato dell’accaduto Hitler rimane imbarazzato e spiazzato. Nomina un cattolico conservatore come ambasciatore a Vienna, Franz von Papen, un chiaro messaggio per Mussolini che la Germania avrebbe seguito una politica più cauta verso l’Austria.
La stampa italiana denuncia esplicitamente l’accaduto rievocando accuse tipiche del sentimento anti tedesco in Italia. I tedeschi rispondono con delle formali proteste diplomatiche. La situazione è più che mai critica; tra gli alti dirigenti tedeschi si insinua l’idea per cui l’assassinio di Dollfuss potrebbe aver compromesso irreparabilmente i rapporti con Mussolini.
Le accuse continuano: alla fine di agosto Hitler scarica gli italiani definendoli inaffidabili e razzialmente inferiori; Mussolini in un discorso a Bari ironizza sulle teorie naziste sulla razza e liquida i tedeschi come incivili a confronto con l’eredità storica della cultura romana degli italiani. Alla fine del 1934 la relazione tra Mussolini e Hitler è a un passo dall’ostilità.
La strategia del Duce diventa chiara con l’avvio di negoziati con francesi e inglesi per contenere la Germania e con l’accusa ai tedeschi di preparare una guerra contro l’Italia: Mussolini non è sfavorevole alla politica revisionista tedesca e sa benissimo che Hitler non sta preparando nessuna guerra contro gli italiani, ma con la prima accusa sfrutta l’occasione di coinvolgere gli alleati per assicurare all’Italia la possibilità di espandersi in Africa senza incorrere in sanzioni internazionali mentre con l’accusa della guerra manda un avviso alla Germania. L’Italia può fare a meno della Germania e collaborare con la Francia per impedirne il riarmo.
Nel gennaio 1935 l’Italia si accorda con la Francia per avere mano libera in Etiopia e tutto lascia presagire che in futuro si crei un blocco occidentale contro il Terzo Reich. Tra il 1935 e il 1936 le ambizioni imperialiste italiane distruggono le possibilità di intesa con la Gran Bretagna e gettano le basi per l’improbabile alleanza tra Italia e Germania.
I rapporti tra Mussolini e Hitler prima del 1933
Giuseppe Renzetti scrive a Roma nel 1931:
«Hitler ha certo bisogno di assistenza e di consiglio e più che mai dei nostri consigli che esso comprende sono sinceri, obbiettivi e disinteressati. Malgrado i suoi difetti e le manchevolezze sulle questioni tecniche, io lo ritengo il migliore dei capi della opposizione nazionale. Per quanto ci riguarda poi, a me sembra Hitler quello su cui possiamo contare di più. Esso è leale, sinceramente animato dalla volontà di accordarsi con l’Italia […]. Riconosce che Mussolini è un genio».
Mussolini conosce Renzetti a Berlino nel 1922. Egli è un maggiore degli alpini trasferitosi in Germania dopo la fine della guerra in qualità di membro della Commissione militare interalleata in Alta Slesia. Uomo d’iniziativa e dallo stile di vita borghese Renzetti è scelto da Mussolini come sua longa manus in Germania, considerandolo «il migliore conoscitore che l’Italia abbia del mondo politico ed ideologico tedesco».
In particolare Renzetti diventa l’anello di congiunzione tra Mussolini e i leader delle destre tedesche che, alla ricerca di orientamento e di guida, rivolgono la loro attenzione sul fascismo italiano. Tra questi leader c’è anche Adolf Hitler che nelle sue teorie vede l’Italia, già prima dell’avvento del fascismo, come naturale alleata della Germania al fine di mettere al bando i trattati di Versailles. La conquista del potere di Mussolini è una “svolta nella storia” e da questo istante Hitler inizia a provare ammirazione per l’uomo che ha inventato il fascismo.
La marcia su Roma è vista dalle destre tedesche come un’impresa eroica e patriottica (trasformata dalla propaganda fascista in potente leggenda) e i nazisti si lasciano ispirare da essa: sono molti i ritagli di giornale e le pubblicazioni sulla marcia su Roma, sul Duce e sul fascismo italiano conservati nell’archivio storico del Partito Nazionalsocialista.
Nonostante il fallimento del putsch di Monaco, ispirato dalla più fortunata Marcia su Roma, i nazisti riescono a farsi conoscere in Germania e in Europa. Poco dopo la nascita del governo fascista Hitler ammette:
«Ci chiamano fascisti tedeschi. Non voglio discutere in che misura questo confronto sia giusto. Ma in comune con i fascisti abbiamo l’amore incondizionato per la patria, la volontà di strappare la classe lavoratrice agli artigli dell’Internazionale e il fresco spirito cameratesco da prima linea».
