CONTENUTO
di Giuseppe Barone
La prima biblioteca pubblica a Roma
L’analisi della diffusione della scrittura nell’antica Roma non può eludere lo studio delle biblioteche presenti nell’Urbe. A tale riguardo, una data meritevole di attenzione è il 39 a.C., quando Gaio Asinio Pollione, servendosi del bottino di guerra conquistato in Illiria nella vittoria contro i Partini, fonda la prima biblioteca pubblica romana. Essa è costruita nell’Atrium Libertatis, un complesso di edifici pubblici che occupava l’avvallamento esistente fra il Campidoglio e il Quirinale.
Tale collocamento non è irrilevante, se si considera che alle spalle di tale struttura architettonica si trovava il Foro Giulio. Plinio Il Vecchio (Naturalis Historia VII, 115) ci informa che era ornata con i ritratti di autori illustri del passato, con l’unica eccezione di Varrone all’epoca ancora vivente: «Nella biblioteca, che prima al mondo fu resa pubblica a Roma da Asinio Pollione grazie al bottino di guerra, fu posto il ritratto di un solo vivente, M. Varrone» («M. Varronis in bibliotheca, quae prima in orbe ab Asinio Pollione ex manubiis publicata Romae est, unius viventis posita imago est»).
Il medesimo autore sottolinea in un altro passo della sua opera (Naturalis Historia XXXV, 10) l’importanza dell’evento: «A Roma questa la scoperta di Asinio Pollione, che per primo con l’istituire una biblioteca pubblica produsse gli ingegni degli uomini» («Asini Pollionis hoc Romae inventum, qui primus bibliothecam dicando ingenia hominum rem publicam fecit»).
La notizia è, in seguito, ripresa da Isidoro di Siviglia (Etymologiae VI,5,2), che ribadisce che «per primo Pollione fondò a Roma biblioteche pubbliche, greche e latine nello stesso tempo, aggiunti i ritratti degli uomini nell’atrio che aveva allestito sontuosissimo con il bottino di guerra» («Primum autem Romae bibliothecas publicavit Pollio, Graecas simul atque Latinas, additis auctorum imaginibus in atrio, quod de manubiis magnificentissisum instruxerat»).
Un’altra testimonianza preziosa ci è fornita da Ovidio (Tristia III, 71-72), il quale lamenta che «né la Libertà mi permise di toccare i suoi atrii, che primi furono aperti alle opere dotte» («nec me, quae doctis patuerunt prima libellis, / atria Libertas tangere passa sua est»), e da Svetonio in De vita Caesarum- Divus Augustus, 29 («Multaque a multis hunc tunc exstructa sunt, sicut […] ab Asinio Pollione Atrium Libertatis», «E molti (edifici) furono allora realizzati da molti, come […] l’Atrio della Libertà da Asinio Pollione»).
Secondo quest’ultimo, tuttavia, la costruzione di una biblioteca pubblica è prevista già nel programma di riforme politiche, amministrative e urbanistiche di Cesare, il quale «in realtà, quanto all’abbellimento e all’arricchimento della città, […] ogni giorno faceva progetti più numerosi e più grandiosi: […] rendere accessibili al pubblico biblioteche greche e latine quanto più ricche possibili, avendo affidato a Marco Varrone l’incarico di metterle insieme e di organizzarle» («Nam de ornanda instruendaque urbe, […] plura ac maiora in dies destinabat: […] bibliothecas Graecas Latinasque quas maximas posset publicare data Marco Varroni cura comparandum ac digerandum») (De vita Caesarum- Divus Iulius, 44,2).
Permangono ancora dei dubbi sul modello che ispira tale progetto: il triumviro potrebbe aver preso come esempio le biblioteche della Grecia ellenistica oppure aver tratto spunto dalla generosità di alcuni cittadini romani che consentivano anche agli amici l’accesso alle loro raccolte librarie.
È, al contrario, certo che il disegno non si concretizza: Giulio Cesare viene assassinato e Varrone finisce nelle liste di proscrizione di Antonio, perdendo gran parte dei suoi libri. Nonostante la sua incompiutezza, il progetto suscita comunque qualche riflessione. In particolare, è significativa la decisione di conferire l’incarico ad un erudito non greco, bensì romano. Sembrerebbe che con tale scelta si voglia riconoscere alla letteratura latina un’importanza pari a quella greca.
