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I sacerdoti romani
A Roma, come in tutte le società antiche, il potere è detenuto da sacerdoti, tra i quali vige una rigida gerarchia. Secondo quanto attestato dal lessico di Festo, il collegio dei sacerdoti (ordo sacerdotum) è così strutturato:
- in prima posizione figura il rex sacrorum, che nel testo latino viene definito “maximus”;
- al rex sacrorum sono sottoposti i tre flamines maggiori;
- segue, soltanto quinto in quest’ordine, il pontifex maximus;
Altri autori, come Servio o Aulo gallio, sembrano confermare questa versione, che doveva esser stata tramandata in età imperiale fin dal III secolo a.C, come abbiamo motivo di supporre. Sui fatti che accaddero nel periodo della monarchia a Roma, sono tante le incertezze che ci impediscono di esprimerci con sicurezza, ma almeno un dato sembrerebbe indiscutibile: allontanato l’ultimo dei Tarquini l’istituto della regalità non scompare completamente, in quanto viene immediatamente creata una figura sacerdotale denominata rex sacrorum, nome decisamente significativo.
Il rex a Roma: anche sacerdote
Il re presso i romani detiene non solo l’imperium (compiti politico-militari) ma, oltre alle altre cariche, egli è anche un sacerdos, per lo più inaugurato. Tra i suoi compiti ordinari quindi ci sono cerimonie e sacrifici legati alle feste del calendario romano, ed ci si affida a lui per identificare gli auspici. Ciò è attestato anche nel De Divinatione di Cicerone, che così afferma:
“In generale, nei tempi antichi i sovrani erano anche maestri di arte augurale. consideravano come una dote regale la divinazione al pari della sapienza nel governare. Ne è testimone la nostra città, nella quale dapprima furono auguri i re, poi alcuni privati cittadini, muniti di questa stessa carica sacerdotale, governarono la repubblica con l’autorità promanante dalle credenze religiose”.
Anche il cippo del foro, una delle prime testimonianze di latino scritto, conferma ciò. La tradizione attesta che con un colpo di stato si assiste al repentino passaggio alla repubblica. Anche in questo caso però siamo incerti sull’affidabilità delle fonti. Il saggista De Sanctis ad esempio ha motivo di ritenere che il processo sia stato molto più graduale, e che sia assistito ad un progressivo declino dell’autorità regia, per poi arrivare all’età repubblicana, in cui essa è circoscritta all’ambito religioso.
Da rex a rex sacrorum
Scrive de Sanctis: “v’è un valido argomento per ritenere che l’autorità regia sia declinata lentamente presso i romani; e sta nel fatto che i re continuano a roma ad esistere fino a tempi più tardi, sia pure con semplice autorità di sacerdoti…”. Nessuna delle due versioni oggi è considerata completamente attendibile: per quanto innegabile, la rottura con il mondo della monarchia (causata dal colpo di stato) ha motivo di essere comunque ritenuta un processo abbastanza graduale.
In una condizione di tale instabilità, i romani considerano fatale perdere l’appoggio degli dei, e dunque si cerca di garantire una certa ritualità. Il re, ormai in esilio, non può più occuparsi dei sacra, ed è proprio per sistemare gli affari religiosi che viene immediatamente creata ad hoc la figura del rex sacrorum. Il ruolo del re in ambito religioso viene infatti riconosciuto insostituibile e, soprattutto, positivo; nonostante lo sdegno che il popolo romano provi per la monarchia. Ed è così che nasce la carica di rex sacrorum, all’incirca nel 495 a.C.
Gli altri membri dell’ordo poi vanno ad assumere in maniera temporanea ma totale la facoltà sui poteri religiosi che prima il re aveva detenuto. I candidati alla carica di rex sacrorum devono avere dei prerequisiti sui quali non è possibile transigere. Essi infatti devono essere esclusivamente patrizi, nati da genitori uniti con l’antico rito della confarreatio (rito con cui loro stessi avrebbe dovuto prendere moglie) e soprattutto avrebbero dovuto rinunciare a qualsiasi carica politica e/o militare.
Questo divieto doveva garantire il confinamento del rex all’ambito religioso, ma lasciava presagire l’imminente presa di potere del pontifex maximus a scapito del rex sacrorum.
