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di Ludovico Fiorucci, Laurea triennale in “Scienze politiche, storia e politica internazionale” presso l’Università degli studi di Padova.
La situazione europea creatasi dopo la sconfitta francese nella guerra franco-prussiana spinge ad un riavvicinamento, in ottica anti tedesca, Parigi e San Pietroburgo. Il Secondo Reich elabora una serie di piani per rompere l’accerchiamento formato ad est ed a ovest, tra questi il più famoso: il piano Schlieffen.
La Germania dopo l’unificazione
La proclamazione del secondo Reich il 18 gennaio 1871 alla reggia di Versailles porta a compimento il progetto unitario tedesco. Sfidando due delle più grandi potenze occidentali come la Francia (1870-1871) e l’Impero austroungarico (1866), la Prussia riesce non solo a imporsi come faro all’interno del mondo di lingua tedesca, accelerando il lento declino degli Asburgo, ma anche a rimettere in discussione gli equilibri sul continente grazie ad una condotta caratterizzata da dinamismo politico e d’intraprendenza economica.
In effetti, la vittoria sulla Francia nel 1871, se da un lato sancisce la fine dell’Empire français di Napoleone III, dall’altro apre le porte all’influenza tedesca sul vecchio continente. A questa situazione fa eco il riavvicinamento franco-russo intrapreso dopo la guerra di Crimea del 1956 e la sconfitta francese nella guerra franco-prussiana (1870-1871). Tale riavvicinamento è simboleggiato dall’alleanza militare franco-russa del 1894, barriera ad un eventuale espansionismo germanico.
All’asse che unisce Parigi e San Pietroburgo, bisogna aggiungere anche Londra. Il governo britannico controlla con attenzione le aspirazioni germaniche. L’intraprendenza di Berlino, non solo sui mari e sulla politica coloniale ma anche sul continente con la possibile messa in discussione dell’ordine creato a Vienna nel 1815, preoccupano Londra.
Sebbene spinta da un imponente processo di industrializzazione la Germania unificata non è priva di problemi di natura politico-militare. L’ipotesi di trovarsi coinvolti in un conflitto da condurre su tre fronti senza un preciso piano d’azione spinge Berlino a valutare le mosse da intraprendere con attenzione. La creazione di un fronte franco-russo-britannico costringe i vertici del Reich a pensare una strategia per impedire che questo accerchiamento non finisca per soffocare la Germania.
Il Piano Von Moltke del 1880: “Marciare divisi, colpire uniti”
Già alla fine del 1800, lo stato maggiore tedesco per evitare gli effetti perversi di tale accerchiamento lancia dei progetti per valutare tutte le eventuali possibilità ed i piani d’azione da intraprendere. Uno di questi è quello ideato dal generale Helmut von Moltke, il quale elabora un piano basato sulla superiorità che l’alleanza austro-prussiana può fornire in uno scontro aperto con la Russia. Allungando di quasi il doppio il fronte con la Russia ai territori dell’Impero austroungarico, von Moltke considera che l’Austria con il suo esercito di 600 000 uomini, potrebbe impegnare congiuntamente a buona parte dell’esercito tedesco l’Impero dello Zar.
Sviluppando una manovra a tenaglia, l’esercito dagli elmi chiodati a nord e l’esercito asburgico a sud avrebbero dovuto convergere verso Varsavia dove sarebbe stanziato il grosso dell’esercito russo occidentale costringendo lo Zar a firmare la resa. Nello stesso momento l’altra metà dell’esercito tedesco sarebbe stata impiegata in Alsazia in un’azione prevalentemente difensiva sviluppata su due linee parallele, una più esposta a Metz ed un’altra più indietro di trenta chilometri, contro un eventuale offensiva francese.
Il piano prevede anche lo stanziamento di un piccolo contingente tedesco alla frontiera con la svizzera in modo tale che se la roccaforte di Metz fosse caduta, confluendo con una manovra a tenaglia, l’esercito francese si sarebbe trovato accerchiato all’interno del territorio tedesco, costringendo a sua volta la Francia alla resa.
Il piano ideato di von Moltke non è estremamente ambizioso, limitandosi a mantenere i movimenti delle truppe in un raggio ristretto senza un enorme esodo da un fronte all’altro dei reparti tedeschi. Semplice e compatto, il piano confida innanzi tutto nelle capacità della diplomazia di risolvere la crisi e nella possibilità di far apparire la Germania come uno stato aggredito non come aggressore.
Un altro punto importante da tenere in considerazione è il rispetto del diritto internazionale in caso di guerra. In effetti, rispetto al successivo piano Schlieffen, l’azione tedesca non avrebbe violato la neutralità di alcun stato. Tale piano sarà portato avanti e perfezionato dal successore di von Moltke alla guida dello stato maggiore tedesco, Waldersee, ma sarà stravolto da Alfred von Schlieffen.
