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Martedì 14 luglio 1789 la popolazione di Parigi assalta ed espugna la prigione-fortezza della Bastiglia, simbolo per eccellenza del dispotismo monarchico. La presa della Bastiglia rappresenta convenzionalmente l’inizio della Rivoluzione francese. Ma come si è arrivati a tale evento?
La convocazione degli Stati generali, maggio 1789
La rivoluzione che scoppia in Francia nel 1789 affonda le sue radici nella lunga crisi attraversata dal paese durante tutto il settecento. Dal 1715, anno della morte di Luigi XIV, l’assolutismo si indebolisce lentamente senza riuscire a riformarsi. Fra i vari problemi che affliggono il governo la crisi finanziaria risulta essere quello più ostico da risolvere.
Il re e i suoi ministri propongono la tassazione dei ceti privilegiati, clero e nobiltà, sino a quel momento esonerati dalle spese pubbliche; questi ultimi, però, si oppongono, suggerendo invece un’utopistica quanto irraggiungibile riduzione della spesa pubblica. Si crea così una situazione di stallo: diversi personaggi si succedono al ministero delle Finanze, scontrandosi con gli aristocratici che non intendono rinunciare ai propri privilegi, mentre il re Luigi XVI non ha forza per riuscire ad imporsi.
Il durissimo inverno 1788-1789 porta la fame tra la popolazione e in primavera in tutto il paese scoppiano agitazioni e sommosse. In tale clima burrascoso il sovrano decide di giocare una carta estrema: convoca per il 5 maggio 1789 gli Stati generali, l’assemblea rappresentativa dei tre ordini – nobiltà, clero, Terzo stato – che si era riunita l’ultima volta nel 1614.
La riunione degli Stati generali
Per l’evento si svolgono nel paese circa 40 mila assemblee popolari che eleggono coloro che avrebbero rappresentato il Terzo stato a Parigi. Vengono preparate, inoltre, 60 mila “cahiers de doléances“, ovvero “quaderni di lagnanze“, testi in cui i cittadini raccontano al monarca le sofferenze e le ingiustizie che gravano su tante realtà rurali francesi.
Gli Stati generali si riuniscono seguendo un cerimoniale ben preciso, che si tramanda da secoli. I rappresentanti dei tre stati sfilano davanti a Versailles in gruppi distinti. Aprono il corteo i 604 deputati del Terzo stato, vestiti con un dimesso abito nero; si tratta per lo più di avvocati, intellettuali, medici e commercianti.
Sfilano subito dopo i 270 deputati della nobiltà, con i loro abiti sgargianti, e i 291 deputati del clero, prima i sacerdoti di provincia e poi vescovi e cardinali. Nel rito religioso che inaugura la riunione un vescovo si rivolge a Luigi XVI per presentagli “gli omaggi del clero, i rispetti della nobiltà e le umilissime suppliche del Terzo stato“.
Dalla richiesta del voto “per testa” all’Assemblea Nazionale costituente
All’interno dell’Assemblea degli Stati generali la maggioranza su cui può contare il Terzo stato è solo teorica. Per tradizione, infatti, si vota per ordine: in tal modo nobiltà e clero possono facilmente bloccare qualsiasi richiesta grazie alla maggioranza del due contro uno.
Per questo motivo il Terzo stato reclama, sin da subito, il voto “per testa”, cioè un voto per ogni singolo deputato. Numerosi parroci eletti in campagna e alcuni nobili appoggiano la richiesta, ma l’alto clero e la nobiltà restano irremovibili.
Di fronte a questa chiusura il 10 giugno i delegati del Terzo stato convocano una propria assemblea invitando gli altri due ordini ad unirsi a loro. All’appello rispondono molti parroci ma nessun nobile. Una settimana dopo Terzo stato e basso clero si dichiarano Assemblea Nazionale costituente: in tal modo non vogliono rappresentare più un solo ordine ma l’intera Francia, alla quale hanno intenzione di dare una nuova costituzione.
Il 20 giugno i deputati, travata chiusa per ordine del re la loro sede, decidono di riunirsi nella Sala della Pallacorda (dove i nobili praticano il gioco della pallacorda simile al tennis) e in quel luogo giurano solennemente di non separarsi prima di aver dato alla nazione una nuova costituzione:
“Noi siamo qui per volontà del popolo e non usciremo se non con la forza delle baionette”.
