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Agli albori della storia dello spazio
Non vi è essere umano, popolazione, civiltà che fin dagli albori della storia non si sia sentito intimamente toccato alzando lo sguardo verso il cielo, minuscolo nei confronti di un mondo troppo grande e costretto ad interrogarsi sulla propria condizione. Il rapporto intenso fra l’uomo e le stelle è una costante nelle culture che hanno attraversato la Storia.
L’immensità del firmamento, i bagliori, le luci, i fenomeni astronomici hanno stimolato e sfidato l’intelletto umano: i corpi celesti son stati dal principio gli enti sui quali l’uomo ha proiettato le proprie credenze religiose, postulato le prime speculazioni filosofiche ed immaginato mondi oltre di sé.
Nell’epoca moderna, in seguito, è proprio attorno alla ricerca fisica e astronomica che viene strutturata l’idea di un metodo matematico-razionale da Galileo Galilei, inventore fra l’altro del telescopio e teorizzatore delle macchie lunari.
Man mano che la storia umana prosegue ed evolve, lo spazio sembra apparentemente perdere la propria atavica connotazione spirituale, divenendo terreno di sfida e di scontro, durante la Guerra fredda, fra USA e URRS, impegnate a dimostrare la propria supremazia lanciandosi nella celebre “corsa allo spazio”.
Ma a ben pensare, lo spazio non ha ancora mai perso, nonostante la sua geopoliticizzazione, una percezione che va oltre la materialità ed abbraccia il mondo dello spirito: ancora oggi la volontà di esplorare lo spazio, di scoprire di più e stabilirvi nuovi insediamenti ha una presa che va ben oltre le questioni di calcolo politico-strategico, suscitando ancora momenti di inquietudine e gioia profondamente emotivi, testimoniati ad esempio dalle immagini trasmesse in diretta mondiale di lanci o esperimenti spaziali, nei quali rimangono iconici i lunghi silenzi a cui segue la manifestazione di felicità degli operatori, che levandosi le cuffie, abbandonano la postazione dalla quale hanno seguito immobili lo svolgersi delle operazioni e si lasciando andare a festeggiamenti.
Vita e opere di Konstantin Ciolkovskij, il padre nobile dell’astronautica
“La Terra è la culla dell’umanità, ma non si può vivere per sempre in una culla”.

A pronunciare queste parole è Konstantin Ciolkovskij, scienziato russo, considerato fra i pionieri nel campo del volo spaziale. Sordo fin dalla giovane età e quindi impossibilitato a continuare gli studi, diviene, da autodidatta, un grande divulgatore scientifico, nonché uno dei precursori dell’esplorazione spaziale.
Il primo progetto rudimentale di astronave viene abbozzato da Ciolkovskij già nel 1883, dopo alcuni anni nei quali aveva iniziato a definire varie ipotesi riguardo le modalità per raggiungere la velocità cosmica.
Siamo verso la fine del XIX secolo, quando lo scienziato russo, ottenuta una certa stabilità economica intensifica i suoi studi teorici, improntati a risolvere la questione dei viaggi interplanetari usando i razzi, arrivando ad importanti scoperte.
L’equazione del razzo di Ciolkovskij, formula derivata dallo studioso già nel 1897, è tutt’oggi alla base dell’ingegneria aerospaziale.
Nel 1903 pubblica “L’esplorazione dello spazio cosmico per mezzo di motori a reazioni”, che aggiornata nel 1911, rappresenta ancora attualmente una formulazione in via di studio fra le agenzie spaziali di tutto il mondo, soprattutto per la proposta di utilizzare la propulsione nucleare nel volo spaziale.
Le scoperte di Ciolkovskij rimangono però perlopiù sconosciute nell’Impero Russo. Ma proprio in quegli anni in Russia sta per succedere qualcosa di epocale: quando un manipolo di rivoluzionari, appartenenti all’ala più intransigente del movimento socialista ed operaio russo prendono le redini della situazione di tumulto nel paese, dando il via alla rivoluzione bolscevica, nasce l’URSS, l’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche.
La Rivoluzione d’Ottobre porta alla ribalta le idee dello scienziato, che viene eletto membro dell’Accademia Socialista ed a cui, dal 1921, viene iniziata ad essere corrisposta una pensione personale.
