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Prigionieri del silenzio. Una storia che la sinistra ha sepolto, recensione
“Mi avevano detto: se vuoi scrivere la storia di questo Andrea Scano, uomo sconosciuto ai più, devi assolutamente parlare con una signora che si chiama Rina Scano”.
Così inizia il prologo del libro di Giampaolo Pansa, noto giornalista e scrittore italiano venuto a mancare nel 2020. È proprio da qui che ci si addentra nel racconto della vita di questo uomo, Andrea Scano, un nome sconosciuto, una persona qualunque a cui sono successe cose terribili. Sua unica colpa? Essere comunista fedele alla dottrina stalinista.
Pansa, inizialmente, si avvicina alla storia di Scano grazie alle ricerche compiute per la sua tesi di laurea riguardante la guerra partigiana tra Genova e il Po intorno agli anni Cinquanta del secolo scorso, senza però essere interessato alla vicenda. È solo negli anni Ottanta e successivamente negli anni Novanta che si addentrerà completamente in una ricerca su quest’uomo terminandola con la pubblicazione di questo libro nel 2004.
Il libro è strutturato in cinque parti, ognuna delle quali rappresenta una tappa importante nella vita di Andrea Scano e che servono per spiegare al lettore le basi che portarono l’uomo al suo destino così crudele. La storia viene raccontata attraverso due colloqui: il primo avviene tra Pansa e il notaio Casadei; il secondo vede protagonisti il professor Pastorino e ancora lo stesso Pansa.
È lecito sottolineare che il giornalista scrive chiaramente che i due personaggi sopra citati sono esclusivamente frutto della sua immaginazione, ma hanno un ruolo fondamentale nel racconto della vicenda perché permettono allo scrittore di interrogarsi su una ricerca compiuta esclusivamente da lui stesso e, allo stesso tempo, porre lo spettatore su un piano critico ed oggettivo, lasciando un finale a libera interpretazione di chi legge.
La storia di Andrea Scano
Andrea Scano nasce a Santa Teresa di Gallura, in Sardegna, il 7 settembre 1911 da una famiglia umile e per bene. Fin da giovane dimostra di possedere un carattere molto particolare, introverso e solitario. Nonostante il suo essere, Andrea ama due cose: il Partito Comunista Italiano, detto PCI, e la madre, unica persona al mondo che abbia mai amato incondizionatamente. L’amore per il PCI è il punto di partenza di tutta la vicenda di Scano e, in certo senso, spiega gli orrori che è stato costretto a subire.
La prima parte del libro si occupa principalmente dei primi grandi momenti che segnano la vita di Scano: la guerra civile in Spagna dove lui partecipa come volontario per combattere il regime fascista di Francisco Franco nel 1937, il successivo internamento in Francia a causa della vittoria del nazismo e fascismo nel Sud della Spagna contro la Repubblica e infine la prigionia sull’isola di Ventotene come confinato politico. Il racconto di questa prima parte, indispensabile per comprendere i passi successivi compiuti da Scano, nasce dal dialogo tra il giornalista Pansa e il notaio Casadei che arricchisce la vicenda leggendo le memorie di suo padre, coetaneo e compagno di battaglia di Andrea.
Avvicinandosi alla fine della prima parte si scopre che la guerra in Spagna e le conseguenti incarcerazioni a causa della sua fede al PCI, portano Scano a cambiare ulteriormente carattere e a trasformarsi in una vera macchina da guerra, pronto a dare la vita per il suo partito. Nel 1943 viene scarcerato dall’isola di Ventotene e approda a Genova, insieme ad altri compagni reduci della guerra spagnola. È qui, nel capoluogo ligure, che emerge il suo lato da combattente, iniziando così una guerra partigiana.
Dalla seconda parte fino alla fine del libro, il racconto della vita di Scano è scandito dai dialoghi tra lo scrittore Pansa e il professore Pastorino che aggiungerà costantemente aneddoti per rendere la vicenda molto più avvincente. Il cuore dell’intera vicenda è costituito dalla seconda e terza parte poiché Scano, ormai latitante, è costretto ad abbandonare la sua Italia, approdando nella città di Fiume nel 1947 circa. È proprio qui che il gallurese crea una prima cellula del Partito Comunista fedele a Stalin, mettendosi contro al regime comunista dettato da Tito in Jugoslavia.
La storia di Andrea Scano è inserita all’interno di un periodo molto particolare della storia contemporanea, ovvero la rottura del comunismo orientale tra Stalin e Josip Broz Tito avvenuta ufficialmente nel 1948. Questa rottura, porta l’espansione di un odio profondo, da parte dei titini, verso gli stalinisti. È in questo periodo di terrore che Scano subisce la sua più grande tortura: il boicottaggio presso Goli Otok, denominata l’Isola del Male.
Goli Otok può essere paragonata al confino politico fascista italiano, ovvero prigioni per oppositori politici situate in varie isole lontane dalla terraferma. Lo scopo è univoco: isolare tutti coloro che rappresentano una minaccia al regime. La netta differenza che esiste tra Goli Otok e il confino fascista rientra nella modalità di tortura dei prigionieri. Il boicottaggio da parte dei compagni di prigionia è l’arma utilizzata dal regime titino per punire i comunisti stalinisti. Lo stesso Scano subirà questa tortura di cui non parlerà mai, se non in una poesia scritta per sua nipote Rita Scano, la donna menzionata all’inizio del prologo.
Nella quarta e ultima parte, infine, il racconto segue le fasi finali della vita di Andrea e del suo ritorno in Italia il 16 luglio del 1954. Da questo momento, il gallurese quasi cessa di esistere per il PCI e tutto deve essere messo a tacere per la buona condotta del partito. Scano accetterà le condizioni impostagli dal PCI e tornerà in Gallura dove morirà nel 1980 dopo vari problemi di salute. L’unica sua testimonianza scritta è una poesia che lascia alla nipote Rita e che Pansa avrà l’onore di leggere e di pubblicare in questo libro appena recensito.
Conclusioni sul libro di Pansa
Il libro è scritto in maniera molto dettagliata e ciò permette al lettore di addentrarsi il più possibile nella vicenda narrata. Il grande lavoro svolto dal giornalista Giampaolo Pansa ha permesso di conoscere una storia sepolta nelle macerie del PCI e di portare a galla gli orrori che l’essere umano è disposto a compiere pur di ottenere e mantenere il potere.
È un racconto avvincente e ricco di suspense che portano il lettore a leggere capitolo dopo capitolo per arrivare a conoscere la fine della storia. Pansa riesce a rendere accattivante una storia vera intrisa di momenti storici molto complessi, senza trasformare il libro in una ricerca scientifica che può risultare annoiante per chi non è amante della storia contemporanea. È un libro che fa riflettere sul mondo politico e sulla nostra storia del dopoguerra, ma soprattutto ha permesso di mettere in luce ombre che sarebbero destinate a rimanere sepolte in quelle isole ex jugoslave nel mar Adriatico.
Consigli di lettura: clicca sul titolo e acquista la tua copia!
- Giampaolo Pansa, Prigionieri del silenzio. Una storia che la sinistra ha sepolto, Sperling & Kupfer Editori, 2004.
- Giacomo Scotti, Goli Otok. Italiani nel gulag di Tito, Lint Editoriale, 2002.