Per il leader tedesco richiamarsi a Mussolini e coltivare relazioni con l’Italia fascista è visto come utile a legittimare e promuovere i nazisti in Germania; per Mussolini un movimento nazionalista estero che segue il percorso tracciato dal suo partito è un modo per affermare il suo ruolo di guida del fascismo europeo e per allargare la forza politica dell’Italia.
Nel 1930 le elezioni per il Reichstag premiano i nazisti, che si impongono come secondo partito della Germania. I giornali italiani esultano: «L’idea fascista si fa strada nel mondo». La vittoria nazista convince Mussolini della reale possibilità di vedere nascere in Germania un governo revisionista, mentre la stampa italiana inizia a pubblicare sempre più articoli sui nazisti e il loro leader, contribuendo così ad elevarne la figura a livello internazionale.
Una corrispondenza tra i due statisti, che Hitler desiderava avere da anni, è concessa da Mussolini solo nel 1931, quando invia al leader tedesco una sua immagine con dedica. Hitler risponde con una sua foto in divisa nazista e una lettera recante la scritta:
«Le relazioni spirituali esistenti tra i canoni fondamentali e i princìpi del Fascismo e quelli del movimento da me condotto, mi fanno vivamente sperare che dopo la vittoria del nazionalsocialismo in Germania, vittoria alla quale ciecamente credo, si potrà ottenere che anche tra l’Italia fascista e la Germania nazionalsocialista si formino le stesse relazioni per il bene delle due grandi nazioni».
Renzetti sta lavorando da tempo in Germania per costruire un fronte nazionalista unito e compatto, organizzando piccoli incontri tra i leader di destra per appianare le divergenze, ma anche per individuare quale tra questi può essere davvero un valido alleato del fascismo. Mussolini mantiene un atteggiamento ambivalente: pur dimostrando simpatie per il futuro cancelliere, ritiene l’organizzazione paramilitare di destra Stahlhelm, formata da schiere di ex veterani, la parte politica più indicata a guidare il fronte d’opposizione al governo della Repubblica di Weimar.
Presto arrivano i frutti di questo prezioso lavoro e presso Bad Harzburg, l’11 ottobre 1931, si tiene il congresso dell’opposizione nazionale. Renzetti partecipa e siede a fianco di Hitler; quest’ultimo ne esce egemone. Passano pochi giorni e Renzetti partecipa su invito di Hitler alla grande manifestazione delle SA a Brunswick del 17 e 18 ottobre, due giorni passati in una «atmosfera di schietto e caldo cameratismo». Alla fine del 1931 Renzetti scrive a Mussolini la sua opinione su Hitler, consigliando al Duce di fare affidamento proprio sul capo nazista.
Dalle ostilità alle pubbliche adulazioni: Mussolini è invitato in Germania da Hitler
Hitler prosegue la sua politica revisionista e decide di reintrodurre la coscrizione obbligatoria nel marzo 1935. L’occasione è subito sfruttata da Mussolini per imporsi come arbitro della pace in Europa; per questo decide di invitare le democrazie occidentali a Stresa per discutere di un patto antitedesco. Con questa mossa Il Duce spera di distrarre Francia e Gran Bretagna occupandole nel mantenimento della pace in territorio europeo così da avere mano libera nella sua, già pianificata, invasione dell’Etiopia.
Nel giugno dello stesso anno la Gran Bretagna, senza avvertire Francia e Italia, sceglie di continuare con la politica dell’appeasement e conclude un accordo con la Germania: i tedeschi possono ricostituire una flotta, non più grande del 35% della Royal Navy. Il Fronte di Stresa sembra morire sul nascere e Mussolini sceglie di riavvicinarsi alla Germania di Hitler.
Nel biennio 1936-37 si intensifica il rapporto di reciproca stima tra i due dittatori. In diverse occasioni pubbliche Mussolini si riferisce ad Hitler come «un grande uomo, un genio e una vera tempra di leader». Gli indirizza addirittura un telegramma di auguri per il suo compleanno nell’aprile del 1936, venendo ricambiato a sua volta.
L’astuta retorica mussoliniana è ovviamente tesa alla ricerca di un contatto con la Germania, al fine di ovviare l’isolamento internazionale scaturito dalle sanzioni imposte dalla Società delle Nazioni per la campagna d’Etiopia. Le adulazioni di Mussolini convincono Hitler che l’Italia rinuncerebbe ad intervenire riguardo le rivendicazioni tedesche in Europa a patto che la Germania conceda un appoggio e una legittimazione alle mire coloniali italiane. Il corteggiamento culmina nella visita ufficiale di Mussolini in Germania nel settembre 1937.