Gli anni ‘20 vedono Ciolkovskij potersi impegnare totalmente sulle proprie ricerche, sostenuto dal governo sovietico. Comincia così a scrivere una serie di opere nelle quali anticipa molti concetti e tecnologie legate alla colonizzazione umana dello spazio, dalla costruzione dei razzi a quella dei satelliti artificiali. Nel tempo dedica si dedica a ulteriori e numerosi studi, fra i quali quelli sul rientro dei razzi sulla Terra e sul raggiungimento della velocità cosmica.
Durante la sua vita non si limita a trattare solamente gli aspetti ingegneristici, ma è il primo a d interessarsi questioni filosofico-sociali riguardo alla possibilità dell’uomo di espandersi nell’universo, trattandone sia nelle opere più tecniche, sia dedicandosi ad opere letterarie e di fantascienza.
Ciolkovskij muore nel 1935, lasciando un paese lanciato verso i primi esperimenti ed i primi tentativi di applicazione delle teorie missilistiche ed una schiera di professori ed intellettuali affascinati ed entusiasti delle sue scoperte.
Fra questi anche un giovane fisico rumeno, che nel 1929 scrive a Ciolkovskij “Voi avete acceso il fuoco, e noi non lo lasceremo morire, ma compiremo ogni sforzo per far sì che il più grande sogno dell’umanità si avveri”. Il suo nome era Hermann Oberth.
Hermann Oberth: dalla fantascienza al primo americano nello spazio
Hermann Oberth vive nella Romania Austro-Ungarica ed è un appassionato dei romanzi di Jules Verne e dagli scritti di fantascienza. A soli 14 anni è in grado di costruire un primo modello di razzo, spinto dalla propria passione, che però non vedrà mai la realizzazione a causa delle scarse risorse.

La vita di Oberth prende quindi tutt’altra piega: nel 1912 inizia gli studi di Medicina a Monaco di Baviera e si arruola come medico militare nella Grande Guerra.
L’esperienza maturata negli anni della Prima Guerra Mondiale è però così drammatica da convincere Oberth a non voler mai più essere un dottore. Nel frattempo l’Impero Austro-Ungarico si è disciolto e Hermannstadt, la sua città natale, ora si chiama Sibiu e fa parte del nuovo regno di Romania. Egli decide così di rimanere in Germania, ma di abbandonare la medicina e proseguire gli studi in Fisica.
La tesi di laurea di Oberth, nel 1922, viene respinta, poiché considerata utopica. Il giovane decide di abbandonare l’università, rifiutando di conseguire la laurea con altre tesi e pubblicando privatamente la propria ricerca “I razzi nello spazio interplanetario”.
Seppur costretto a circolare al di fuori dell’ambiente accademico, il testo di Oberth, che nel ‘29 venne ripubblicato in una versione aggiornata, comincia a destare un certo interesse.
Nell’opera troviamo descritte con grande rigore scientifico alcune fra le applicazioni più moderne delle tecnologie aerospaziali: ovviamente la descrizione delle fasi di volo dei razzi, ma anche di satelliti per le telecomunicazioni e delle stazioni spaziali.
Nel 1927 raduna alcuni entusiasti del volo interplanetario e fonda una società di appassionati, fra cui anche un giovane particolarmente ammaliato dalle tesi di Oberth: Wernher Von Braun.
La collaborazione con quest’ultimo passa anche per progetti particolari, come la consulenza scientifica al film di fantascienza tedesco Fraum im Mond (La ragazza nella Luna), durante le riprese del quale Oberth perde anche la vista dell’occhio sinistro, nel tentativo di costruire un vero razzo, che esplode durante la realizzazione, per il lancio promozionale del film.
Torna quindi in Transilvania a dedicarsi all’insegnamento ed ai suoi discepoli, fra i quali Von Braun non perde mai l’occasione di spiccare, mostrando già l’enorme potenziale che lo renderà i più importanti scienziati del XX secolo.
Le strade dei due si incroceranno nuovamente solo dopo la seconda guerra mondiale, quando dopo una serie di esperienze in Svizzera ed in Italia, Oberth viene chiamato negli USA proprio da Von Braun, diventato uno degli uomini più influenti dei programmi di ricerca spaziali americani.
