CONTENUTO
L’articolo 7 della Triplice Alleanza
L’Italia e l’Austria-Ungheria sono vincolate dal 1882 dalla Triplice Alleanza che prevede all’articolo 4:
Nel caso che una grande potenza non firmataria del presente trattato minacciasse la sicurezza degli Stati di una delle Alte Parti contraenti e la parte minacciata si vedesse perciò costretta a farle guerra, le due altre Parti si obbligano ad osservare verso la loro alleata una neutralità benevola. In questo caso ciascuna di esse si riserva la facoltà di prendere parte alla guerra, se lo giudichi opportuno, per fare causa comune con il suo alleato.
Nel luglio 1914 l’Austria-Ungheria è l’aggressore della Serbia. L’Italia, quindi, non è affatto tenuta ad intervenire nel conflitto. Inoltre, secondo l’articolo 7:
L’Austria-Ungheria e l’Italia, non mirando che al mantenimento, in quanto possibile, dello status quo territoriale in Oriente, si impegnano a usare la loro influenza per prevenire qualunque modificazione territoriale che potesse portare danno all’una o all’altra delle Potenze firmatarie del presente Trattato. Esse si comunicheranno a tale scopo tutte le informazioni suscettibili di illuminarle mutuamente sulle loro proprie disposizioni come su quelle di altre Potenze. In ogni modo, nel caso che, in forza di avvenimenti, il mantenimento dello statu quo nelle regioni dei Balcani o delle coste ed isole ottomane nell’Adriatico e nel Mar Egeo divenisse impossibile e che, sia in conseguenza dell’azione di una terza Potenza, sia altrimenti, l’Austria-Ungheria o l’Italia si vedessero nella necessità di modificarlo con un’occupazione temporanea o permanente da parte loro, quest’occupazione non avrà luogo che dopo un preventivo accordo fra le due Potenze, fondato sul principio di un compenso reciproco per qualunque vantaggio territoriale o d’altra natura che ciascuna di esse ottenesse in più dello statu quo attuale, e che dia soddisfazione agli interessi e alle pretese ben fondati delle Parti.
Esso specifica che qualora l’Austria-Ungheria o l’Italia occupino territorio nei Balcani, tale occupazione non deve avere luogo se non dopo un preventivo accordo con l’altra potenza, così da compensarla. Tuttavia, seppure l’Austria si accordi con l’Italia prima dell’attacco alla Serbia, il ricevimento di eventuali compensi non obbligherebbe comunque l’Italia ad entrare in guerra al fianco dell’Austria.
L’articolo 7 non è presente nel trattato fino al secondo rinnovo del 1891. Esso viene inserito al fine di evitare ulteriori ingrandimenti austriaci nei Balcani, contrari agli interessi italiani. Roma aspira al dominio nell’Adriatico e non desidera l’egemonia asburgica nella regione balcanica. Ciò ha costituito una delle ragioni fondamentali per cui l’Italia ha sempre rinnovato la Triplice Alleanza.
La neutralità italiana
Già in passato per ben due volte l’Italia si è opposta ad azioni militari austriache contro la Serbia. Ma, alla terza occasione, Vienna agisce senza consultare e nemmeno informare il governo italiano, violando lo spirito e la lettera del patto.
Per Roma, i compensi territoriali devono consistere nelle province italiane dell’impero asburgico, in particolare nel Trentino. Il governo asburgico, però, non desidera aprire la questione dei compensi, dunque evita a lungo di trattare con Roma.
Ciò persuade il governo italiano che gli eventuali compensi concessi non sono tali da giustificare lo sforzo bellico, né a convincere l’opinione pubblica italiana dell’opportunità di scendere in guerra con Vienna e Berlino. Anche perché l’Italia è largamente impreparata ad affrontare un conflitto di ampie proporzioni, sia dal punto di vista politico-sociale, che dal punto di vista prettamente militare (la guerra di Libia del 1912 è costata molto in termini di risorse).