La prima tappa è Monaco, città natale del Nazionalsocialismo. I due leader si salutano alzando il braccio destro, riconoscendosi mutualmente come pari. Dopo la calcolata e maestosa accoglienza nella città bavarese, i due si incontrano nella residenza privata del Fuhrer. Durante il breve colloquio Mussolini conferisce a Hitler il rango onorario di Capo della milizia fascista, che viene ricambiato da due decorazioni tedesche di importanza maggiore.
Questi atti munifici rendono ben conto del rapporto di reciproca stima dei due personaggi; emerge tuttavia la precisa intenzione di Hitler di porsi in una posizione di preminenza, a dimostrare come l’evidente divario del 1934 sia stato colmato e oltrepassato.
Il 28 settembre si tiene una cena ufficiale presso la Cancelleria del Reich. Tra i molti convitati emerge di nuovo la figura di Renzetti: nominato l’anno prima console generale a Berlino, si trova di nuovo a rivestire una carica da mediatore tra i potentati italiani e tedeschi. Durante il brindisi i due dittatori esprimono ammirazione l’uno per l’altro, pur utilizzando un canone espressivo molto formale, lontano da manifestazioni di personale amicizia. Interessante notare come i due non viaggino mai insieme: viaggiano su due treni separati, ognuno con il suo seguito.
Dopo aver presenziato a una poderosa parata militare presso Meclemburgo, la visita raggiunge l’apice nella capitale, Berlino. Vi sii tiene un evento mastodontico: ottocentomila persone si sono radunate per osannare i due dittatori. Mussolini tiene un discorso in perfetto tedesco, attestando di nuovo l’avvenuto sorpasso de facto dell’“allievo” sul maestro. Le due figure principali dei totalitarismi di destra in Europa sono ora esplicitamente saldate in un rapporto, oltre che politico, spirituale.
Il cammino verso un’alleanza formale: dalla visita di Hitler a Roma al Patto d’acciaio
Il 12 marzo 1938 le truppe tedesche entrano in Austria in direzione di Vienna. L’Anschluss è compiuto. In questa occasione Hitler decide di procedere pur sapendo che Mussolini rimane politicamente il garante dell’indipendenza austriaca; per tale ragione il Fuhrer incarica il principe d’Assia di consegnare una lettera personale a Mussolini. Un gesto che va in netto contrasto con l’atteggiamento tenuto da Hitler nel fallito putsch di Vienna del 1934 e che serve a far capire che il Fuhrer si preoccupa davvero dell’approvazione dell’invasione da parte di Mussolini. La risposta arriva solo dopo l’invasione: l’Austria può considerarsi un capitolo chiuso.
Tra i diplomatici inglesi e francesi in molti interpretano la passività di Mussolini come la prova che un’alleanza italo-tedesca sta effettivamente uscendo allo scoperto, con l’italiano a fare la parte del gregario.
Intanto in Italia si lavora per ultimare i preparativi dell’imminente visita di Hitler a Roma, concordata per i primi di maggio. Mussolini non vuole sfigurare e ha l’intenzione di dare pubblica prova della sua amicizia con la Germania; una prova dal sapore soprattutto propagandistico che serve a distrarre gli italiani dal sentimento antitedesco ancora predominante dai tempi della Grande Guerra, oltre che per convincere il futuro alleato nazista dell’affidabilità dell’Italia in campo politico e militare.
Hitler si muove da Roma a Napoli fino a Firenze, passando giorni positivi e carichi di significati simbolici, ma anche conditi da situazioni meno piacevoli che influenzano il rapporto d’amicizia con l’Italia fascista: su tutte la figura predominante del Re a dare l’idea di un fascismo che non è riuscito ad assumere il pieno controllo del potere statale e la figura del Papa che, nei giorni di Hitler a Roma, sceglie di trasferirsi fuori città come chiaro segno di dissenso. Tuttavia la grandiosa esibizione di forza e compattezza del fascismo durante la visita di Hitler riesce a compiacere gli ospiti tedeschi, che sembrano convincersi sul momento delle buone qualità militari italiane.
Hitler e Mussolini considerano un successo l’evento di Roma: le relazioni tra i loro paesi crescono da anni esattamente come si erano promessi nel loro primo incontro a Venezia. Pur con le solite ambiguità politiche, Italia e Germania sembrano legarsi non solo simbolicamente, ma anche culturalmente ed economicamente: crescono i contatti culturali e accademici, oltre che gli scambi commerciali, pur vedendo l’Italia particolarmente dipendente dalla Germania sotto quest’ultimo aspetto.