Il gesto appare ancor più forte se si prende in considerazione un altro dato: Varrone ha un passato da sostenitore di Pompeo e, da suo legato, durante la guerra civile combatte in Spagna proprio contro Cesare.
Le biblioteche pubbliche a Roma sotto Augusto
Le successive due biblioteche pubbliche sono costruite sotto l’impero di Augusto. La prima è costruita nel 28 a.C. sul Palatino nel contesto del santuario di Apollo. Una collocazione, questa, che lascia trasparire la sacralità dell’edificio, confermata peraltro anche dalla presenza al suo interno di una statua di Apollo avente le fattezze dell’imperatore.
Anche in questo caso la nostra fonte è Svetonio (De vita Caesarum- Divus Augustus,29), il quale narra che Ottaviano «fece erigere il tempio di Apollo in quella parte della sua casa sul Palatino che, colpita dal fulmine, gli auruspici dissero che il Dio aveva preteso per sé; vi aggiunse un porticato con una biblioteca greca e latina e qui, già vecchio ormai, riunì il Senato e passò in rivista le decurie dei giudici» («Templum Apollonis in ea parte Palatinae domus excitavit, quam fulmine ictam desiderari a deo haruspices pronuntiarant; addidit porticus cum bibliotheca Latina Graecaque, quo loco iam senior saepe etiam senatum habuit decuriasque iudicum recognovit»).
Le parole dello storico lasciano trasparire con chiarezza che, nelle intenzioni di chi l’ha ideata, la biblioteca è un edificio polifunzionale: essa, infatti, è concepita sia come sede della preservazione della memoria letteraria sia come luogo dove si svolgono le sedute senatorie. Viene posto, per di più, l’accento anche sulla doppia articolazione della biblioteca in greca e latina, della quale si ha conferma anche in alcune iscrizioni sepolcrali (CIL VI, 5188, 5189, 5190) che attestano l’esistenza della doppia biblioteca denominata biblioteca Latina (templi) Apollonis e biblioteca Graeca (templi) Apollonis.
Le due sezioni sono situate in due absidi affiancate, i cui muri contengono gli armadi dove sono disposti i libri e, a quanto sembrerebbe, la parte latina contiene in gran parte opere di letteratura giuridica. Certo è che non mancava la poesia contemporanea. La descrizione suscita, inoltre, un’ulteriore riflessioni: la biblioteca voluta da Augusto richiama, alla mente un’altra importante biblioteca dell’antichità: quella di Pergamo, alla quale è accomunata dalla vicinanza ad un tempio e alla residenza di chi detiene il potere.
Il passo svetoniano è ripreso da Cassio Dione (Storia romana 53, 1,3: «τό τε Ἀπολλώνιον τὸ [τε] ἐν τῷ Παλατίῳ καὶ τὸ τεμένισμα τὸ περὶ αὐτό, τάς τε ἀποθήκας τῶν βιβλίων», «(Augusto) costruì e dedicò sul Palatino un tempio ad Apollo con la piazza intorno al medesimo e le biblioteche») e trova conferma in un verso di Orazio (Epistulae I,3, 17: «scripta, Palatinus quaecumque recepit Apollo», «gli scritti che custodì Apollo Palatino»).
Ulteriori informazioni si ricavano sempre da Svetonio, in particolare dal De Vita Caesarum- Divus Iulius 56,7 («quos omnis libellos vetuit Augustus publicari in epistula, quam brevem admodum simplicem ad Pompeium Macrum, cui ordinandas bibliothecas delegaverat, misit», «ma tutte queste operette Augusto vietò che fossero pubblicate in una lettera assai breve ma semplice che inviò a Pompeo Macro, a cui aveva affidato l’incarico di riordinare le biblioteche»), dal quale si evince il carattere interventista della politica augustea: il princeps agisce in maniera opposta rispetto a Cesare, affidando la direzione della biblioteca non a un suo antagonista politico, bensì a un uomo della sua cerchia.