La neutralità è dunque il risultato di una situazione in cui l’Italia ha molto da rischiare, e poco da guadagnare, dalla partecipazione alla guerra al fianco di Vienna e Berlino. Di conseguenza, lamentando la violazione ai patti subita, Salandra ed il marchese di San Giuliano, ministro degli esteri, il 2 agosto 1914 dichiarano la neutralità del Regno d’Italia.
Le prime trattative
Il 4 agosto 1914 l’Austria-Ungheria, pressato dalla Germania, concede la legittimità dell’interpretazione italiana dell’articolo 7, ma condiziona il riconoscimento dei compensi alla partecipazione italiana alla guerra. Inoltre, il governo asburgico respinge seccamente l’idea che i compensi possano consistere in territori del suo impero. Quindi Roma deve considerare la dichiarazione di guerra russa all’Austria-Ungheria come un casus foederis.
Nella prima fase della guerra europea sembra che gli Imperi Centrali possano prevalere, ma la vittoria francese alla battaglia della Marna (6-9 settembre). Alla fine di settembre San Giuliano comprende che la guerra durerà ancora a lungo e che c’è tempo a disposizione per decidere su un’eventuale entrata in guerra e per potenziare l’apparato militare italiano.
La prima potenza della Triplice Intesa che fa proposte concrete all’Italia dopo l’inizio della guerra è la Russia. Il ministro degli Esteri Sergej Sazonov ritiene in questa fase importantissimo ampliare il sistema di alleanze in modo da tenere impegnate una parte delle forze dell’Austria-Ungheria e alleviare la situazione della Serbia. Sazonov quindi promette l’assegnazione all’Italia del Tirolo, Trieste e Valona in cambio dell’entrata in guerra. Queste proposte non sono ritenute sufficienti dal governo italiano che aspira al “dominio dell’Adriatico”. Secondo la Russia, la Serbia otterrà i territori adriatici dell’Impero Austro-Ungarico in cambio della cessione di parte della Macedonia alla Bulgaria, di cui Sazonov spera l’entrata in guerra con l’Intesa. Le richieste territoriali dell’Italia vengono ritenute dalle tre potenze dell’Intesa eccessive.
Sonnino ministro degli esteri
San Giuliano muore il 16 ottobre 1914 e il ministero degli esteri passa ad interim a Salandra. Alla fine di ottobre, Salandra predispone uno stanziamento straordinario di 600 milioni, per accelerare la preparazione di esercito e marina. Il ministro del Tesoro Rubini, neutralista, chiede (tra l’ingenuo e lo strumentale) nuove imposte per compensare quello stanziamento e ne ottiene un invito a dimettersi, cosa che fa il 30 ottobre.
Tutto ciò impone un rimpasto di governo: Sidney Sonnino diviene ministro degli esteri e Paolo Carcano ministro del Tesoro. Salandra dispone, adesso, di un gabinetto più disposto ai preparativi bellici. Sonnino, nell’estate 1914, è sostenitore di un intervento al fianco di Vienna e Berlino, perché “le cambiali bisogna pagarle”. Cambia subito idea.
Salandra riceve l’incarico il 2 novembre e viene presentato alla Camera il 3 dicembre. Qui dichiara che “l’Italia deve organizzarsi e munirsi, quanto più le sia consentito e col massimo vigore possibile, per non rimanere essa stessa prima o poi sopraffatta” e viene messo in votazione un conseguente ordine del giorno. La Camera approva con 433 voti a favore e 49 contro; il Senato, il 15 dicembre, all’unanimità.
Tuttavia si decide che l’intervento in guerra è da evitare nella stagione invernale e deve essere rimandato a dopo l’aprile dell’anno successivo (1915) poiché l’esercito non è attrezzato per essere impiegato sulle Alpi (solamente i 2/3 dei reggimenti permanenti sono dotati di equipaggiamenti invernali e da alta montagna).