Il ritorno in Germania porta subito Hitler a preoccuparsi della questione dei Tedeschi dei Sudeti in Cecoslovacchia, guidati dal partito nazista locale e dal loro portavoce Konrad Henlein. Mussolini si schiera con Hitler convincendosi di poter meglio tutelare gli interessi italiani sui Balcani e sull’Africa al fianco della Germania. Tra inglesi e francesi c’è forte preoccupazione e la paura di un conflitto dalle vaste dimensioni porta di nuovo gli inglesi a trattare con la Germania, ma le rivendicazioni naziste sulle Sudetenland non sono negoziabili per il Fuhrer.
Il primo ministro inglese Chamberlain ben due volte incontra Hitler per sciogliere il nodo cecoslovacco, senza riuscire a moderare le richieste tedesche. L’intervento di Mussolini presso il Fuhrer è decisivo. Viene indetta la Conferenza di Monaco tra il 29 e il 30 settembre con lo scopo di far dialogare e arrivare ad un accordo Gran Bretagna, Francia, Italia e Germania. La Cecoslovacchia viene esclusa dalle trattative.
Alla fine tutte e quattro le potenze concordano che la Germania occupi le Sudetenland all’inizio di ottobre. Hitler raggiunge il suo obiettivo senza provocare una guerra mentre Mussolini riesce a far passare la Conferenza di Monaco come un suo progetto personale che fa salire la reputazione internazionale dell’Italia e fa passare Hitler come un moderato.
Il 15 marzo del 1939 la Germania completa l’annessione totale della Cecoslovacchia. Hitler ha nuovamente avvertito Mussolini a fatto compiuto. Il ministro degli esteri Ciano incontra il Duce infuriato e depresso: Mussolini comprende bene il ruolo di secondo che ricopre dietro Hitler e ben sa del sentimento antitedesco e pacifista degli italiani. Sceglie perciò di adottare un atteggiamento passivo sulla scena politica, per non sfigurare agli occhi delle democrazie occidentali e per non lasciarsi mettere in ridicolo dal dissenso interno. In preda alla sua frustrazione ordina di dispiegare truppe sul confine tedesco in Veneto.
Entrambi i dittatori sanno bene che non possono tirarsi indietro, l’uno è necessario per l’altro: Hitler non ha altri alleati se non Mussolini, senza il quale non può pensare di espandersi troppo senza conseguenze; Mussolini vuole un popolo di guerrieri, e le sue dichiarazioni a favore dell’Asse gli danno l’opportunità di mostrarsi bellicoso e pronto a compattare il suo popolo dietro di lui.
Il 7 aprile il Duce ordina l’invasione dell’Albania, pianificata in precedenza, a dimostrazione dell’aggressività del fascismo. Il 28 aprile Hitler annuncia le sue richieste per la Polonia. Il clima in questo momento storico è ben descritto da Joseph Goebbels: “La coscienza mondiale si sta infuriando a Parigi e Londra. Ma nessuno prende in considerazione alcuna reazione concreta.”.
Ad ogni modo sia Mussolini che Hitler sanno che è arrivato il tempo di stipulare un’alleanza militare. Il 6 e 7 maggio i ministri degli esteri italiano e tedesco, Ciano e Ribbentrop, si incontrano a Milano con le rispettive delegazioni per trovare un accordo. Il 22 maggio 1939, nella Cancelleria del Reich, Ciano e Ribbentrop firmano il celeberrimo Patto d’Acciaio.
Per anni Mussolini ed Hitler hanno coltivato la loro amicizia, superando dissidi e malumori oltre che divergenze strategiche, hanno avvicinato le loro nazioni e reso possibile questa amicizia tra Italia e Germania, ora non più semplice rapporto politico-ideologico e culturale, ma anche militare.
La Seconda Guerra mondiale è ormai alle porte. L’invasione della Polonia è l’ultima aggressione nazi-fascista all’equilibrio post-Versailles prima che le democrazie occidentali scelgano di scendere in campo per fermare i totalitarismi europei. Il futuro dei due leader nel corso della guerra arriverà ad intrecciarsi sempre di più fino alla comune sorte che li attende.
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- Christian Goeschel – Mussolini e Hitler: Storia di una relazione pericolosa, Laterza, 2019.
- Pierre Milza – Hitler e Mussolini, Longanesi, 2015.
- Renzo De Felice – Mussolini e Hitler: I rapporti segreti 1922-1933, Editori Laterza, 2013.