Il ministro delle Finanze Jacques Necker consiglia a Luigi XVI di cedere alle richieste dei sudditi ma il re si rifiuta di scendere a patti e il 23, seguendo il consiglio dei nobili, scioglie con la propria autorità gli Stati generali. L’11 luglio, inoltre, licenzia il ministro delle Finanze e fa affluire alcuni reggimenti su Versailles e su Parigi.
I giorni che precedono la presa della Bastiglia
Le notizie del licenziamento di Necker e del concentramento di truppe intorno alla capitale esasperano gli animi. A Parigi il 12 luglio ha luogo una grande manifestazione di protesta, durante la quale il giornalista Camille Desmoulins tenta di aizzare la folla salendo su un tavolo ed esclamando: .
“Cittadini, non c’è tempo da perdere; la dimissione di Necker è l’avvisaglia di un San Bartolomeo per i patrioti! Proprio questa notte i battaglioni svizzeri e tedeschi lasceranno il Campo di Marte per massacrarci tutti; una sola cosa ci rimane, prendere le armi! Alle armi!”
Alcuni soldati tedeschi ricevono l’ordine di caricare i manifestanti, provocando diversi feriti tra la folla. Il giorno seguente i disordini aumentano in tutta la città e comincia a formarsi una milizia borghese con lo scopo di contrapporsi alla repressione monarchica e di tenere sotto controllo le iniziative popolari. Alla fine della giornata consistenti strati della popolazione parigina sono già armati.
La presa della Bastiglia, 14 luglio 1789
La mattina del 14 luglio 1789 la folla continua a cercare armi e si reca presso gli Invalides, sede di una guarnigione, dove riesce a procurarsi circa 30 mila fucili. A quel punto si diffonde la notizia che la Bastiglia si è appena rifornita di munizioni e polvere da sparo.
E’ lì che la folla sempre più numerosa si dirige. L’obiettivo dei rivoltosi non è quello di prendere la prigione ma chiedere, invece, la consegna delle armi e il ritiro dei cannoni puntati in quel momento sulla capitale. La Bastiglia rappresenta per i parigini il dispotismo e la repressione, e anche se oramai vi sono rinchiusi pochissimi prigionieri (quel giorno vi sono solo 4 falsari, due ladri e un libertino) ciò non attenua l’odio popolare verso tale simbolo del potere.
Una volta giunti sul luogo, una delegazione dei manifestanti entra per trattare con il governatore della fortezza, il marchese Joseph de Launay. Tutto sembra potersi concludere senza spargimento di sangue, ma mentre sono in corso le trattative la situazione degenera improvvisamente.
La folla riesce a rompere le catene che reggono il ponte levatoio e si riversa nel cortile interno della fortezza. La guarnigione della Bastiglia, su ordine del comandante, apre il fuoco sugli insorti lasciando a terra un centinaio di morti. A quel punto per circa quattro ore si ingaggia una vera e propria battaglia tra assedianti e assediati, che si conclude solo quando i difensori della prigione decidono di arrendersi spontaneamente.
Una volta entrati nella Bastiglia i parigini risparmiano la maggior parte dei soldati della guarnigione ma non il governatore de Launay; quest’ultimo viene ucciso davanti l’Hotel de Ville e la sua testa è portata in giro per la città infilzata su una picca.
La presa della Bastiglia, conseguenze
La presa della Bastiglia è considerata nell’immediato, all’interno della corte, alla stregua di uno dei tanti tumulti allora frequenti a Parigi. Lo stesso Luigi XVI, rientrato a palazzo da una battuta di caccia, scrive nel suo diario “rien” (niente), a significare che non accade nulla di rilevante o che meriti di essere ricordato. C’è da aggiungere però che soltanto la tarda sera del 14 luglio il re viene informato dei tumulti e dell’evento rivoluzionario.
La presa della Bastiglia rappresenta una svolta nella vicenda rivoluzionaria: con il 14 luglio, infatti, il popolo parigino irrompe prepotentemente sulla scena storica ed è un popolo composto prevalentemente da artigiani, commercianti,impiegati e qualche professionista.
La notizia si diffonde velocemente in tutta la Francia prospettando per la popolazione, da una parte la fine di un regime di oppressione, e dall’altra una possibilità di intervento per le masse stesse. Alla “rivoluzione istituzionale” dei deputati si sta aggiungendo una “rivoluzione cittadina” che è allo stesso tempo sia borghese che popolare.
La presa della Bastiglia rappresenta simbolicamente la data di inizio della Rivoluzione francese e dal 1880 il 14 luglio è diventato il giorno della Festa nazionale per la Francia.