Il piano Schlieffen, accerchiamento su vasta scala
Il piano ideato da Alfred von Schlieffen ha come premesse iniziali le stesse che portano von Moltke all’elaborazione del suo piano. Nonostante ciò, sebbene il piano di von Moltke non sia ispirato da intenzioni estremamente ambiziose per quanto punti a preservare l’immagine internazionale della Germania, il piano successivo si vuole più ambizioso, aspirando alla rottura e distruzione dell’accerchiamento avversario. Da guerra difensiva a guerra preventiva condotta su più fronti.
Le basi su cui viene sviluppata la nuova strategia tedesca derivano dalla considerazione degli enormi tempi di mobilitazione dell’Impero russo, ritenuti dallo stato maggiore tedesco di 6-8 settimane contro le appena due di Germania e Francia. La constatazione della lentezza della macchina bellica russa spinge Alfred von Schlieffen a valutare come prioritaria la sconfitta del pericolo più incombente, ossia la Francia.
Abbandonata la concezione di von Moltke di aspettare lungo l’Alsazia un’offensiva francese, Schlieffen decide di concentrare la maggior parte della forza tedesca in una manovra di accerchiamento che avrebbe violata la neutralità di Belgio e Olanda e sorpreso alle spalle l’esercito francese (è considerata anche l’ipotesi di accerchiamento attraverso la Svizzera, ma viene subito scartata per la difficoltà legate all’ambiente montuoso). Partendo dalla regione di Aix-la-Chapelle e conquistando Lilla, l’ala destra tedesca avrebbe dovuto aggirare il fianco sinistro dell’esercito francese e con perno la roccaforte di Metz cogliere alle spalle le forze francesi e marciare su Parigi.
Una volta vinti i francesi lungo il confine occidentale le forze tedesche si sarebbero riversate, sfruttando l’avanzata rete ferroviaria tedesca, lungo il fronte orientale dove avrebbero trovato non solo i rinforzi austriaci ma anche la totalità dell’esercito russo mobilitato. In quest’ultimo scenario il piano di Schlieffen e quello di Moltke non sono incompatibili, le forze austro-tedesche avrebbero concertato la loro offensiva sulla Polonia, accerchiando a Varsavia le forze delle Zar per costringerlo alla resa, puntando anche sull’impossibilità e l’arretratezza dell’apparato russo a condurre una guerra in solitaria contro il Reich, come d’altronde la sconfitta contro il Giappone nel 1905 aveva mostrato.
Sebbene sul piano concettuale il piano di von Schlieffen non presenti difficoltà, molti interrogativi sulla riuscita del piano rimangono, tra questi la Gran Bretagna e l’Italia. In effetti sebbene l’Italia faccia parte della Triplice Alleanza, in molti nei gruppi dirigenziali tedeschi difficilmente credono nel supporto del paese in un futuro conflitto e considerando le aspirazioni territoriali intorno a Trento e Trieste l’ostilità di Roma è molto probabile.
L’eventualità dell’ingresso in guerra dell’Italia contro l’Impero austriaco toglierebbe importanti forze austriache lungo il fronte orientale, minando in parte le possibilità di successo del piano tedesco (Berlino all’indomani dello scoppio della guerra sollecita a più riprese Vienna nel soddisfare le aspirazioni italiche in cambio della sua neutralità).
Questo porta sempre più a considerare l’Italia come un potenziale nemico, tanto che nei progetti di guerra tedeschi vengono aggiunti a titolo ipotetico dei reparti italiani all’interno dell’esercito francese nel fronte occidentale già nel 1905. Nonostante ciò, l’intervento in guerra dell’Italia viene considerato come un male accettabile, molto più importante in ottica tedesca è preservare buoni rapporti con Vienna.
Questione più complicata riguarda il Regno Unito, che a differenza dell’Italia potrebbe pesare con maggior vigore sulle sorti del conflitto, grazie alla sua flotta militare ed al suo apparato industriale. Sebbene l’esercito inglese da quasi un secolo non intervenga direttamente sul continente (Waterloo 1815), un eventuale invasione del Belgio e dell’Olanda potrebbero condizionare la posizione del Regno Unito e spingere il governo inglese ad attraversare la manica e scendere in aiuto dei francesi.
Le fortune del piano tedesco oltre a dipendere da fattori esterni, dipendono anche da come i francesi avrebbero interpretato l’azione tedesca: se ad una massiccia offensiva germanica a nord avrebbe risposto un’altrettanta massiccia offensiva francese a sud o se quest’ultimi avrebbero ripiegato verso le Ardenne ed il Belgio per limitare l’avanzata tedesca, la possibilità di aggirare l’esercito francese sarebbe stata annullata.
