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L’arrivo dell’epidemia Covid-19 ha mostrato come, nonostante siamo soliti vedere le catastrofi passate come qualcosa che non potrebbe mai verificarsi ai nostri tempi, l’umanità sia costantemente minacciata. La storia è stata scandita da innumerevoli eventi catastrofici, tra cui epidemie che sono state in grado di decimare la popolazione di intere regioni, se non del mondo intero.
Peste di Atene
Nel 430 a.C. la città di Atene era nei suoi anni d’oro e, allo stesso tempo, era coinvolta nella guerra del Peloponneso contro Sparta. Proprio in quell’anno, secondo le testimonianze dello storico greco Tucidide, arrivò ad Atene una terribile malattia.
La Peste di Atene, sempre secondo i resoconti di Tucidide, si originò nell’Africa Sub-Sahariana e venne trasmessa fino ad Atene sbarcando con le navi mercantili nel porto di Pireo.
La pestilenza provocava pustole su tutto il corpo, unite ad una costante sete e alla mancanza di sonno, oltre ad un duraturo stato febbrile. I contagiati erano soliti morire entro una decina giorni e i sopravvissuti riportavano i segni della malattia, di solito tramite cecità o perdita di memoria.
Fu un evento estremamente catastrofico, il tessuto sociale ateniese fu completamente dilaniato. La pestilenza non colpì solo le parti più povere della popolazione, lo stesso Pericle morì insieme a tutta la sua famiglia. La peste di Atene uccise tra le 250.000 e le 300.000 persone, circa un terzo della popolazione ateniese e si manifestò per l’ultima volta nel 426 a.C.
Peste Antonina
La Peste Antonina è così chiamata per via del secondo nome di Marco Aurelio, imperatore di Roma dal 161 d.C. al 180 d.C. L’epidemia ebbe origine in Cina ed arrivò nell’impero nel 166 d.C. portata da militari romani di ritorno ai propri accampamenti in Gallia.
Il medico greco Galeno di Pergamo descrisse in modo dettagliato i sintomi, parlando di febbre alta, diarrea, tosse e gonfiori del collo. Galeno prosegue affermando come il corpo fosse coperto di eruzioni cutanee, le quali lo coprivano di chiazze nere e rosse. La malattia non mostrava subito i propri effetti devastanti, facendo sì che i malati non fossero immediatamente consci di essere un mezzo di contagio. Gli studiosi moderni, basandosi sulle descrizioni di Galeno, sono attualmente concordi sul fatto che molto probabilmente si trattasse di vaiolo e non di peste.
La Peste Antonina devastò l’impero uccidendo circa il 10% dei 75 milioni di cittadini, arrivando ad ammazzare 2.000 persone al giorno nella sola città di Roma durante il suo picco nel 189 d.C. La società fu duramente colpita toccando ogni estrazione sociale e così anche l’esercito, comportando la sospensione di ogni offensiva.
Peste di Giustiniano
La Peste di Giustiniano, così chiamata dai successori dell’imperatore bizantino Giustiniano I, nacque in Egitto nel 541 d.C. arrivando a Costantinopoli circa un anno dopo. Più precisamente, secondo lo storico Procopio di Cesarea, si formò sulle rive del fiume Nilo.
Si ritiene che il virus venisse trasportato dal ratto nero tramite convogli carichi di grano, i quali partivano dal Nord Africa per rifornire le maggiori città dell’impero, tra cui Costantinopoli. La peste di Giustiniano, tramite i roditori e gli schiavi infetti trasportati dalle navi mercantili, si espanse per tutta l’Europa. In aggiunta, il clima in quegli anni era particolarmente freddo e causò la perdita di gran parte dei raccolti nel Mediterraneo. Ciò creò i presupposti per cui la piaga, unità ai malesseri sociali, potesse creare una catastrofe.
Procopio, testimone di quei terribili giorni, descrisse la malattia come uno stato febbrile che comportava terribili incubi e gonfiori sparsi per tutto il corpo. Lo storico romano affermava che il malato poteva morire immediatamente in seguito al contagio o perire più lentamente, accusando dolori lancinanti.
Sempre Procopio di Cesarea sosteneva che nella sola Costantinopoli ci fossero 10,000 morti al giorno. Gli storici calcolano che la Peste di Giustiniano abbia ucciso un quinto della popolazione dell’impero, stimata tra i 25 e i 50 milioni, comparendo per l’ultima volta nell’anno 750.