Pompeo Macro, infatti, è un poeta di provenienza greca che aveva lavorato anche nell’amministrazione imperiale come procurator provinciae. Come apprendiamo dal solito Svetonio, a lui succede Caio Giulio Igino (De grammaticis 20: «C. Iulius Hyginus, Augusti libertus, natione Hispanum […] praefuit Palatinae bibliothecae», «Caio Giulio Igino, liberto di Augusto, spagnolo di nascita […] fu responsabile della Biblioteca Palatina»).
La biblioteca, definita da Orazio «un dono degno di Apollo» (Epistulae 2,1, 216: munus Apolline dignum) tuttavia, non ha una sorte felice. Tacito (Annales 15, 41) ci racconta, infatti, che l’incendio del 64 a.C. brucia «i testi antichi e originali degli uomini di ingegno» («monumenta ingeniorum antiqua et incorrupta»). Finita di nuovo preda delle fiamme nel 191 d.C., è distrutta definitivamente da un terzo incendio, quello del 363 d.C., come si apprende da Ammiano Marcellino (Res gestae 23,3,3: «Verum ut conpertum est postea, hac eadem nocte Palatini Apollonis templum praefecturam regente Aproniano», «Come si venne poi a sapere, in quella stessa notte, essendo prefetto in Roma Aproniano, s’incendiò il tempio di Apollo Palatino»).
La biblioteca Porticus Octaviae
La seconda biblioteca fondata da Augusto nel 23 a. C., chiamata Porticus Octaviae in onore della sorella dell’imperatore, è situata nella parte meridionale del Campo Marzio, poco distante a ovest del Foro e viene dedicata al nipote del princeps, Marcello, morto in quello stesso anno. Le informazioni in merito ci provengono da Plutarco (Vita di Marcello, 30,11: «εἰς δὲ τιμὴν αὐτοῦ καὶ μνήμην Ὀκταβία μὲν ἡ μήτηρ τὴν βιβλιοθήκην ἀνέθηκε, «in onore e in memoria di lui (Marcello) la madre Ottavia fece edificare la biblioteca») e Livio (Perioche 140: «Octavia, soror Augusti, defuncta, ante amisso filio Marcello cuius monumenta sunt theatrum et porticus nomine eius dicata», «Ottavia, sorella di Augusto, morì, avendo perso prima il figlio Marcello del quale sono monumenti chiamati con il suo nome il teatro e il portico»).
Affidata a Caio Melisso (De grammaticis 21: «C. Melissus, Spoleti natus ingenus, […] quo delegante, curam ordinandarum bibliothecarum in Octaviae porticu suscepit», «Caio Melisso, nato libero a Spoleto, […], incaricandolo lui (Augusto), si prese l’impegno di organizzare le biblioteche nel portico di Ottavia»), l’edificio viene distrutto dall’incendio del 80 d.C., come testimonia Cassio Dione (Storia romana 66, 24,2: «τὰ Ὀκταουίεια οἰκήματα μετὰ τῶν βιβλίων […] κατέκαυσεν»,«bruciò il portico di Ottavia con i libri»).
Tutte queste biblioteche, frequentate da un’utenza elitaria, hanno la loro principale fonte di rifornimento nei rappresentanti del commercio librario, anche se alcune di esse ricorrono alla tiratura dei diversi esemplari a proprie spese.
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- F. Barbier, Storia del libro in Occidente, Bari, Edizioni Dedalo, 2012.
- H. Blanck- R. Otranto, Il libro nel mondo antico, Bari, Edizioni Dedalo, 2008.
- G. Cavallo, Libri, editori e pubblico nel mondo antico, Bari, Laterza, 1992.
- M. Cursi, Le forme del libro: dalla tavoletta cerata all’ebook, Bologna, Il Mulino, 2016.
- D. Palombi, Le biblioteche pubbliche a Roma: luoghi, libri, fruitori pratiche, in R. Meneghini-R.Rea (a cura di), La biblioteca infinita: i luoghi del sapere nel mondo antico, Milano, Electa edizioni, 2014.