Negli anni successivi partecipa saltuariamente alle attività in terra statunitense, contribuendo anche allo sviluppo del vettore Atlas, che nel 1962 avrebbe portato il primo astronauta americano in orbita nello spazio. Oberth abbandona poco a poco le ricerche spaziali, dedicandosi agli studi sulle energie alternative ed a trattati di matrice politico-filosofico, fino a quando nel 1989, si spegne.
Robert Goddard, il precursore della missilistica
Le ricerche di Ciolkovskij, le teorie di Oberth e le successive applicazioni di Von Braun si inseriscono in un filone di storia lineare e progressiva, che mostra come anche idee sviluppatesi autonomamente in parti del pianeta diverse tra loro possano trovare una congiunzione nel moto della Storia.
Ma in verità il primo razzo spicca già il volo nel 1926, in Massachussetts. La notizia viene diffusa solo da un piccolo quotidiano locale che titola “Il primo volo di un razzo a propellente liquido è stato fatto ieri al podere di zia Effie”.

L’autore era un giovane particolarmente schivo, appassionato di fantascienza e incantato dal romanzo la Guerra dei Mondi: Robert Goddard. Il giovane studioso aveva già ricevuto piccoli contributi per le sue ricerche sui motori dei razzi, quando il 16 marzo del 1926 riuscì a far decollare un piccolo razzo a combustile liquido che si alzò fino a 14 metri d’altezza.
Venuto a mancare nel 1945, Goddard non vedrà mai l’alba della corsa spaziale, né i suoi contributi scientifici godranno della fortuna degli altri precursori del volo spaziale. Il proprio carattere lo porta infatti a sviluppare individualmente i propri progetti, risultando, per la sua asocialità, poco gradito a media e colleghi, diventando spesso bersaglio di sberleffi.
Il New York Times lo accusò di non avere basi di competenze nemmeno da scuole superiori in un editoriale umiliante. Negli USA i lavori dello studioso non vennero mai presi seriamente e fu proprio Von Braun, al servizio della Germania nazista, a riprendere alcune teorie di Goddard per realizzare i razzi V2.
Così colui che è forse il vero e proprio pioniere dell’era spaziale muore senza riconoscenza. Solo successivamente alla sua morte verranno riconosciuti a Goddard oltre 200 brevetti nel campo aerospaziale e le scuse ufficiali del Times arriveranno solamente 49 anni dopo, in concomitanza con l’allunaggio dell’Apollo 11.
Gli Stati Uniti contro i pionieri dello spazio (fino alla Seconda Guerra Mondiale)
La Storia spesso non muove per vie verticali ma è il frutto di conoscenze ed eventi diffusi, che si incontrano secondo principi non necessariamente deterministici. Le vite di questi tre grandi pionieri, ognuna a proprio modo, dell’esplorazione spaziale ne è l’esempio più lampante.
Ciolkovskij, Oberth e Goddard suggeriscono come i fenomeni storici siano la derivante di più contingenze, che nel caso dei primi due hanno visto terreni sociali e culturali che hanno riconosciuto, seppur successivamente, le ricerche dei due scienziati come fondamentali per le proprie prospettive.
Paradossalmente sono proprio gli USA, protagonisti della successiva corsa allo spazio insieme all’URSS, ad aver respinto le prime teorie ed i primi esperimenti in questo settore.
Il cambio di prospettiva è però centrale anche nella storia degli Stati Uniti, che dopo la Seconda Guerra Mondiale riconoscono le immense possibilità derivanti dall’esplorazione spaziale, arrivando anche a salvare la vita di Von Braun, che aveva impiegato le sue conoscenze per metterle al servizio del nazismo, portandolo in America e costruendo attorno al suo lavoro la NASA.
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- Giovanni Caprara, Breve Storia dello Spazio, Salani Editore, 2021.
- Konstanti E. Ciolkovskij, Selected Works of Konstantin E. Tsiolkovsky, Univ Pr of the Pacififc, 2004.
- Michael J.Neufeld, The Rocket and The Reich: Penemunde and the Coming of the Ballistic Missile Era, Smithsonian Inst Pr, 2013.