Nonostante i limiti che tale piano presenta, Alfred von Schlieffen continuerà fino alla fine dei suoi giorni (muore nel 1913) a perfezionare il suo piano. Secondo la storiografia le ultime parole da lui pronunciate sarebbero state “bisogna rinforzare l’ala destra”: ala destra chiave per il successo delle operazioni. Come per ironia della sorte allo scoppio della Prima guerra mondiale un von Moltke (Ludwig nipote dell’ideatore del primo piano) è alla testa dello stato maggiore tedesco e a lui viene affidato l’incarico di realizzare i piani ideati da Schlieffen.
Il Piano di Alfred von Schlieffen nel 1914
Ludwig von Moltke decide di non attuare alla lettera il piano ideato da Schlieffen rinforzando l’ala sinistra a discapito dell’ala destra, sebbene la riuscita del piano dipendesse dalla forza d’urto e dalla manovra di aggiramento di quest’ultima. Von Moltke porta a 54 divisioni l’ala destra ed a 16 il fronte stanziato in Alsazia e Lorena, contrariamente ai piani originari che prevedevano 64 divisioni a nord e solo 8 sulla parte meridionale del fronte.
Inoltre, condizionato da scelte politiche, il governo del Kaiser Guglielmo II impone allo stato maggiore di non invadere l’Olanda ma solo il Belgio sperando, e sbagliando, che Londra avrebbe rinunciato ad entrare in guerra per difendere la neutralità del Belgio ma non quella olandese. Cosi facendo la manovra d’aggiramento si trova costretta a passare in un piccolo corridoio creatosi tra l’Olanda ed il Lussemburgo dove confluiscono le circa 54 divisioni tedesche, lontano dai piani iniziali di von Schlieffen il quale affermava che per la riuscita delle operazioni “l’ultimo soldato tedesco avrebbe dovuto toccare con la sua manica il mare del nord”.
La limitata disponibilità territoriale nel condurre le operazioni limita la forza d’urto delle divisioni tedesche, nonostante la conquista di Liegi fondamentale enclave in territorio belga. I generali tedeschi si scontrano non solo con la resistenza della popolazione fiamminga ma anche con il venir meno dell’effetto sorpresa e della rapidità che avrebbe dovuto accompagnare il piano.
Infatti, la neutralità britannica faceva parte delle speranze tedesche, negli scambi diplomatici tra l’ambasciatore tedesco a Londra ed il Foreign Office britannico, si allude esplicitamente all’eventualità, se non alla necessità, da parte di Berlino di invadere il Belgio. Il governo di Sua maestà informa subito il Quai d’Orsay di tale possibilità, annullando l’effetto sorpresa. Tuttavia, i generali francesi avevano, già prima dello scoppio della guerra, ipotizzato un eventuale offensiva tedesca dal Belgio. Sia Francia che Germania, sebbene siano garanti della neutralità belga, considerano questo piccolo stato come il campo di battaglia naturale di un eventuale guerra.
La Germania nella Prima guerra mondiale
L’economia del piano tedesco, oltre ad essere condizionata dell’impegno inglese e dall’esigua disponibilità territoriale, viene influenzato anche da diversi fattori. Il primo fattore a considerare e la sconfitta dell’offensiva francese in Alsazia nel 1914. La ritirata francese, spostando il fronte lungo la Marne e la Somme, priva della possibilità d’aggiramento l’esercito tedesco. Inoltre, la relativa rapidità di mobilitazione dell’esercito russo rispetto alle 6 settimane preventivate toglie importanti divisioni al fronte occidentale per essere impiegate lungo il fronte orientale.
Infine bisogna considerare l’avanzamento tecnologico in materia d’armamento. I piani di von Moltke padre e di von Schlieffen si basano su una concezione della guerra ottocentesca-napoleonica mentre come sarà poi dimostrato dallo svolgimento del conflitto, si entra in una nuova modalità di condurre la guerra, dove le proprietà offensive sono annullate da una maggiore capacità difensiva.
Una volta finito il conflitto, l’azione di von Moltke, in un clima fortemente critico verso lo stato maggiore tedesco reo di aver venduto il paese e vittima della retorica della “pugnalata alle spalle”, viene fortemente criticata per le scelte compiute modificando i piani iniziali. Sebbene a noi oggi sia impossibile stabilire se i piani originari di von Schlieffen sarebbero stati coronati con successo, bisogna constatare come von Moltke abbia cambiato la sua strategia secondo le declinazioni e le esigenze che il conflitto gli ha imposto.
Quello che possiamo affermare, come lo stesso Hans von Seeket capo di stato maggiore della Germania della Repubblica di Weimar e precursore della strategia della guerra lampo (Blitzkrieg), è che bisogna riconoscere a Alfred von Schlieffen il merito intellettuale di aver concettualizzato quella strategia offensiva impegnata dal III Reich durante la campagna di Francia del maggio 1940, consentendo però questa volta alla Wermacht di arrivare a Parigi.
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