Le negoziazioni con l’Austria-Ungheria
L’11 dicembre, Sonnino ritiene maturi i tempi per tornare a far presente al conte Leopold Berchtold, ministro degli esteri austro-ungarico dal 1912, il disposto dell’articolo 7 dei patti della Triplice Alleanza ed il conseguente diritto italiano a compensi. Chiede, quindi, il sollecito avvio di negoziati. Berchtold risponde che l’avanzata in Serbia non costituisce ancora, formalmente, un’occupazione e che solo la sua stabilizzazione porterebbe all’avvio di negoziati.
Berchtold propone, verso il 20 dicembre, il riconoscimento dell’occupazione italiana del Dodecaneso (risalente al 1912), di rendere permanente quella di Valona (avvenuta il 29 dicembre) e di rinunciare ad ogni ulteriore offensiva nei Balcani. Ma rifiuta ogni discussione circa il Trentino, pure in presenza di una generica proposta tedesca di contro-compensare Vienna con un pezzetto di Slesia.
Sonnino rende chiaro che tali concessioni sono insufficienti e che, senza il Trentino, Roma non si riterrà soddisfatta. Le proposte austriache sono tali, tuttavia, da convincere Salandra a sostituire la “missione sanitaria” a Valona con reparti dell’esercito (dai 300 fanti di marina di ottobre si passa a circa 6800 soldati a gennaio). Ma quello che l’Italia vuole è Trento, non Tirana e, il 7 gennaio Sonnino fa ribadire a Vienna che l’Italia accetterà unicamente territori austriaci.
L’arrivo di von Bülow a Roma
Il 16 dicembre giunge a Roma come ambasciatore l’ex cancelliere tedesco Bernhard von Bülow. Berlino non conta certo su un intervento italiano, ma intende garantirsi il mantenimento della neutralità italiana, al fine di salvaguardare i cospicui interessi economici e finanziari tedeschi nella penisola e il rifornimento di generi alimentari e bellici.
In questo periodo, il principale referente di Salandra e del re è von Bülow, il quale è ben conscio che le aspirazioni italiane su Trento e Trieste rappresentano la base indispensabile di ogni negoziato. L’ambasciatore tedesco suggerisce, quindi, che l’Italia deve accontentarsi del Trentino e pretendere, per Trieste, lo status di “città libera” con la costituzione di una, già assai agognata, università italiana.
Von Bülow ha la possibilità di presentare le proprie proposte presso tutte le persone necessarie: vede Giolitti il 20 dicembre, Sonnino il 29 dicembre, il re il 30 dicembre. L’ambasciatore tedesco ripete le proprie rassicurazioni anche pochi giorni dopo, quando giunge notizia che al ministero degli esteri di Vienna (la “Ballhausplatz”) Berchtold è sostituito dall’ungherese Stephan Burian, il 13 gennaio 1915.
L’ostilità austriaca ai negoziati
Il 12 febbraio, Roma e Vienna riprendono le trattative, ma Burian assume una posizione assai rigida: rifiuta ogni discussione preliminare circa il Trentino, giungendo a rinnegare le concessioni del suo predecessore, circa l’occupazione italiana di Valona e del Dodecaneso. Sia lo Stato maggiore che l’imperatore Francesco Giuseppe sostengono Burian.
L’imperatore, larga parte della classe politica austro-ungherese e lo Stato maggiore austriaco hanno sempre avuto un atteggiamento “italofobo”. Nel 1909 il generale Conrad, capo di Stato Maggiore generale austriaco dal 18 novembre 1906, propone di approfittare del terremoto di Messina per condurre una facile “guerra preventiva” contro l’Italia e, nel dicembre 1911, nel corso della guerra italo-turca, per un simile suggerimento è temporaneamente destituito. Ma, nel 1914, Conrad è nuovamente capo di Stato Maggiore.
Tutto ciò indebolisce fortemente la credibilità della posizione mediatrice tedesca e dei politici italiani che si sono spesi per un’utile e compensata neutralità. La principale preoccupazione di Salandra e del re diviene, improvvisamente, una possibile guerra preventiva da parte dell’Austria-Ungheria, la quale tiene, da sempre, ben presidiati i propri confini.
