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Il 16 giugno 1940 il maresciallo Pétain, eroe della prima guerra mondiale, diventa capo del governo collaborazionista di Vichy. Fu Primo Ministro fino al 18 aprile 1942 (giorno in cui cedette l’incarico a Pierre Laval), guidando ben cinque gabinetti, e fu Capo dello Stato fino al 1944.
Pétain torna in Francia
Dopo un passato glorioso come generale durante la prima guerra mondiale e un prestigioso dopoguerra, nel marzo 1939 il maresciallo Pétain venne nominato ambasciatore a Madrid per riprendere le relazioni diplomatiche con la Spagna fascista del caudillo Francisco Franco.
Allo scoppio della Seconda guerra mondiale, l’ex ministro della guerra tornò in patria per assumere l’incarico di vicepresidente del consiglio del governo Reynaud (18 maggio 1940). Profilandosi la sconfitta francese dinanzi all’attacco della Germania nazista, Pétain e il comandante supremo, Weygand, costrinsero alle dimissioni Reynaud, favorevole a proseguire la lotta nelle colonie.
Pétain diventa capo dello stato
Il 16 giugno 1940 venne incaricato dal presidente della repubblica Lebrun della formazione di un nuovo esecutivo, Il 22 giugno sottoscrisse rapidamente un armistizio con i Tedeschi, fissando la sede del governo a Vichy, dove il 10 luglio l’Assemblea nazionale gli conferì la nomina a capo dello stato e i pieni poteri. Nomina che utilizzò per instaurare, in quella porzione di territorio francese non occupata dai nazisti, un regime autoritario, paternalistico e corporativo, il cui motto fu “lavoro, famiglia e patria”.
Il maresciallo contrastò inizialmente la politica di assoluta collaborazione con i Tedeschi portata avanti dal suo primo ministro, Laval, fatto arrestare nel dicembre 1940 e sostituito con l’ammiraglio Darlan. Tuttavia rivelatasi non percorribile ogni ipotesi di neutralità e indipendenza, fu costretto a una maggiore collaborazione con la Germania nazista, seguì il richiamo al governo dell’ex premier Laval (aprile 1942), lo sbarco alleato nelle colonie dell’Africa del Nord e l’occupazione assoluta del territorio francese da parte tedesca (novembre 1942).
Il processo per tradimento
Con la liberazione della Francia Pétain fu esiliato in Germania, a Sigmaringen, e soltanto a guerra conclusa, il 24 aprile 1945, si consegnò come prigioniero alla frontiera svizzera per essere processato. Fu accusato di tradimento e di collaborazione col nemico nazista.
Durante il processo l’ex capo dello stato sostenne di essersi “sacrificato per la Francia”, sostenendo che se avesse agito diversamente l’intero territorio francese sarebbe finito in mani naziste, con conseguenze ben peggiori per i civili.
“Nel corso di questo processo io ho voluto mantenere volontariamente il silenzio, dopo aver spiegato al popolo francese le ragioni di tale atteggiamento. La mia unica preoccupazione, la mia unica cura, è stata di rimanere insieme ad esso sul suolo di Francia secondo la mia promessa, per tentare di proteggerlo e attenuare le sue sofferenze. Qualunque cosa accada, il popolo non lo dimenticherà. Esso sa che io l’ho difeso come ho difeso Verdun. Signori giurati, la mia vita e la mia libertà sono nelle vostre mani, ma il mio onore, io lo affido alla Patria. Disponete di me secondo coscienza. La mia non ha nulla da rimproverarmi, poiché durante una vita già lunga, giunto alla mia età e alle soglie della morte, affermo che non ho altra ambizione, che quella di servire la Francia”.
L’arringa difensiva non convinse e Pétain venne condannato a morte, ma la pena fu commutata nel carcere a vita da Charles De Gaulle. Fu internato a 89 anni a L’Île-d’Yeu, dove morì sei anni dopo.