L’ascesa del pontifex maximus
Con l’avanzare dell’età repubblicana infatti a Roma è il pontifex maximus a divenire la guida assoluta della religione, a discapito di un rex sacrorum che vediamo divenire una carica quasi dimenticata. Verso la fine del III secolo a.C., infatti, le fonti attestano che questo posto nell’ordo rimase vacante per ben due anni, tra l’altro in un periodo difficile in cui Roma è sotto la minaccia di Annibale.
Anche i flamines, gli altri membri dell’ordo, cominciano a perdere importanza: sta iniziando così l’ascesa al potere del pontifex maximus. Inizialmente, egli era il membro più anziano nel collegio dei pontefici, uno dei tanti collegi sacerdotali di Roma (tutti subordinati all’ordo). Per comprendere meglio il ruolo di questa figura risalire all’etimologia del termine è decisamente d’aiuto: esso deriva dalle parole “pons”, ponte; e “facere“, fare. Potremmo quindi fornire un’interpretazione simbolica del termine, intendendo il pontifex come colui che svolge la funzione di ponte tra l’uomo e gli dei. Ma i romani sono inizialmente molto più concreti di così.
Breve storia del pontifex maximus
Ebbene sì, inizialmente il termine pontifex maximus indica colui che sovraintende la costruzione del Pons Sublicius. Un ponte fondamentale per i romani, che collega l’Urbe alla via del sale; e che occupa un posto anche nel ricco patrimonio mitico di questo popolo: si narra che distruggendolo Valerio Orazio Coclite, assistito da due soli valorosi compagni, avesse respinto eroicamente i nemici già prossimi a conquistare Roma.
In campo religioso tuttavia questo termine indica effettivamente colui che connette, proprio come un ponte fa con le due sponde di un fiume, le divinità e gli uomini. Inizialmente il pontefice non è nemmeno inaugurato, e perciò non può neanche essere definito sacerdos. Egli svolge il ruolo di canonico, di esperto di materia sacra. Non si occupa nemmeno di istituire feste e del calendario, compiti che come attestato da Tito Livio sono in origine del sovrano stesso, che il pontifex assiste.
Egli però, in quanto esperto di materia sacra, sovrintende tutti i riti dedicati a ognuna delle divinità romane. Afferma infatti così Cicerone: “divis aliis 《alii》sacerdotes, omnibus pontifices, singoli flamine sunto”. Come abbiamo già detto, verso la fine del III secolo a.C. questa carica assume sempre più prestigio e importanza.
Il declino del rex sacrorum
Le fonti ci presentano pontificis maximi sempre più autorevoli, che destituiscono flamines e impongono pesanti sanzioni pecuniarie. Il ruolo di questa figura assume quindi anche un carattere coercitivo, e non solo di controllo, di tutti i sacerdoti, anche formalmente più importanti. Anche il rex si trova quindi sottoposto all’autorità del pontefice, tanto che è facoltà del pontifex maximus eleggere e/o destituire il rex. Il collegio sacerdotale, infatti, ora può soltanto individuare tre candidati (i cosiddetti “nominati”) senza però individuare quello adatto al ruolo di rex.
Il pontifex svolge un ruolo non solo di supervisore, ma anche di garante dei culti religiosi, e controllo anche i sacra degli altri membri del collegio sacerdotale. In età tardo repubblicana tutti i sacra pubblici e privati sono alle dirette dipendenze del pontefice, ed egli ha potere di coercizione senza diritto di appello.
Assistiamo in questo periodo anche ad un silenzio delle fonti per quel che riguarda la figura del rex sacrorum, cosa che ci fa intendere che questa carica, seppur non abolita, fosse ricoperta con notevole discontinuità. Ed è così che il pontefice guadagna il potere che ancora oggi, con le dovute differenze, esercita nel contesto della Chiesa cattolica.
Consigli di lettura: clicca sul libro e acquista la tua copia!
- Edoardo Bianchi, Il “rex sacrorum” a Roma e nell’Italia antica, Vita e pensiero, Roma, 2010.
- Federico Santangelo, La religione dei romani, Laterza, Roma, 2022.
- Gianluca De Sanctis, La religione a Roma. Luoghi, culti, sacerdoti, dèi, Carocci, Roma, 2012.