Un tentativo di accordo da parte dell’Austria si ha a partire dall’8 marzo 1915: l’inizio delle operazioni che porteranno allo sbarco franco-inglese a Gallipoli e la continuazione dell’avanzata russa in Galizia (due settimane più tardi cadrà Przemyśl, l’ultima fortezza austriaca in Galizia) inducono Burian a concedere una parte del Trentino, compresa Trento, ma non prima della fine della guerra. Tali condizioni sono, chiaramente, inaccettabili per l’Italia. Sonnino risponde alle offerte austriache con un’estensione delle richieste: egli richiede oltre all’intero Trentino, anche Trieste ed il basso Isonzo.
Il Patto di Londra
Il 4 marzo l’Italia inizia le trattative segrete con l’Intesa. Le richieste sono: Trento, Bolzano, Trieste e l’Isonzo, tutta la Dalmazia e Valona. La difficoltà maggiore è rappresentata dalle pretese circa il controllo della Dalmazia e lo status di Valona, oggetto, anche, delle richieste della Serbia, sostenuta dalla Russia per solidarietà etnica, e della Gran Bretagna per questioni di controllo navale.
L’8 marzo l’Austria si dichiara disponibile a discutere la questione dei compensi all’Italia e il 2 aprile successivo l’ambasciatore a Vienna comunica a Sonnino che l’Austria è disposta a cedere all’Italia Trento e parte del Trentino. L’8 aprile Sonnino invia un progetto di Trattato in undici articoli con l’Austria, che viene tuttavia rifiutato il 16.
Le trattative proseguono con l’Intesa ed il 16 aprile viene raggiunto un accordo circa le compensazioni territoriali: l’Italia ottiene Trento, Bolzano e il “confine naturale” al Brennero, Trieste e l’intero territorio fra l’Isonzo e la dorsale delle Alpi Giulie, l’Istria (esclusa Fiume) e la Dalmazia da Zara a Sebenico rinunciando a Spalato. L’Albania viene riconosciuta zona di preminente interesse italiano, il Dodecanneso è considerato definitivamente ceduto da parte dell’Impero Ottomano all’Italia, alla quale sarà riconosciuta una zona di espansione economica esclusiva nell’Anatolia meridionale nella zona di Adalia e Konya.
La data dell’entrata in guerra viene fissata entro un mese dalla firma dell’alleanza. Il Patto viene sottoscritto segretamente a Londra il 26 aprile dal marchese Guglielmo Imperiali, ambasciatore a Londra in rappresentanza del governo italiano, Sir Edward Grey per il Regno Unito, Pierre-Paul Cambon per la Francia e dal conte Alexander Benckendorff per l’Impero russo.
La Triplice Alleanza è denunciata il 3 maggio successivo. Il Patto di Londra rimane segreto fino alla Rivoluzione russa dell’ottobre del 1917, quando i bolscevichi lo trovano nell’archivio segreto dello zar e lo pubblicano sul quotidiano Izvestija. La sua pubblicazione provoca una reazione internazionale.
Giovedì 6 maggio l’Austria fa nuove offerte di accordo con l’Italia tramite l’ambasciatore a Roma Karl von Macchio, promettendo una rettifica del confine sul fiume Isonzo, la concessione all’Italia Gradisca e Cormons, per Trieste il conferimento dello stato di “città libera” e in Adriatico l’isola di Pelagosa. Ormai è troppo tardi, l‘Italia dichiara guerra all’Austria-Ungheria il 23 maggio 1915.
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- La decisione di guerra. Dalla Triplice Alleanza al Patto di Londra di Giuseppe Astuto
- Tra marsine e stiffelius. Venticinque anni di politica estera italiana 1900-1925 di Giancarlo Giordano
Prego essere contattato al mio indirizzo di posta elettronica, perchè gradirei sapere da Voi come posso risalire ad un fatto accaduto in Austria ai miei nonni materni nell’anno 1915, grazie.
Cordiali saluti
Dott. Elvio Nenci