La morte nera
La Peste Nera, effetto del batterio Yersinia Pestis, comparve per la prima volta in Europa nel 1347. Ebbe origine in Asia, più precisamente nella regione della Mongolia, sbarcando sul continente europeo tramite i porti russi. In particolare, in Crimea esistevano diversi porti strettamente collegati alle rotte mercantili genovesi, facilitando così la diffusione della malattia in tutto il Mediterraneo.
I sintomi, descritti anche da Boccaccio, sono terribili e provocano grande orrore. I bubboni compaiono in ogni parte del corpo, accompagnati da macchie scure e seguiti da continue ondate di vomito. La morte è rapida e dolorosa. Nonostante la forte presenza della morale cristiana gli effetti sulla società furono devastanti.
Le persone, ormai rassegnate al fatto che la fine potesse sopraggiungere da un momento all’altro, reagirono in modi diversi ma tutti accomunati dalla perdita della ragione. Ci fu chi si diede alla pazza gioia dimenticando famiglia e lavoro, chi passò ogni istante a pregare o chi si autoflagellò per scampare alla morte.
La Morte Nera, tra il 1347 e il 1351, portò alla morte di un terzo della popolazione europea, causando circa 20 milioni di decessi. Essa si ripresentò in modo ciclico negli anni seguenti anche se con minore intensità.
La grande peste di Londra
Nel 1665, in una parrocchia poco distante dalla città di Londra, si verificano i primi casi di quella che fu la più terribile epidemia di peste dalla Morte Nera. Come nel 1347, il principale mezzo di diffusione della malattia fu il ratto nero, il quale arrivava in Inghilterra tramite le rotte commerciali con l’Oriente.
Il morso dei roditori, attratti dalla sporcizia che popolava le strade dei quartieri londinesi più poveri, sparse rapidamente lo Yersinia Pestis. I sintomi riconducevano chiaramente alla peste bubbonica: le piaghe suoi corpi, in particolare attorno ai linfonodi, erano ben visibili I contagiati soffrivano costantemente di emicranie e febbre alta, con un tasso di mortalità del 30% entro le prime due settimane. Chi poteva si allontanava dalla città, lo stesso re Carlo II si spostò nella sua residenza ad Oxford, il Parlamento lo seguì poco tempo dopo.
La peste si attenuò con l’arrivo del freddo nell’inverno del 1666, anno in cui il Grande Incendio di Londra divampando aiutò a bruciare gran parte dei quartieri poveri in cui il virus si era moltiplicato. Le vittime ammontarono a 68.596, circa il 15% della popolazione di Londra in quel periodo.
L’influenza spagnola
Nel 1918 si concluse la Prima guerra mondiale, evento che sconvolse il mondo e che provocò milioni di morti. Proprio in quell’anno vennero riportati i primi casi di un tipo di influenza particolarmente grave: la Spagnola. Il primo caso accertato venne scoperto nel Kansas in un campo d’addestramento militare americano.
Durante la prima ondata i sintomi si distaccarono di poco dai comuni virus influenzali, mentre nella seconda la malattia diventò estremamente aggressiva. Vennero colpiti principalmente i soggetti più deboli, come bambini sotto i 5 anni, anziani e donne incinte. Oltre a febbre, stanchezza e brividi la pelle dei malati mostrava un colorito blu. Dopo qualche giorno di agonia, a volte anche solo qualche ora, i polmoni dei contagiati si riempivano di liquido e sopraggiungeva la morte.
Non sono tutt’ora chiare le origini della Spagnola, è però certo che i movimenti delle truppe impegnate in guerra abbiano facilitato la diffusione della pandemia. Il nome non è dovuto al fatto che l’epidemia sia nata in Spagna, il suo nome venne dato in seguito alle diffusioni delle prime notizie da parte dei giornali spagnoli, gli unici tra le principali nazioni europee a non aver subito la censura dovuta alla guerra.
Alla fine del 1919 si stimarono 50 milioni di vittime: nel solo esercito americano ci furono più morti dovuti all’influenza che alle mitragliatrici austro-tedesche. Personaggi illustri vennero contagiati, come il re spagnolo Alfonso XIII e il presidente americano Thomas Woodrow Wilson.